Occorre verificare, allora, quando una certa agevolazione fi- scale concessa ad imprese, possa rispondere e trovare la sua
ratio nelle esigenze proprie del sistema giuridico “integrato”,
sul piano interno e comunitario.
È la stessa Corte di Giustizia ad ammettere, invero, l’esi- stenza di misure dirette ad esonerare, totalmente o parzialmente, le imprese di un particolare settore dagli oneri che impattano sul bilancio qualora le stesse rispondano alla normale applicazione del sistema generale e, quindi, quando “l’esonero sia giustifica-
20 Sui principi comuni nel diritto comunitario, F. VANISTENDAEL, Le nuo- ve fonti del diritto ed il ruolo dei principi comuni nel diritto tributario, in (a cura di A. DI PIETRO) Per una costituzione fiscale europea, Padova, 2008, 120 ss.; S. MARCHESE, Diritti fondamentali europei e diritto tributario do- po il Trattato di Lisbona, in Dir. prat. trib, 2012, 241 ss.; M. PACINI, Il prin- cipio generale europeo di non discriminazione, in Giorn. dir. amm., 2010, 779 ss.; C. MONACO, I principi di non discriminazione, non restrizione e ragionevolezza nel diritto comunitario e nel diritto del commercio internazio- nale: struttura, contenuto e incidenza sui sistemi fiscali nazionali, in Riv. dir. fin. e sc. delle fin., 2006, 449 ss.
to dalla natura o dalla struttura di tale sistema generale”21, op-
pure per la coincidenza della finalità di politica generale perse- guita rispetto agli “obiettivi ed interessi della politica sociale ed economica europea”.
Per quel che concerne il sistema tributario domestico, si usa ricorrere agli esempi delle esenzioni o dei crediti d’imposta concessi per evitare la doppia imposizione economica su deter- minati redditi o proventi, oppure delle misure adottate per ri- spondere a logiche ridistributive, come avviene con le variazio- ni di aliquote di tassazione disposte per ragioni legate alla pro- gressività di cui al comma 2 dell’art. 53 della Cost.
È noto che la progressività, che informa il nostro sistema tributario, non soltanto va letta nell’ottica dell’individuazione della capacità contributiva attraverso cui è richiesto a “tutti” di fornire allo Stato le risorse necessarie alle spese pubbliche, ma anche in funzione redistributiva per il raggiungimento degli o- biettivi di giustizia sociale previsti dalla Costituzione.
Può ritenersi ormai consolidata l’interpretazione che collega la capacità contributiva all’individuazione di un indice econo-
micamente valutabile che permetta al singolo di assolvere il suo
dovere solidaristico di contribuire alle spese pubbliche.
In una nota sentenza della Corte (n. 155 del 2001) si chiari- sce che “la capacità contributiva non presuppone necessaria-
mente l’esistenza di un reddito o di un reddito nuovo, ma è suf- ficiente che vi sia un collegamento tra prestazione imposta e presupposti economici presi in considerazione in termini di for- za e consistenza economica dei contribuenti o di loro disponibi- lità monetarie attuali, quali indici concreti si situazione econo- mica degli stessi contribuenti”.
Quando sussiste questo collegamento tra la prestazione im- posta e i fatti indice economicamente valutabili in termini di
consistenza, effettività, attualità e ragionevolezza e, dunque, di
non arbitrarietà delle scelte del legislatore, l’obbligazione tribu- taria sorge ed il singolo è tenuto a concorrere alle spese pubbli- che22. La progressività contribuisce, del resto, alla definizione
21 Corte di Giustizia, 2 luglio 1974, causa C-173/73.
22 Sul concetto di attualità, ed effettività, sono numerose le sentenze della Cor-
te. Si segnalano, ex multis, le nn. 200/1976, 126/1979; 42/1980 e 44/1996; sul tema , G. FALSITTA, Nota a Corte Cost. n. 263/1994, in Riv. dir. trib., 1994, 541 ss.
dello spazio per mettere sullo stesso piano situazioni economi- che differenti ed attuare, di conseguenza il principio di ugua- glianza sostanziale di cui all’art. 3, comma 2 della Cost.
Ebbene i principi di uguaglianza, capacità contributiva e progressività, come norme basilari e portanti del sistema tribu- tario nel nostro ordinamento, sono quelli a cui ispirarsi nella produzione di norme di favore giacché attraverso essi viene a delimitarsi l’ambito entro possono poi risultare ammesse casi di deroga “per esigenze di sistema”23.
Significativo è, al riguardo, richiamare la sentenza della Corte Costituzionale n. 21 del 19 gennaio 2005 con la quale venne respinta l’eccezione di incostituzionalità degli artt. 6 e 7 del D.Lgs. n. 446/97, istitutivo dell’IRAP, per contrasto con l’art. 53 della Cost. che prevedevano, in via transitoria, aliquote differenziate ed in particolare, maggiorate per banche, ed altri enti e società finanziarie, nonché per le imprese di assicurazione che, indirettamente affronta anche la questione delle aliquote ridotte per il settore agricolo e della piccola pesca, nonostante l’identità della base imponibile assunta dal legislatore quali in- dice di capacità contributiva costituito dal valore della produ- zione netta. La Corte, in quel caso, ha ammesso la differenzia- zione di aliquote settore per settore e, quindi, il diverso atteg- giarsi dell’onere tributario che ne derivava, per le motivazioni “non irragionevoli di politica economica e di natura redistribu-
tiva” seguite, in quel caso, dal legislatore.
Secondo la citata sentenza, le possibili discriminazioni gene- rate da una norma, soprattutto come quelle oggetto del suo e- same caratterizzate anche dalla transitorietà “possono essere
giustificate e quindi accettate per necessità di sistema” e “per esigenze di adattamento tra vecchia e nuova disciplina” per e-
vitare, cioè, la possibile divergenza tra la precedente ripartizio-
23 Sul tema, I. MANZONI, Il principio di capacità contributiva nell’ordinamento costituzionale italiano, Torino, 1965; G. A. MICHELI, Pro- fili critici in tema di potestà d’imposizione, in Riv dir. fin. sc. fin. 1964, I, 27 ss.; F. MOSCHETTI - R. ZENNARO, Agevolazioni fiscali, in Dig. IV, disc. priv., sez. comm., I, Torino 1987; F. MOSCHETTI, Problemi di legittimità costituzionale e principi interpretativi in tema di agevolazioni tributarie, in Rass. trib, 1986, I. 355.; M. INGROSSO, La comunitarizzazione, cit., 44 ss.; D. RUSSETTI, L’incerta compatibilità tra diritto comunitario e art. 53 della costituzione, ww.forumcostituzionale.it.
ne del carico fiscale sui soggetti passivi e quella che si sarebbe verificata ove nella prima fase di applicazione dell’IRAP si fos- se adottata un’aliquota unica indifferenziata per tutti i settori produttivi del comparto privato.
Ecco allora che è possibile ravvisare l’altro aspetto fonda- mentale quando si affronta la questione della legittimità di de- terminate norme agevolative che si lega alla progressività dell’imposizione, rappresentato dalla “coerenza del sistema tri-
butario” nazionale di riferimento.
Tale coerenza richiede, infatti, sulla scia dell’approccio teo- rico di tipo funzionale e non solo strutturale delle norme agevo- lative, di individuare le ragioni delle finalità extrafiscali della agevolazione adottata anche in altri principi costituzionali di rango equivalente o sovraordinato rispetto a quello di capacità contributiva e della progressività di cui all’art. 53 della Cost.
Si tratta, esemplificando, dei principi costituzionali posti a tutela del lavoro (art. 36), del risparmio (art.47 ), della mutualità e cooperazione (art. 45), della libertà di iniziativa economica (art. 41), della cultura (art. 9), della famiglia (art. 31), della sa- lute (art. 32), ma tanti altri potrebbero essere annoverati a se- conda dello scopo funzionalmente perseguito dalla norma.
Se però si analizza il fenomeno da una prospettiva che tiene conto anche dell’evoluzione della struttura del sistema giuridico nazionale in corso e di quella che riguarda il concetto stesso di capacità contributiva, bisognerebbe osservare che, in ragione degli effetti redistributivi “perversi” che si originano dall’at- tuale fenomeno dell’accumulazione e concentrazione della ric- chezza, soprattutto di quella mobiliare, su pochi e il sempre più dilagante impoverimento e minore ricchezza di molti altri, si dovrebbe convenire sull’inattualità delle teorie che radicano la compatibilità delle norme impositrici e, specularmente, di quel- le agevolatrici, in una visione per cosi dire “tradizionale” e “so- lo domestica” del principio di capacità contributiva.
Si registrano, invero, significativi contributi dottrinali che si sono posti l’obiettivo di pervenire ad una più ampia definizione del concetto di capacità contributiva che si estenda ad una di- versificazione anche “qualitativa” delle ricchezze scambiate o possedute.
Secondo questa diversa e più ampia visione, a ben vedere, si potrebbe ammettere la legittimità di un’imposizione di tipo pa-
trimoniale che colpisca beni anche improduttivi di “ricchezza no-
vella liquida” e, quindi, di ricchezza idonea a rendere possibile la
soddisfazione della pretesa senza intaccare il patrimonio stesso24. Secondo questa impostazione di tipo oggettivo della capacità contributiva, il legislatore potrebbe, cioè, essere legittimato a chiedere un maggior concorso alle spese pubbliche al contribuen- te per il solo fatto che questi si trovi, rispetto ad altri, in una po-
tenziale situazione di vantaggio economicamente valutabile, sen-
za che detto vantaggio si traduca necessariamente in un arricchi- mento patrimoniale o materiale effettivo da cui costui fosse tenu- to ad attingere per assolvere il suo dovere contributivo25.
Questa tendenza all’oggettivazione della capacità contributi- va si riscontra, peraltro, come è stato segnalato26, anche nei tri- buti che nulla hanno a che vedere con la presenza di un reddito o patrimonio, come è avvenuto, anche se in un contesto molto lontano da quello europeo, negli Stati Uniti quando è stata isti- tuita la tassa (e non una sanzione) nei confronti di chi non stipu- la l’assicurazione sanitaria obbligatoria27.
Resta il problema di stabilire qual è e in cosa possa rinvenir- si la ratio giustificatrice un tale tipo di prelievo e se debba o
24 Così, A. GIOVANNINI, Imposizione patrimoniale e capacità contributiva. Discriminazione qualitativa e limite quantitativo, in atti del convegno, Napoli, 25 settembre 2012 che, parla a proposito di effetti redistributivi rovesciati ri- spetto a quelli di un’economia di tipo industriale che si basava sui fattori della produzione capitale e lavoro e quindi sui redditi generati da dette fonti. Sulla concezione oggettiva della capacità contributiva si rinvia a F. GALLO, Le ragioni del Fisco, Bologna, 2001, 85 ss.; P. BORIA, L’interesse fiscale, Tori- no, 2002, 86 ss. In senso contrario, si segnalano F. MOSCHETTI, Il principio di capacità contributiva espressione di un sistema di valori che informa il rapporto tra singolo e comunità, in Dir. trib. e Corte Cost., a cura di L. PER- RONE e C. BERLIRI, Napoli, 2006, 45 ss; G. GAFFURI, Il senso della ca- pacità contributiva, in Dir. trib. e Corte Cost., a cura di L. PERRONE e C. BERLIRI, Napoli, 2006, 25 ss.; G. FALSITTA, Giustizia tributaria e tirannia fiscale, Milano, 2008, 217 ss, E. MARELLO, Contributo allo studio delle im- poste sul patrimonio, Torino, 2006, 191 ss. che, sul punto, usa l’espressione “riserva di consumo” per indicare l’idoneità di un dato bene patrimoniale ad esprimere capacità contributiva. Così A. GIOVANNINI, op. in ult. cit., 7 s.
25 F. GALLO, Le ragioni del fisco, cit., 89 ss.; ID, Diseguaglianza, giustizia distributiva e principio di progressività, in Rass. trib., 2002, 287 ss. dove si affronta la questione della progressività in funzione redistributiva selettiva anche alla luce delle implicazioni discendenti dall’attuazione del federalismo fiscale.
26 A. GIOVANNINI, op. in ult. cit.
meno stabilirsi un limite di tipo quantitativo per evitare che, con un’imposizione che colpisca in via oggettiva taluni beni, si arri- vi ad un carico sproporzionato ed irragionevole, tenuto conto della situazione di chi vede aggiungere una tale forma di prelie- vo all’imposizione diretta sui propri redditi.
Secondo la dottrina che ha approfondito la questione, questo limite massimo, che dovrebbe quanto meno coincidere con il cd. minimo vitale, come riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale28, potrebbe trovare la sua fonte proprio
nella progressività e, quindi, in definitiva, nell’art. 53 della Cost., per evitare che il prelievo si trasformi in una sanzione o in una misura ablativa o confiscatoria29.
A questa visione allargata in senso oggettivo-patrimoniale del concetto di capacità contributiva si arriva, del resto, anche attraverso norme e fonti di derivazione comunitaria che, come si è in precedenza rilevato, seppure emanate secondo l’obiettivo formale del “coordinamento e/o riavvicinamento delle legisla-
zioni degli Stati membri”, finiscono per influenzare sempre più,
fino a “dirigere”, la produzione di nuove e “comuni” forme di imposizione indiretta sul patrimonio30.
È il caso della recente tassa sulle transazioni finanziarie (cd.
Tobin Tax), ovvero dell’imposta prevista in una proposta di diret-
tiva della Commissione europea nel 2011 che andrebbe introdotta in tutti i paesi dell’Unione con lo scopo dichiarato di “stabilizza-
re” i mercati penalizzando chi fa speculazioni finanziarie.
La Tobin Tax ha già visto la sua introduzione in Italia, seb-
28 Si veda, in particolare, G. FALSITTA, L’imposta confiscatoria, in Riv. dir. trib., 2008, 89 ss.
29 A. GIOVANNINI, nel suo scritto, ritiene che seppure progressiva
l’imposizione debba prevedere che, stabilito un certo limite massimo, al de- crescere della ricchezza una parte maggiore di questa rimanga libera da tassa- zione. Si dovrebbe ammettere, in definitiva, che la tassazione si arresti ad un livello mediano che si attesti, al massimo, al cinquanta per cento dei propri averi. Così avviene, ad es., in Francia, dove è presente un’imposta patrimonia- le (l’impòt de solidaritè sur la fortune) per la quale il legislatore ha fissato un massimale, proprio per evitare che l’imposta si trasformi in un prelievo confi- scatorio. È contrario ad un limite quantitativo, F. GALLO, Le ragioni del fi- sco, cit., 104 ss. A favore, G. BERGONZINI, I limiti costituzionali quantitati- vi dell’imposizione fiscale, Jovene, 2011, 447 ss.; G. FALSITTA, La capacità contributiva e il ribaltone della Consulta, in Per un fisco civile, Milano, 1996, 46 ss.
30 Sull’argomento, D. RUSSETTI, L'incerta compatibilità, cit., e le citazioni
bene sia per ora prevista la sua entrata in vigore nel 2014 , con il Disegno di Legge di Stabilità per il 2013 approvato dall’attua- le Governo mentre si sta licenziando questo lavoro, nonostante alcuni Stati della UE non abbiano ancora sciolto le loro riserve e molti altri continuano ad opporre forti critiche e resistenze31.
Si tratta di un’imposta che colpirà l’ammontare del corri- spettivo o l’ammontare nazionale della transazione gestita o e- seguita attraverso intermediari finanziari in tutti i tipi di stru- menti finanziari, compresi i derivati, quote o azioni di organi- smi d’investimento collettivo, esclusi solo i titoli di stato, me- diante una ritenuta alla fonte a titolo definitivo (per ora stimata) nella misura dello 0,05% che è l’aliquota prescelta tra il minimo e massimo stabiliti dalla proposta di direttiva ( 0,01 a 0.1), ma che, sembra, arriverà a colpire anche i saldi bancari e, quindi, in definitiva, i risparmiatori.
Vista la “prossima” introduzione nel nostro ordinamento di questo prelievo e le forti obiezioni che si registrano da parte di economisti ed europeisti, non è utile tentare di dilungarsi sulle previsioni di gettito e sugli effetti di questa nuova tassa.
Certo è che un prelievo che discrimina qualitativamente la ricchezza rafforza l’idea che occorre interpretare il concetto di capacità contributiva e di uguaglianza sostanziale, secondo que- sto approccio evolutivo e conferma la rilevanza “indiretta”, e (sempre più) incisiva della politica europea e delle norme di deri- vazione comunitaria sulla potestà tributaria degli Stati membri.
Altro esempio emblematico della forte influenza dei principi di rango comunitario sui principi interni costituzionali e, dun- que, sui limiti portanti di questo sistema giuridico “integrato” interno e comunitario entro cui legittimare talune norme agevo- lative, si ritrova allorché si passi ad esaminare l’area dei tributi
ambientali.
31 Secondo quanto riferito dalla stampa, gli Stati hanno deciso di procedere
attraverso il meccanismo della cooperazione rafforzata che permette ad alme- no nove stati membri di andare avanti da soli anche senza il consenso di tutti e 27 membri. Per ora il via libera alla Tobin Tax è stato dato da undici Paesi tra cui l'Italia rispetto ai 17 della zona euro. Da ricordare che lo stesso James To- bin, ideatore della tassa sulle transazioni finanziarie, aveva sottolineato come l’utilità di quella che è poi diventata la Tobin Tax si sarebbe rivelata soltanto se un’aliquota fosse stata applicata a livello globale. Non verificandosi, allo stato, questa eventualità, si potranno creare effetti discorsivi nella probabile diminuzione del volume delle operazioni borsistiche e/o fughe di capitali ver- so paesi che non adottano la tassa.
Si è già considerato che la tutela dell’ambiente è obiettivo prioritario e strategico dell’Unione ed è, ovviamente, valore che assume rango costituzionale anche nel nostro ordinamento32.
Proprio in ambito ambientale talune norme interne rendono manifesta la “funzione di intervento” dell’azione dello Stato che tende a rimuovere le diseguaglianze esistenti tra situazioni giu- ridiche identiche e che, in funzione promozionale, intende favo- rire il perseguimento di determinati obiettivi tra cui la razionale ed efficiente allocazione delle risorse ecologiche e il conteni- mento delle diseconomie esterne causate da attività dannose.
Ma anche secondo la politica ambientale europea, ed in parti- colare in attuazione del principio “chi inquina paga” di cui all’art. 191 del TFUE, gli operatori economici devono sopportare il costo dei danni generati dai loro comportamenti non virtuosi, mentre vanno premiati coloro che attuano o investono in beni e servizi ecocompatibili e che si impegnino ad acquisire una repu- tazione basata “non sul prezzo”, ma sul proprio agire virtuoso33.
Ebbene se una agevolazione fiscale è disposta da una legge nazionale con lo scopo dichiarato di perseguire la finalità extra-
fiscale di tutela dell’ambiente, occorrerà, pur sempre, che la mi-
sura adottata risulti conforme e coerente con l’ordinamento ed i principi di rango comunitario. In nessun caso, infatti, una norma nazionale emanata per finalità extrafiscali, qualunque esse sia- no, né l’eventuale finalizzazione dei proventi riscossi attraverso un dato tributo ad uno specifico fine istituito, potrebbero “giu- stificare” una prestazione imposta o un’agevolazione ove que- sto si appalesasse in contrasto con un principio fondamentale e basilare del diritto europeo.
Il che significa, volgendolo in positivo, che saranno, invece, ammesse discriminazioni fiscali ove, con la norma emanata, si
32 Supra, cap. I, par. 9.
33 Sono molti i contributi sul tema della fiscalità ambientale. Tra questi, F.
PICCIAREDDA - P. SELICATO, I tributi e l’ambiente, Milano, 1996; F. GALLO - F. MARCHETTI, I presupposti della tassazione ambientale, in Rass. trib., 1999, 115 ss.; R. PERRONE CAPANO, L’imposizione e l’am- biente, in Trattato di Diritto tributario diretto da A. AMATUCCI, Padova, annuario, 2001, 123 ss.; C. VERRIGNI, La rilevanza del principio comunita- rio “chi inquina paga” nei tributi ambientali, in Rass. trib., 2003, 1614 ss; R. ALFANO, op. cit.; P. SELICATO, La tassazione ambientale tra la ricerca di nuovi indici di ricchezza e la coerenza dei sistemi fiscali, in Riv. dir. trib. int., 2004, 257 ss.; P. SELICATO; Imposizione fiscale, cit. 1160 ss. ; F. GALLO, Profili critici della tassazione ambientale, in Rass. trib., 2010, 30.
perseguono interessi comunitari, o quando la discriminazione operata risponda ad un’esigenza di coerenza interna del sistema fiscale domestico che coincide o è conforme al sistema giuridi- co di fonte europea34.
Il parametro per valutare questa “doppia coerenza” e, quindi, in definitiva, per raffrontare gli obiettivi europei e gli interessi dei soggetti giuridici o degli Stati membri è la “proporzionali-
tà” degli aiuti che è quella che si ricava dal fatto che l’aiuto
concesso abbia generato un beneficio aggiuntivo; che non sa- rebbe stato possibile ottenere gli stessi risultati con altra misura
di entità minore; che l’aiuto concesso sia stato limitato al mini- mo necessario per ottenere il livello di tutela desiderato e che,
dunque, non abbia arrecato vantaggi eccessivi al beneficiario e, quindi, distorsioni nella concorrenza.
In questo senso si è espressa la Corte di giustizia in più occasioni ed, in particolare, con riferimento al nostro ordinamento e all’area dei tributi ambientali35 quando si è pronunciata sulla incompatibilità
del tributo sul passaggio del gas metano disposto dalla L. R. Sicilia del 26 marzo 2002, n. 236 e della cd. tassa sul marmo del Comune di
Carrara disposta L. n. 794 del 15.7.199137.
Si tratta di tributi che vennero istituiti con lo scopo dichiarato del perseguimento di una finalità ambientale ma che, invece, si sono ri- velati in contrato con i principi fondamentali dell’ordinamento dell’Unione. In quell’occasione, la Corte ha ritenuto che, attraverso quelle imposizioni, si erano introdotte, di fatto, tasse di effetto equi- valente a dazi doganali, vietate dalle regole sulla concorrenza e dal principio di non discriminazione.
Ma il caso che forse meglio consente di mettere in evidenza l’esigenza di quella doppia “coerenza” che deve sussistere tra i prin- cipi fondamentali comunitari e quelli interni, di cui innanzi si parla- va, è quello che si è verificato con riferimento al nostro ordinamen- to, con la cd. tassa sul lusso della Regione Sardegna istituita con la L. R. n. 4 dell’11 maggio del 2006 su determinati beni di lusso (resi-
34 Su queste riflessioni e sull’evoluzione della nozione di fiscalità comunita-
ria, A. FANTOZZI, Dalla non discriminazione all’eguaglianza in materia