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La disciplina sugli aiuti di Stato nell’ambito della politica della concorrenza

Partendo dall’esistenza del rapporto gerarchico esistente tra l’ordinamento comunitario e quello interno, si procede con l’indagine sulla ratio ispiratrice della serie di divieti e vincoli che il Trattato impone agli Stati membri qualora essi decidano di concedere, sotto qualsiasi forma, incentivi o agevolazioni alle imprese ubicate sui propri territori per il perseguimento delle politiche nazionali.

Come si vedrà, la prospettiva dalla quale il diritto comunita- rio analizza ed inquadra le fattispecie agevolative è certamente quella della salvaguardia della politica della concorrenza per

51 Su cui, diffusamente, infra, cap. II, par. 3.

52 È quanto si legge nel Rapporto ad interim del presidente del consiglio UE,

Herman Van Rompuydal titolo “Verso una vera unione economica e moneta- ria” presentato il 12 ottobre 2012.

evitare che, attraverso la concessione di aiuti, taluni imprendito- ri e/o talune produzioni si avvantaggino a discapito di altri.

La politica europea della concorrenza contenuta nel Trattato (Titolo VII, TFUE) è diretta, infatti, a garantire ad imprese e consumatori di competere nel mercato unico alle stesse condi- zioni e ad evitare fenomeni di alterazione del libero gioco tra domanda ed offerta, l’abuso di posizione dominante e gli effetti nocivi generati da elevate concentrazioni o da monopoli.

Nel più ampio scenario e contesto europeo che è quello che si è venuto a determinare nell’Unione allargata a 27 paesi, se si analizza proprio il tema della fiscalità, si comprende come si possano facilmente determinare situazioni di svantaggio compe-

titivo quando gli Stati si trovino, come oggi avviene, a compete-

re tra loro sui diversi livelli di imposizione delle imprese ubica- te nei propri territori e come determinate manovre di politica interna possano essere adottate strumentalmente al fine di at- trarre investimenti, capitali, forza lavoro ed in generale, mag- giori risorse per il potenziamento delle economie interne.

L’opportunità di concedere agevolazioni o incentivi di natura fiscale, e, quindi, in generale di concedere aiuti a determinate aree di uno Stato membro risulta, per questo, ostacolata in linea di principio dalle autorità comunitarie che contrasta il fenomeno della “concorrenza fiscale dannosa”53 che si realizza quando si agevola l'ingresso di determinati fattori produttivi e/o si arriva a diminuire la pressione fiscale di uno Stato membro o intralciare gli sforzi volti alla riduzione dei debiti di bilancio.

La politica comunitaria della concorrenza rappresenta, in de- finitiva, l’attuazione del principio generale di fonte comunitaria della “libera concorrenza tra Stati” che per essere perseguita richiede l’adozione di strumenti giuridici che impongano divieti agli operatori privati del mercato o in via diretta, con normative comunitarie ad essi direttamente applicabili, oppure con dispo- sizioni rivolte ai destinatari degli Stati membri che, quindi, indi- rettamente ne condizionano i comportamenti.

53 Si riconosce la funzione positiva alla concorrenza fiscale solo quando essa è

in grado di determinare un generale miglioramento qualitativo dell'intervento dello Stato, un incremento dell'efficienza nell'erogazione dei servizi pubblici ed un livellamento verso il basso della pressione fiscale (v. rapporto, Harmful Tax Competition, adottato dall’OCSE nel 1998).

Solo una concorrenza fiscale “libera e leale” si ritiene, inve- ro, un fattore di sviluppo dell’economia dell’Unione ed uno strumento destinato a rafforzare la competitività delle imprese.

Di norma, secondo il citato principio di libera e leale concor- renza, gli interventi pubblici dovrebbero accompagnare gli in- vestimenti privati per stimolare l’attività economica; lo sforzo spetta innanzitutto agli Stati membri, ma potrebbe (dovrebbe) essere avocato dalla Unione, in base al principio di sussidiarietà (art. 5 del Trattato UE), qualora gli obiettivi dell’azione previ- sta, a motivo delle sue dimensioni o degli effetti attesi, possano essere meglio realizzati o controllati a livello comunitario54.

Va, tuttavia, considerato che la disciplina comunitaria sulla concorrenza se, da un lato, impone vincoli e divieti nei confron- ti di imprese per il corretto funzionamento del mercato, dal- l’altro riconosce, sebbene circoscrivendolo, il diritto degli Stati membri ad intervenire per supportare le stesse in momenti di difficoltà per contribuire al relativo riposizionamento sul mer- cato. La logica del mercato unico è, invero, strettamente corre- lata alla capacità degli operatori economici di riuscire a mante- nersi con le proprie forze senza ausili o sussidi, e contrasta, per questo, in linea di principio, disposizioni agevolative di favore rivolte esclusivamente a determinati soggetti e non ad altri, sal- vo tassative ipotesi di deroghe.

L’impianto di regole e di vincoli posti dalla disciplina sugli aiuti di Stato sia finanziari, che fiscali è diretto, quindi, ad evita- re distorsioni nell’uso delle risorse, ad assicurare la convergenza economica e sociale tra i paesi dell’Ue ed a scongiurare le delo- calizzazioni intraeuropee generate dal fenomeno del “subsidy

shopping” che potrebbe tradursi nella concessione di aiuti o van-

taggi solo a taluni a discapito di altri operatori economici o di alcune regioni rispetto ad altre55.

54 Sul punto, I. CHIEFFI, Compatibilità di misure statali di intervento sui mercati con la disciplina comunitaria della concorrenza”, in Riv. it. dir. pub.

com., 2003, 385 ss. F. FERRARO, L'efficacia dei principi comunitari sulla

concorrenza, in Dir. un. eur., 2005, 669 ss.

55 Una risoluzione del Parlamento europeo del 18 giugno 1998 già sottolinea-

va la probabilità della crescente concorrenza tra i sistemi fiscali nazionali "a seguito della maggiore trasparenza conseguita attraverso l'introduzione della moneta unica", e accoglieva con favore "la concorrenza benefica tra gli Stati membri”. Secondo lo stesso Consiglio europeo occorrono norme fiscali neu- tre (cd. principio di neutralità) nei riguardi della concorrenza “ al fine di permettere alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato comune, di

Non a caso, tutte le istituzioni europee sono chiamate dal Trattato ad intervenire, secondo gli specifici ruoli ivi specificati, per contribuire fattivamente alla attuazione della politica della concorrenza.

In particolare, l'applicazione della normativa comunitaria in materia è assicurata, da un lato, dalla Commissione e dalle auto- rità nazionali garanti della concorrenza e, dall'altro, dalle giuri- sdizioni nazionali, che sono tenute ad applicare, per quanto già indicato, i principi sviluppati nell'ambito della normativa comu- nitaria e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e del Tri- bunale di primo grado delle Comunità in caso di contrasto di una legge nazionale ai principi di diritto comunitario (l’acquis com-

munautaire)56.

1.5 Il diritto comunitario della concorrenza: le disposizioni

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