L’Unione Europea, sin dalla sua costituzione, oltre alla rea- lizzazione del mercato unico, ha dovuto affrontare i problemi derivanti dalle notevoli disparità di sviluppo fra le sue diverse aree territoriali; disparità che si sono acuite per effetto del pro- cesso di integrazione economica incentrato sulla liberalizzazio- ne degli scambi e dei mercati e sulla libera concorrenza8.
Al fine di coordinare le attività degli Stati membri a favore delle regioni poco sviluppate e nella consapevolezza che, senza interventi pubblici per lo sviluppo di infrastrutture, le regioni depresse non avrebbero potuto far fronte alla maggiore concor- renza, l’Unione ha adottato una “politica regionale europea” ri- volta specificamente alla coesione, allo sviluppo, alla riduzione delle disparità esistenti tra gli Stati membri, per promuovere un alto grado di competitività e di occupazione e il trasferimento delle risorse dalle aree più prospere a quelle depresse9.
La politica regionale, anche in modo non esaustivo, potrebbe ricondursi alle finalità della solidarietà, in considerazione del fatto che ne traggono beneficio le regioni situate in una condi- zione di sfavore sociale e finanziario, rispetto alla media dell’UE, e di coesione, venendo messo in primo piano il benefi-
8 Sulla politica di coesione dell'UE e le sue modalità di attuazione in Italia, si
veda L. BRAGGION, La politica unitaria, nazionale ed europea, di coesione economica, sociale e territoriale e le opportunità per gli enti locali, in M. VAROTTO (a cura di), Le opportunità dell'Unione europea per gli enti loca- li. Strumenti di europrogettazione per l'accesso ai finanziamenti e la gestione dei progetti, Leggi d'Italia Professionale, Milano, 2010, 217, ss.
9 Tra le politiche di sviluppo che ciascun paese può adottare distinguiamo la
politica nazionale da quella regionale. La politica nazionale, condotta dal Go- verno centrale e dalle Regioni utilizza le risorse ordinarie nel rispetto del vin- colo delle finanze pubbliche, ed ha come finalità il raggiungimento del mas- simo benessere possibile prescindendo dalle possibili differenze nei livelli di sviluppo esistenti tra le varie regioni. Di converso, la politica regionale è at- tuata al fine di perequare e livellare i differenti livelli di sviluppo potendo uti- lizzare sia risorse comunitarie (è prevista un’apposita posta nel bilancio euro- peo denominata “risorse per la coesione”) sia risorse nazionali (Fondo per le aree sottoutilizzate). Sul tema, G. P. MANZELLA, Soggetti, tecniche e dina- miche dell’influenza della politica di coesione europea sugli ordinamenti in- terni, in Riv. giur. del Mezzogiorno, 2009, 347 ss; S. MILIO, Il processo di capacity building per la governance delle politiche di sviluppo e il ruolo della capacità amministrativa nell’implementazione della politica di coesione, in Riv, giur. del Mezzogiorno, 2011, 609 ss.
cio generalizzato che si ricava dalla riduzione dei gaps di reddi- to e di benessere tra le aree sviluppate e quelle in ritardo di svi- luppo dell’Unione.
La volontà di promuovere una politica regionale unitaria fu avvertita dagli originari sei Stati membri già all’atto della stipu- la del Trattato di Roma ove, nel preambolo e negli artt. 2 e 3, si evidenziava proprio l’esigenza “di rafforzare l’unità delle loro
economie e di garantirne lo sviluppo armonioso, riducendo il divario fra le diverse regioni e il ritardo di quelle più svantag- giate”10 , nonché di “promuovere nell’insieme della Comunità uno sviluppo armonioso, equilibrato, e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati Mem- bri”.
A tal proposito, gli strumenti che furono predisposti per ri- durre lo squilibrio regionale esistente tra aree con sviluppo ete- rogeneo, vennero individuati nella Banca Europea per gli Inve- stimenti (BEI)11, nel Fondo Sociale Europeo (FSE) e nel Fondo
Agricolo Europeo di Orientamento e Garanzia (FEOGA) - Se- zione Orientamento che, tuttavia, all’epoca, non riuscirono nell’intento di far decollare una coerente politica regionale co- munitaria12.
10 Oltre che nel preambolo, riferimenti all’esigenza di considerare le differen-
ze regionali sono inseriti anche nelle disposizioni relative alla politica agricola (art. 33, ex 39), alla libera circolazione dei lavoratori (art. 40, ex 49), alle de- roghe al divieto di aiuti di Stato (art.87, ex 92) e alla politica dei trasporti (art. 76, ex 80). Un protocollo e una dichiarazione allegati al Trattato prevedevano, inoltre, di tenere in conto, nella realizzazione del mercato comune, delle diffi- coltà specifiche del Mezzogiorno italiano e di Berlino ovest, considerandole quali regioni “speciali”. Sul punto, A. DI STEFANO, Sul futuro della coe- sione economica, sociale e territoriale dell'Unione europea: note a margine delle proposte di Regolamento per il periodo 2014-2020, in Riv. giur. del Mezzogiorno, 2011, 1177 ss.
11 La BEI ha il compito di finanziare a condizioni di favore progetti nelle re-
gioni meno sviluppate e nei settori di riconversione (oltre che progetti di inte- resse comune per più Stati membri o per la Comunità, anche in Stati terzi o associati), tramite capitali raccolti facendo appello al mercato comune. I suoi interventi nel promuovere la coesione e nell’incentivare i provvedimenti sulle infrastrutture hanno progressivamente assunto una dimensione notevole.
12 Nel 1961 fu organizzata una conferenza in materia di economia regionale, a
È, infatti, solo negli anni 70, con l’ampliamento della Co- munità13 e con l’avvento della crisi economica e la conseguente
ondata di ristrutturazioni14, che la problematica dello sviluppo
regionale ha conosciuto la spinta più significativa; epoca che coincide con l’introduzione di apposito fondo costituito per lo sviluppo, il cd. FESR ( Fondo Europeo di Sviluppo Regionale)15
e del Comitato per la politica regionale16, organo deputato ad
assicurare il coordinamento delle politiche poste in essere dai singoli Stati membri.
Nel 1986, con l’Atto Unico, fu introdotto nel Trattato il Ti- tolo V, interamente dedicato alla coesione economica e sociale, definita come “perseguimento di una società europea più giusta
e portatrice di opportunità per tutti i cittadini”, mediante la
quale si intense rafforzare progressivamente l’apparato istitu- zionale dell’Unione17. Previsioni ad hoc furono, poi, introdotte
con il Trattato di Maastricht, che individuò la coesione, come terzo pilastro della nuova struttura europea18.
un’apposita Direzione Generale per la politica regionale. Nel 1969 la Com- missione presentò un primo progetto programmatico per una politica regiona- le della Comunità, che da un lato garantisse il rispetto delle condizioni di con- correnza coordinando e limitando le misure nazionali di politica regionale e dall’altro creasse i presupposti effettivi per la concorrenza nelle regioni mag- giormente svantaggiate, attraverso incentivi e interventi strutturali. La realiz- zazione di questo programma non risultò però agevole, a causa del contrasto tra le posizioni degli Stati membri e quella della Commissione.
13 Il 1 gennaio 1973 entrava in vigore il Trattato di adesione alla Comunità di
Danimarca, Irlanda e Regno Unito.
14 È l’inizio della fine della industria pesante, grande consumatrice di risorse
energetiche e l’inizio del declino di grandi regioni industriali di vecchia tradi- zione.
15 L’articolo 160 del Trattato sull’Unione affida al FESR il compito di “con- tribuire alla correzione dei principali squilibri regionali esistenti nella Co- munità, partecipando allo sviluppo ed all’adeguamento strutturale delle re- gioni in ritardo, nonché alla riconversione delle regioni industriali in decli- no”.
16 Istituito con una decisione del Consiglio del 18/03/1975.
17 Sul tema, R. LEONARDI, Coesione, convergenza e integrazione
nell’Unione Europea, Bologna, 1998; L. POLVERATI, R. VITALE, Rifles-
sioni sulla riforma della politica di coesione per il periodo 2014-2020: stato del dibattito e prospettive per l'Italia., in Riv. giur. del Mezzogiorno, 2010, 1211 ss; F. SPAGNUOLO Attualità, tendenze e prospettive della politica di coesione europea., in Riv. it. di dir. pub. com., 2010, 845 ss.
18 Firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993, deline-
Questo Trattato rappresentò un’ulteriore affermazione della politica regionale, la cui importanza venne evidenziata nelle modifiche apportate all’art. 2 del Trattato CE (oggi art. 2 del Trattato consolidato) che fissò come obiettivo della Comunità quello di “ promuovere (…) uno sviluppo armonioso ed equili-
brato delle attività economiche nell’insieme della comunità, una crescita sostenibile, non inflazionistica, e che rispetti l’ambiente, un elevato grado di convergenza dei risultati eco- nomici, un elevato livello di occupazione e di protezione socia- le, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coe- sione economica e sociale e la solidarietà tra gli Stati membri”.
Con tale intesa, i Paesi membri ampliarono, inoltre, gli strumenti utilizzati per la politica regionale, attraverso la costi- tuzione dell’apposito Fondo di Coesione, volto a erogare risorse per interventi nel settore dei trasporti e dell’ambiente agli Stati membri con PIL pro-capite inferiore al 90% della media comu- nitaria (Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda) e con la creazione del Comitato delle Regioni, il cui compito era quello di garanti- re un legame diretto e concreto fra le istituzioni europee e gli enti regionali o locali nella definizione delle politiche comunita- rie che interessavano detti enti in via diretta19.
sicurezza comune (PESC), Giustizia ed affari interni (GAI). La Coesione si è aggiunta, infatti, al Mercato comune ed all’Unione Economica e Monetaria.
19 Con la creazione del C.d.R. si è così concretizzato l'obbligo, giuridicamente
vincolante, di consultare i rappresentanti degli enti locali e regionali nei settori in cui questi sono responsabili garantendo, in tal modo, una maggiore presen- za dei cittadini nel processo di crescita dell'UE. Il trait d'union che dà impulso a questa mediazione diretta tra le opinioni dei cittadini e il processo europeo è impersonato dai membri del C.d.R. che, in qualità di Presidenti di regione o Sindaci di grandi città, vivono e lavorano quotidianamente nei propri territori, mantenendo le rispettive responsabilità di amministratori locali o regionali. Sul tema, A. DI STEFANO La politica comunitaria di coesione economica, sociale e territoriale. Profili problematici di una Multilevel Governance. in Riv. giur. del Mezzogiorno, 2008, 749 ss.; A. EDOARDO, Dalla politica so- ciale europea alla politica europea di coesione economica e sociale, in Riv. dir. sicurezza soc., 2007, 251 ss.; G.P. MANZELLA, La progressiva interna- zionalizzazione della politica regionale europea. Nuovi orientamenti, in Riv. giur. del Mezzogiorno, 2007, 563 ss.; T. AMICO DI MEANE, La gestione dei Fondi strutturali in Italia. Alcune considerazioni a partire dai risultati del- l'Indagine conoscitiva della XIV Commissione del Senato, in Riv. giur. del Mezzogiorno, 2010, 549 ss.
La terza riforma della politica di coesione prese il via nel 1997 (Agenda 2000) quando la Commissione, alla luce dell’allargamento dell’Unione ad est e dell’adozione della mo- neta unica20, elaborò le sue proposte per il futuro finanziario
dell’Unione allargata tenendo conto del quadro economico dei paesi in via di adesione.
In questa riforma (Rubrica 2 di Agenda 2000) venne previ- sta, in particolare, una riduzione delle risorse e del numero di obiettivi e di iniziative comunitarie, venne dichiarata l’inten- zione di concentrare gli sforzi economici verso le regioni più povere per assicurare un sostegno transitorio a quelle che non beneficiavano più di aiuti comunitari allo scopo di contenere gli interventi sul 40% della popolazione dell’Unione Europea.
In linea con l’evoluzione della politica di coesione, anche i Regolamenti dei fondi strutturali, che rappresentano il principa- le strumento comunitario volto alla riduzione degli squilibri so- cio-economici esistenti tra gli Stati membri, sono stati oggetto di continue riforme per il progressivo adeguamento ai continui cambiamenti dello scenario di riferimento21.
Il 5 luglio del 2005, la Commissione Europea adottò la comu- nicazione contenente il nuovo pacchetto di proposte relative al periodo di programmazione comunitario 2007/2013, in cui oltre a confermare i quattro principi fondamentali della disciplina dei Fondi Strutturali definiti da Agenda 200022, si sottolineò la ne-
cessità di rafforzare le sinergie tra la politica di coesione, le prio- rità nazionali e regionali e le strategie definite a Lisbona e Gote- borg23, puntando sulle tre nuove linee-guida rappresentate dagli
obiettivi di “fare dell’Europa un luogo più attrattivo per gli inve-
20 L’adesione all’Unione economica e monetaria mette in difficoltà soprattutto
gli Stati più deboli perché non consente alle autorità nazionali di svalutare la moneta; in passato, infatti, tale misura era adottata molto spesso per rendere più competitive le proprie esportazioni ed incentivare la produzione interna.
21 Il processo di riforma ha inizio con il regolamento n. 2052/88 (regolamento
quadro) e n. 4253/88 (regolamento di coordinamento) relativi al ciclo pro- grammatico 1988 – 1993 e termina con i regolamenti n. 1260, 1253, 1263, 1783, 1784 del 1999 validi per l’attuale ciclo di programmazione 2000 – 2006.
22 Infra, par. 2.4. 23 Infra, par. 2.6.
stimenti; promuovere la conoscenza ed innovazione per la cre- scita; raggiungere una maggiore e migliore occupazione”.
Oggi, nel perseguimento del processo di allargamento e del- le nuove esigenze ad esso connesse, il quadro finanziario dell’Unione europea continua a rimarcare come obiettivo pri- mario quello della realizzazione di interventi a sostegno della crescita e dell’occupazione. Si tratta degli obiettivi confluiti nella nuova strategia, a tutti nota come “Europa 2020”, in cui risulta potenziata ancora di più la politica di coesione e viene, in parte, modificato l’assetto dei fondi strutturali24.
Pertanto, gli Stati membri è a questa strategia che dovrebbe- ro indirizzare i propri interventi nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi e delle politiche che caratterizzano la ratio ed il funzionamento delle risorse rese disponibili (fondi strutturali) per l’attuazione della politica di coesione.
2.3 L’attuazione della politica di coesione europea per le