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La “bibliografia essenziale”

SILLING. IL CASTELLO

4.3. Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini 1. Pasolini/Sade

4.3.3. La “bibliografia essenziale”

La sensazione di una contiguità (o persino continuità) tra la visione del mondo e il linguaggio di Sade e il nazi-fascismo non è certamente un'idea originale di Pasolini41. La prima stesura di questa ipotesi è forse attribuibile a Raymond Queneau, che ne scrive sul giornale Front National già il 3 novembre del 1945:

41 Nemmeno un'idea cinematografica originale: prima di Pasolini era stato Roger Vadim, ne Il

vizio e la virtù (1963) (v. in filmografia), ad ambientare all'epoca della Francia occupata i

È incontestabile che il mondo immaginato da Sade e voluto dai suoi personaggi (e perché non da lui stesso?) è una prefigurazione allucinante del mondo dove regnano la Gestapo, i suoi supplizi e i suoi campi. […] Che Sade non sia stato un terrorista […], che la sua opera abbia un valore umano profondo (cosa che nessuno può contestare), non impediranno a tutti coloro che hanno dato un'adesione più o meno grande alle tesi del marchese di dover affrontare, senza ipocrisia, la realtà dei campi di sterminio con i loro orrori non più riunchiusi nella testa di un uomo, ma praticati da migliaia di fanatici. Le fosse comuni completano le filosofia, per quanto sgradevole possa essere (Queneau, 1945, pp. 199-200).

Ma la formulazione più nota di tale parentela è di Max Horkheimer e Theodor Adorno, che in Dialettica dell'illuminismo rintracciano nel pensiero del razionalismo illuminista – e in particolare nella sua spirale estrema rappresentata dagli scritti di Sade – le origini dell'idea lucida e disumana di ordine e di dominio realizzata dal nazionalsocialismo:

Di fronte alla ragione scientifica le forze morali sono, secondo lo stesso Kant, impulsi e condotte non meno neutre di quelle immorali […]. Il fascismo, che risparmia ai suoi popoli i sentimenti morali sottoponendoli in cambio a una disciplina di ferro, non ha più il bisogno di osservare alcuna disciplina. In opposizione all'imperativo categorico, e in accordo tanto più profondo con la ragion pura, esso tratta gli uomini come cose, centri di comportamento. […] L'ordine totalitario insedia completamente nei suoi diritti il pensiero calcolante, e si attiene alla scienza come tale. Il suo canone è la propria cruenta efficienza. La mano della filosofia lo aveva scritto alla parete, dalla critica kantiana alla genealogia nietzschiana della morale; uno solo lo ha realizzato fino in fondo e in tutti i dettagli. L'opera del Marchese di Sade mostra l'“intelletto senza la guida di un altro”, cioè il soggetto borghese liberato dalla tutela (Horkheimer e Adorno, 1947, p. 92).

In modo piuttosto sorprendente, Pier Paolo Pasolini non cita però Dialettica dell'illuminismo nella “bibliografia essenziale” che egli pone, probabile hapax nella storia del cinema, nei titoli di testa. Essa viene presentata così:

Bibliografia essenziale

Roland Barthes “Sade, Fourier, Loyola” Editions du Seuil Maurice Blanchot “Lautréamont et Sade” Editions de Minuit

Simone De Beauvoir “Faut-il brûler Sade? Editions Gaimard [sic, in realtà

Gallimard]

Pierre Klossowski “Sade mon prochain. Le philosophe scélerat.” Editions du Seuil

In Italia SugarCo Edizioni

Philippe Sollers “L'écriture et l'experience des limites” Edition du Seuil

Alcuni brani dei testi di Roland Barthes e Pierre Klossowski sono citati nel film.

L'impressione è che si tratti di una bibliografia costruita in velocità (anche redazionalmente: vale forse la pena di notare il refuso sull'editore di De Beauvoir e la pur lieve imprecisione del punto in coda al titolo di Klossowski) per legittimare l'estremismo delle scelte linguistiche e visive attraverso l'esibizione di cinque nomi prestigiosi che rendono immediatamente conto della profondità dei discorsi teorici portati avanti attorno a Sade. La ricerca di copertura intellettuale per un gesto artistico e politico della cui radicalità Pasolini ha piena coscienza si abbina inoltre alla volontà di distanziamento rispetto a una materia tanto scottante: “Salò sarà un film 'crudele', talmente crudele che (suppongo) dovrò per forza distanziarmene, fingere di non crederci e giocare un po' in modo agghiacciante” (Pasolini, 1975a, p. 2063). La bibliografia serve a mostrare che l'autore si è certo confrontato direttamente con Sade in un corpo a corpo, ma ha anche preso le distanze dalla sua produzione leggendolo attraverso la lente della letteratura critica.

Oltre a queste valenze puramente strumentali, Pasolini ha saputo trovare nei testi citati il modo per conferire significati ulteriori ai personaggi. A Gideon Bachman che lo interroga sull'utilizzo dei riferimenti bibliografici, Pasolini (1979, p. 3020) risponde:

Li cito in quanto interpreti di De Sade, fanno parte della coscienza che i personaggi hanno di quello che stanno facendo. Non soltanto do loro la coscienza che De Sade aveva, ma do loro anche la coscienza degli interpreti di De Sade. […] Se io affidavo la coscienza dei personaggi solo alla coscienza che dava loro De Sade li lasciavo al di là della psicanalisi, cioè al di là del mondo moderno.

Il lavoro di Pasolini sulla bibliografia vuole dunque anche dare spessore ai personaggi caricando sulle loro spalle il peso della letteratura secondaria sadiana. Non solo i protagonisti pronunciano alcune battute tratte da essa, ma, anacronisticamente, la riflessione filosofica e letteraria novecentesca avvolge la loro caratterizzazione, le loro parole, i loro gesti, la loro coscienza. Le figure dei libertini di Salò sono disegnate attraverso un processo di sovrascrittura: alla descrizione di Sade vengono sommate descrizioni di descrizioni. È come se i signori delle 120 giornate, usciti da Silling, avessero atteso la pubblicazione dei libri di Barthes, Klossowski e Beauvoir per studiare se stessi e capire meglio che tipo di figure rappresentano. Dei lontani personaggi settecenteschi prendono così coscienza della loro modernità.

È interessante, nell'estratto dall'intervista a Pasolini, notare il riferimento alla psicoanalisi, poiché in realtà il regista non cita nella bibliografia né Kant con Sade di Jacques Lacan né Il freddo e il crudele di Gilles Deleuze, che dedica ampio spazio alla lettura psicoanalitica di Sade (e Sacher-Masoch). Oltre a Horkheimer-Adorno, Deleuze e Lacan, all'interno dell'essenziale bibliografia di Pasolini non trovano spazio nemmeno autori fondamentali quali Bataille e Foucault, mentre vengono inclusi testi tutto sommato meno decisivi all'interno degli studi sadiani come quelli di De Beauvoir e Sollers.

In particolare l'esclusione di Dialettica dell'illuminismo rimane inspiegabile non solo in ragione della scelta di ambientare la vicenda in epoca fascista, ma anche di un'evidenza: le tesi dei filosofi tedeschi sembrano informare completamente l'ispirazione di Pasolini. Le si legge, in controluce, in relazione al principio (pur di comune derivazione marxista) della disumanizzazione e della reificazione dei corpi42; nel riferimento al prevalere dello schema generale sul contenuto; nella somiglianza tra un razionalismo tanto minuziosamente regolato e il barocco43.

42 Si affianchino alle già citate considerazioni di Pasolini le seguenti affermazioni da Dialettica

dell'illuminismo: “La ragione rappresenta l'istanza del pensiero calcolante, che organizza il

mondo ai fini dell'autoconservazione e non conosce altra funzione che non sia quella della preparazione dell'oggetto, da mero contenuto sensibile, a materiale di sfruttamento” (Horkheimer e Adorno, 1947, p. 89).

43 “La peculiare struttura architettonica del sistema kantiano, come le piramidi ginniche delle orge di Sade e la gerarchia di principi delle prime logge borghesi – il suo pendant cinico è il severo regolamento della società libertina delle 120 Journées – preannuncia un'organizzazione di tutta la vita destituita di scopo oggettivo. Ciò che sembra importare, in queste istituzioni, più ancora del piacere, è la sua gestione attiva e organizzata, come già in altre epoche illuminate, la Roma dell'età imperiale e del Rinascimento oppure il barocco, lo schema dell'attività contava

Pasolini, in diverse parti della sua riflessione di polemista e saggista, mette inoltre in guardia rispetto alla pericolosità di basare esclusivamente sul pensiero illuminista il proprio orizzonte di valori, ad esempio quando afferma: “la polemica contro la sacralità e contro i sentimenti, da parte degli intellettuali progressisti, che continuano a macinare il vecchio illuminismo quasi che fosse meccanicamente passato alle scienze umane, è inutile. Oppure è utile al potere” (Pasolini, 1964, p. 1576).

In ogni caso Pasolini non utilizza i libri citati per trarne brani di dialogo, salvo le due eccezioni, segnalate in coda al cartello stesso, costituite dai testi di Klossowski e di Barthes44. Mentre i racconti delle tre narratrici fanno riferimento essenzialmente alla fonte primaria costituita dalle 120 giornate45, i ragionamenti dei signori risentono delle interpretazioni di Sade proposte dai libri in bibliografia. Laddove i libertini pronunciano frasi tratte dai testi di Sade (non solo da Le 120 giornate)46, si tratta di passi citati nei libri di Blanchot, Barthes, Klossowski eccetera.

Il prestito da Barthes si limita al riferimento a una lettera scritta da Sade alla moglie dalla prigione e al titolo dell'ultimo paragrafo della sezione “Sade II” di Sade, Fourier, Loyola intitolato “Il principio di delicatezza”:

Avendo la marchesa De Sade domandato al marchese prigioniero di farle avere la sua biancheria sporca (conoscendo la marchesa: per quale altro scopo se non quello di farla lavare?), Sade finge di vedervi un motivo tutto diverso, propriamente sadiano: “Incantevole creatura, volete la mia biancheria sporca, la mia biancheria usata? Lo sapete che questo è di una delicatezza estrema? Vedete come sento il valore delle cose. Ascoltate, angelo mio, ho tutto il desiderio del mondo di soddisfarvi in ciò, giacché sapete quanto rispetti i gusti, le più del suo contenuto” (p. 94).

44 La relazione tra la sceneggiatura di Pasolini e i riferimenti alla bibliografia sadiana è ricostruito in modo esaustivo tra Siti e Zabagli (2001, pp. 3158-3159), Marchesi (2002) e Maggi (2009). 45 Del testo sadiano (v. Chiesi, 1999), Pier Paolo Pasolini utilizza nel dettaglio: nel girone delle

manie, narratrice la signora Vaccari, la prima e la terza storia della prima giornata, la quinta della seconda, la terza della ventinovesima, la quinta della trentesima; nel girone della merda, narratrice la signora Maggi, la quinta storia del tredicesimo giorno, la seconda del ventiquattresimo, la prima del tredicesimo, la quinta del ventisettesimo; nel girone del sangue la signora Castelli raccoglie spunti dalla centoquarantottesima delle passioni omicide o di quarta classe e accenna a uno dei supplizi supplementari lasciati da Sade in calce alla narrazione.

46 Pasolini recupera dagli autori in bibliografia citazioni “di seconda mano” dagli altri scritti di Sade anche perché, con molta probabilità, l'unico libro dell'autore francese letto direttamente dal regista di Salò è proprio Le 120 giornate di Sodoma.

fantasie: per barocche che siano le trovo tutte rispettabili, sia perché non se ne è padroni, sia perché la più singolare e la più bizzarra di tutte, ben analizzata, risale sempre a un principio di delicatezza” (Barthes, 1971, p. 157).

Nel film di Pasolini il Vescovo recita:

Deliziosa creatura, vuoi le mie mutande sporche, le mie vecchie mutande? Sai che ciò è di una raffinatezza impareggiabile? Vedi come sono sensibile al valore delle cose. Ascolta, angelo mio, io ho il più grande desiderio del mondo di contentarti in questo, poiché sai che rispetto i gusti, i capricci: per barocchi che essi siano, li trovo tutti rispettabili, sia perché non ne siamo arbitri, sia perché anche il più singolare e il più bizzarro, a bene analizzarlo, risale sempre a un principe de delicatesse (Pasolini, 2001, p. 2043).

Uno dei più importanti riferimenti a Klossowski è rintracciabile nel dialogo tra Blangis e il Vescovo sul tema della sodomia inserito nel Girone della merda (Pasolini, 2001, p. 2053):

BLANGIS Il gesto sodomitico è il più assoluto per quanto contiene di più mortale per la specie umana, e il più ambiguo perché accetta le norme sociali per infrangerle.

VESCOVO C'è qualcosa di più mostruoso del gesto del sodomita, ed è il gesto del carnefice.

BLANGIS È vero, ma il gesto del sodomita ha il vantaggio di poter essere ripetuto migliaia di volte.

VESCOVO Si può anche trovare il modo di reiterare il gesto del carnefice.

Mentre Klossowski (1947, p. 31) scrive: “Il segno chiave […] viene rivelato [a Sade] dalla sua stessa costituzione, ed è quello del gesto sodomita. Per Sade tutto gravita, da vicino o da lontano, attorno a questo gesto, il più assoluto per quel che di mortale ha per le norme della specie, e in certo qual modo d'immortale per il suo ricominciare”. Ma ritroviamo riferimenti a Sade prossimo mio in diversi altri punti del film. Nel caso seguente la citazione viene esplicitata da uno dei due attori del dialogo, il Vescovo, che con la sua battuta apre lo spazio della citazione per poi chiuderla nominando l'autore citato:

BLANGIS Osservare, come stiamo qui facendo con passione non minore dell'apatia, Guido e la Vaccari che masturbano quei due corpi che ci appartengono, mi spinge a un certo ordine di interessanti riflessioni...

VESCOVO Abbia allora la bontà di comunicarcele, caro duca.

BLANGIS Noi fascisti siamo i soli veri anarchici, naturalmente una volta che ci siamo impadroniti dello Stato. Infatti la sola vera anarchia è quella del potere. Tuttavia guardi lì, la gesticolazione oscena è come un linguaggio dei sordomuti, col suo codice che nessuno di noi, malgrado il suo illimitato arbitrio, può trasgredire. Non c'è niente da fare.

La nostra scelta è categorica: noi dobbiamo subordinare il nostro godimento a un gesto unico.

VESCOVO Klossowski (Pasolini, 2001, pp. 2041-2042).

Provengono da Klossowski l'idea dell'apatia dei libertini (1947, pp. 34 e ss.), della gestualità oscena come linguaggio di sordomuti (pp. 29-30) e dell'attesa perpetua da parte del perverso dell'istante in cui eseguire il suo unico gesto definitivo (p. 28). Altri riferimenti a Sade prossimo mio (v. Siti e Zabagli, 2001, p. 3159) riguardano la comparazione con la sofferenza altrui utilizzata come strumento del proprio godimento individuale47, una citazione in francese della signora Maggi48 e un'allusione alla volontà sadiana di insistere nel crimine al di là di ogni limite temporale49.

È interessante inoltre soffermarsi su una breve disputa riguardante l'attribuzione di una citazione, con la quale Pasolini sembra ironizzare sullo sforzo di chi si fosse dedicato alla ricerca di corrispondenze esatte tra dialoghi e riferimenti colti:

CURVAL Il principio di ogni grandezza sulla terra è stato totalmente e lungamente inzuppato di sangue. E ancora, amici miei, se la memoria non mi tradisce, sì è così, “senza spargimento di sangue non si dà perdono... senza spargimento di sangue”. Baudelaire. DURCET Spiacente, Eccellenza, ma devo farle notare che il testo da lei citato non è Baudelaire bensì Nietzsche, ed è tratto precisamente da Zu Genealogie das Moral.

47 In Pasolini (2001, p. 2044): “È dalla vista di coloro che non godono ciò che godo io e che soffrono i peggiori disagi che derivan il fascino di poter dire a se stessi: 'Comunque io sono più felice di questa canaglia che si chiama popolo': dovunque gli uomini siano uguali, e non esista questa differenza, nemmeno la felicità esisterà mai. […] In tutto il mondo non c'è voluttà che lusinghi di più i sensi del privilegio sociale”.

48 “Notre délice, c'est de ré-introduire le caractère divin de la monstruosité, à travers des actes réitérés, c'est-à-dire des rites” (p. 2050).

49 “Non lo sai che noi vorremmo ucciderti mille volte, fino ai limiti dell'eternità, se l'eternità potesse avere dei limiti?” (p. 2055).

CURVAL Non si tratta di Baudelaire né di Nietzsche, né eventualmente di san Paolo,

Lettera ai Romani. C'est du Dada.

BLANGIS Canto / quel motivetto che mi piace tanto / e che fa da da da da da da.

L'autore della citazione, Curval, viene smentito da Durcet, il quale però viene corretto a sua volta da un Curval che allo stesso tempo corregge se stesso: la frase, contrariamente alla sua prima affermazione, non è di Baudelaire. Curval si premura di escludere anche altre possibili letture che portano a Nietzsche e a San Paolo. La citazione, di per sé feroce, viene quindi deviata nella direzione del dada, dello scherzo d'avanguardia o del non sense.

L'accenno ironico al dadaismo può essere letto come un invito rivolto al critico o all'analista a non prendere troppo sul serio il gioco di rimandi cui costringe il film. Ma il processo di detournement assume un ulteriore tratto paradossale: come nota Maggi (2009, p. 321), è proprio uno degli autori esclusi dalla paternità della frase, San Paolo, la fonte esatta da cui è tratta l'ambigua affermazione. Che non è contenuta, tuttavia, nella Lettera ai Romani ma nella Lettera agli ebrei (9, 22): “Secondo la legge, infatti, quasi tutte le cose vengono purificate con il sangue e senza spargimento di sangue non esiste perdono”. La prima parte della citazione di Curval è invece, secondo Maggi (ibid.), attribuibile all'altro autore cui viene negata la paternità del riferimento, Friedrich Nietzsche.

Al di là della beffa intellettuale, lo scambio di identità tra attribuzioni esatte e apocrife può servire a mantenere un velo di foschia, come Pasolini si propone programmaticamente, attorno al mistero rappresentato dal film; o rimandare alla confusione e al vuoto dell'ideologia dei fascisti libertini e della stessa Repubblica di Salò.