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Cambia la struttura del mercato internazionale delle commo- commo-dity alimentari commo-dity alimentari

Dalle informazioni che si sono qui riportate, anche a costo di una certa pro-lissità, non è possibile dedurre se la ripresa dei prezzi internazionali delle ma-terie prime alimentari degli ultimi mesi del 2009 sia la semplice risultante di un insieme di fenomeni contingenti, o non debba all’opposto essere considera-ta come il preludio di una nuova sconsidera-tagione di aumenti. La forte e diffusa pre-senza dei tradizionali fondamentali, dalle vicende climatiche sfavorevoli con il conseguente impatto negativo sull’offerta, alla contrazione della domanda e-sercitata dalla crisi economica, sembra dare più peso all’idea che la prima di queste due alternative goda di una maggiore attendibilità.

Grazie a queste informazioni è invece possibile evidenziare, e ciò giustifica lo spazio che è stato loro riservato, l’emergere di alcune caratteristiche del mercato internazionale delle materie prime alimentari che testimoniano come in questo mercato sia in atto un processo dinamico destinato, per la sua com-plessità, a modificarne significativamente la struttura e ad imporre all’attenzione degli operatori e dei responsabili della sua gestione una serie di nuovi problemi. Si riassumono qui di seguito alcune di queste caratteristiche.

Primo. La tendenza di questo mercato ad essere dominato progressivamen-te tanto dal lato delle esportazioni quanto da quello delle importazioni da un numero viepiù limitato di paesi. Data questa realtà, frutto in larga misura del processo di globalizzazione dell’economia, le variazioni nella produzione di una di queste materie prime in uno di questi paesi sono destinate ad influen-zarne con grande intensità e in maniera improvvisa l’offerta o la domanda a li-vello mondiale. La volatilità dei prezzi internazionali delle materie prime ali-mentari è destinata pertanto a crescere nei prossimi anni ed a generare così nuovi motivi di turbativa.

Secondo. La crescente importanza strategica degli stock di fine campagna dei paesi esportatori. La volatilità dei prezzi, specie nei mercati a termine, è in-fluenzata in misura determinante dalle previsioni circa l’entità di questi stock.

Da ciò l’esigenza di poter giungere a: 1°) formare degli stock da utilizzare in particolari situazioni di emergenza e per assistenza umanitaria ad opera, ad e-sempio, del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite; 2°) realiz-zare un coordinamento degli stock nazionali dei principali paesi esportatori al fine di costituire una riserva da usare contro scarsità di breve periodo e/o per smorzare eccessive fluttuazioni dei prezzi; 3°) dare vita nell’ambito di una del-le istituzioni internazionali già esistenti, come proposto dall’International Food Policy Institute di Washington, ad una struttura capace, attraverso la sua azio-ne sui mercati a termiazio-ne, di promettere vendite a prezzi più bassi se le quota-zioni del momento dovessero superare determinati livelli.

Terzo. Il forte condizionamento esercitato da un ambiente macroeconomi-co che trascende ormai largamente i macroeconomi-confini dei singoli paesi. Già oggi, e anmacroeconomi-cor più nel futuro, gli elementi di questo ambiente, dai movimenti dei tassi di cambio delle monete dei principali paesi importatori ed esportatori e dalle va-riazioni dei tassi di interesse, all’andamento dell’inflazione o della deflazione dei prezzi generali e alle vicende del sistema finanziario per citarne alcuni, so-no destinati sempre più spesso a svolgere un ruolo so-non dissimile per importan-za, da quello giocato dai tradizionali fattori della domanda e dell’offerta.

Quarto. La notevole pressione concorrenziale derivante dalla produzione di biocarburanti di prima generazione. Questa produzione entra necessariamente in competizione con la domanda di cereali, di semi oleosi e di oli vegetali per l’alimentazione umana. A tutti questi prodotti si è aggiunta in questi ultimi an-ni la maan-nioca a seguito di un’ampia serie di investimenti effettuati dalla Cina all’interno ed all’esterno dei suoi confini per la produzione di etanolo. La pro-duzione di biocarburanti di prima generazione avvantaggia certamente nel breve-medio periodo i produttori agricoli. Ma è anche vero che essa è allo stesso tempo causa del costo, certamente odioso, di aumentare in una misura che può essere anche assai sensibile i prezzi dei prodotti alimentari, e di

osta-colare di conseguenza l’accesso al cibo da parte dei poveri. Oltre a ciò, questa produzione rischia già nel breve-medio termine di essere costosa per gli stessi agricoltori perché altera non solo la dinamica, ma gli stessi fondamentali del mercato dei loro prodotti. Essa lega infatti strettamente i prezzi delle materie prime alimentari alle performance dei settori ormai globalmente integrati dell’energia e li assoggetta in tal modo a tutta l’incertezza economica e politica che caratterizza il mondo del petrolio. È questa una delle ragioni che hanno indotto recentemente l’amministrazione statunitense a programmare per il prossimo decennio un sensibile aumento della produzione di etanolo mediante il progressivo sviluppo della produzione di biocarburanti di seconda genera-zione e la contemporanea sensibile ridugenera-zione in termini assoluti dell’offerta di biocarburanti di prima generazione.

Quinto. La diffusione di forme di intervento unilaterale da parte di singoli paesi destinati a condizionare l’offerta complessiva a livello mondiale. È quan-to è accaduquan-to specie nel corso del primo semestre dell’anno 2008 ed è continu-ato, anche se in modo meno frequente ed intenso, nel 2009. In questi mesi, gran parte dei governi dei paesi in via di sviluppo che sono tra i principali e-sportatori di cereali e di semi oleosi è ricorsa in modo autonomo per protegge-re i propri consumatori dalle turbolenze del mercato, o per miglioraprotegge-re la rimu-nerazione dei prodotti dei propri agricoltori, o per ridurre i deficit di bilancio dello stato, a forme di intervento, dalle quote, prezzi minimi e tasse all’esportazione ai divieti di esportazione generalizzati, che hanno ridotto im-provvisamente e in misura sensibile l’offerta di questi prodotti sul mercato in-ternazionale e hanno determinato di conseguenza aumenti drastici e repentini dei loro prezzi internazionali. Queste forme di intervento dei governi non con-trastano con le regole scritte del WTO. Tuttavia è non meno vero che esse, ol-tre ad essere dannose già nel breve-medio periodo per gli stessi paesi che le at-tuano perché possono rappresentare per i loro agricoltori un disincentivo a produrre e riducono così la stessa offerta interna, costituiscono un importante passo indietro rispetto all’obiettivo della piena apertura dei mercati sancito nel 1994 dalle conclusioni dell’Uruguay Round, con tutti i costi che ciò implica per la sicurezza alimentare e l’economia del mondo. Queste forme di restrizio-ne all’esportaziorestrizio-ne possono inoltre trasformarsi restrizio-nei rapporti tra paesi in stru-menti di pressione politica. Vi è pertanto l’esigenza di promuovere dei nego-ziati per una rimozione sostanziale dei divieti e delle restrizioni alle esporta-zioni di prodotti alimentari adottati in modo autonomo da singoli paesi.

Sesto. Il ruolo controverso della speculazione finanziaria. Si parla di ruolo controverso perché mentre alcuni rapporti sostengono che negli ultimi anni i prezzi delle principali materie prime alimentari sono stati fortemente influen-zati dalle manipolazioni della speculazione finanziaria internazionale, altri

rapporti non meno autorevoli concludono che non è possibile evidenziare nes-sun effetto perverso ad opera di questa speculazione. Premesso che l’instabilità dei prezzi è una caratteristica generale dei mercati agricoli derivante dall’incertezza e dalla stagionalità tipiche delle produzioni dell’agricoltura, e che impennate dei prezzi ancora più impressionanti di quelle del biennio 2007-08 si erano già registrate nel corso della crisi degli anni 1973-75 quando i mer-cati a termine erano dominio pressoché assoluto degli operatori tradizionali, non si può negare che i cambiamenti nei fondamentali della domanda e dell’offerta delle materie prime alimentari non sempre riescono a spiegare in maniera soddisfacente i drastici aumenti e la volatilità dei loro prezzi del peri-odo 2007-08. È noto infatti che la combinazione delle aspettative di una mi-gliore redditività con lo stato di eccitazione che ha dominato i mercati finan-ziari in quegli anni, ha indotto numerosi investitori finanfinan-ziari a considerare le materie prime alimentari come una categoria alternativa di asset per ottimizza-re il profilo di rischio-profitto dei loro portafogli, e ha favorito così un forte af-flusso di capitali speculativi nei loro mercati. Al Chicago Board of Trade, per citare un dato, nel periodo compreso tra il maggio 2007 e il maggio 2008 il vo-lume medio dei futures relativi ai cereali ed ai semi oleosi è aumentato del 19 per cento mentre quello delle loro options ha registrato una crescita del 34 per cento. Non è inoltre da escludere che, come era già accaduto in anni passati, l’impennata dei prezzi dello zucchero del 2009 sia dovuta in una certa misura all’interesse dimostrato da alcuni hedge fund per questo prodotto.

È evidentemente necessario migliorare la regolamentazione di questi mer-cati e la supervisione sui prodotti finanziari derivati, specie per quanto riguar-da la posizione degli index trader, così come vale la pena di costituire il siste-ma di buffer stock per intervenire nei mercati a termine che si è prisiste-ma accen-nato. Ma è anche vero che questi provvedimenti vanno gestiti con estrema at-tenzione e prudenza data l’importanza nodale dei mercati a termine per la pro-duzione agricola. Non è infatti facile distinguere l’attività di chi specula sul pi-ano esclusivamente finanziario da quella di quanti – agricoltori, imprese di commercializzazione, industrie alimentari – operano in essi allo scopo di ven-dere i propri prodotti o acquistare i prodotti di cui necessitano in modo di ri-durre i rischi derivanti dall’incertezza che normalmente caratterizza i loro prezzi.