5.4. La zootecnia da latte e i suoi derivati
5.4.1. L’evoluzione strutturale e le consegne di latte
Ovviamente l’evoluzione della quantità di latte prodotta e utilizzata per le principali trasformazioni è attribuibile a due cause principali: da un lato l’evoluzione del mercato dei prodotti di queste trasformazioni, dall’altra la struttura produttiva e il suo principale strumento di regolazione, costituito dal-le quote di produzione.
Per effetto della mobilità di quote tra regioni, l’ammontare disponibile per i produttori emiliano-romagnoli all’inizio della campagna 2008/09 era inferiore del 2,7% circa rispetto a quattro campagne prima; in effetti, nella sola campa-gna 2006/07 erano uscite dal serbatoio regionale circa 12 mila tonnellate di di-ritti a produrre, pari allo 0,8% (tabella 5.8). Soprattutto per l’allargamento del bacino nazionale complessivo avvenuto con l’ultima campagna, tale ammonta-re ha visto poi un aumento del 3,45% passando alla campagna 2009/10. Oltammonta-re alle quantità spostate verso altre regioni, le quote “consegne” disponibili nella regione si erano ridotte anche per un contenuto passaggio verso le vendite di-rette, le cui quote sono cresciute di circa il 17% tra le campagne 2004/05 e 2008/09.
Naturalmente, la migrazione di quote al di fuori dei confini regionali è solo uno degli effetti di un più ampio processo, quello della concentrazione in atto.
All’inizio dell’ultima campagna produttiva risultavano titolari di quote 4.176 aziende, il 5,1% in meno rispetto all’anno precedente e il 28% in meno rispetto al 2004/05. Ovviamente la quota media delle stalle è notevolmente aumentata, passando con l’ultima campagna da 392 a 427 tonnellate (+8,8%) e aumentan-do addirittura di 122 tonnellate in cinque anni.
Tabella 5.7 – Le produzioni e i prezzi nel comparto bovino da latte dell’Emilia-Romagna, 2001-2009 20012005 2007 2008 2009Var. % 09/08 Var. % 09/07 Var. % 09/05 Var. % 09/01
Var.% media 99-08
Prezzi mensili 2008 Minimi Massimi QUANTITA’ VENDIBILE (.000 t) Produzione di latte vaccino 1.787,01.864,01.836,41.783,21.752,0-1,7 -4,6 -6,0 -2,0 -0,3 Destinazione: - Parmigiano Reggiano 1.398,81.532,11.512,81.480,91.454,9-1,7 -3,8-5,04,0 0,5 - Altro 388,2331,9323,6288,4283,4-1,7 -12,4 -14,6 -27,0 -3,7 PRODUZIONE DEI PRINCIPALI FORMAGGI (.000 t) Parmigiano Reggiano 96,7105,8104,6102,4100,4-1,9 -4,0 -5,13,8 0,4 Grana Padano16,218,319,218,718,70,3 -2,5 2,6 15,43,5 PREZZI DEI PRINCIPALI PRODOTTI LATTIERO-CASEARI (€/kg) Parmigiano Reggiano 9,058,548,528,258,15-1,27 -4,4-4,6-10,0 0,4 7,25 (gen.) 9,24 (dic.) Grana Padano6,395,706,246,275,94-5,33 -4,8 4,2 -7,0 -0,2 5,78 (ago.set.) 6,35 (dic.) Burro2,121,361,711,041,149,03 -33,4 -16,3 -46,3 -6,80,88 (gen.) 1,81 (dic.) Fonte: Nostre elaborazioni su dati Assessorato all'Agricoltura della Regione Emilia-Romagna e delle C.C.I.A.A. di Reggio Emilia e di Cremo- na.
Tabella 5.8 - Consegne e quote latte per campagna in Emilia-Romagna, 2004/05-2009/10 2003/2004ER/Ita2005/2006ER/Ita 2007/2008ER/Ita 2008/2009ER/Ita Var.% 2008/2009 su 2007/2008
Var.% 2007/2008 su 2003/2004 Quote: quantitativi individuali di riferimento (di inizio periodo) Aziende (n.)5.76610,34.95010,3 4.40010,1 4.17610,0-5,09 -23,69 Consegne (tonnellate) 1.682.21216,41.658.49916,2 1.637.16416,0 1.693.62815,53,45-2,68 Vendite dirette (tonnellate) 75.31333,080.83434,8 87.97035,6 88.56134,50,6716,81 Quota/azienda (tonnellate) 305- 351- 392- 42728,63 Quote: quantitativi individuali disponibili (di fine periodo) Aziende (n.)5.64110,14.81310,04.3249,9 -23,35 Consegne(tonnellate) 1.674.35216,41.634.47216,01.591.43815,6-4,95 Vendite dirette(tonnellate) 88.90935,097.67935,4106.38233,819,65 Consegne dichiarate (tonnellate) (*) 1.734.09716,31.726.24515,91.645.78315,61.355.22415,6-0,68 -5,09 Consegne/quote (tonnellate) (%) 103,6 105,6 103,4 (*) Campagna 2009-2010: solo i primi dieci mesi. Fonte: Sian.
Negli ultimi anni il rapporto tra consegne effettive e quote consegne dispo-nibili ha regolarmente ecceduto l’unità, come peraltro è avvenuto per il totale nazionale; il disavanzo era cresciuto dal 3,6% della campagna 2004/05 al 5,6% nel 2006/07, poiché la perdita regionale di quote disponibili è stata più forte della riduzione delle consegne, che pure risultano essere in calo (figura 5.7). Nella campagna 2008/09, tuttavia, l’ulteriore forte riduzione delle conse-gne ha fatto sì che l’eccedenza lorda si sia ridimensionata, non superando il 3,4% Al momento della redazione di questo rapporto non sono ancora dispo-nibili i dati complessivi delle consegne per la campagna 2008/09, ma il dato dei primi dieci mesi indica una riduzione di consegne dello 0,68%, nonostante il considerevole aumento delle quote disponibili, per cui è facile la previsione che l’esubero regionale sarà totalmente riassorbito.
5.4.2. Gli andamenti di mercato
I listini del Parmigiano Reggiano, che avevano guadagnato in media l’11%
circa nel 2007 tornando in pratica al livello medio del 2005, hanno poi lasciato sul terreno un 3,2% nel 2008, cui si è aggiunto un ulteriore 1,3% nel 2009, Questo andamento del dato medio annuale non deve però trarre in inganno:
mentre la media del 2008 era il risultato di un anno di prezzo quasi
costan-Tabella 5.7 - Consegne e quote latte per campagna in Emilia-Romagna, 2004/05-2009/10
125.000 130.000 135.000 140.000 145.000 150.000 155.000 160.000
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic
2007
2009 2008
2010
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Sian.
Tonnellate
temente decrescente, al contrario il 2009 è stato segnato da una certa ripresa dei listini, con due fasi più evidenti all’inizio dell’anno e nell’ultimo trimestre ed una consistente stasi intermedia. Il risultato dell’intero processo di aggiu-stamento è sì moderatamente negativo, poiché in dicembre 2009 il prezzo era inferiore dello 0,6% rispetto al dicembre 2007, ma rimane il fatto che nell’ultimo anno vi è stato un recupero del 16,9% (figura 5.8). Chiaramente, per un prodotto come il formaggio emiliano che è destinato a rimanere nei magazzini di stagionatura per lunghi mesi, l’alternanza di fasi di crescita impe-tuosa dei corsi e di caduta repentina provoca effetti destabilizzanti: basti os-servare che lo scarto su dodici mesi, che era del -21% a gennaio 2009, arrivava al -8% solo tre mesi dopo, diventava positivo e pari al +5% in maggio, ridu-cendosi poi gradualmente fino al -1% in settembre e a questo punto, a causa della ripresa iniziata ad ottobre, tornava nel campo positivo chiudendo l’anno a +17% e toccando addirittura il +29% con gennaio 2010.
A differenza del Parmigiano Reggiano, il Grana Padano aveva mostrato un differenziale positivo tra prezzo medio nel 2007 e nel 2008 (+0,6%), poiché in questo caso, se il recupero del 2007 aveva seguito un percorso analogo a quel-lo del principale formaggio emiliano, la successiva crisi del 2008 era stata me-no accentuata. In effetti si osserva in genere, sia nelle fasi di riduzione dei
li-Figura 5.8 Prezzi medi mensili all’ingrosso dei principali prodotti lattiero-caseari: gennaio 2000 - dicembre 2009
gen-00 gen-01 gen-02 gen-03 gen-04 gen-05 gen-06 gen-07 gen-08 gen-09
Eu
Fonte: Nostre elaborazioni su dati C.C.I.A.A. di Reggio Emilia e Cremona.
Burro (euro/kg)
Grana P.-Parmigiano R. (euro/kg)
stini che in quelle di recupero, che la struttura più concentrata del settore di produzione del Grana Padano rispetto al Parmigiano Reggiano, oltre al fatto di provenire da una zona di produzione del latte a destinazione multiprodotto, fanno sì che le oscillazioni di prezzo siano in genere più contenute per il primo rispetto al secondo. Il 2009 ha portato però degli elementi di novità: mentre tra gennaio ed agosto il Parmigiano Reggiano aveva mostrato un iniziale recupero e una successiva stabilità, seguita da una contenuta riduzione a settembre, quando il prezzo risultava superiore a quello di gennaio dell’8,6%, al contrario il Grana Padano mostrava un andamento negativo abbastanza costante per tutti i primi nove mesi dell’anno, arrivando a settembre a 5,78 €/kg e perdendo così il 2,6%. Successivamente si avviava anche qui la fase di recupero, che rimane-va comunque più limitata rispetto al caso del Parmigiano Reggiano, poiché tra settembre e dicembre il guadagno non superava il 10%, contro il 17% del cu-gino a sud del Po, e la variazione a dicembre su dodici mesi assommava a po-co più del 7%. Il fatto che nei primi nove mesi dell’anno il divario tra il prezzo del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano sia andato costantemente am-pliandosi e che anche nella fase di ripresa il primo si sia mosso in modo più timido del secondo (a ciò si potrebbe aggiungere l’osservazione che il momen-to della svolta, in otmomen-tobre, era arrivamomen-to per il Parmigiano Reggiano con un paio di settimane d’anticipo rispetto al Grana Padano) suggerisce che i due formag-gi stanno forse reagendo in modo diverso al grosso rischio che li riguarda en-trambi, ossia quello della banalizzazione. Fonti commerciali segnalano infatti che, del 60% circa dei formaggi grana che passa per la grande distribuzione, circa i due terzi sono correntemente venduti in promozione, poiché questi for-maggi spesso esercitano la funzione di “prodotti civetta”. L’andamento dei prezzi dell’ultimo anno suggerisce che il formaggio tipicamente emiliano, ri-spetto a quello che interessa marginalmente la regione (in pratica toccando la sola provincia di Piacenza), stia recuperando un differenziale di posizionamen-to che si era perso ormai da parecchi anni.
Mentre i formaggi grana, pur sotto l’influenza del contesto di mercato ge-nerale, risentono in modo molto evidente del loro specifico bilancio tra do-manda e offerta, e in ogni caso la lunghezza dei loro cicli produttivi fa sì che l’influenza dei fattori esterni sia diluita nel tempo, al contrario il burro ha quo-tazioni che sono direttamente e rapidamente influenzate dagli equilibri che si affermano sul mercato globale di questa commodity. Dopo il tourbillon che ha sconvolto questo mercato tra il 2007 e il 2008, tradottosi nel nostro paese in un aumento della quotazione del 121% tra aprile e ottobre 2007, e successiva-mente al calo del 57% di lì a maggio 2008, quando si tornava in pratica alla casella di partenza, il 2008 era proseguito con un bimestre in crescita, che fa-ceva presagire una stabilizzazione, ma poi con il riapparire del lento declino,
che sembrava riportare alla progressiva tendenza al deterioramento del listino precedente la fiammata del 2007. Infatti il prezzo era arrivato a maggio a 1,05
€/kg (contro gli 1,1 dell’aprile 2007 e i 2,45 di ottobre), risaliva a luglio a 2,15 ma poi gradualmente scendeva fino a 0,70 €/kg a dicembre. Il 2009 mostrava poi un’evoluzione più normale, che potrebbe essere riassunta con una tenden-za alla ripresa innestatasi sul modello stagionale. In gennaio e in febbraio, quando normalmente i listini sono in calo, si assisteva invece a variazioni posi-tive, dai 70 centesimi di dicembre fino a 95 centesimi due mesi dopo; vi era poi una contenuta flessione che portava il listino a 90 centesimi in aprile e maggio, quindi segni di recupero inizialmente graduali (+1 centesimo a giugno e +4 centesimi a luglio) per mostrare poi i segni di un rapido recupero negli ul-timi mesi dell’anno, passando per la quotazione di 1 euro e 15 centesimi di set-tembre e arrivando a 1,81 €/kg a dicembre. La successiva battuta d’arresto a gennaio, -12%, che si osservava anche sui mercati continentali del burro e del-la polvere di del-latte, può essere interpretata come un aggiustamento tecnico in un mercato che pare aver recuperato condizioni più equilibrate.