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un lungo cammino ancora incompiuto

Il sistema dell’istruzione e della formazione professionale del nostro Paese ha subito un’indubbia spinta innovatrice con la riforma del Titolo V della Costituzione, in seguito all’approvazione della L. Cost. del 3 ottobre 2001, n. 3. Nelle disposizioni costituzionali e, in particolare, nella rinnovata distribuzione delle competenze legislative e amministrative tra Stato, Regioni ed enti locali, traspare infatti un’atten-zione più marcata alla materia dell’istruun’atten-zione, intesa come educaun’atten-zione e formaun’atten-zione integrata e quale servizio che si rivolge alla persona e, allo stesso tempo, alla comunità.

In questa logica rinnovata, dunque, il nuovo art. 117 Cost. attribuisce in primo luogo alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la “determinazione dei livelli es-senziali delle prestazioni in materia” (II co., lett. m), nonché la definizione delle “norme generali sull’istruzione” (II co., lett. n). Viene poi riconosciuta competenza concorrente allo Stato e alle Regioni in materia di “istruzione”, ad esclusione peraltro della “istru-zione e forma“istru-zione professionale”. Questa è dunque attribuita alla potestà legislativa residuale regionale e viene inoltre salvaguardata la “autonomia delle istituzioni scolasti-che”59. Infine, l’art. 116, III co., consente alle Regioni ordinarie di vedersi riconosciu-te ulriconosciu-teriori forme e condizioni particolari di autonomia nelle mariconosciu-terie di legislazione concorrente (tra cui quindi quella dell’istruzione) e in alcune materie in cui lo Stato ha competenza legislativa esclusiva, tra cui anche le “norme generali sull’istruzione”.

Non si devono poi trascurare le disposizioni immutate che, nella prima parte della Costituzione, affermano diritti e delineano compiti – talora in capo allo Stato, altre volte alla Repubblica – nell’ambito dell’istruzione60.

59 Autonomia peraltro già anticipata, a livello normativo, dall’art. 21 della L. 59/1997.

60 Tra queste si ricordano qui l’art. 9, che affida alla Repubblica il compito di promuovere e sviluppare la cultura e la ricerca scientifica e tecnica; l’art. 33, II co., che impone alla Repubblica di dettare norme generali sull’istru-zione e di istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi; art. 33, V co., che assegna allo Stato il compito di verificare mediante esami di Stato gli esiti dell’istruzione; art. 34, che prevede l’obbligo di istruzione inferiore e la sua gratuita, nonché l’obbligo per la Repubblica di garantire il diritto all’istruzione dei capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi; il già ricordato art. 35; infine, l’art. 38, III co., che impone allo Stato di provvedere all’educazione e all’avviamento professionale degli invalidi e minorati.

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Ad una prima analisi della riforma costituzionale, gli ambiti di autonomia regiona-le, e finanche delle Istituzioni scolastiche, sembrerebbero dunque essere stati ampliati;

le disposizioni costituzionali paiono infatti avere portata diversa rispetto ad una sem-plice costituzionalizzazione delle precedenti riforme normative.

Da una lettura più approfondita e sistematica del testo costituzionale emergono in particolare tre aspetti che si intendono qui approfondire.

Un primo ordine di considerazioni riguarda la necessità di mantenere allo Stato la funzione unificante e uniformante di tutela del diritto alla formazione, intesa in senso lato. La garanzia di tale diritto, in quanto diritto sociale, finalizzato a garantire l’egua-glianza sostanziale e, dunque, diritto di cittadinanza sociale, non può che essere affidata allo Stato, poiché attribuirla alle Regioni significherebbe introdurre una differenzia-zione non contemplata nell’ordinamento. Tale impostadifferenzia-zione è pienamente avvalorata dall’attribuzione, in forma esclusiva, allo Stato della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia, nonché delle norme generali sull’istruzione. Come infatti confermato dalla Corte costituzionale, le “norme generali in materia di istruzione sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente al di là dell’ambito propriamente regionale”61. Allo stesso modo i livelli essenziali delle prestazioni, in quanto connessi alla “fruizione universale” del diritto alla formazione, limitano il potere politico di differenziazione (Campione, Poggi, 2009, p. 76).

Mentre le norme generali paiono essere “destinate all’attuazione diretta ed infrazionabile su tutto il territorio nazionale” (Salerno, 2009, p. 8) e, dunque, non pos-sono essere specificate o integrate a livello regionale, i livelli essenziali delle prestazioni, se intesi quale “soglia minimale”, consentono tuttavia, una volta soddisfatti, “spazi di differenziazione” per le Regioni (Poggi, 2007, p. 31).

In entrambi i casi, ne deriva che l’ambito materiale della formazione professiona-le, pur residuando esplicitamente alla competenza del legislatore regionaprofessiona-le, non possa dirsi pienamente esclusivo delle Regioni, in quanto comunque soggetto alle suddette competenze statali.

Particolarmente significativa, in questo senso, risulta essere la successiva legislazione statale di riordino dell’intero sistema scolastico – Legge del 28 marzo 2003, n. 53 – la quale, all’art. 1, I co., nel delegare il Governo ad emanare uno o più decreti legislati-vi recanti “definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale”62, non effettua una distinzione tra la materia istruzione e quella della formazione professionale.

Un secondo profilo di considerazioni riguarda i problemi interpretativi conseguenti al nuovo art. 117 Cost.: in particolare, la formulazione e il contenuto delle materie di diversa competenza statale e regionale rispetto al settore dell’istruzione e della forma-zione professionale.

61 Cfr. sentenze Corte costituzionale nn. 34 e 279 del 2005, 200 del 2009.

62 Sul punto cfr. D.Lgs. del 17 ottobre 2005 n. 226, recante “Norme generali ed i livelli essenziali delle presta-zioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione”.

Si concorda con la dottrina maggioritaria nel ritenere che la materia “istruzione e formazione professionale”, di competenza esclusiva regionale, non possa ritenersi del tutto autonoma e distinta rispetto a quella dell’“istruzione”. L’art. 117, III co., infatti, indirettamente “scorpora dal più generale e comprensivo ambito competenziale dell’istruzione alcuni specifici e determinati settori ordinamentali” – quale, appunto, l’“istruzione e formazione professionale” – per attribuirli alla legislazione residuale delle Regioni e sottrarli, dunque, al limite dei principi fondamentali della competenza con-corrente (Salerno, 2006, p. 3).

In forza di ciò si ritiene dunque che la formazione professionale non possa essere concepita come settore indipendente rispetto a quello dell’istruzione, ma sia invece necessariamente integrato con essa.

Parallelamente alle politiche europee, indirizzate – come esaminato – alla riqualifi-cazione e alla integrazione dell’istruzione e della formazione professionale, quali motori per lo sviluppo della coesione sociale ed economica, si è quindi inteso affermare, già in Costituzione, l’istituzione di un sistema formativo unitario, finalizzato a superare l’eterna frattura tra saperi classici e abilità operative.

Ancora una volta è la Legge n. 53/2003, di riordino dei cicli scolastici, a confermare che il fondamento del nuovo sistema formativo deve essere necessariamente l’integra-zione tra il momento cognitivo e quello applicativo della formal’integra-zione. Significativo, ad esempio, è il fatto che l’obbligo di istruzione, di cui all’art. 34, II co., Cost., venga disci-plinato, nel D. Lgs. n. 76/2005, come “diritto-dovere all’istruzione e alla formazione”, il quale deve essere adempiuto “nel sistema educativo di istruzione e formazione”63. Altrettanto considerevole è poi il fatto che il D. Lgs. n. 77/2005 intervenga a disci-plinare “l’alternanza scuola-lavoro”, prevedendo che la realizzazione della “forma-zione del secondo ciclo” possa avvenire sia nei licei sia nel sistema dell’istru“forma-zione e della formazione professionale. Infine, certamente rilevante è il fatto che, nel D.Lgs.

n. 226/2005, il secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione sia costituito sia dai licei che dal sistema dell’Istruzione e Formazione Professionale, e che tra i due percorsi vi sia pari dignità, nonché la possibilità di cambiare scelta tra i vari tipi di liceo, tra gli indirizzi dei licei e, finanche, tra i due sistemi di istruzione.

Per quanto in questi ultimi anni le ragioni dell’unità abbiano poi compresso e ri-dotto notevolmente i potenziali ambiti di intervento regionale – in particolare grazie alla competenza statale nel determinare le “norme generali sull’istruzione” e i “livelli essenziali delle prestazioni” – si sono comunque potute registrare rilevanti e innovative iniziative da parte di alcune Regioni. Esempi ne sono la legge del 26 luglio 2002 n.

32 della Regione Toscana, recante “Testo unico della normativa della Regione Toscana in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavo-ro”; la legge del 6 agosto 2007 n. 19 della Regione Lombardia, concernente “Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia”; la legge dell’11 maggio 2009 n. 18 della Regione Liguria, recante “sistema educativo regionale di istruzione, formazione e orientamento”; la legge del 30 giugno 2011 n. 5 della Re-gione Emilia-Romagna, concernente la “Disciplina del sistema regionale dell’istruzione e formazione professionale”.

63 Peraltro l’obbligo in esame è stato in seguito modificato all’art. 1, co. 622, 624 e 632 della Legge del 27 dicem-bre 2006 n. 296. Di recente è poi ancora intervenuto l’art. 64 della Legge del 6 agosto 2008, n. 133.

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Né sono da tacere le rilevanti leggi della Regione Piemonte n. del 26 aprile 2000 n.

44 e 10 giugno 2002 n. 15 recanti “Ristrutturazione degli enti di formazione professio-nale e disposizioni in materia di trasferimento di funzioni alle Province”; la legge del 26 gennaio 2007 n. 2, di “Disciplina degli aspetti formativi del contratto di apprendistato”;

nonché la proposta di legge n. 46 presentata il 16 giugno 2005 e, al momento, non ancora approvata, destinata a disciplinare il “Sistema di istruzione e formazione professionale in Piemonte”.

Venendo in tal modo alla terza e conclusiva considerazione, si ritiene che, poiché si è costituzionalizzato il concorso di più ambiti materiali sottostanti a potestà legislative differenti (esclusiva statale, concorrente di Stato e Regioni e residuale regionale) e, al tempo stesso, la massima integrazione degli stessi, per il funzionamento complessivo del sistema dovranno necessariamente instaurarsi pratiche collaborative tra Stato, Re-gioni e, non ultimo, Istituzioni scolastiche e formative.

Come si è visto, infatti, nell’ordinamento europeo, in materia di istruzione e forma-zione professionale, è risultato quanto mai opportuno il c.d. metodo di coordinamento aperto, in quanto idoneo a dirimere il problema di interventi comunitari in ambiti di spettanza degli Stati membri. Allo stesso modo risulta quindi necessario che anche nel nostro ordinamento si segua, come peraltro indicato più volte anche dalla Corte co-stituzionale64, la strada della leale collaborazione (Cocconi, 2004). Solo un’assunzione concertata e coordinata di indirizzi organizzativi e contenutistici del sistema formativo consentirebbe invero di preservare i diversi ambiti competenziali di Stato, Regioni e Istituzioni formative, di favorirne l’integrazione e, contestualmente, di avere riguardo alla peculiarità delle singole situazioni.

In effetti l’avvio di una collaborazione interistituzionale si è avuto con l’Accordo quadro del 19 giugno 2003, per la realizzazione di un’offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale65. Ad esso ha fatto seguito la conclusione di ulteriori intese e accordi, i più recenti tra i quali sono l’Accordo del 29 aprile 201066, riguardante il primo anno di attuazione dei percorsi di istruzione e formazione profes-sionale, che ha definito il primo repertorio nazionale, comprensivo di ventuno figure professionali relative al percorso formativo di durata triennale e altrettante correlate a quello di durata quadriennale; l’Accordo del 16 dicembre 201067, nel quale vengono approvate le linee guida nazionali, al fine di realizzare organici raccordi tra i percorsi degli istituti tecnico-professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale finalizzati al conseguimento di qualifiche e diplomi professionali, di competenza delle Regioni; l’Accordo del 27 luglio 201167, riguardante gli atti necessari per il passaggio a nuovo ordinamento dei percorsi di istruzione e formazione professionale; l’Accordo del 15 marzo 201269, per la regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale; infine, l’Accordo del 19 aprile 201270 per la definizione di un sistema nazionale di certificazione delle competenze comunque acquisite in apprendistato.

64 Cfr., nello specifico, in materia di istruzione e formazione professionale, sentenze Corte costituzionale nn.

34 e 50 del 2005.

65 Repertorio Atti n. 660, Conferenza Unificata.

66 Repertorio Atti n. 36, Conferenza Stato-Regioni.

67 Repertorio Atti n. 129, Conferenza Unificata.

Quanto mai fondamentale risulta dunque il rafforzamento della negoziazione tra i diversi soggetti istituzionali coinvolti nella costruzione del nuovo sistema formativo.

Dal sistema integrato dell’istruzione e della formazione, in ultima analisi, ci si aspet-ta – come già evidenziato nel Libro bianco di Jacques Delors – un contributo al supe-ramento delle difficoltà attuali e al controllo dei profondi mutamenti sociali odierni.

La formazione, quale “momento di crescita dei soggetti cui si rivolge, volta a volta culturale, sociale, professionale, personale” (Quaglino, 1985, p. 22), ha infatti riflessi sempre più evidenti sulla riuscita della coesione e dell’integrazione sociale.

La strada, in ambito europeo e nazionale, pare indubbiamente ancora molto lunga e tortuosa. Essa deve tuttavia essere intrapresa proprio cominciando dal garantire un più efficace coordinamento fra le politiche e l’esercizio delle competenze dei diversi livelli di governo che intervengono in questo settore e nei settori ad esso funzionalmente correlati. In mancanza di collaborazione, infatti, si rischia di andare incontro, se non al fallimento, quantomeno ad uno stallo del tentativo, oramai più che ventennale, di rinnovamento del sistema formativo e, più in generale, di quello sociale.

68 Repertorio Atti n. 137, Conferenza Stato-Regioni.

69 Repertorio Atti n. 58, Conferenza Stato-Regioni.

70 Repertorio Atti n. 96, Conferenza Stato-Regioni.

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5. Riconoscersi europei.

Modelli di rappresentazione,