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di Silvana Pilocane

8.3. Interventi per la parità

Sul fronte del contrasto alla disoccupazione femminile e dell’incremento dell’oc-cupabilità delle donne, sia durante il periodo di programmazione 2000-2006, sia nel periodo 2007-2013, sono state dedicate molte risorse al sostegno di interventi volti alla conciliazione tra lavoro e vita privata.

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Per incrementare la partecipazione attiva delle donne al mercato del lavoro e per migliorarne l’occupabilità, sono stati attivati i “voucher di conciliazione”: si tratta di rimborsi per spese di servizi di cura (asilo nido, o baby sitter, o scuola materna, o servizi per anziani, ecc,) sostenute da donne disoccupate inserite in percorsi formativi;

in alternativa al rimborso dietro presentazione di fattura, è prevista la modalità “a catalogo”, ossia il pagamento del servizio fruito dalla destinataria direttamente al soggetto erogatore.

Grazie ai voucher di conciliazione è stato possibile, per molte donne disoccupate con bambini piccoli (la maggioranza) o con anziani o malati o disabili a carico, partecipare a percorsi di inserimento al lavoro molto spesso conclusi positivamente con un’assunzione.

È importante incrementare la partecipazione femminile al mercato del lavoro, ma è altresì importante aiutare le donne già occupate a mantenere il loro posto di lavoro.

È allarmante riscontrare il progressivo aumento del numero di donne che lasciano il lavoro entro il primo anno di età del bambino. Le cause sono molteplici: l’enorme difficoltà, da parte della donna, di far fronte agli impegni di lavoro ed alle incombenze familiari, le difficoltà del reinserimento nel posto di lavoro dopo un lungo periodo di assenza per maternità (spesso vengono patite vere e proprie emarginazioni), senza dimenticare il fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco”.

In Piemonte le donne che lasciano il lavoro entro il primo anno di età del bambino sono più di 1.300 l’anno, mentre arriva a più di 3.000 il numero delle donne che abbandonano il lavoro entro il terzo anno di età del bambino.

Ecco dunque che, tramite il Fondo Sociale Europeo, sono stati finanziati interventi finalizzati ad introdurre nei luoghi di lavoro forme flessibili di orario, come il part-time in varie modalità, nuove modalità organizzative come il job sharing o il job rotation, il telelavoro a distanza a domicilio oppure in telecentri, con rientri settimanali per non perdere il contatto con il proprio ambiente di lavoro; molte di queste soluzioni sono risultate particolarmente gradite a chi risiede lontano dal proprio luogo di lavoro e deve ogni giorno dedicare molto tempo agli spostamenti; inoltre l’istituzione dei telecentri permette alle lavoratrici di mantenere il contatto con i propri colleghi e con il proprio ambiente, evitando il senso di emarginazione e di esclusione che deriva da un telelavoro totalmente domiciliare.

Prima che la crisi scoppiasse in tutta la sua gravità, l’occupazione femminile in Pie-monte stava aumentando, arrivando a livelli molto vicini a quelli previsti negli obiettivi di Lisbona, ben al di sopra della media italiana. Certamente la diffusione sul territorio degli interventi e dei servizi di conciliazione ha contribuito al raggiungimento di questi risultati.

L’introduzione nel mondo del lavoro di servizi di conciliazione ha determinato ef-fetti importanti anche in ambito sociale e culturale: ha contribuito a divulgare, a livello sociale, l’idea che il lavoro femminile sia giusto e necessario, scardinando la gretta convinzione che il ruolo della donna sia relegato in casa, nel lavoro di cura domestico e familiare; inoltre ha contribuito a creare, all’interno del mondo del lavoro e delle attività economiche, una cultura dell’attenzione ai bisogni di lavoratrici e lavoratori che oggi si sta diffondendo come welfare aziendale, sempre più sovente attuato dalle imprese anche in modo volontaristico, a prescindere dalla spinta data da incentivi economici.

E questo costituisce un vantaggio ulteriore, in quanto contribuisce alla diffusione della responsabilità sociale d’impresa, che in molti Stati, specie del Nord Europa, è una realtà consolidata.

Le buone prassi e, intrinsecamente correlati ed esse, i principi di pari opportunità, devono essere traslati dai Paesi più virtuosi e devono diffondersi determinando una conta-minazione a livello sociale che, pur nel rispetto delle differenze storiche e culturali, inglobi i principi migliori; è il processo che sta alla base dello sviluppo sociale. In molti Stati dell’Eu-ropa, quelli in cui le pari opportunità sono una realtà effettiva e non un risultato da rag-giungere, è assodato il principio di condivisione del lavoro di cura all’interno della coppia, ed è ormai da molti anni superata la divisione dei ruoli nella conduzione quotidiana del lavoro domestico e familiare. Ben venga, dunque, l’unione europea di culture progressiste.

Proprio al fine di diffondere principi di pari opportunità, sono stati finanziati con il Fondo Sociale Europeo vari progetti in ambito culturale ed educativo. Si è già parlato in un’altra pubblicazione di questa collana (La Formazione Professionale al femminile. Una lettura socio-pedagogica di esperienze e modelli innovativi in Piemonte) del Progetto “Move up destinazioni alternative” dedicato ad alunni/e delle scuole di ogni ordine e grado e delle agenzie formative, per sensibilizzare i giovani relativamente ai temi della parità, del rispetto delle diversità, del contrasto alla violenza e alle discriminazioni e per renderli attenti ad un uso corretto e consapevole delle nuove tecnologie.

Il punto di forza di questo progetto è dato dal coinvolgimento non solo di ragazze e ragazzi, ma anche dei loro genitori, i quali sono stati invitati ad incontri organizzati anche con le forze dell’ordine per parlare di bullismo, di violenza e dei rischi potenzialmente gravi derivati da un uso superficiale degli attuali strumenti oggi a disposizione (ad ogni incontro la competente partecipazione della Polizia postale, fortemente ed egregiamente impegnata ad intercettare e contrastare i crimini sul web, cattura l’attenzione di tutti i presenti). Il progetto fornisce, inoltre, kit didattici e supporti metodologici per facilitare gli insegnanti nell’affrontare in classe tali argomenti.

Continuando l’elenco di quanto finanziato in ambito culturale attraverso il Fondo So-ciale Europeo, è significativo citare un progetto regionale finalizzato alla sensibilizzazione verso i disturbi specifici dell’apprendimento in ambito educativo e formativo, un progetto di sensibilizzazione rispetto ai principi di pari opportunità in ambito turistico, nonché progetti realizzati attraverso l’utilizzo di metodologie e strumenti non tradizionali, come per esempio animazioni teatrali, audiovisivi, social network, prodotti di educational ed edutainment, per diffondere nel mondo del lavoro e nel sistema educativo principi di pari opportunità e di non discriminazione non solo per quanto riguarda il genere ma anche l’età, la nazionalità, il credo religioso, le convinzioni personali, l’orientamento sessuale, l’identità sessuale, la disabilità.

Sul piano sociale, considerando che l’incremento della popolazione anziana determina una necessità di assistenza destinata ad aumentare nel tempo, attraverso il Fondo Sociale Europeo si è potuto sperimentare e realizzare in Piemonte un modello di reti territoriali di servizi integrati, il cui scopo è molteplice:

- intervenire sull’occupabilità delle assistenti familiari, favorendo e facilitando l’incontro domanda-offerta con un intervento di politica attiva volto a incrementare l’occupazione femminile, in questo caso di donne per lo più straniere;

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- creare la possibilità di aiutare le famiglie nella non facile ricerca di assistenti familiari (le cosiddette “badanti”) competenti e qualificate, a cui affidare la cura dei loro cari;

- valorizzare il ruolo delle assistenti familiari sia attraverso il riconoscimento di competenze acquisite in contesti non formali, sia attraverso percorsi formativi di rinforzo specifici e personalizzati in relazione alle conoscenze già possedute.

Fulcro della rete di tali servizi sono i Centri per l’Impiego, mentre i nodi della rete sono costituiti da agenzie per il lavoro, associazioni del privato sociale, enti gestori dei servizi socio-assistenziali: un sistema misto pubblico privato che, di fatto, già esisteva ed operava, ma non era organizzato e strutturato. In questo caso i datori di lavoro non sono imprese, ma famiglie che devono affrontare anche i problemi burocratici della contribuzione e della regolarizzazione (nel caso di straniere), in un momento delicato di preoccupazione per la cura di un anziano, mentre la controparte è rappresentata da donne con problemi di occupazione e di integrazione. È l’incontro di due fragilità ed occorrono delicatezza e sensibilità per trattarlo in modo adeguato. Il progetto ha pienamente raggiunto l’obiettivo; anche in questo caso grazie al Fondo Sociale Europeo viene fornito un aiuto concreto alle famiglie.

In ultimo è importante ricordare i numerosi progetti di inclusione sociale e lavora-tiva di donne vittime di tratta per prostituzione che hanno determinato il consolidarsi di una rete territoriale e di un modello di intervento per il quale la Regione Piemonte ha avuto riconoscimenti a livello nazionale ed europeo. Il grave problema è stato anche affrontato insieme a partner europei, in primis la Romania, nazione di provenienza di molte donne vittime di tratta, che ha firmato un Protocollo d’Intesa con l’Italia ancor prima di entrare a far parte dell’Unione Europea, la Germania, che si è fatta promotrice di un progetto di costituzione di una rete europea per contrastare il fenomeno, la Spagna, la Finlandia, la Svezia ed altri ancora.

Negli ultimi anni gli interventi di inclusione sociale sono stati ampliati per inclu-dere tra i destinatari donne vittime di violenza e persone vittime di discriminazione; in questo modo si è ampliato il numero di persone in situazione di disagio sociale aiutate tramite il Fondo Sociale Europeo, inglobando altri target oltre a quelli che già in passato hanno usufruito di interventi di inserimento lavorativo, come disabili, detenuti, tossicodipendenti. Anche rispetto agli aiuti alle fasce più deboli della popolazione, si può pertanto affermare che l’Europa è vicina ai cittadini.

9. Europa 2020: