Quello che viene definito il “pantano siriano” che ha per il momento spartito la Siria in quattro “Sirie” è il campo di azione di forze diverse. Vi sono le forze governative e le milizie loro alleate, le forze ribelli, tra cui spicca l’Esercito Siriano Libero, poi le forze islamiste come il Fronte Al-Nuṣra, il Fronte islamico e ISIS, ed infine le foze curde dell’YPG.
Forze filogovernative
La principale forza che il governo siriano ha a disposizione nel contrasto dell'insurrezione armata sono le Forze armate siriane. Pur subendo nei primi due anni di conflitto un continuo flusso di disertori verso le formazioni ribelli, anche tra gli alti ranghi, ha mantenuto una struttura organizzata e gli uomini che ricoprono i ruoli strategici sono rimasti fedeli al govemo. Le diserzioni hanno interessato solo un terzo degli effettivi.
Il governo può anche contare su una forza armata parallela composta principalmente da minoranze religiose siriane minacciate dalle frange islamiste dei ribelli: la Forza
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Nazionale di Difesa. Questa milizia, addestrata e organizzata dal govemo, ha avuto una forte crescita e gode di una buona popolarità in quanto gli uomini arruolati vengono dislocati nelle aree intorno al loro territorio di origine.
Un altro gruppo che é stato importante per il governo nelle fasi iniziali della rivolta per reprimere le manifestazioni è la milizia Shabiha, che non ha però una reale struttura interna ed e composta da alawiti spesso legati alla criminalità comune. Miliziani Shabiha si sono resi protagonisti di alcune delle stragi più brutali della guerra civile. A sostegno del governo è intervenuta nell‘aprile 2013 la milizia libanese Hezbollah, storico alleato siriano ed emanazione dell'Iran sciita. L'esperienza militare di Hezbollah ha contribuito alla svolta militare a favore dell'esercito governativo, che da allora mantiene l'iniziativa.
Forze ribelli
La principale forza di opposizione al govemo siriano è l'Esercito siriano libero (ESL), che, da formazione egemone, ha subito un lento declino a scapito di altre forrnazioni di ispirazione islamista, che hanno progressivamente assunto il comando delle operazioni militari sul campo e sono cresciute in termini di uomini e mezzi.
L'ossatura dell'ESL e formata da soldati disertori dell`esercito regolare e le brigate che lo compongono sono composte da siriani (nella quasi totalità di religione sunnita) armati e addestrati alla guerriglia. L`interlocutore politico dell'ESL è la Coalizione Nazionale Siriana, che ha sede a Doha ed é stata riconosciuta da molte nazioni come "legittima rappresentante del popolo siriano".
Fin dal 2012 in Siria compaiono i primi gruppi armati composti da fondamentalisti islamici che hanno come obiettivo l’instaurazione di un emirato in Siria, governato secondo i dettami della Shariʿah. Il primo gruppo di rilievo e il Fronte Al-Nuṣra, che è l’emanazione siriana della rete terroristica di al-Qā’eda e introduce la pratica degli attacchi suicidi nelle citta siriane. Da una costola del Fronte Al-Nuṣra fuso con lo Stato Islamico dell`Iraq nasce lo Stato Islamico de1l’Iraq e Levante (ISIL), che rappresenta la forma più estrema di jihādismo e di estremismo islamico. Le sue azioni, che sconfinano anche nella provincia di Al-Anbar in Iraq, procurano una frattura nel fronte ribelle e alienano definitivamente il sostegno di molti siriani, soprattutto appartenenti alle
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minoranze religiose, alla causa ribelle. L`ISIL accoglie tra le sue fila un altissimo numero di combattenti non-siriani
Con l’appoggio deterrninante dell'Arabia Saudita nasce il Fronte islamico, che compete con l’Esercito siriano libero nel numero di miliziani e permette il coordinamento di 7 forrnazioni islamiste minori. Anche il Qatar finanzia e rifornisce una milizia armata: la Brigata Ahfād ar-Rasūl.
Nel teatro siriano sono presenti un altissimo numero di altre milizie e brigate ribelli, quasi sempre legate al fondamentalismo islamico e non controllate dalle formazioni maggiori. La nascita e la scomparsa di formazioni ribelli é frequente, come la militanza di combattenti in due o più formazioni contemporanearnente.
Forze curde
Le principali milizie armate curde sono le Unità di Protezione Popolare (YPG), che combattono sia contro le forze governative che contro quelle ribelli, in particolare quelle jihādiste. La loro strategia e prettarnente difensiva in quanto l’obiettivo del gruppo è la tutela della comunità curda nel nord della Siria. Il loro referente politico e il Comitato Supremo Curdo, che raggruppa tutti i partiti politici siriani curdi e gode dell'appoggio politico e militare del Kurdistan iracheno. L‘obiettivo politico delle forze curde è il riconoscimento dell'autonomia del Kurdistan siriano.
Tra i gruppi che affiancano le milizie YPG ve ne sono alcuni che contengono combattenti arabi e alcuni i cui combattenti appartengono alla minoranza etnica assira. I combattenti stranieri nelle forze ribelli
Elemento caratterizzante della guerra civile siriana è il forte afflusso di cittadini non siriani tra le file delle milizie ribelli. La maggior parte di questi miliziani ha ingrossato le file delle formazioni jihādiste, in prevalenza quelle del Fronte Al-Nuṣra e dello Stato Islamico dell'lraq e Levante (ISIL).
I miliziani stranieri provengono da almeno 74 nazioni diverse che includono sia paesi a maggioranza musulmana, che paesi occidentali, inclusa l'ltalia. Spesso i miliziani provenienti dall‘Europa Occidentale sono immigrati di seconda generazione. Il numero
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complessivo di miliziani stranieri si aggira tra gli 11.000 e i 30.000170 raggiungendo una cifra mai registrata in nessun altro precedente conflitto e quindi superando la presenza di stranieri durante la guerra contro l'intervento sovietico in Afghanistan171. Il dettaglio quantitativo e’ mostrato nella Figura 14172
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A differenza delle milizie straniere alleate dell`esercito regolare siriano, che sono inquadrate in strutture organizzate e omogenee, l'afflusso di stranieri nelle milizie ribelli è spesso disorganizzato e ispirato dalla volontà del singolo individuo.
Una storia di redenzione personale di ispirazione religiosa fu raccontata da un militante nato a Parigi che ha dato una lunga intervista a un giornalista della stazione televisiva francese “France 24” che conosceva da anni.
Il giovane di 27 anni riferiva di avere lasciato la Francia nel giugno del 2013 per entrare in un gruppo jihādista in Siria e di avere preso con sè la moglie e le sue due figlie. Ha descritto il processo che ha portato alla sua decisione con queste parole: “Ho rinunciato a tutto per venire qui. Avevo buone prospettive professionali. Guadagnavo circa 3.000
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Hegghammer, T., “The Rise of Muslim Foreign Fighters: Islam and the Globalization of Jihad,”
International Security, Vol. 35, No. 3, Winter 2010/11, p. 53.
171 Vidino, L., European Jihadists in Syria: Profiles, traverl patterns and governmental responses, New
(and Old) patterns of Jihadism: Al-Qa’da, the Islamic State and beyond, ISPI, (2014).
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ibidem
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euro al mese. Ho dovuto lasciar andare tutto. Questo è il modo in cui Dio giudica la nostra sincerità. Non sono sicuro di sapere quale era stato l’impulso iniziale.
Tutto è accaduto poco a poco. All'inizio del conflitto siriano, nel 2011, ero risentito dell’indifferenza del mondo verso i miei fratelli musulmani. In un primo momento non sapevo cosa pensare. Nelle moschee francesi non si può parlare. Ti insegnano solo a eseguire le abluzioni. Ci hanno chiesto di essere rispettosi.
Non hanno mai parlato del confronto in atto. L'Islam chiede occhio per occhio, dente per dente. Ho imparato da solo su Internet, quando ho iniziato a guardare i video e ascoltare i sermoni di Usāmah Ibn Lādin. Si può chiamare "radicalizzazione religiosa" - io lo chiamo "consapevolezza". Non mi sono unito a nessuna rete o gruppo, mi creda. Io non conoscevo nessuno. Ho preparato il mio viaggio da solo.
Un mese prima della mia partenza, non riuscivo più a dormire. Dio mi ha fatto rendere conto che la mia terra non era più qui in Francia. Dovevo andare in Siria per espiare i miei peccati. Prima di allora, andavo al night club, bevevo alcool. Ero un uomo di questo mondo – mi interessava solo il possesso. Ora, la jihād è diventata un obbligo” 173.
Quella descritta in questa intervista è una delle modalità più frequenti che hanno ispirato la partenza di musulmani di seconda generazione verso la Siria (Attenzione, verso la Siria martoriata dal regime di Assad. Solo in un secondo tempo verso l’Iraq martoriato dalla guerra civile tra gli sciiti di Nūrī al-Mālikī e il nord sunnita e ancora memore del tribalismo su cui si era retto Saddam Hussein.
“Uomini di questo mondo” (quello occidentale), che vanno a combattere, e a morire, per espiare i propri peccati. Quali peccati? Certo, l’alcool, certo il night club, ma soprattutto, l’ideologia del “possesso”.