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Essere militante! (“Dābiq” No 2)

La prosecuzione del ragionamento sulla leadership è presente nel secondo numero di “Dābiq”, dove si tratteggia, con un risultato molto più incisivo di quello mostrato nel precedente capitolo, la figura del militante, principalmente del militante oggi residente in Europa. Dice l’articolo:

“Molti lettori si stanno probabilmente chiedendo dei loro obblighi nei confronti del Califfato. Quindi la squadra di “Dābiq” vuole trasmettere la posizione della leadership dello Stato islamico su questa importante questione. La prima priorità è quella di effettuare la hijrah (l’emigrazione), da ovunque ci si trovi, verso lo Stato islamico, da Darul-kufr a Darul-Islam (dalla casa dell’empietà alla casa della sottomissione). Correte come Mūsā si precipitò dal suo Signore, dicendo:

{……E mi affrettai a Te, mio Signore, perchè Tu sia contento}64

Correte con i vostri genitori, fratelli, coniugi e figli. Ci sono case qui per voi e per le vostre famiglie…….

In secondo luogo, dice l’articolo, ”se per qualche motivo non è possibile eseguire la hijrah, provate a organizzare la bay'āt (pegno di fedeltà) al Califfo Ibrāhīm. Pubblicizzatelo il più possibile. Provate a registrare queste bay’āt e poi distribuirle attraverso tutte le forme di media, compreso internet. È necessario che la bay'at diventi comune per il musulmano medio. Questo sforzo, insha’Allah, incoraggerà i gruppi islamici ad abbandonare la loro partigianeria e anche annunciare la loro bay'at al Califfo Ibrāhīm…………”

“Infine, se non si può fare una di queste azioni per motivi estremamente validi, la vostra intenzione e la convinzione che lo Stato islamico è il Califfato per tutti i musulmani sarà sufficiente per salvarvi dall'avviso menzionato nello hadith,

"Chi muore senza bay 'ah, muore una morte di jāhilīyah (ignoranza) "

Questo articolo è un testo di propaganda fortemente spirituale, ma manca di un elemento essenziale: per quale ragione Ibrāhīm dovrebbe essere il Califfo a cui dovere obbedienza? È egli un discendente di Muhammad? Vi è stata una “shūrā” (consiglio degli anziani) valida che ne ha ratificato la nomina a Califfo? A nome di chi parla?.

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Vedremo che da molte parti del mondo islamico la validità della leadership di Al- Baghdādī e dell’istituzione del Califfato islamico è messa in dubbio.

E qui emerge un’altra verità: “ci sono case qui per voi e per le vostre famiglie….”. Vedremo ottenute in quale modo. Si promette uno stato sociale che si suppone negato dei Paesi dove risiedono coloro che sono chiamati alla hijrah.

Quello dello statuto sociale dell’immigrato di seconda generazione è un argomento scottante. Domanda: perchè un giovane dovrebbe “integrarsi” nella società occidentale in cui sono emigrati i suoi genitori, provenendo ha un Paese dove la religione maggioritaria è l’Islam sunnita?

L’integrazione è un concetto che mette uno di fronte all’altro una collettività (la società occidentale) ed un individuo (il giovane immigrato di seconda generazione). È un confronto asimmetrico, non tra pari. Scattano alcuni meccanismi di confronto. Ad esempio, quello opportunistico (che ci guadagno), o quello ideologico (non mi sottometto), o quello ribellista (comunque non ci sto) o altri….

Occorre qui ricordare ciò che Emile Dürkheim dice delle società complesse:

“Nelle società con un alto grado di divisione del lavoro l'integrazione è ottenuta tramite l'adesione formale dei suoi membri ai principi sanciti da ambiti culturali quali la morale e l'etica, codificati in sistemi normativi di tipo legislativo. Nelle società complesse vige un tipo di solidarietà "organico", ovvero basato sulla consapevolezza della necessità di interdipendenza tra i vari "organi" del corpo sociale, i quali curando ognuno la riproduzione di un singolo aspetto della vita collettiva (la produzione, l'organizzazione, la trasmissione dei valori) si necessitano reciprocamente per la conservazione dell'organismo rappresentato dalla società.

A livello individuale, questa consapevolezza si esplica nel riconoscimento della necessità di una regolazione della vita sociale dal punto di vista economico, legislativo, culturale, etc. ovvero di una disciplina generalmente accettata riguardante i rapporti tra individui e tra gruppi in ciascuno di questi ambiti specifici”.65

Da questo che deve partire la riflessione sul significato dell’”essere militante” di un giovane cittadino siriano o iracheno, o, ancora di più europeo di seconda generazione. Nella testa di questo giovane sono copresenti due modalità con cui avviene ciò che è descritto nel precedente paragrafo. Una è quella da cui proviene, se è un immigrato di seconda generazione o se è un giovane che vive in una grande città del Vicino o del Medio Oriente. L’altra è invece quella che gli viene proposta, dalla società in cui vive se

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è un immigrato di seconda generazione, dall’educazione laica e dalla rete se è un giovane cittadino di una grande città del Vicino o del Medio Oriente.

Queste due modalità sono generalmente in conflitto: la prima intrisa di un’etica di origine divina temperata dalla personalizzazione del rapporto tra Dio e l’individuo (soprattutto, ma non solo, nella versione sunnita dell’Islam), la seconda, altrettanto individualista, ma permeata dall’etica “opportunistica” del contratto sociale.

Specialmente per un giovane che non ha ancora responsabilità nei riguardi di chi non può scegliere (i figli, ad esempio, o i genitori infermi) l’etica “opportunistica” di “io faccio un lavoro ben fatto, ben retribuito e apprezzato dalla società” (vivo per i miei figli o per i miei genitori anziani) può non prevalere rispetto ad un modo di vivere in cui la vita di ciascuno è una scheggia della strada verso l’assoluto (morire per Dio).

In molti Paesi in cui l’Islam è maggioritario vi è un dibattito a volte aspro tra laicità e secolarizzazione, la prima indicante la separazione tra l’ambito religioso e quello politico, la seconda indicante una riduzione del portato religioso in favore di quello profano66.

Infatti, in Europa vi sono “movimenti ecclesiali” che cercano di unificare queste due aspirazioni del mondo giovanile.

Comunque, l’”essere militante” è concetto espresso in maniera molto più incisiva e comprensibile del concetto della “leadership”. Forse perchè il primo ha radici nell’uomo, il secondo ha radici (pretese) in chi si è impadronito del potere.