• Non ci sono risultati.

Perchè dovrei “integrarmi”?

Chi è ISIS:

3) Perchè dovrei “integrarmi”?

Una certa parte del flusso di giovani europei di seconda generazione, figli di immigrati da Paesi del Medio Oriente, che raggiunsero la Siria nell’anno 2013 non pensavano di andare in Siria per fondare il “Califfato islamico”, ma per sfogare la loro rabbia di esclusi aiutando altri giovani ad uscire dall’esclusione.

Emerge anche una terza componente di ISIS: quella identitaria. Se tu non vuoi “integrarti” in una società che ha dato ai tuoi genitori la possibilità di farti mangiare,

126

farti studiare, farti costruire un tuo radicamento sociale, se tu, pur non avendo rifiutato tutto questo, vuoi però essere persona, e non rotella in un ingranaggio, cosa fai? Cerchi un’identità all’interno di un panorama spirituale alternativo. La frequentazione della moschea, passo iniziale in molti di questi cammini giovanili alternativi, fornì questa identità.

Era un’identità collettiva, quindi pienamente competitiva con l’identità che un singolo acquisiva “integrandosi” in una comunità che alla sua identità collettiva era inizialmente estranea. Infatti il figlio di un musulmano è musulmano anche lui, senza se e senza ma. E se sceglie un altro credo, è un apostata e va ucciso.

C’entra il credo religioso? Certo che c’entra, ma perchè garante e collante di quella identità, di quella solidarietà almeno apparentemente insensibile alla differenze sociali, culturali, di genere. C’entra la differenza tra sunnismo e sciismo (la stragrande maggioranza dei “seconda generazione” frequentavano moschee sunnite)? C’entra, non solo per la estremamente più grande disseminazione del sunnismo in Europa, ma anche per il diverso rapporto che ha l’identità terrena del musulmano sunnita con tutto il resto, rispetto a quello che ha il musulmano sciita. Semplificando, il primo infatti è solo di fronte ad Dio, il secondo ha invece davanti una vera e propria gerarchia ecclesiastica. Senza altra mediazione che la sua lettura del Corano e della Sunna (e al massimo la lettura dell’imām, che è solo uno che ha studiato e quindi guida la preghiera),186

il sunnita, con la mediazione della gerarchia ecclesiastica (che ha scintille di divino fino alla ricomparsa del Mahdi, il Messia187) lo sciita188.

Ma immaginiamo adesso un giovane immigrato di seconda generazione a cui i genitori hanno potuto dare, a prezzo spesso di enormi sacrifici, un’istruzione. Il giovane si trova poi, nella società e nell’ambiente di lavoro, a fronteggiare l’abbraccio soffocante di una comunità e dei suoi gerarchi (politici, professori, managers etc.), che gli richiede fedeltà, prestazioni e omologazione ai valori dominanti. Alcuni rifiutano questo passaggio, considerandolo l’inizio di una nuova schiavitù, e cercano alternative. Fossero nello strato più basso della società, la più probabile delle alterative poterbbe finire per

186 Vercellin, G, Istituzioni del mondo musulmano, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1996,p 233. 187 Nello sciismo duodecimano il dodicesimo Imām è scomparso e ritornerà portando la giustizia sulla

terra.

188

127

essere l’illegalità, ma l’istruzione ricevuta può far pensare più alto: la hijra e la jihād. Detta a mezza bocca nella moschea o su internet. Poi attuata.

Spesso però il giovane, arrivato in Siria per la hijrah e la jihād, finisce nelle braccia di altri gerarchi, certo di una comunità più vicina alle sue radici, ma sempre gerarchi sono. E dovrà sottomettersi ad un sottoufficiale ISIS di quelli che hanno studiato la guerra con Saddam Hussein. E allora, il confine tra capace e incapace sarà molto simile al confine tra la vita e la morte: Obbedisci agli ordini (anche di uccidere come il rapper inglese che si dice abbia ucciso Foley) e allora vivi. Non obbedisci: non vivrai.

Della morte nel nome di Dio parlano molti di queste seconde generazioni. Ma molto meno spesso parlano della loro morte per erigere il “Califfato islamico”. Certo, morire nel nome di Dio è una rivincita su chi ti induce a vivere di sfruttamento, discriminazione, frustrazione, degrado ambientale, delusioni sentimentali. Ma il “Califfato islamico” forse di darà uno stipendio, forse ti troverà moglie, forse ti permetterà di fare un tour matrimoniale189 nei luoghi sacri all’Islam sunnita in Medio Oriente, ma a costo di riprodurre catene da cui hai voluto liberarti.

Li vediamo in posa con il coltello in mano e l’ostaggio inginocchiato davanti o accanto, in un’istantanea della “macellazione” (così scrivono i quotidiani arabi) che sa fortemente di rito di appartenenza. Appartenenza definitiva, perchè chi “macella” un ostaggio, specialmente se occidentale” non può più pentirsi e tornare. Questo indipendentemente dal fatto che sia lui a sgozzare materialmente l’ostaggio.

La tua irrequietezza di fronte alle regole del “Califfato islamico”, così lontane ma così ugualmente oppressive rispetto a quelle che hai voluto abbandonare, la tua irrequietezza devi tenerla a freno, perchè ormai la tua scelta è irreversibile. Sei un assassino. E allora il sottoufficiale di scuola Saddam Hussein ti destina alla prima linea, in battaglia. E ti dà la grande “chance” di morire nel nome di Dio senza passare attraverso le maglie della burocrazia del “Califfato islamico”.

Ricordate chi diceva che negli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam la politica del Presidente Nixon e del suo governo destinava il nero “alternativo” alla prima linea, mentre il bianco “alternativo” andava in galera per “comportamento sovversivo”, e poteva ravvedersi? Nella vicenda ISIS il “Califfato islamico” e i suoi gerarchi fanno la

128

parte di Nixon, il seconda generazione fa la parte del nero americano. E la parte del bianco chi la fa? La fa il dirigente ex-Saddam, poi ex-Al Mālikī, ed ora dirigente ISIS. Qui entra la terza componente ISIS, che chiameremo quella dei beneficiari delle “Charities”. Qui sì che il “Califfato islamico” gioca la sua partita! Chi sono i “cittadini normali” nel nord Iraq, sunniti, in parte urbanizzati, e chi sono i “cittadini normali” in tutta la Siria, esclusa la fascia costiera, dove vi sono sciiti “speciali”, gli Alawiti? Questi “cittadini normali” hanno una caratteristica che li accomuna: sono governati da oligarchie che li discriminano. Ciò avviene in Siria, dove la minoranza (11%, storicamente) di Alawiti, alleati dell’Iran e della Russia, governa ininterrottamente da 50 anni il Paese sotto la dinastia degli Assad, in ciò assecondata dalla presenza cristiana, oggi in forte diminuzione ma storicamente attestata in percentuali maggiori.190.

Ciò avviene in Iraq, dove la “fusione fredda” fatta dagli inglesi tra maggioranza sciita nel sud e minoranze sunnita e curda nel nord ha generato negli ultimi otto anni la leadership dello sciita Al-Mālikī, e l’alleanza di ferro con l’Iran. Conseguenza: il dilagare di milizie sciite, e della discriminazione dei “cittadini normali”.

Allora, entra in campo “l’aiuto ai fedeli”. 4) L’aiuto ai “fedeli”

La cronaca del dilagare delle milizie ISIS nella Siria nordorientale e nell’Iraq centro- settentrionale sarebbe incomprensibile senza ipotizzare un rapporto positivo con chi, cittadino, contadino o nomade, subiva l’occupazione. Ma se si prende in considerazione lo stato d’animo di coloro che subivano l’arrivo di ISIS dobbiamo ammettere che c’erano gli elementi per una trattativa suscettibile di buon fine tra gli occupanti e gli occupati.

Primo: abolizione del peso economico dovuto al mantenimento dell’oligarchia al governo (importa poco al locale sfruttato che fosse sciita, perchè comunque di sfruttamento si trattava, mentre importa molto agli europei e agli americani, come vedremo, per ragioni geopolitiche).

129

Secondo: ridistribuzione di tutto ciò che viene confiscato a chi non ci sta, e, soprattutto contrabbando del petrolio prodotto nei distretti conquistati. Non siamo sorpresi che quest’ultima occasione fosse facile da cogliere integrando in ISIS il personale civile e militare ex Saddam, che languiva nelle carceri o che era fuggito in clandestinità. Questi sapevano dove fare e cosa fare per beneficiare .delle entrate petrolifere, sia in forma di valute depositate in banca che derivate dalle attività di estrazione e raffinazione.

Chi non ci è stato? Certo la trattativa è stata fatta non con i singoli individui ma con coloro che, per tradizione, per convenzione o per semplice rapporto di forza rappresentavano i singoli. Innanzitutto, quindi, i rappresentanti delle realtà tribali o claniche. Certo non tutte queste realtà ci sono state, ma certamente la maggior parte sì, anche perchè vi erano degli esclusi: gli sciiti, le tribù che non si erano piegate e le minoranze non musulmane (Cristiani, Yazidi etc.), ma soprattutto perchè il piatto era ricco per via delle entrate petrolifere.

Tutti sappiamo che quelle comunità di diversi che cooperano per la sopravvivenza nei tempi buoni sono proprio quelle in cui, rotto l’equilibrio, la competizione degenera in ferocia. Un esempio europeo recente è nei Balcani.

ISIS, nei territori conquistati, impone una forma di solidarietà, fatta di distribuzione di cibo e carburante, certamente più capace di garantire la sopravvivenza anche dei più deboli. E lì gioca una carta di superioritàsia rispetto alla condizione precedente di chi ne riceve i benefici, che della condizione precedente di quell’immigrato di seconda generazione che, allevato nel sistema capitalistico, non divide nulla se non costretto. 5) L’avventura e l’avventuriero

C’è poi un quarto elemento costitutivo di ISIS: quello dell’avventura e dell’avventuriero, versione aggiornata di un profilo antico, al-Shanfarā e Taʾabbaṭa Sharran nella Jahīliyya191, il periodo dell’ignoranza prima dell’arrivo della rivelazione coranica. Dannati secondo le convenzioni vigenti, uccidono, rapinano, prendono ostaggi, si deliziano della loro dannazione.