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La lotta contro il PKK (“Dābiq” No 2)

Il secondo numero di “Dābiq” contiene anche un articolo circostanziato sui Curdi. L’articolo dice che il territorio che si estende dalla Turchia orientale, attraverso la Siria e l’Iraq settentrionali, fino a nord-ovest dell'Iran, è comunemente indicato come Kurdistan ed è sede di una popolazione curda sunnita. Prosegue dicendo che nel 1970, un gruppo di studenti guidati da Abdullah Öcalan ha fondato una organizzazione politica comunista chiamata PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan), con l'obiettivo

66 De Poli, B., I musulmani nel terzo millennio: laicità e secolarizzazione nel mondo islamico, Carocci,

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di creare uno stato marxista indipendente e che, trent'anni fa, il PKK ha iniziato un conflitto armato contro la Turchia. Il conflitto è continuato fino al 2013, quando il PKK ha annunciato la fine delle ostilità, dopo lunghe trattative tra gli “apostati” Erdoğan e Öcalan (così li chiama “Dābiq”). L’articolo sostiene che in Siria il PYD (Partito dell’Unione Democratica) condivide l'ideologia infedele di Öcalan.

Il braccio armato del PYD, il YPG (Unità di Protezione Popolare), è coinvolto negli scontri con i mujāhidīn (combattenti). Lo Stato islamico, scrive “Dābiq”, non ha esitato a fare la guerra contro i murtaddīn (apostati) comunista del PKK/YPG, allo stesso tempo continuando la loro lotta contro il regime nusayrī (sciiti aleviti/alawiti) e sahwāt (risveglio, sunniti) in Iraq. Ci sono attualmente una serie di fronti dello Stato islamico che devono essere difesi dall’attacco dei comunisti curdi in Iraq e Shām.

L’articolo cerca quindi di far passare la lotta tra ISIS ed YPG come una lotta tra i musulmani fedeli e gli infedeli comunisti. Implicitamente, nega la diversità dei Curdi sia rispetto agli Arabi che rispetto ai Turchi, considerando annullate le differenze tra queste tre culture regionali dalla comune appartenenza all’orizzonte sunnita.

I differenti obiettivi che hanno queste tre culture regionali diventano un’opera del diavolo: l’aspirazione di una cultura nazionale per i Siriani e gli Iracheni, l’aspirazione all’indipendenza per i Curdi dovunque essi siano, l’aspirazione ad un neo-ottomanesimo per la Turchia recente, tutti questi obiettivi sono in evidente contraddizione con un Califfato islamico di cui è Califfo Al-Baghdādī ed esteso dal Mediterraneo a, chissà, i Monti Zagros.

Non a caso Öcalan e Erdoğan sono chiamati “apostati”. E, come tali, meriterebbero la morte. Interessante la differenza tra il modo in cui sono visti questi due personaggi e il modo in cui sono visti i dirigenti siriani ed iracheni, chiamati in blocco “nusayrī ” o “sahwāt ” (risveglio) . Costoro spesso meritano la morte per i loro “misfatti”, più che per il loro credo religioso.

I “nusayrī ”, chiamati anche alawīs (alevi, alawiti), spesso accusati di essere una setta segreta elitaria, sono oggi al potere in Siria67. Si tratta di una religione sincretistica con importanti inclusioni cristiane, musulmane sunnite e sciite, gnostiche, fino a farne uno sciismo eterodosso68. Il loro nome deriva dal nome del loro eponimo Ibn Nusayr di

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Capezzone, L., Salati, M. L’Islam sciita, Storia di una minoranza, Edizioni Lavoro, Roma, 200, p.374 e seguenti.

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Basrah, vissuto nel IX secolo. Alawita è Bashar al-Assad, presidente della Siria, come lo era suo padre, Hafez al-Assad, e come lo è la maggior parte del gruppo dirigente siriano. Si deve al protettorato francese, a suo tempo, la scelta di mettere la Siria, Paese a maggioranza sunnita, in mano ad una minoranza sciita eterodossa sostenuta dalla componente cristiana, allora ingente, ed oggi più che dimezzata. Sono Cristiani ortodossi, melchiti, siriaci. La città di Aleppo aveva, secondo il censimento ufficiale del 1994, 300.000 cristiani su un totale di 1.900.000 abitanti, ed era quindi la citta’ con il maggior numero di cristiani in Siria.69

È interessante notare che “Dābiq” chiama “nusayrī ” tutti gli Sciiti, apparentemente ignorando che i “nusayrī ” non riconoscono e non seguono l’autorità dei grandi Ayatollah (segno di Dio), anche se il Presidente del Supremo Consiglio Islamico Sciita del Libano Musa al-Sadr nel 1973 confermò la partecipazione degli alawiti nel campo dello sciismo duodecimano70.

La “sahwāt ” (risveglio) è costituita da “I figli dell’Iraq” chiamati anche “La salvezza di Anbar” o “Il risveglio di Anbar”, il “Congresso Nazionale per la salvezza dell’Iraq”, il “Movimento di Salvezza Sunnita”. Queste ultime erano coalizioni di Sheikhs tribali nella provincia di Anbar per la loro sicurezza. Originariamente erano sostenute dalle forze USA. A causa del rifiuto del premier iracheno Nūrī al-Mālikī di integrarle nei servizi di sicurezza iracheni, molti “Figli dell’Iraq” hanno aderito ad ISIS71

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Questo punto è estremamente importante, perchè la liberazione dalla prigione o l’adesione di molti quadri a suo tempo fedeli al tribalismo che reggeva il regime di Saddam Hussein72 ha dato consistenza militare ed organizzativa a ISIS.

Premessa (“Dabiq No. 3)

Il terzo numero di “Dābiq” è pressocchè completamente dedicato alle attività militari, inclusi gli assassinii di ostaggi e prigionieri. Il titolo del terzo numero è: “Una chiamata per l’emigrazione”. La prefazione si occupa della decisione americana di opporsi all’avanzata di ISIS e della decapitazione di James Foley e Steven Sotloff.

69 CIA World Factbook, People and Society: Syria

70Capezzone, L., Salati, M. L’Islam sciita, Storia di una minoranza, Edizioni Lavoro, Roma, 200, p.376. 71

Harvey, Derek; Michael Pregent (2014-06-15). "Opinion: Whòs to blame for Iraq crisis". CNN.

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In particolare afferma che da molto tempo gli Stati Uniti interferiscono con gli affari interni della Siria e dell’Iraq, anche uccidendo, come ”danno collaterale” donne e bambini, mentre definiscono “assassinio di un innocente” l’uccisione di un uomo da parte di un militante ISIS, tenuto conto dei ripetuti avvertimenti di ISIS e del tentativo fallito di liberare questo uomo da parte delle forze USA.

Nell’articolo si parla anche dell’assoluta importanza per gli USA della “santità” di Israele e dei suoi alleati, includendo le forze peshmerga sioniste”. Sorprendente l’accostamento tra Israele e i Curdi dell’YPG (Unita’ popolare di protezione), frutto forse di una forzatura propagandistica per via della forte ostilità raccolta da Israele anche a seguiti dei recenti fatti di Gaza.