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Dice Mitchell225 che se le forme di governo sono basate sulla disponibilità di energia dal carbone e dai composti del carbonio, e più in generale sulla disponibilità delle fonti naturali, possiamo studiare queste disponibilità ed avere informazioni sulla struttura del potere. Ciò vale a maggior ragione se si considera che il materiale vegetale, il carbone, e, soprattutto, il petrolio, oltre ad essere usati per produrre energia mediante la combustione pura e semplice, vengono anche trasformati in altri materiali. Il controllo di queste trasformazioni si aggiunge al controllo delle fonti primarie di approvvigionamento nel definire la struttura del potere.

Molto recentemente, il circuito carbone colonizzazione industrializzazione ha stabilito una connessione tra fonti energetiche fossili e democrazia. E ha generato indirizzi urbanistici, movimenti politici, organizzazioni di massa, ed ha anche influenzato il comportamento individuale.

Tutto questo non è una novità nella storia dell’uomo. La civiltà egiziana, nella prima età del bronzo (IV millennio prima di Cristo) sviluppò, fin dalla nascita, una concezione centralizzata dello stato, la divinizzazione del sovrano, la creazione di una oligarchia di funzionari del potere (sacerdoti, scribi etc.), e questo permise l’attuazione di grandi opere pubbliche (i canali per il controllo delle inondazioni del Nilo, le mastabe e le piramidi). Nella coeva civiltà sumerica in Mesopotamia una dozzina di città-stato collocate sulle rive di una grande laguna semisalmastra in cui confluivano le acque dolci del Tigri e dell’Eufrate, ma anche le acque marine del Golfo Persico, chi governava erano leader umani, non divinizzati, e si contendevano la leadership regionale, affratellati solo dalla comune frequentazione di Nippur, la loro Olimpia, e si spartivano le risorse della regione, con la garanzia degli Dei di Nippur.

224I documenti segreti americani… Finanziatori dei terroristi Daash, per lo più sauditi, “Al-Ba’athmedia”

20 giugno 2014.

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Questa era la “water governance”. Il sistema che garantiva il miglior utilizzo delle acque, sia per la pesca che a scopo agricolo, emergeva come vincente e generava quelle che qualcuno chiamò le “sovrastrutture”, le istituzioni, la religione, la tradizione etc. In Egitto questo sistema consisteva nel controllo su grande scala delle inondazioni del Nilo, in Mesopotamia consisteva per ciascuna citta-stato nel prelievo di non grandi quantità di acqua lagunare a scopo di produzione agricola. E quindi, in Egitto prevaleva l’accentramento del potere, in Mesopotamia la sua decentralizzazione.

La “iron and horse governance” (la capacità di ottenere ferro dalla pirite e la domesticazione del cavallo) fu decisiva nell’imporsi dei nuovi venuti indoeuropei, gli Ittiti, in Anatolia, in Siria, in Palestina. Gli Ittiti erano governati da sovrani elettivi (almeno all’inizio) senza alcuna caratteristica divina. Il loro re, Muwatallis, conflisse, nel 1294 a.C., nella battaglia di Khadesh, con l’Egitto di Ramsete II e si accordarono per una spartizione del mondo di allora, ed in particolare della sua parte più produttiva, quella che oggi chiamiamo Siria, Libano, Palestina, Israele.

Persa la battaglia per una “governance” innovativa, queste terre dovettero aspettare Muhammad ed il suo messaggio per risorgere sotto la “‘adil governance”, il governo della giustizia sociale, garantita da Dio, sconfiggendo la “theocratic governance” dei cristiani e degli ebrei, per i quali Dio è spesso giudice crudele, e meno spesso padre clemente e misericordioso.

Considerato questo quadro storico, non stupisce che la “capital governance” abbia scompaginato il Medio Oriente, sottoponendo le sue genti ad un colonialismo rapace mediato da aristocrazie locali crudeli e corrotte. Ma non è stato niente, rispetto a ciò che è avvenuto quando in queste terre si è trovato (inizio del XX secolo d.C.) il petrolio. Il petrolio è materiale molto più facilmente estraibile e trasportabile del carbone, e trasformabile in composti di interesse e usi quotidiani. Ciò ha generato uno spostamento dalla “carbon governance”, la dipendenza dal carbone, alla “oil governance” la dipendenza dal petrolio, diversa perchè diversa è la collocazione geografica della risorsa.

Queste “governances” sottintendevano una “carbon economy” per il carbone, e successivamente una “oil economy” per il petrolio, come prima c’erano state una ”water economy” una “iron and horse economy”, una “ ‘adil economy”.

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Essenzialmente europeo e nordamericano il carbone, americano e mediorientale il petrolio. Ciò ha permesso agli USA di muoversi per gestire la “oil economy”, anche con “dirty games” come il colpo di stato contro Mossadeq in Iran nel 1953, mentre gli europei hanno dovuto subire e gli inglesi in particolare hanno dovuto abbandonare i loro sogni imperiali.,.

Ma queste “governances” sottintendevano anche un “human settlement” adatto. La progettazione di una “company town”, Abadan nel Khuzistan, e la modifica di Masjed- e-Soleyman e di altre sette cittadine è l’ennesimo esempio di quanto detto226.

A civiltà industriale appena iniziata, quando si comprese che il valore aggiunto di certe produzioni era il lavoro umano che esse comportavano, e si comprese quindi la necessità che questo lavoro umano fosse organizzato (qualunque cosa voglia dire il participio “organizzato”), la sua geografia, la sua sociologia, perfino la sua ideologia religiosa furono modificate (e si automodificarono).

Ma non era solo la necessità di controllo della forza lavoro la ragione di tutto questo. Certo, era una ragione importante, ma vi era altro. Dimorare accanto al simile è un trend tutt’ora valido, perchè rende più convincente sia la competizione che la solidarietà. Dimorare e lavorare sono due categorie del vivere che si fondono in una. Neanche la civiltà dei consumi può sottrarsi a ciò, anzi! Così furono pianificate le città industriali inglesi ed alcune americane.

Poi c’è anche la gestione della propria libertà personale, che è la ragione per cui, accanto ai nuclei urbani pianificati, sorgono insediamenti spontanei, con una geografia diversa da quella pianificata, ma comunque intesa a raggiungere uno scopo collettivo (parentela, commercio etc.).

In questa tematica si inserisce il contesto dell’espansione di ISIS verso i campi petroliferi della Siria e dell’Iraq. ISIS rivendica il “copyright” della “‘adil governance”, il governo della giustizia sociale, garantita da Dio, anche stavolta sconfiggendo la “theocratic governance” dei cristiani e degli ebrei, stavolta rappresentati dagli americani e dai loro alleati, e, visto che ci sono, anche degli sciiti, considerati apostati, e introduce una “capital governance” “self made”, ancora sottoponendo le genti ad un

226 Ehsani, K., Social Engineering and the Contradictions of Modernization in Khuzestan’s Company

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colonialismo rapace mediato da aristocrazie locali. Quali? Quelle che si sottomettono, ma non ad Dio, ad Al-Baghdādī , che neanche Al-Qāʿida riconosce.

Davvero una “‘adil governance” fatta in casa!