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Segretario Nazionale, Responsabile dell’Ufficio Esteri ed Emigrazione, Responsabile dell’Ufficio Problemi Sociali e del Lavoro, Vice Presidente Nazionale

1_L’Appello è stato elaborato alla fine di un conflitto mondiale in un momento di grave crisi per il Paese: una crisi che aveva investito tutti gli aspetti della società di allora. Anche oggi viviamo in un periodo di grave crisi e confusione, siamo attanagliati da una crisi economica che non sembra scemare all’orizzonte e che non possiamo definire solo economico-finanziaria perché sarebbe estremamente riduttivo: la crisi che stiamo vivendo ha la sua chiara origine nello squilibrio di elementi e imposta- zioni culturali e valoriali.

In questo squilibrio che ha travolto la nostra società, il lavoro è stato sempre più ridotto nella sua por- tata, corrotto da precarietà e sfruttamento, considerato quasi superato, mentre al suo posto ha preso piede un modello basato su rendite professionali, finanziarie, speculative. Una delle conseguenze più gravi è stata la perdita progressiva del senso del lavoro. E’ necessaria una forte rivalutazione della centralità e del valore del lavoro come elemento di affermazione concreta e quotidiana della li- bertà, della speranza e della dignità di ogni persona umana che, attraverso il lavoro, può conseguire un reddito adeguato per sé e per un progetto di vita familiare, un riconoscimento delle proprie ca- pacità professionali come contributo alla positiva crescita della comunità in cui vive. Diventa allora un obiettivo strategico anche di questa fase storica l’elaborazione sul piano culturale, economico e so- ciale di un “nuovo umanesimo del lavoro”: essenziale per una positiva evoluzione della coesione so- ciale.

L’Appello si rivolgeva ai “Liberi e Forti” chiedendo loro di guardare più in alto e più lontano e que- sta domanda interpella anche noi, oggi, nella complessità di questo tempo che siamo chiamati a pre- sidiare e a difendere il valore del lavoro.

La potenza di un documento come l’Appello sta proprio nel continuare a rappresentare una preziosa fonte d’ispirazione per poter affrontare anche i problemi nuovi del nostro tempo.

2_La stretta connessione tra persona e lavoro ha in sé un esplicito richiamo storico alle radici cri- stiane della nostra società e ci attribuisce una responsabilità specifica nel sistema delle relazioni eco- nomiche e politiche, dalle quali dipende il nostro futuro. Nella nostra civiltà, le donne e gli uomini esprimono, attraverso il lavoro, le loro attitudini, i loro talenti, contribuendo a realizzare le loro aspet- tative. Il frutto del lavoro, la sua ricchezza e il valore che ne scaturisce rappresentano la condizione e il fondamento della dignità e della libertà di tutti. Il lavoro è parte decisiva della vita delle donne e degli uomini, in grado di far emergere virtù quali dedizione, creatività, cooperazione, onestà, retti- tudine, lealtà, appartenenza comunitaria: in poche parole “senso e significato di una vita pienamente umana”. Lavorando l’uomo, infatti, non produce solo beni o servizi, né porta semplicemente a casa ciò che gli occorre per mantenere la famiglia, ma realizza soprattutto se stesso, compiendo una vo- cazione - umana e al tempo stesso sociale - e contribuendo attivamente al bene comune del prossimo. Le nostre comunità devono diventare luoghi dove si educa al lavoro e ai suoi valori fondamentali, alle

sue dimensioni umane e cristiane, al suo senso profondo e dove si possono mettere insieme idee e ri- sorse: solo così ritengo si possa creare poi una democrazia fondata su valori condivisi, in grado di con- ciliare la libertà politica con la giustizia sociale e che garantisca alle persone la dignità e il lavoro. 3_Una delle grandi criticità del nostro tempo sta nella differenza tra la politica popolare che rispetta il popolo e la sua autonomia e la politica populista che rende il popolo ostaggio di chi è al potere. Ci troviamo a vivere in un contesto di ripiegamento identitario da cui scaturisce una politica che, anzi- ché cercare mediazioni e progetti condivisi, esaspera le contrapposizioni. Dichiararsi contrari a que- sto stato di cose non porta a nulla, ora più che mai sono necessari soggetti “liberi e forti” che elaborino proposte alternative e in grado di raccogliere il consenso dei molti che non si riconoscono nella reto- rica politica oggi dominante: una proposta politica convincente per un impegno politico democratico e partecipato. Una politica che sappia promuovere la partecipazione dei cittadini e che permetta ai corpi intermedi di compiere la loro fondamentale funzione di mediazione. Paolo VI amava ricordare che “la politica è la più alta forma di carità”: un invito ai cattolici a servire le comunità in cui operano dando significato concreto alla politica come servizio per la realizzazione del bene comune.

Non si può continuare a sottovalutare il contributo che la fede cristiana può dare alla politica e alla società, proprio per questo, ritengo essenziale che il mondo cattolico riscopra la necessità di una pre- senza pubblica nell’esperienza di fede. Essere ‘Chiesa in uscita’ significa, infatti, assumerci anche la responsabilità di portare nelle istituzioni quei valori fondamentali della vita, della famiglia, del la- voro, della solidarietà. E’ tempo di “metterci la faccia” e lavorare sul territorio per dare voce alle istanze che vengono dal basso.

4_Di fronte alla pericolosa caduta di ogni tensione ideale che caratterizza il nostro tempo, segnato dal- l’ossessiva aspirazione al benessere effimero e dall’edonismo, siamo chiamati con lucidità e realismo a coltivare la speranza. Ristabilire la coscienza della dignità e della nobiltà del lavoro umano è l’istanza che ci deve stare più a cuore. Dobbiamo mantenere una visione alta del lavoro umano, pro- muovendo i diritti fondamentali dei lavoratori, pur nella necessità di adattarne le forme giuridiche; coltivando la dimensione comunitaria e solidale del lavoro e della stessa impresa, argine all’indivi- dualismo e alla frammentazione; avendo costantemente la consapevolezza che il lavoro ha il primato sul capitale e che l’uomo ha il primato sul lavoro; confermando la convinzione che il lavoro deve ser- vire anche al mantenimento della famiglia; armonizzando il lavoro e la vita complessiva della per- sona che lavora, rispettando il riposo e il tempo della festa; facendo procedere di pari passo ed in connessione le politiche del lavoro e quelle della famiglia; garantendo la possibilità reale e concreta di strumenti di previdenza sociale; incrementando la capacità di fare impresa; valorizzando l’eco- nomia civile e solidale.

Dobbiamo perseguire l’obiettivo del “lavoro per tutti”, degno ed equamente retribuito, perché senza lavoro viene meno la dignità stessa dell’uomo. Ma il lavoro passa dallo sviluppo del sistema pro- duttivo in tutte le sue accezioni. Quindi, è fondamentale un piano strategico di sviluppo industriale per capire quali direzioni prenderà il mondo del lavoro, quali saranno i lavori che avranno più op- portunità e quali invece scompariranno. Ed è necessario operare di concerto con il sistema indu- striale, con il mondo dei servizi, dell’agricoltura, dell’artigianato e, sempre di più, con il mondo del terzo settore. Solo lavorando insieme sarà possibile raggiungere un equilibrio in termini di progresso e di benessere per le persone. Il lavoro dovrà essere centrale anche nell’economia futura e non si potrà parlare di sviluppo o di crescita solo guardando gli impersonali dati del PIL. Non ci sarà cre- scita se non associata ad un risolutivo aumento dei posti di lavoro. Ma se ci si sofferma solo sulle so- luzioni di carattere tecnico si rischia di non fare un buon servizio alla società. Servono principi e

valori che abbiamo la fortuna di aver nel nostro DNA, nel nostro bagaglio ereditario. E’ la Dottrina sociale che rende possibile di legare i valori e gli indirizzi alle questioni attuali che incontriamo tutti i giorni, e con questo influenzare e orientare i cambiamenti e le trasformazioni sociali.

5_Le nostre comunità negli ultimi anni si sono disgregate lasciando spazio ad un individualismo de- vastante: è così venuto meno il senso di solidarietà e condivisione. In questo difficile terreno l’unica soluzione per ricostruire legami e vincoli solidi, per cui le persone si possano sentire protagoniste di un cammino comune, è che si rimanga saldamente ancorati a valori certi che noi troviamo nel cri- stianesimo. Se l’economia è solo economia, se stare insieme significa solo essere vicini, se il lavoro è solo produzione e il progresso solo crescita, se niente chiama ad essere di più e se non chiama noi ad essere di più, le relazioni sociali implodono su se stesse. E allora anche la società sarà solo una somma di individui, non una vera comunità. Bisogna invece convertirsi a vedere l’economia e il lavoro, la fa- miglia e la comunità, come una chiamata ad un’assunzione solidale di responsabilità per il bene co- mune. Il cambiamento sarà possibile solo se i “liberi e forti” che anche oggi popolano la società italiana ed europea sentiranno ancora “il dovere di cooperare”, senza chiudersi dietro barriere di in- teressi e appartenenze.

PUNTO 4 - LAVORO E COOPERAZIONE

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