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Professore ordinario di Storia delle Istituzioni Politiche

Una soluzione di continuità.

Queste parole-chiave ci portano ad un passaggio fondamentale dell’esperienza pubblica di Sturzo e del movimento cattolico italiano in generale, che, proprio dall’esperienza delle amministrazioni lo- cali, ha tratto la sua più forte energia e la sua prima ragione organizzativa. Secondo un processo e una visione che, attraverso la condanna dello statalismo e dunque dei totalitarismi comunista e fascista, affermato dalla «Quadragesimo Anno», con la prima proposizione del principio di sussidiarietà, ar- riva all’affermazione costituzionale dell’“anteriorità” della persona e delle formazioni sociali rispetto allo Stato, che innerva le costituzioni di democrazia europee occidentali del secondo dopoguerra. Il punto è che questo quadro istituzionale è ora alla prova di quella che persuasivamente è stata de- finita la “globalizzazione sferica”, a propulsione neo-liberista, rispetto alla quale è necessaria con ur- genza una nuova riflessione e una nuova azione politico-costituzionale. In particolare proprio nei paesi dell’Europa Occidentale, per porre il problema della riduzione delle diseguaglianze economi- che, cruciale per conquistare le mente e il cuore, ovvero il consenso delle masse.

Per quanto concerne in particolare il nostro tema in sostanza si tratta di prendere sul serio l’assetto multi-level, tanto nel senso costituzionale che amministrativo.

Con la consapevolezza che se ne può dare una doppia lettura. Può essere insomma, coerentemente ad un presupposto neo-liberista, ovvero globalista ed economicista, la cornice per un efficiente pro- cesso di sfruttamento globalizzato, il “totalitarismo subdolo”, di cui parla la Centesimus Annus, op- pure una modalità di compaginamento (per usare una parola tipica di Antonio Rosmini) plurale, che permetta un complessa e mutua articolazione dei piani e degli attori.

Rispetto alla situazione del primo dopoguerra la più vistosa trasformazione è relativa all’istituzione centrale nella storia moderna, ovvero lo Stato.

Da un lato abbiamo infatti livelli di governance oltre lo stato: le istituzioni sovranazionali (ONU), le alleanze istituzionalizzati (Nato), le inedite “comunità” o Società di Stati (Unione Europea). Dall’al- tro, le osserviamo le prime cento economie mondiali abbiamo un 50% di Stati e un 50% di imprese multinazionali, senza considerare le dinamiche del sistema finanziario globale.

Inoltre, rispetto a cento anni fa il quadro mondiale si è notevolmente modificato, prima con l’emer- gere degli Stati Uniti, poi con la dinamica della guerra fredda, infine con l’impetuoso sviluppo della Cina (e degli altri attori del’oriente) che ha potentemente riposizionato l’Europa nel suo complesso e gli Stati europei conseguentemente.

Queste due dinamiche, oltre che a livello sistemico, sono operanti anche all’interno dei diversi Stati (quantomeno quelli che si possono definire pienamente tali, tra cui possiamo ricomprendere l’Italia). Il quadro multilivello comporta evidentemente, con il riposizionamento dello Stato, anche un ripo- sizionamento delle istituzioni rappresentative, nate a dimensione statale e dunque della democrazia

così come si è caratterizzata nell’Otto-Novecento.

Lo Stato sovrano (ovvero una parte ridotta degli Stati) è vivo e sta discretamente bene, come è stato osservato, non è stato cancellato dalle dinamiche della globalizzazione. Tuttavia è in fase continua di riposizionamento, appunto in una scala multilivello.

Questo vale ovviamente anche per l’Italia.

Dei componenti del G7 l’Italia è tra quelli maggiormente in affanno

L’Italia è necessariamente connessa con l’Unione europea, di cui tuttavia non riesce ad assumere un ruolo di leadership. Per un problema strutturale, quello relativo alla sua unità.

Elementi programmatici.

Vediamo ora i tre aspetti messi in luce dal nostro testo di riferimento.

“Libertà ed autonomia degli enti pubblici locali. Riconoscimento delle funzioni proprie del comune, della provincia e della regione, in relazione alle tradizioni della nazione e alle necessità di sviluppo della vita locale.

Riforma della burocrazia.

Largo decentramento amministrativo ottenuto anche a mezzo della collaborazione degli organismi industriali, agricoli e commerciali del capitale e del lavoro”.

Che potremmo declinare nel seguente modo, ovvero: - il richiamo alla “tradizione della nazione”;

- la questione degli enti infra statali: numero, taglia e rapporti con i corrispondenti sul scala europea; - la burocrazia, ovvero gli apparati;

- i rapporti (ai diversi livelli) con il sistema economico e sociale, in termini di rappresentanza e di po- litiche pubbliche;

- l’idea di uno stato sussidiario.

A proposito della “tradizione della nazione” occorre andare in profondità.

E dirsi con franchezza che la tradizione italiana è uan tradizione di disunione, di frattura, tra un’Ita- lia europea e un’Italia “affricana o balcanica”, come scriveva Prezzolini e come afferma anche la cul- tura diffusa.

Questa frattura corrisponde con la cosiddetta questione napoletana, poi meridionale. Da sempre ir- risolta. Oppure, più esattamente, aggirata e cortocircuitata attraverso una serie di compromessi e di accordi di potere. Come dimostrano anche le vicende dell’attuale governo.

Rispetto alla pratica di aggirare clientelarmente la disunità, l’idea sturziana e popolare è invece uno stato organico, dunque la strada è quella della libertà, ovvero della soggettività degli enti locali, a par- tire dai comuni, dunque (libertà+soggettività) l’autonomia. Che, implicando responsabilità, risulta alternativa rispetto agli accordi e trasferimenti di potere, ovvero al sistema liberale vigente. In que- sto contesto, appunto di scompaginamento organico, si pone conseguentemente anche il problema, sovente posto e mai risolto, della taglia di sostenibilità degli enti locali.

I comuni, innanzi tutto: questo significa incoraggiare più che le fusioni le aggregazioni consortili, con certezza di risorse, e determinazione di aree di investimento strutturale, in particolare sul tema, diventato cruciale, delle aree interne.

Questo comporta anche sciogliere il nodo delle province, oggi in un limbo per le scelte politico- isti- tuzionali stravaganti, ovvero la mancata sincronizzazione tra l’azione di riforme costituzionale e quella di riforma per legge ordinaria. L’ente di area vasta può essere la scala ideale per sperimentare forme di integrazione con il sistema degli interessi e con le forze vive dell’economia e del lavoro. Al- trettanto urgente la questione regionale.

La forte rivendicazione dell’istituzione delle regioni qualificò il programma sturziano. E non a caso in Costituente è un allievo di Sturzo, Gaspare Ambrosini, a strutturare quello italiano come “stato re- gionale”, secondo la sua stessa definizione.

In realtà molte regioni non hanno una dimensione sostenibile e la gran parte non rispondono di una efficiente struttura amministrativa, in particolare in ordine a quelle competenze relativa allo sviluppo che ne costituisce l’elemento istituzionalmente qualificante.

Spicca così, anche nel disegno della sussidiarietà, che, pur non esplicitamente presente in Costitu- zione, da essa presupposta e anzi rilanciata in chiave europea, la questione degli apparati, ovvero della burocrazia.

Occorre qui un seria riflessione sull’esito e i risultati delle politiche di privatizzazione e di esterna- lizzazione, egemoni dai primi anni Novanta, che non sembrano avere migliorato né le prestazioni né i bilanci. Oltre a non risolvere i problema dell’ethos della burocrazia, da sempre la grande questione italiana.

Il bilancio non positivo di un venticinquennio di riforme dell’amministrazione condotte in nome del- l’emergenza budgetaria, ha fatto recentemente concludere sulla inopportunità di “concepire riforme sistemiche”, ma sull’opportunità di concentrarsi “su cambiamenti limitati, ma continui, in base a pro- cessi istituzionalizzati”.

L’altro tema che si pone a proposito della sussidiarietà verticale è quello dei fili di connessione. Se ne possono indicare tre: un filo istituzionale, un filo partitico, un filo di aggregazione clientelare. Nor- malmente essi sono compresenti, a costituire un ordito più o meno solido. Così come quelli che con- nettono con il sistema degli interessi.

La prevalenza dell’uno o dell’altro dei fili di connessione dipende dalla solidità dei medesimi. Ritorna così la questione della rappresentanza e dunque della politica. Che il manifesto di Sturzo imputava al nuovo partito.

Oggi piuttosto deve essere identificata in una struttura diffusa e connessa. Una articolazione sussi- diaria del sistema istituzionale presuppone necessariamente un articolato pluralismo. Dunque forti rappresentanze sociali e forti soggetti culturali. Presuppone anche una forte soggettività della Chiesa cattolica e delle altre confessioni religiose. Tutte realtà fortemente messe in discussione dai processi appunto che fanno riferimento, come direbbe Papa Francesco, alla sfera e non al poliedro.

Sinteticamente rispondendo.

1_Come si è visto il contesto è espanso, ma l’istanza di fondo può senz’altro essere riproposta e di- ventare programma e impegno di riflessione e di azione.

2_La parola-chiave fa diretto riferimento alla dottrina sociale della Chiesa, così come recepita e ri- lanciata anche in contesto secolare.

3_Il punto chiave sotto questo decisivo profilo è legato alla partecipazione, che l’indirizzo neo- libe- rista prevalente ha scoraggiato in tutti i modi, delegandolo al mercato.

Il fallimento di tale impostazione tuttavia non si è concretizzato in una nuova iniziativa positiva, quanto nell’aumento della protesta senza finalizzazione politico-amministrativa. Alimentando così un circuito vizioso di crisi del tessuto democratico, che non mette in discussione, ma anzi finisce con il supportare un quadro che pure risulta produrre evidenti squilibri.

4_Certamente.

In particolare occorre segnalare come in moltissime amministrazioni locali spiccano esempi positivi di buona amministrazione e di adeguata rappresentanza.

5_In realtà occorre lamentare come il discorso politico sia fortemente regredito e dunque occorre prima di tutto rimotivare il quadro della sussidiarietà, ovvero un orizzonte multi-level che, nella pubblica opinione è ormai frammentato nei diversi comparti.

Con gravissimo nocumento, in prospettiva, non solo alla qualità del sistema politico, ma soprattutto della necessaria visione a medio e più lungo termine dello sviluppo sociale.

PUNTO 6 - STATO ED AUTONOMIE LOCALI

(SUSSIDIARIETA’ VERTICALE)

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