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Responsabile Area Nazionale Caritas Italian

Premessa

La frattura rappresentata dalla 1° guerra mondiale è il drammatico scenario dell’Appello. Un conti- nente apparentemente forgiato dalla tradizione giudaico-cristiana, seppure insidiata dalla cultura socialista (internazionalista e pacifista) veniva travolto da una guerra inedita, che trasferiva il pro- gresso sul campo di battaglia attraverso modernissimi strumenti di morte.

Non la guerra mitica e risorgimentale agognata nelle “radiose giornate di maggio”, ma le sue forme nuove e tremende, avevano corrotto e frantumato la koinè cristiana non solo sul piano dei valori astratti, ma anche nelle condizioni concrete di vita di milioni di persone coinvolte nel conflitto. Il fordismo implicito della guerra moderna, l’uomo-soldato macchina addestrato ad uccidere ed es- sere ucciso in battaglie tatticamente insensate, l’orrore dei corpi martoriati e abbandonati lungamente nelle terre di nessuno - in dispregio ad ogni pietà umana e cristiana per i morti - e altri innumeri frat- ture avevano sbriciolato nella esperienza soggettiva di milioni di uomini il riferimento a dimensioni valoriali tipicamente cristiane e inscritte ormai nelle culture tradizionali.

La guerra lasciava dietro di sé un malessere infinito che attraversava l’esperienza della perdita subita della maggioranza delle famiglie italiane, le ferite visibili nei corpi e invisibili nell’animo e nella psi- che di migliaia di maschi adulti rientrati dall’esperienza delle trincee. Alcuni reclusi nei manicomi del paese, altri – in quanto innocui – lasciati alla pietà o al ludibrio delle proprie comunità sotto l’eti- chetta di “scemi di guerra”, altri ancora portatori apparentemente sani di un dolore e di fratture in- teriori non sanati dal mito di Vittorio Veneto e dal rientro alla normalità, segnata da una crisi economico-sociale drammatica.

Un tempo di ricostruzione quindi, anche quello, dopo un cambiamento d’epoca, che avrebbe portato alla stagione del totalitarismo, nonostante il tentativo sturziano.

1_Il nostro paese è a valle di un processo di crisi che ha compiuto i processi di mutazione antropo- logica indicati dal magistero episcopale a partire dalla seconda metà degli anni ‘80 e dalla riflessione intellettuale migliore del nostro paese (Pier Paolo Pasolini già negli anni ‘70 del secolo scorso parlava di genocidio culturale delle culture tradizionali del paese) frantumando anche l’identità economica – sopravvissuta ai primi assalti della globalizzazione - di molti territori.

Alla frantumazione delle identità tradizionali e di un “cristianesimo sociologico”, si è aggiunta quella dei miti del capitalismo tecno-nichilista e delle sue illusioni di ricchezza e benessere per tutti, con- tribuendo a sedimentare e far crescere il clima di risentimento e rancore che avvolge il nostro paese. Ora come allora c’è l’esigenza di ricostruire, ricucire, innovare senza la presunzione di approcci astrat- tamente ideologici o le parole d’ordine del marketing politico, ma a partire dai territori, dalle comu- nità, dalla fatica e dai problemi delle persone. È

2_Èevidente che per ricostruire il paese, ripartire anche dalle dimensioni della tutela sociale e sani- taria è una dimensione fondamentale. Il senso di abbandono che gli anni della crisi hanno ingenerato

in molti – colpiti dagli effetti della disoccupazione e della recessione – ha contribuito ai fenomeni di disintegrazione sociale, che sono uno dei fattori di risentimento. L’assenza di una legge di contrasto alla povertà – attuata solo dal 2017-18, ma solo per quote ridotte della popolazione in povertà asso- luta -, un sistema di salute sempre meno accessibile per i meno abbienti sono oggettivamente fattori di creazione di paura, isolamento, rancore.

Operare – secondo l’approccio sturziano – partendo dalla:

- riorganizzazione, vale a dire creazione di assi stabili di politiche pubbliche organiche e strutturali; - tutela dei soggetti sociali che operano nei contesti della solidarietà, non coartandone l’autonomia ma valorizzandoli in una dimensione di governance sussidiaria;

- selezione dei target principali per azioni non categoriali ma sempre di sistema, tali da dare rispo- ste strutturali (come ad es. la lotta alla malaria) e contestualmente di rafforzamento della coesione so- ciale (l’enfasi per le famiglie colpite dalla guerra) rende possibile dare carne e sangue ad una idea di politica popolare – e non populista – e valorialmente ispirata.

3_Tutto questo è possibile solo all’interno di meccanismi di governance non top-down, ma effettiva- mente sussidiari, tali cioè da valorizzare il concerto delle autonomie sociali e istituzionali: tutto que- sto presuppone e implementa una dimensione di esercizio della leadership capace – secondo le parole di Papa Francesco - di “generare processi piuttosto che occupare spazi”. Altrimenti la lezione im- partita al paese anche dalla stagione partecipativa degli anni ‘70 soffocata da un esercizio invasivo delle forze politiche organizzate del tempo - la fase deteriore della Repubblica dei partiti - resterebbe ulteriormente inascoltata.

4_La sfida dei prossimi anni non è solo quella della esemplarità di progetti e interventi, ma quella della costruzione di sistemi territoriali solidali dentro logiche non di partnership strumentali, ma di alleanze in grado di far emergere una cultura sociale alternativa ai valori correnti, non solo in termini declamatori, ma di pratiche efficaci e durevoli.

La creazione di cluster territoriali solidali pone la questione di una loro sostenibilità futura non esclu- sivamente connessa a logiche di sostegno pubblico: l’autonomia del sociale e dei corpi intermedi passa anche attraverso una sua capacità di sostenibilità economica sia in termini di ownership terri- toriale – vale a dire il senso di opere riconosciute come proprie e sostenute dalle comunità locali - sia di generatività e di sviluppo locale, sia di connessione europea e internazionale. L’esemplarità deve assumere, quindi, anche gli abiti della sostenibilità economica e della connessione territoriale e in- ternazionale, altrimenti rischia la deriva di generazione di esperienze di breve periodo, che imple- mentano la retorica della immodificabilità delle condizioni del nostro paese.

5_Tutta la riflessione sin qui sviluppata – come l’approccio sturziano da cui siamo partiti – ha senso dentro una capacità contestualmente riflessiva ed espansiva, capace di contrastare una retorica mi- tica sulla comunità – disancorata dalla realtà, nostalgica in quanto semplicistica e ideologica – se- gnando anche direzioni concrete di cammino si comunitarie, ma dentro il qui ed ora della nostra storia comune.

Il tema delle migrazioni, la globalizzazione, il comune destino europeo sono le condizioni entro le quali costruire una traiettoria realistica, senza cedimenti alla paura e alla rivendicazione spesso irra- zionale.

Per la comunità cristiana questo impone l’abbandono della nostalgia per una cristianità come dato sociale acquisito, ma la scelta di vivere fino in fondo la propria vocazione di lievito, senza garanzie e senza riconoscimenti sociali, affrontando senza infingimenti anche la propria minorità.

PUNTO 7 - SALUTE E SOLIDARIETÀ

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