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1. NOTE SU SOSTANZA E RELAZIONE NEL DE TRINITATE DI SANT’AGOSTINO

1.12 Categoriae decem

Dunque riguardo a Dio non si predica secondo il genere e secondo la specie.

Ora devo rilevare che quest’impossibilità di predicare riguardo a Dio secondo il genere e secondo la specie è posta da Agostino (in De Trin. 7,4,7) in connessione con ‘l’eccedenza’ di Dio stesso rispetto al linguaggio abituale: dunque con l’indicibilità e con l’impensabilità di Dio. Agostino scrive (l’abbiamo già visto) che quando si chiede ‘che cosa sono i Tre’ (‘Tre che cosa?’), tentiamo di trovare un nome specifico o generico con cui comprendere questi Tre (haec tria, “queste tre cose”49), ma non ci sovviene perché la ‘supereminenza’ della divinità ‘eccede’ la capacità dell’eloquio abituale; Dio infatti ‘è pensato più veramen- te’ di come è detto, ed ‘è più veramente’ di come è pensato (Cum ergo quaeritur quid tria

vel quid Tres, conferimus nos ad inveniendum aliquod speciale vel generale nomen quo complectamur haec tria, neque occurrit animo quia excedit supereminentia divinitatis usi- tati eloquii facultatem. Verius enim cogitatur Deus quam dicitur, et verius est quam cogita- tur).

L’eccedenza di Dio rispetto al linguaggio e al pensiero è dunque qui ricondotta all’impos- sibilità della predicazione secondo il genere e la specie. Veniamo dunque a un punto cru- ciale: il nesso (in Agostino) tra l’incomprensibilità di Dio e la dottrina aristotelica (e non solo aristotelica) delle categorie (che sono i “dieci sommi generi” dell’ente, cfr. Porf., Isag. 6,5-15;50 e i dieci supremi significati “delle espressioni senza nessuna connessione”, cfr. Arist., Categ. 4,1b,25-28: Eorum quae secundum nullam complexione dicuntur singulum

aut substantiam significat aut quantitatem aut qualitatem aut ad aliquid aut ubi aut quan- do aut situm aut habitum aut facere aut pati;51 cfr. anche Pseudo-Agostino, Anonimi Para-

phrasis Themistiana, 51,15-19).

Chiediamoci intanto: Agostino come conosceva le Categorie di Aristotele?52

49 Così in Città Nuova e Bompiani. 50 Porfirio, Isagoge, cit., p. 71.

51 Aristotele, Le categorie, a cura di D. Pesce, cit., p. 33

52 Per P. Courcelle la fonte è una traduzione di Vittorino (cfr. P. Courcelle, Les lettres greques en occident. De Macrobe à Cassiodore, Parigi 1943); così anche per Marrou (cfr. H.-I. Marrou, Sant’Agostino e la fine

della cultura antica, Jaka Book, Milano 1987); per É. Gilson Agostino “lesse alcuni scritti neoplatonici, spe- cialmente una parte delle Enneadi di Plotino nella traduzione di Vittorino” (cfr. É. Gilson, La filosofia nel

medioevo. Dalle origini patristiche alla fine del XIV secolo, ed. it. Sansoni, 2008). Villevieille riporta le per- plessità di P. Hadot a riguardo, e ricorda che L. Minio-Paluello pensò che “Augustin a pu lire les Categoriae

In Conf. 4,16 Agostino ricorda di aver letto e compreso da solo (legi ea solus et intellexi) in gioventù (annos natus ferme viginti) un testo di Aristotele chiamato Dieci categorie (in

manus meas venissent Aristotelica quaedam, quas appellant decem categorias).53 Agostino racconta anche di aver avuto poi occasione di discuterne con alcuni che dicevano di averle apprese con difficoltà da maestri coltissimi che erano ricorsi non soltanto alle parole ma anche a figure disegnate nella polvere (quas cum contulissem cum eis, qui se dicebant vix

eas magistris eruditissimis non loquentibus tantum, sed multa in pulvere depingentibus in- tellexisse), ma riferisce di non avere appreso da questi nulla che non avesse già capito da solo leggendo il testo di Aristotele (nihil inde aliud mihi dicere potuerunt, quam ego solus

apud me ipsum legens cognoveram). Agostino riporta quindi che quel testo parlava delle sostanze (de substantiis), come l’uomo (sicuti est homo), e di quelle cose che sono nelle sostanze (et quae in illis essent), come la figura (“l’aspetto”) dell’uomo, quale sia (sicuti

est figura hominis, qualis sit), e la sua statura, di quanti piedi sia (statura, quot pedum sit), e la sua parentela, ad esempio di chi sia fratello (cognatio, cuius frater sit), e dove risieda (ubi sit constitutus), e quando sia nato (quando natus), ed ancora se stia in piedi o sieda (aut stet an sedeat), e se sia calzato o armato (aut calciatus vel armatus), se faccia qualcosa o patisca alcunchè (aut aliquid faciat aut patiatur aliquid); e qualsivoglia altra cosa com- presa in questi nove generi (et quaecumque in his novem generibus) di cui s’è dato esem-

Decem, qui’il attribue à Albinus”. In generale Villevieille ritiene che “Dans le De Trinitate, Augustin ne cri- tique les catégories d’Aristote que sur la base de leur réinterpretation hellénistique (d’origine néoplatonicien- ne et stoïcienne)” (cfr. L. Villevieille, “La critique augustinienne des categories d’Aristote”, in Revista Filo-

sófica de Coimbra, 43 (2013), pp.143-164, cfr. p.150; p.1). R. Teske ha osservato che “Augustine certainly found in Plotinus and Porphiry a use of the categories combined with a spiritualism in philosophy” (R.J. Teske, “Augustine’s use of substance in speaking about God”, in The Modern Schoolman, 62, 1985, pp.147- 163; riedito in R. Teske, To know the God and the Soul: Essays on the Thought of Saint Augustine, Catholic University of America Press, 2008, pp.112-130, cfr. qui p.130, nota 1). C’è comunque il probema di risalire alle fonti filosofiche di Agostino. Rimando a G. Catapano, L’idea di filosofia in Agostino: guida bibliografi-

ca, Il Poligrafo, Padova 2000; dello stesso autore cfr. Introduzione generale, in Agostino, Tutti i dialoghi, introduzione generale, presentazioni ai dialoghi e note di G. Catapano, Bompiani, Milano, 2006. Sulla forma- zione di Agostino cfr. H.-I Marrou, S. Agostino e la fine della cultura antica, Jaka Book, Milano 1987 (M. ha sostenuto che la logica di Agostino è quella aristotelica, la dialettica è invece forse legata alla tradizione stoi- ca, in una prospettiva eclettica cfr. p. 212; 467); cfr. P. Brown, Agostino d’Ippona, ed. it. Einaudi, Tornio 2005, pp. 77-78; 80; A. Solignac, Doxographies et manuels dans la formation philosophique de sanit Augu-

stin, «Rech. Aug.», I (1958), pp. 113-148; cfr. M. Bettetini, Introduzione ad Agostino, Laterza, Bari 2008, p. 21. Su Agostino e Aristotele cfr. M.P. Foley, Augustine, Aristotle and the Confessions, in The Thomist, 67 (2003), pp.607-622; cfr. D. Doucet, “Augustin, «Confession» 4,16,28-29, «Soliloques» 2,20,34-36, et les «Commentaires des Catégories»”, in Rivista di Filosofia Neoscolastica, 93/3, 2001, pp. 372-392; cfr. anche: W. Tkacz, Aristotle, Augustine’s Knowledge of, in Augustine through the ages, 1999, pp-58-59, e dello stesso autore, Aristotle, in Augustine through the ages, 1999, pp-57-58; cfr. ancora G.C. Stead, Aristoteles, in Au-

gustinus- Lexicon, Hrsg. von C. Mayer et al., Vol.1, 1994, pp.445-446. Resta vero ciò che ha osservato A. Ghisalberti: “Agostino era sicuramente di quei personaggi capaci di una molteplicità di relazioni, di cui non sappiamo ancora tutto. Il paragone è con Dante. Se ci domandiamo quali sono le fonti di Dante, non riuscia- mo mai a individuarle con certezza ma sappiamo che ha avuto miriadi di fonti conosciute in modo dettagliato e spesso diretto”; in A. Ghisalberti, Filosofia teoretica, Educatt, Milano 2011, p.160. Occorerrebbe inoltre tener conto dell’enorme interesse, della ricezione e della rielaborazione dell’opera di Aristotele nei circoli neoplatonici (la logica categoriale aristotelica, variamente commentata, era patrimonio comune dell’età tardo antica), e c’è oggi una vasta bibliografia a riguardo. Cito solo alcuni titoli: AA.VV., Aristoteles romanus. Le

réception de la science aristotélicienne dans l’Empire gréco-romain, Brepols Publishers, Turnhout, Belgium 2013; T. Bénatouil, E. Maffi, F. Trabattoni, Plato, Aristotle, or Both? Dialogues between Platonism and A-

ristotelianism in Antiquity, Georg Olms Verlag, Hildesheim, Zurich, New York 2011; M. Tuominen, The an-

cient commentators in Plato and Aristotle, 2009; G. E. Karamanolis, Plato and Aristotle in agreement? Pla-

tonists and Aristotle from Antiochus to Porphiry, Oxford University Press, 2006; V. Celluprica-C. D’Ancona (a cura di); Aristotele e i suoi esegeti neoplatonici. Logica e ontologia nelle interpretazioni grece e arabe, Bibliopolis, Napoli 2005; AA.VV., Aristotle in late Antiquity, Edited by Lawrence P. Schrenk, 1994; R. So-

rabji, Aristotle Transformed: the ancient commentators and their influence, Ithaca, 1990.

pio, oppure in quel primo genere della sostanza posto all’inizio (vel in ipso substantiae ge-

nere).

Ci sono in quest’elenco le dieci categorie (o predicamenti): sostanza (substantia, ousia), qualità (qualitas, to poion), quantità (quantitas, to poson), relazione (ad aliquid, pros ti), dove (ubi, to pou), quando (quando, to pote), giacere o posizione (situs, keisthai), abito (habere, to ekhein), fare (facere, poiein), patire (pati, paskhein). (Quest’elenco si trova in

Categorie 4, e ce n’è uno uguale in Topici I,9; invece in Metafisica (V,7; IX,12) ne viene dato un altro privo dell’habitus e del situs).54

Agostino dunque chiede: ‘a che mi giovò tutto questo?’ (Quid hoc mihi proderat?). Cioè (direi): queste categorie servono a conoscere Dio? O anche: Dio è compreso in qualcuna di esse?

La risposta di Agostino è che quelle nozioni gli erano state invece dannose, facendogli pensare che ‘tutto ciò che è’ deve essere ‘compreso’ in quei ‘dieci predicamenti’, e che quindi anche Dio mirabilmente semplice e immutabile fosse da intendere in quel modo, quasi che Dio fosse il ‘soggetto’ della sua grandezza e della sua bellezza, e queste fossero quindi in Lui ‘come in un soggetto’ (Quid hoc mihi proderat, quando et oberat, cum etiam

te, deus meus, mirabiliter simplicem atque incommutabilem, illis decem praedicamentis putans quidquid esset omnino comprehensum, sic intellegere conarer, quasi et tu subiectus esses magnitudini tuae aut pulchritudini, ut illa essent in te quasi in subiecto); mentre (A- gostino infine aggiunge) Dio stesso ‘è’ la sua grandezza e la sua bellezza (cum tua magni-

tudo et tua pulchritudo tu ipse sis).

Dunque: Dio non è conoscibile mediante le dieci categorie e non è compreso in esse. Ora chiedo: perché? Perché Dio eccede le categorie? Perché non vi è compreso? Agostino qui riconduce l’incomprensibilità di Dio nei dieci generi aristotelici alla prima delle regole di ogni predicazione riguardo a Dio: cioè al principio che ‘Dio è ciò che ha’. Qui, nel passo di

Conf. 4,16: Dio non è il subiectum della Sua grandezza e della Sua bellezza bensì Dio stes- so è la Sua grandezza e bellezza. Da questa prima regola (si è visto) deriva una seconda re- gola: la forza (vim) dell’identica sostanza (eiusdem substantiae) nel (in) Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo è così tanta, che tutto ciò che è detto di ciascuno singolo in riferimen- to a sé va preso (accipitur) non pluralmente nel complesso (non pluraliter in summa, “al plurale collettivo”) bensì singolarmente (sed singulariter) (cfr. 5,8,9). Che è appunto ciò che impedisce che i predicati ad se di Dio (come ‘essenza’, ‘Dio’, ‘buono’, ‘grande’, ‘sa- piente’ ecc.) si dicano di Dio come nomi generici e specifici.

In breve: nei due passi ora considerati (De Trin. 7,4.7 e Conf. 4,16) l’impensabilità ed in- comprensibilità di Dio è ricondotta ad un modo di predicare circa Dio che è al contempo affermativo (diremmo: catafatico) e però tale da impedire una definizione di Dio (e quindi una risposta alla domanda: ‘che cosa sono i Tre?’) secondo il genere e la specie. Essendo inoltre chiaro che niente si predica come accidente.

Dunque qui abbiamo: una teologia affermativa (di Dio infatti si dicono molte cose: ‘è buo- no’, ‘è grande’, ‘è sapiente’, ‘è Dio’, ‘è essenza’) in cui nulla si predica secondo l’acci- dente (nihil itaque accidens in Deo) bensì i predicati ad aliquid (sia ad invicem come ‘pa- dre’, ‘figlio’ e ‘spirito’; sia ad creaturam come ‘creatore’ e ‘signore’) sono detti secondo una relazione non accidentale ed ogni predicato ad se è detto secondo sostanza (secundum

54 Cfr. M. Bonelli - F. Guadalupe Masi (a cura di), Studi sulle categorie di Aristotele, Adolfo M. Hakkert Ed.,

Amsterdam 2011. Cfr. inoltre A. Kenny, “Les Categories chez les Pères de l’Eglise latins”, in Les Categories

et leur historie, Paris, Vrin, 2005, pp. 121-133. Sulle Categorie di Aristotele rimandiamo anche a M. Bernar- dini, Saggio introduttivo alle Categorie, in Aristotele, Organon, coordinamento generale di M. Migliori, sag- gi introduttivi, note e apparati di M. Bernardini, M. Bontempi, A. Fermani, R. Medda, L. Palpacelli, Bompia- ni, Milano 2016, pp. 3-52. Per un orientamento sull’Organon di Aristotele, nello stesso volume, cfr. M. Mi- gliori, Introduzione generale, pp.VII-LXII.

substantiam, substantialiter) ma non come genere o come specie (speciali vel generali no-

mine).55