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2. SULL’ESSENZA IN SANT’AGOSTINO

2.9 Dio è eterno

In En. in Ps. 9,11 Agostino scrive che le cose del mondo scorrono via per la mutevolezza del tempo (temporis volubilitate praeterfluunt), esse hanno soltanto il ‘sarà’ e il ‘fu’ (nihil

habentes nisi erit et fuit) ma non l’‘è’: ciò che in esse è futuro, appena giunge, già diviene passato (quod in illis futurum est, cum venerit, fit statim praeteritum). Nella natura di Dio (in natura Dei), invece, niente sarà come se ancora non fosse (non erit aliquid, quasi non-

dum sit), né qualcosa fu come se ormai non fosse (aut fuit, quasi iam non sit): c’è soltanto ‘ciò che è’ (id quod est), e ‘ciò che è’ è l’eternità (aeternitas). Perciò Dio ha detto: Io sono

colui che sono, e: Colui che è mi manda a voi (Ex. 3,14).

Dunque Dio è Qui est perché nella sua natura c’è soltanto ‘ciò che è’: id quod est, e cioè l’eternità. Dio è Qui est perché è eterno.

Cosa significa dunque che Dio è ‘eterno’? Qui significa che ‘nei Suoi anni’ niente ‘sarà’ (‘come se ancora non fosse’) né ‘fu’ (‘come se ormai non fosse’); c’è soltanto ‘ciò che è’. In un altro passo (En. in Ps.101,II,10) Agostino dice ancora che ‘gli anni di Dio’ non ven- gono e non vanno. In questo nostro tempo ogni ora, giorno, anno viene per non essere più (venit ut non sit); prima di venire sarà (antequam veniat, erit), e quando è venuto non è più (cum venerit, non erit): nessuno di essi “sta” (stat). Gli ‘anni di Dio’ sono invece ‘eterni’ (aeterni), non c’è in essi: Fu e Sarà (non est ibi: Fuit et Erit), ma soltanto l’È (non est ibi

nisi Est). Perciò Dio dice: Io sono colui che sono. Perciò il suo ‛nome’ è: Colui che sono (Qui sum). Agostino aggiunge qui che gli anni di Dio sono dunque eterni perché non muta- no (non mutantur).130

Ancora, in 88 II,3, troviamo che la sostanza di Dio è ‘assolutamente immutabile’ (omni

modo incommutabilis). In essa non c’è: Fu o Sarà, bensì soltanto: È. Infatti è scritto: Io so-

no Colui che sono (Es 3,14). Quest’assenza dell’era e del sarà, quest’assolutezza dell’È, questa è appunto l’eternità (aeternitas). Dunque anche qui l’eternità è connessa all’immu- tabilità. Anche in Conf. 12.11 leggiamo che Dio è eterno perché non muta (mutaris) per nessuna “forma” (ex nulla specie) e la sua volontà non varia (nec variatur) coi tempi. L’eternità di Dio è dunque qui (come in molti altri passi) connessa all’immutabilità. In Conf. 11,12 troviamo che nell’eterno niente scorre (in aeterno non autem praeterire qui-

quam) bensì tutto è ‘presente’ (sed totum praesens esse). In 1,6,10 però Agostino aggiunge un elemento che rende in qualche modo antinomico il tema dell’eterno: spiega che il gior- no odierno (hodiernus dies) in (in) Dio non trascorre (non peragitur), ‘e nondimeno’ (et

tamen) trascorre (peragitur) in Lui, perché in (in) Lui sono (sunt) tutte le cose che trascor- rono; e queste non avrebbero vie in cui ‘passare’ (vias transeundi) se non fossero contenute in Dio. Agostino aggiunge anche: poiché non vengono meno (non deficiunt), gli anni di Dio (anni tui) sono il giorno odierno (hodiernus dies, l’oggi), ‘ma’ attraverso (per) questo oggi sono passati e passeranno tutti (quam multi) i nostri giorni. E ancora: tutte le cose di domani (crastina atque ultra) e tutte le cose di ieri (hesterna et retro) Dio le farà (facies) e le ha fatte (fecisti) oggi (hodie).

Si notino le antitesi: l’oggi in Dio non trascorre, ‘e nondimeno’ (et tamen) trascorre perché tutto ciò che trascorre trascorre in (in) esso. O anche: l’oggi in Dio non trascorre, e però tutto ciò che trascorre è contenuto (contineres) in Dio. E: gli anni di Dio che non passano sono l’oggi, ‘ma’ (et) attraverso (per) questo suo (tuum) oggi sono passati e passeranno tut- ti i nostri giorni. E anche: ‘oggi’ Dio ‘farà’ le cose future e ‘ha fatto’ le cose passate. Ago- stino chiede: chi può capire?

130 Cfr. Ā. K. Coomaraswamy, Tempo ed Eternità, Luni Editrice, Milano 1996 (ediz. orig. Time and eternity,

Darei questa definizione di Dio eterno: senza tempo in ogni tempo ed ogni tempo in Lui. In De Trin. 2,5,9 leggiamo che ‘la successione (o l’ordine) dei tempi è senza tempo nella eterna sapienza di Dio. Osservo anche qui l’antinomia: ‘successione’ di tempi, ‘senza tem- po’. Ancora, in 4,17,23 leggiamo che l’intero svolgimento (volumen: volume, vicissitudi- ne) dei secoli è già sempre (iam semper) nella sapienza del Creatore (in sapientia Creato-

ris) che è eterna (in aeternitatem spiritalis naturae). In De Trin. 5,16,17 Agostino scrive che niente di temporale accade a Dio (nihil accidit Deo temporaliter), e aggiunge però che in Dio il passato non è trascorso (o ‘passato’: apud quem nec praeterita transierunt) e il fu- turo è già stato fatto (et futura iam facta sunt). 131

In Conf. 11,12 l’eternità ‘è sempre presente’ (semper praesens). Anche in De Trin. 2,5,10 si parla dell’eternità (aeternitatem) di Dio che è ‘sempre presente’ (semper prasesentis). C’è anche qui (io direi) una qualche antitesi: ‘presente’ (dunque: ‘ora’), ‘sempre’ (che si- gnifica però appunto: ‘in ogni tempo’). Ancora in De Trin. 5,1,2 troviamo che Dio è ‘senza tempo’ (sine tempore) ma ‘sempiterno’ (sempiternum, eterno; ma anche, e forse meglio: perpetuo, che dura per sempre); e quindi, anche qui, da un lato Dio è ‘senza tempo’, e però è ‘sempiterno’ (che non implica forse una connotazione temporale?). Sine tempore sempi-

terum.

In De Trin. 4,17,23 leggiamo che è eterno solo ciò che non muta affatto, e che la vera eter- nità coincide con l’immortalità, l’incorruttibilità e l’immutabilità. Noi (corpo e anima) sia- mo mutevoli, mentre la Verità che sempre ‘è’, è eterna. Poi si aggiunge qualcosa che da al tema dell’eterno e del tempo una dimensione ulteriore: e cioè che la Verità si è fatta mute- vole e mortale (“è nata”) senza perdere la sua eternità, in modo da condurci a sé. Cioè: Cri- sto ‘si fa nato’ per noi (nobis fieret ortus) pur ‘rimanendo eterno’ (qui maneret aeternus); quindi è sia nato sia eterno. Cristo si fa (factus est) uomo (corpo ed anima) ma resta eterno. Anche questo è antinomico e però riguarda un altro aspetto, quello dell’Incarnazione, che è naturalmente centralissimo nell’opera di Agostino ma sul quale noi qui non ci soffermia- mo.132

Le antitesi riguardo al tempo e all’eternità di Dio sono numerose nelle Confessioni. Ad e- sempio in 13,29 Agostino spiega che (nella Genesi) molte volte (“sette o otto volte”, utrum

septiem vel octiem) Dio vede buone le Sue opere; e tuttavia non c’è tempo (non inveni tem-

pora) nel vedere di Dio. Come mai nel ‘vedere’ di Dio (in tua visione) non c’è successione di tempi (non esse tempora), e nondimeno Dio vede ‘tante volte’ (totiens), di ‘giorno in giorno’ (per singulos dies, i giorni della creazione in Genesi) che buone erano le cose crea- te? In 13,36 leggiamo che Dio ‘fa’ ogni cosa (opera tua (…) feceris) ‘quieto’ (quietus). O- pera, quiescendo (e già questo è antinomico). Inoltre, Agostino aggiunge che Dio opera ‘sempre’ (semper operaris) e ‘sempre’ quiesce (semper requiescis): dunque Dio non agisce secondo il tempo né riposa secondo il tempo (nec moveris ad tempus nec quiescis ad tem-

pus). E (et) però (tamen) fa (o crea) le visioni temporali e gli stessi tempi (facis et visiones

temporales et ipsa tempora). Sottolineo: et tamen, e tuttavia, e nondimeno. ‘E’ (cong.) + ‘tuttavia’ (avv.): compare spesso nelle antitesi agostiniane.

131 A. Ghisalberti ha osservato che “nella nostra struttura concettuale (…) il concetto di eternità si pone a par-

tire dal tempo, per rimozione dei tratti che fanno del tempo una cosa mobile, una realtà che si disperde, sino al rischio estremo di corrosione. L’eternità si configura al contrario come quella permanenza non corrosa né corrodibile, come quella pienezza non intaccabile, di cui dice il sincategorema sempre”. Inoltre: “il tempo è rappresentabile come un’apertura, con una partenza che non avrà fine in se stessa, ma che deve ritornare al- l’eternità da cui è costituita”. A. Ghisalberti, Circolarità di tempo ed eternità in Agostino e Tommaso d’Aqui-

no, in “Annuario filosofico” 17, 2001, pp.83-93. Cfr. anche, dello stesso autore, Filosofia medievale. Da Sant’Agostino a San Tommaso, Giunti, Firenze; Milano 2006.

In Conf. 11,5 leggiamo che Dio fece tutte le cose nel suo Verbo (in tuo verbo fecisti ea). Cioè Dio disse e furono fatte (ergo dixisti et facta sunt). Dunque Dio crea ‘dicendo’ (di-

cendo). O: Dio ‘dicente’ (dicente Deo) crea. Dio dunque crea tutte le cose nel (in) suo Ver- bo (o Parola). Ora nel Verbo di Dio non capita che finisca ciò che è detto (neque finitur

quod dicebatur) e che venga detto qualcos’altro (et dicitur aliud) affinchè sia detto tutto (ut

dicuntur omnia). Nel Verbo non capita che qualcosa cessi (cedit) e qualcos’altro subentri (succedit). Cioè il Verbo non trascorre temporalmente, ma permane in eterno (manet in ae-

ternum). Dio crea (facit) dunque tutte le cose con un verbo che viene detto eternamente (verbum quod sempiterne dicitur) e col quale (quo) tutte le cose sono dette eternamente (et

eo sempiterne dicuntur omnia). Dunque Dio crea dicendo (solo dicendo, non in altro mo- do): dicendo tutte le cose simultaneamente ed eternamente (simul ac sempiterne omnia, 11,7). ‘Nondimeno’ (tamen) (aggiunge Agostino) le cose non avvengono (nec (…) fiunt, non sono fatte) tutte insieme e simultaneamente (simul et sempiterna omnia, 11,7).

Domando: com’è possibile? Anche qui c’è una antitesi, giocata sul contrasto: facit, fiunt. Dio fa (facit) tutte le cose insieme simultaneamente (simul omnia), ma (nec tamen) le cose non sono fatte (non fiunt, non avvengono) tutte insieme simultaneamente (simul omnia). Ancora: Dio fa (facit) tutto simul; e nondimeno le cose non sono fatte (non fiunt) tutte si-

mul.

In Conf. 11,11 l’eternità è ciò che sempre sta: sempre ‘stante’ (semper stantis; da stans: partecipio presente di stare). I tempi invece mai stanno: mai ‘stanti’ (numquam stantibus). I tempi scorrono e passano (praetereunt). Il tempo è fatto da moti che si succedono (prae-

tereuntibus) e non sono simultanei. Nell’eterno invece non succede o passa niente ma tutto è presente (totum praesens). L’eternità sta (stat); il tempo scorre (praeterit). Ora c’è anche qui (mi sembra) una qualche antitesi: Agostino scrive che l’eternità che sempre sta (stans) ordina o ‘detta’ (dictat) i tempi futuri e passati (futura ac praeterita). O anche: i tempi fu- turi e passati scorrono (excurrere) da (ab, a partire da) ciò che è sempre presente (ab eo

quod semper est praesens). Ci si chiede: come può ciò che non scorre ‘dettare’ (dictat) ciò che scorre? Come può qualcosa scorrere da ciò che è sempre presente? Agostino domanda: come vedere che l’eternità né passata né futura che sempre sta ‘detta’ (dictat, “determina”, in Bur) il futuro ed il passato?

Ancora in Conf. 12,28 leggiamo che Dio supera (superari) tutti i tempi per una stabile per- manenza (stabili permansione) e nondimeno (nec tamen) non c’è creatura temporale (nec

quiquam esse temporalis creaturae) che non l’abbia fatta Dio (quod tu non feceris). Nec

tamen: ‘né, tuttavia’. O: ‘e nondimeno’. Ricorre spesso a congiungere due enunciati fra i quali c’è una qualche frizione o antinomicità.

In Conf. 11,30 leggiamo che Dio è prima (ante) del tempo creatore eterno di tutti i tempi (aeternum creatorem omnium temporum). Ripeto: ‘prima’ (ante) del tempo, ‘eterno’ (ater-

num) creatore del tempo (creator temporum). Domando: come può essere ‘prima’ e non- dimeno ‘eterno’? E come può ‘creare il tempo’, ‘prima’ del tempo?

Il tema del ‘prima’ ritorna in 11,12, in un passo celebre. Qui leggiamo che Dio è creatore di ogni creatura. Ora qualcuno può domandare: cosa faceva Dio ‘prima’ di fare (o creare) tutto ciò che è stato fatto? Agostino osserva che questa domanda è assurda. Infatti anche il tempo è una creatura. Non c’è stato dunque un tempo in cui Dio non aveva ancora creato nulla. Non c’è stato un tempo (un tunc: un “allora”) ‘prima’ della creazione. Non c’è stato un ‘prima’ della creazione.133

133 É. Gilson osserva che la creazione ex nihilo non è ‘nel tempo’ ma semmai è ‘con il tempo’: il mondo in-

fatti ha inizio col tempo. cfr. É. Gilson, Introduzione allo studio di Sant’Agostino, ed. it. Marietti, Genova 1983, p. 231-232. Sui ‘paradossi’ nella dottrina agostiniana della creazione cfr. G. Lettieri, “Il paradosso del-

In 11,13 il tema è riformulato. Agostino scrive che Dio è creatore di tutti i tempi (autore dei secoli). Dunque è contraddittorio dire: ci fu un tempo in cui Dio non aveva creato nulla. È cioè contraddittorio dire: ci fu un tempo prima di ogni creatura.

Quindi? Agostino riconosce che ci troviamo in queste panie: a) da un lato Dio ha creato tutti i tempi (omnia tempora fecisti) ed è quindi prima (ante) di tutti i tempi; b) dall’altro se il tempo è una creatura non c’è alcun ‘prima’ del tempo.

Ancora: a) Dio è certamente ‘prima’ del tempo; b) e nondimeno non può esserci un ‘prima’ del tempo: non c’è un tempo in cui non c’è alcun tempo (nec aliquo tempore non erat tem-

pus).

Come dire: Dio crea ogni cosa (e dunque anche il tempo) prima del tempo, e nondimeno il ‘prima’ è un tempo.

Ancora: a) Dio crea ‘prima del tempo’; b) e nondimeno, il ‘prima’ è un tempo. Come pern- sare questi due enunciati? In Conf. 1,6 leggiamo che ‘Dio è prima dei primordi dei secoli e prima di tutto ciò che può essere detto un prima’ (ante primordia saeculorum et ante omne,

quod vel ante dici potest, tu es et Deus es). Dio è ‘prima’ di ‘ogni prima’. Come pensarlo? Qui non è antinomico il tempo. È antinomico che Dio crei ogni cosa (anche il tempo) pri- ma del tempo. O: un creatore di tutto (dal nulla) prima del tempo. O: un Dio prima del tempo creatore eterno di ogni tempo. Un Dio creatore del tempo prima di ogni tempo. È antinomico: un Dio a) di cui il tempo sia una creatura, e b) che crei ogni cosa prima del tempo.

Come dire: a) ‘prima’ di creare ogni creatura Dio non non aveva creato ancora nulla; b) e nondimeno il tempo è una creatura (dunque il ‘prima’ è una creatura; e ‘prima’ di creare ogni creatura non c’era alcun ‘prima’). O anche come dire: a) ‘prima’ della creazione b) ‘non’ c’era tempo. O: a) il ‘prima’ della creazione b) è ‘in nessun tempo’.

Ogni ‘prima’ è il ‘prima’ di un ‘poi’: è dunque già tempo. Come pensare un ‘prima’ che non sia il ‘prima’ di un ‘poi’? Ancora: se il tempo è creato, c’è un ‘prima’ del tempo. Ma il ‘prima’ è già un tempo. Se però non c’è un ‘prima’ del tempo, il tempo non è una creatura. Come uscire dall’antinomia?134

L’antinomia può anche formularsi così. Noi diremmo: a) Dio crea il tempo, dunque è pri- ma del (o precede il) tempo. Oppure diremmo: b) non c’è un ‘prima’ del tempo, e dunque il tempo non è creato. Invece dobbiamo dire (con Agostino): c) Dio crea il tempo, e non- dimeno non c’è un prima del tempo. Ora a) e b) sembrerebbero più coerenti di c). Tuttavia: a) è inaccettabile: perché un prima del tempo (un prima d’ogni prima) è assurdo. Ma anche b) è inaccettabile: se Dio non crea il tempo, Dio non crea tutto dal nulla. Quindi, benchè sia antinomico, dobbiamo dire c): Dio crea il tempo, e però non c’è alcun prima del tempo.

la creazione nel De civitate Dei. Il confronto con il platonismo”, in AA.VV., Il De civitate Dei. L’opera, le

interpretazioni, l’influsso, a cura di E. Cavalcanti, Herder, Roma – Freiburg – Wien 1996, pp. 215-244.

134 E. Zolla commentando il primo versetto del Testo Sacro formula così l’antinomia: “è tutto il versetto che

propone un enigma. Si parla di un inizio nel tempo o dell’inizio del tempo? (…) Se il tempo è un rapporto fra prima e poi, un inizio di questo rapporto non è contraddittorio? Esso sarebbe prima del poi in cui si pone il rapporto fra prima e poi, ma non è immaginabile un prima che non sia un poi di un altro prima. Si è dunque proiettati dal versetto nell’inimmaginabile, in ciò che occhio non ha veduto, né orecchio udito, né fantasia concepito (…) Sant’Agostino insegnò a soffermarsi su berē’shīt diventato en archê nel prologo al Vangelo di

Giovanni (…) E quell’archê o berē’shīt è diventato cosi il Verbo o Moto alla Creazione: manifesta (insegna sant’Agostino) il Volto divino. Nel Vangelo di san Giovanni non dice forse il Cristo: “Io sono l’inizio”? (Gv, 8,25). Ma soffermiamoci accanto a questa parola così incredibilmente feconda, se addirittura può fissarci con gli occhi del re di tremenda maestà. Con le pupille un poco coperte dall’arco superiore delle palpebre, sotto gli ampi archi delle sopracciglia, separate dalla vastissima radice del naso la cui forma pare un calice, con le pupille che ci fissano e ci annientano svariando dall’ira alla compassione, dall’ironia divina alla distanza infi- nita, dalla condanna alla misericordia, nell’icona del Sacro Volto di Edessa e da quant’altre immagini archei- ropite raggianti di quella stessa qualità fascinosa e tremenda che si cela dietro le lettere che compongono la parola berē’shīt”. Cfr. E. Zolla, Che cos’è la Tradizione, Adelphi, Milano 1998, p. 32-36.

Chiediamci: c’è una contraddizione? Agostino scrive: in Dio non c’è contraddizione (Conf. 12,25: Deus, in cuius sinu non est contradictio).

Provo ancora a variare un po’. Anzitutto (direi) un ‘inizio’ è l’esserci di qualcosa che ‘pri- ma’ non c’era: iniziare ad essere è essere ciò che ‘prima’ non si era (cfr. Conf. 11,7: nasce- re è essere ciò che non si era). Dunque, sembrerebbe doversi dire: a)¹ Dio ‘crea’ il tempo, b)¹ dunque c’è un ‘prima’ del tempo. Oppure: a)² il tempo non è una ‘creatura’, b)² e dun- que non c’è un ‘prima’ del tempo. Invece (con Agostino) dobbiamo scomporre i due ragio- namenti, e incrociarne i termini, e dire: a)¹ Dio ‘crea’ il tempo, b)² ‘e nondimeno’ non c’è un ‘prima’ del tempo. O anche: il tempo ha un ‘inizio’, ‘e nondimeno’ non c’è alcun ‘pri- ma’ del tempo. In quel: ‘e nondimeno’, sta l’antinomia. L’antinomia è necessaria. Infatti, b)² è necessario: non può esserci un prima del tempo (che prima è?); e a)¹ è ugualmente ne- cessario: Dio non può non creare dal nulla. L’antinomia è necessaria e però è impensabile: cos’è un ‘inizio’ senza un ‘prima’? Cos’è un ‘inizio’ del tempo senza un ‘prima’ del tem- po?

Agostino spiega che sono dunque vane le domande: “cosa faceva Dio prima (antequam) di fare il cielo e la terra?”; e: “perché Dio ha deciso di creare qualcosa, non avendo mai prima (antea numquam) fatto alcunchè?” Domande vane, perché non si può nemmeno parlare di ‘prima’ e di ‘mai’ dove non c’è il tempo.

Dunque?

L’antinomia è infine risolta (mi sembra) in due passaggi: 1) anzitutto ponendo questa do- manda: ‘cosa’ significa ‘precedere’ il tempo? La domanda suggerisce che il significato di ‘precedenza’ può non essere secondo il tempo. 2) Agostino distingue (est idoneus discer-

nere) quindi quattro tipi di precedenza (Conf. 12,29). Qualcosa può precedere (praecedere) e essere ‘anteriore’ (prior) 1) per la (o nella) eternità (aeternitate): come Dio precede tutte le cose (sicut Deus omnia); 2) per il (o nel) tempo (tempore): come il fiore precede il frut- to; 3) per la (o nella) elezione (electione): come il frutto precede il fiore; 4) per la (o nel- la)135 origine (origine): come il suono precede il canto.

L’antinomia dunque è risolta mediante la distinzione di quattro significati di anteriore: Dio non precede il tempo per il tempo ma per l’eternità. L’antinomia è in qualche modo risolta, e tuttavia Agostino avverte: i significati 1) e 4) sono difficilissimi da capire (difficillime in-

telleguntur). È infatti raro e straordinariamente arduo vedere e scorgere (rara visio est et

nimis ardua) l’eternità (aeternitatem) di Dio che immutabilmente fa (incommutabiliter fa-

cientem, immutabilmente faciente) le cose mutabili (mutabilia) ed perciò anteriore (ac per

hoc priorem).

Dunque: Dio è ‘prima’ di ogni tempo creatore eterno di ogni tempo (ante omnia tempora

aeternum creatorem omnium temporum). Antinomia necessaria. Non comporta contraddi-

zione per la distinzione di quattro significati di ‘anteriorità’. Ma chi può comprenderne il significato? Agostino ricorre ad un linguaggio impervio e scrive: Dio non precede i tempi per (o in) un qualche tempo (nec praecedis tempore tempora) altrimenti non precederebbe tutti i tempi (alioquin non omnia praecederes), bensì Dio precede (praecedis) ogni passato per l’eccellenza (celsitudine) dell’eternità sempre presente e ‘supera’ (superas) ogni futuro perchè è sempre lo stesso (idem ipse). Anche in Conf. 12,11 leggiamo che Dio è eterno perché è sopra (super) tutti i tempi; perché supera (superari) tutti i tempi (12,28).