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L’essenza come quo est: come ‘ciò per cui’ qualcosa ‘è’, o come ‘ciò che’ qualcosa

2. SULL’ESSENZA IN SANT’AGOSTINO

2.5 L’essenza come quo est: come ‘ciò per cui’ qualcosa ‘è’, o come ‘ciò che’ qualcosa

Riporto ora dei passi da varie opere di Agostino, in particolare, come prima, da: Enarra-

tiones in Psalmos, De Civitate Dei, De Trinitate, Confessionum libri tredecim. Verteranno principalmente sui nomi essentia e substantia, di cui emergeranno varie accezioni, ma le- gate in qualche modo al significato di ‘ciò per cui qualcosa è’.117

116 Che (io credo) dovrebbe derivare in qualche modo da quire che significa ‘potere’, ‘esser capace di’. Cfr.

Castiglioni – Mariotti. Queentia dovrebbe quindi indicare (mi sembra) ‘ciò per cui’ qualcuno è capace o po- tente, dunque la ‘capacità’ o la ‘potenza’. In L. Castiglioni- S. Mariotti: queentia, ae: ‘possibilità’ (si rimanda a Quintiliano). Ma la questione è complessa. Cfr. Quintiliano, La formazione dell’oratore, Bur, Milano 2001, Vol. 2, p.1305, nota 29.

117 Il termine essentia comporta una semantizzazione complessa. C. Stead ha osservato che quando si parla

della ousia riguardo a Dio, anche nel contesto patristico, “the word ousia can be used in very different way”, ad indicare ad esempio: 1) “the fact of God existence” 2) “God’s nature” 3) “to place him in the category of substance” 4) “to suggest that he has something comparable to a constituent material” 5) “to pose a verbal

Questi due termini sono talvolta affiancati, e anche sostituiti, dal nome natura. E ancora, vedremo in molti passi comparire il termine deitas, la deità, o divinità, di Dio, in un’acce- zione molto vicina a quella di essentia, substantia, natura. Compare, infine, nello stesso contesto semantico, anche un altro nome: forma.

La cernita è ampia, e comprende, se non tutte, almeno molte delle occorrenze dei termini

essentia e substantia nelle opere suddette.

Dalle Enarrationes in Psalmos.

In 38,9 Agostino commenta il passo: “la mia sostanza è come niente davanti a te” (sub-

stantia mea tamquam nihil ante te), e scrive: “quel che io sono (quod sum) è niente (nihil

est) in paragone di Colui che è (in comparatione eius quod est)”. Qui anzitutto c’è una ‘mia’ sostanza; la sostanza sembra dunque qualcosa che si ‘possiede’, che è ‘mia’ (o ‘tua’, o ‘sua’); e sembra qui designare “quel che io sono” (quod sum).118 La sostanza in genere dunque sembra qui: ‘quello che qualcosa è’. (Per quanto il passo sia di difficile traduzione, e quod sum possa anche tradursi: ‘che io sono’.)

In 146,11 Agostino spiega che come Cristo è divenuto mortale dalla ‘nostra’ sostanza (de

nostra substantia), così noi diverremo immortali dalla ‘sua’ sostanza (de ipsius substantia). Osservo che c’è una sostanza ‘dell’’uomo: nostra; e c’è una sostanza ‘di’ Dio: ipsius; e che ‘da’ (o ‘a causa di’; in latino c’è: de, ed è tradotto: “in forza di”, “per”119) questa sostanza divina noi diverremo immortali, come ‘dalla’ (de) nostra sostanza Cristo è mortale.

In 53,3 Agostino commenta il versetto: infixus sum in limo profundi, et non est substantia, e compare un uso colloquiale del termine substantia: le ‘sostanze’ sono le ricchezze di un uomo, i suoi beni (questo uso si trova in altri passi). Agostino ritorna su questa immagine in 68,I,4: qui di nuovo le sostanze sono le ricchezze. Si parla della povertà e della ricchez- za di Cristo: la sua povertà è di avere accolto (accipiens) la “forma di servo”, cioè la forma umana (ut homo) e di avere incontrato la morte: povertà massima. La sua ricchezza è inve- ce di essere uguale a Dio, cioè di essere in forma di Dio (forma Dei). La substantia di Cri- sto è qui la sua ricchezza e sua la ricchezza è la forma di Dio: forma Dei. Agostino aggiun- ge che anche noi saremo un giorno ricchi delle stesse ricchezze di Cristo: dunque partecipi della sua forma divina.

In 68,I,5 Agostino commenta ancora il versetto: infixus sum in limo profundi, et non est

substantia. 68,I,5. La substantia può intendersi anche in un altro modo: essa è ‘quello che siamo’ (illud quod sumus), qualunque cosa siamo (quidquid sumus). Ma illud quod sumus può tradursi anche così: quello ‘per cui’ (illud quod) siamo tutto ciò che siamo.120 Allora la sostanza sarebbe ‘ciò per cui qualcosa è ciò che è’. Tengo dunque come plausibili entram- be le accezioni di substantia: a) ‘ciò che qualcosa è’, b) ‘ciò per cui qualcosa è ciò che è’. Nel prosieguo del passo Agostino applica questa nozione di sostanza alla fede cattolica. Osserva che diciamo che il Padre, il Figlio e lo Spirito sono ‘di una sola sostanza’ (unius

substantiae). Che cosa significa? Che qualunque cosa il Padre è (quidquid est Pater), che è

definition”. Più ampiamente, nel tentativo di classificare in un diagramma i molti significati del termine, in uso tra i Padri cristiani ed altri filosofi come Porfirio, S. ha rinvenuto “not less then seven basic notions” e ha sostenuto che in teoria (“in theory - but only in theory”) si potrebbero rintracciare “twenty-eight different possible senses of ousia”. Cfr. C. Stead, Substance and Illusion in the Christian Fathers, London 1985, p. 13; dello stesso autore, Doctrine and Philosophy in Early Christianity: Arius, Athanasius, Augustine, Ashgate 2000; Divine Substance, Oxford 1977.

118 Così tradotto in Città Nuova. 119 Città Nuova.

120 Così in Città Nuova: ‘la sostanza è quel che ci fa essere quello che siamo’. Ma quod, pronome relativo

neutro, potrebbe anche tradursi: ‘quello che siamo, qualunque cosa siamo’. Quest’ultima opzione mi è sem- brata più adatta al contesto. In ogni caso, non muta il senso complessivo del discorso di Agostino.

Dio (quod Deus est, “in quanto Dio”, cfr. Città Nuova), anche il Figlio lo è e anche lo Spi- rito. Così se il Padre è oro, anche il Figlio è oro e anche lo Spirito. Agostino spiega allora che la sostanza è ciò che rispondiamo quando ci domandano ‘che cos’è’ qualcosa (quid

sit?). Ora, se ci domandano che cos’è (quid sit Pater) il Padre, rispondiamo: Dio. E se ci domandano che cos’è il Figlio (quid sit Filius), rispondiamo: Dio, e così anche lo Spirito. Perciò: il Padre è Dio: dunque ‘Dio’ è ‘ciò che il Padre è’, la ‘sua’ sostanza; il Figlio è ‘della stessa sostanza’ del Padre, dunque anche il Figlio è Dio; e anche lo Spirito. E ancora: secondo la sostanza (secundum substantiam) il Figlio è ‘quello che è’ il Padre (hoc esse Fi-

lium quod Pater est). E anche: la sostanza del Padre è Dio; quello che il Padre è, è Dio. Dunque qui s’è confermato un significato di substantia come ‘quello che qualcosa è’, come quello che rispondiamo quando ci viene chiesto: ‘che cos’è?’. C’è anche che la sostanza è: ‘ciò di cui qualcosa è’; e in particolare, qui: ciò ‘di cui’ il Padre è, e anche il Figlio, e anche lo Spirito Santo; dunque, ‘ciò di cui Dio è’.

In 140,10 Agostino sta commentando la dottrina manichea, e parla ancora della sostanza ‘di’ Dio come di ‘ciò che Dio è’: substantiam suam, hoc quid ipse est. Dunque la substan-

tia sembra in genere ‘ciò che qualcosa è’. Si noti l’uso dell’aggettivo suam, in rifermento alla sostanza ‘di’ Dio.

In 9,11 Agostino osserva che le cose sono mutevoli hanno soltanto il ‘sarà’ e il ‘fu’, ma non l’‘è’: ciò che in esse è futuro, appena giunge, già diviene passato. Nella natura ‘di’ Dio (in Dei natura) invece non c’è niente che non sia ancora e niente che non sia più: c’è soltanto ‘ciò che è’ (id quod est). Quindi sembra esserci qui una ‘natura di’ Dio (Dei). Ed in 43,5 leggiamo che Dio è occulto per (per) la ‘sua sostanza e natura’ (per tuam substan-

tia atque natura), ‘per la quale’ o ‘con la quale’ (qua) egli è ciò che è (qua es quidquid es, “per la quale sei ciò che sei”, Città Nuova). In questo passo la sostanza e (atque) natura di Dio è ‘ciò per cui’ o ‘con cui’ (qua) Dio è ciò che è; ma questa sostanza è ignota. Qua es

quidquid es potrebbe però anche tradursi: ‘per la quale sei, qualsiasi cosa tu sia’, e così

substantia e natura sarebbe ‘ciò per cui Dio è’. Comunque qui natura e substantia sem- brano avere lo stesso significato, e sembrano significare: ‘ciò per cui qualcosa è ciò che è’, oppure anche ‘ciò per cui qualcosa è’.

In 146,14 si ha ancora la coincidenza dei termini substantia e natura. Agostino si chiede:

istam substantiam, istam divinam incorruptibilemque naturam quis capit? Dunque qui la sostanza è l’incorruttibile natura divina. In 85,21 la natura o sostanza (natura vel substan-

tia) del Padre e del Figlio sembra (ma qui sono incerto) coincidere con la ‘loro’ divinità (divinitatem). Dunque qui ancora c’è una natura o sostanza ‘del’ Padre e ‘del’ Figlio, qual- cosa che entrambi ‘possiedono’; ed è la loro divinità. Si conferma inoltre che c’è un uso nel quale sono convertibili: substantia, natura; e indicano la divinitas di Dio.

Ma qual è la sostanza di Dio? Come pensarla? In 81,2. si legge che alla sostanza di Dio si addice (congruit) ‘una presenza spirituale’ (spiritalem presentiam) e non corporale. Dun- que la sostanza ‘di’ Dio è anzitutto spirituale.

In 89,3 si legge invece che la sostanza di Dio (Dei substantiam) è ‘assolutamente immuta- bile’ (omni modo incommutabilem). In essa non c’è: Fu o Sarà, ma soltanto: È. Infatti è scritto: Io sono colui che sono. Quest’assenza dell’’era’ e del ‘sarà’, questa assolutezza dell’’È’, è appunto l’eternità (aeternitas). Dunque, ecco ancora qui comparire la sostanza ‘di’ Dio; ed ecco alcuni altri suoi attributi: immutabile, ed eterna.

In 101,II,10 Agostino ritorna sul tema dell’eterno. Qui si legge che non solo la sostanza di Dio (substantia Dei) è eterna, ma l’eternità è la stessa sostanza di Dio (eternitas, ipsa Dei

substantia est). Osservo ancora l’espressione: substantia Dei, sostanza ‘di’ Dio.

In 108,12 Agostino parla ancora della sostanza ‘di’ Dio (substantia Dei); essa: è luce inef- fabile, verità senza difetto, sapienza che rimane in se stessa rinnovando ogni cosa.

In 130,11 Agostino spiega che il Padre, il Figlio e lo Spirito sono della stessa sostanza (eiusdem substantiae): dunque sono un solo Dio (unus Deus), e non tre dei (tres dii). Os- servo ancora: la sostanza è qui ciò ‘di cui’ le tre Persone sono. Ciascuno dei Tre è ‘della’ stessa sostanza ‘di cui’ anche ciascuno degli altri due è.

Riassumo. Qui anzitutto si parla della substantia come sostanza ‘di’ qualcuno: ‘mia’, ‘tua’, ‘sua’, ‘nostra’; ‘di lui’, ecc.: mea, tua, sua, nostra, eius, ipsius, ecc.. Dunque, substantia sembra qualcosa che si possiede, che si ha. In questo senso sembra esserci anche una so- stanza ‘di’ Dio (substantia Dei), o anche una sostanza ‘del Padre’ e ‘del Figlio’ e ‘dello Spirito’.

Tale substantia sembra inoltre ‘ciò che qualcosa è’: ‘ciò che io sono’, ‘ciò che noi siamo’, ecc.: quod sum, illud quod sumus, ecc.. In breve substantia è ciò che rispondiamo quando ci viene chiesto: ‘che cos’è?’ (quid sit). Ora, in quest’accezione si parla anche della sub-

stantia di Dio come di ‘ciò che Dio è’: substantiam suam, hoc quid ipse est. E si parla di una substantia del Padre e del Figlio, come di ‘ciò che’ il Padre (in quanto Dio) ‘è’, e ‘che’ anche il Figlio (in quanto Dio) ‘è’; e dunque come di ciò che rispondiamo quando ci viene chiesto: quid sit Pater, quid sit Filius.

Questa substantia è chiamata anche natura; e circa Dio sembra coincidere con la deitas o

divinitas. La substantia o natura è inoltre ‘ciò per cui o con cui’ (qua) qualcosa è, o ‘ciò per cui o con cui’ qualcosa ‘è ciò che è’. Anche riguardo a Dio la substantia o natura sem- bra talvolta ‘ciò per cui’ o ‘con cui’ (qua) Dio è, o ‘ciò per cui’ o ‘con cui’ Dio ‘è ciò che è’: tua substantia atque natura, qua es quidquid es. Talvolta la substantia s’è accostata alla

forma (e la substantia divina è forma Dei).

Questa sostanza ‘di’ Dio è incomprensibile (quis capit?); e però diciamo che è: spirituale, immutabile (incommutabilem) ed eterna, anzi è la stessa eternità: eternitas, ipsa Dei sub-

stantia est. Essa inoltre è: luce, verità, sapienza.

Inoltre, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono ‘della’ stessa sostanza: eiusdem substan-

tiae. Dunque la substantia è anche ‘ciò di cui’ le tre Persone sono.

Infine, la nostra substantia è ciò ‘da cui’ (de) noi siamo mortali; la substantia divina di Cristo (ipsius) è ciò da cui (de) Cristo è immortale.

Dal De Civitate Dei.

In 10,24 troviamo il termine substantia. Agostino spiega che la sostanza o natura (substan-

tia vel natura) della carne (carnis) non è cattiva. Dunque qui sostanza e natura sono la stessa cosa; e c’è una sostanza ‘della’ carne.

In 13,23 Agostino parla dei ‘corpi spirituali’ che continueranno però ad avere la sostanza della carne (carnis substantia). E in 14,3 spiega che la causa del peso che ci procura il cor- po non è la natura e sostanza (naturam substantiamque) del corpo (corporis), ma la sua corruzione. In questi passi ancora natura e substantia sono usati insieme, nell’accezione di natura e sostanza ‘di’ qualcosa.

In 15,23 c’è che gli angeli sono ‘di’ sostanza spirituale (substantiae spiritualis). Qui la

substantia è ciò ‘di cui’ gli angeli sono; è una locuzione che torna frequentemente.

In 11,2 Agostino spiega che è raro e magnifico eccedere con la mente l’intera mutevole

creatura corporea e incorporea, e pervenire all’immutabile sostanza ‘di’ Dio (Dei substan-

tiam), e scoprire che l’intera natura, che Dio ha creato, non è ‘quello che Dio è (non est

quod ipse). Qui il termine natura significa la natura creata. Mentre il termine substantia sembra indicare ‘ciò che qualcosa è’; quando si conosce la ‘sostanza di’ Dio, si apprende infatti che la creatura non è ‘ciò che Dio è’: Dei substantia è accostato a quod ipse est.

L’espressione quod Deus est compare molte volte: come quando (in 11,16) si dice che nes- suna delle cose che in qualche modo sono (quae quoquo modo sunt) è ‘ciò che Dio è’ (non

sunt quod Deus est); e (in 11,23) che nessuna natura (ullam natura) è ‘ciò che Dio è’ (non

est quod Deus est). C’è quindi qui un ‘ciò che è’ di Dio, un ‘ciò che Dio è’.

In 11,5 Agostino riconosce che la sostanza di Dio (substantiam Dei) è tutta ovunque con una presenza incorporea (incorporea presentia ubique totam). Ancora, c’è una sostanza ‘di’ Dio.

Da alcuni passi bisogna provare a dedurre, come da 11,16, in cui si legge che nessuna delle cose che in qualche modo sono (quae quoquo modo sunt) è ‘ciò che Dio è’ (non sunt quod

Deus est). Ora, senza volergli dare un significato forte, qui, comunque, c’è ancora un ‘ciò che è’ di Dio, un ‘ciò che Dio è’: quod Deus est.

11,26. Noi ravvisiamo in noi un’immagine di Dio (imaginem Dei) cioè della somma Trini- tà (summae Trinitatis), immagine che però non è uguale nè coeterna a Dio, e insomma non è ‘della’ stessa sostanza ‘di cui’ Dio è (non eiusdem substantiae, cuius Deus est). Osservo che qui la sostanza ‘di’ Dio è ciò ‘di cui’ (cuius) Dio è.

5,11. È un passo ricco di spunti. Compare il nome (che non ho trovato nelle Esposizioni) ‘essenza’ (essentia). Agostino spiega che Dio ha dato (dedit) agli uomini l’essenza (essen-

tiam) in comune con (etiam cum) le pietre, la vita (vitam) seminale in comune con le pian- te, la vita sensuale in comune con le fiere, e la vita intellettuale in comune con i soli angeli. Dunque l’essentia qui è ciò che l’uomo ha ‘in comune con’ (cum) ogni altra cosa: pietre, piante, fiere, uomini, angeli; tutto ciò che è, ha l’essentia. Qui l’essentia inoltre è qualcosa che viene ‘dato’ da Dio alle cose che sono. Vorrei solo rimarcare l’accostamento tra essen-

tia e vita: entrambe sono date da Dio, l’essenza a tutto ciò che è, la vita (vitam) invece a tutto ciò che in più vive. In qualche modo l’essentia sta all’essere di ciò che è, come la vita sta al vivere di ciò che vive. Ma cosa indica? L’‘essere’?121 L’esistenza? O ‘ciò per cui’ qualcosa è? Cioè la ‘sua’ natura?

In 8,6 si parla ora della species. Si legge che la specie (species, tradotto con “forma” in Cit- tà Nuova) è ciò per cui ogni cosa mutabile è (qua est), qualunque cosa essa è (quidquid il-

lud est), in qualunque modo e qualunque natura è (quoquo modo et qualiscumque natura

est). Poi si aggiunge che ognuna di queste specie non potrebbe essere se non da Colui che è veramente ed incommutabilmente. Fu un merito dei Platonici di averlo compreso. Dunque, qui la species, tradotta con: “forma”, è ‘ciò per cui’ qualcosa è, qualunque cosa essa è. Ab- biamo visto che possono avere questo significato anche i termini substantia e natura. In 11 compaiono alcuni usi sostantivati del verbo ‘essere’ (esse) posto in un qualche rap- porto con l’essentia. In 11,26 Agostino spiega che noi siamo e sappiamo di essere (et su-

mus et nos esse novimus), e poi aggiunge: et id esse ac nosse diligimus. Che può tradursi: ‘e amiamo questo: essere e conoscere’. Oppure (e forse meglio): e amiamo ‘questo essere’ (id esse; in Città Nuova: “amiamo il nostro esistere”) e ‘questo conoscere’ (nosse), secondo un uso nominale e sostantivato di esse e di nosse. In 11,28 (e dunque nello stesso contesto) Agostino ancora sta trattando delle cose che sono oggetto d’amore in noi, e scrive che noi amiamo l’essenza e la conoscenza (essentia et notitia). Qui dunque forse ‘essenza’ può va- lere come ‘essere’, e ‘conoscenza’ come ‘conoscere’? Prima infatti si è letto che amiamo il nostro ‘essere’ (esse) e il nostro ‘conoscere’ (nosse); qui invece che l’oggetto d’amore so- no ‘l’essenza’ (essentia) e la ‘conoscenza’ (notitia). Dunque qui l’‘essenza’ potrebbe forse indicare l’’essere’; sembra cioè che si dica ‘essenza’ come se si dicesse ‘essere’, e ‘cono- scenza’ (notitia) come se dicesse ‘il conoscere’: noi amiamo cioè il nostro essere e il nostro conoscere.

Tuttavia in 15,3,5 leggiamo che la notitia è ‘ciò con cui’ conosciamo (come l’amor è ‘ciò con cui’ amiamo). Dunque l’essentia (che ha la medesima forma di notitia) cos’è? ‘Ciò con cui’ siamo?

In 11,27 Agostino scrive che anche le piante prive di vita in qualche modo conservano il loro ‘essere’ (suum esse). Subito dopo ritorna il termine essentia: Agostino spiega che an- che i corpi privi di vita custodiscono la propria ‘essenza’ (essentiam suam). Osservo: con- servare il proprio ‘essere’ ha in qualche modo a che vedere col custodire la propria essen-

tia. Dunque anche qui ‘essere’ ed essentia conicidono? L’essentia indica l’essere? Oppure ‘ciò con cui’ qualcosa è?

Riassumendo. Compare anche qui un’accezione della substantia come sostanza ‘di’ qual- cosa: come ‘del corpo’, ‘della carne’: substantia carnis, substantia corporis. In questo sen- so si parla anche qui di una sostanza ‘di’ Dio: substantia Dei.

Substantia sembra inoltre convertibile con natura: substantia vel natura, naturam substan-

tiamque. La substantia sembra poi ciò ‘di cui’ qualcosa è, ciò ‘di cui’ è fatto: come quando si dice che gli angeli sono ‘di’ sostanza spirituale, o che la mens umana non è ‘della’ so- stanza ‘di cui’ (cuius) Dio è: non eiusdem substantiae, cuius Deus est.

Substantia sembra poi ‘ciò che qualcosa è’; anche riguardo a Dio, substantia è accostato a

quod ipse est. L’espressione quod Deus est compare molte volte.

È comparso infine il termine essentia, ma in un significato difficile da determinare. Qui, in questi passi, essentia può forse (ma deducendo dal contesto) indicare ‘l’essere’ (e così tra- duce Città Nuova: “essere”).

Dal De Trinitate.

In 12,3,3 troviamo che c’è una sostanza razionale ‘della’ nostra mens (rationali nostrae

mentis substantia) ‘per la quale’ o ‘con la quale’ (c’è l’ablativo: qua) siamo sottomessi alla verità intellegibile ed immutabile. Questa sostanza non ci è comune con gli animali irrazio- nali (non commune nobis cum pecore) (mens, è tradotto: “spirito”).

In 15,3,5 si legge che mens, conoscenza (notitia) e amore (amor) sono di un’unica essenza (unius ostenditur esse essentiae). Dunque qui l’essentia è ciò ‘di cui’ qualcosa è.

In 7,4,7 Agostino spiega che in latino non s’intende altro (non aliter) dicendo essenza op- pure sostanza. E in 7,6,11 avverte che gli antichi latini usavano il termine natura per indi- care ciò che più recentemente si è chiamato substantia o essentia. Dunque: in latino sub-

stantia ed essentia sono termini più recenti che sotituiscono il nome più arcaico natura col quale si possono in certi contesti interscambiare. Ma cos’è qui l’essentia / substantia / na-

tura?

In 13,17,22 leggiamo che con l’incarnazione di Cristo la natura umana s’è unita a Dio (Deo

coniungi umana natura) e da due sostanze è stata fatta una sola persona (ex duabus sub-

stantiis fieret una persona), anzi da tre sostanze (iam ex tribus): Dio, anima e carne (Deo,

anima et carne). Qui la natura umana è ciò che si è unito a Dio nell’incarnazione (natura qui è interscambiabile con substantia). Cristo è un’unica persona fatta (fieret) da tre sos- tanze o nature: Dio, anima, corpo. Qui ‘sostanza’ o ‘natura’ sembra essere ‘ciò da (ex) cui’ qualcosa è fatto.

In 1,10,20 Agostino osserva che il Figlio ha assunto per noi la forma di servo (formam ser-

vi) e dunque il Figlio è sia Dio che uomo (Deus et homo) benchè la sostanza ‘Dio’ sia di- versa dalla sostanza ‘uomo’ (alia substantia Deus, alia homo). Osservo: qui si è distinta la sostanza ‘Dio’ dalla sostanza ‘uomo’, e poi si è detto che il Figlio è uomo perchè ‘ha as- sunto’ la forma di servo. Qui dunque forma servi sembra coincidere con substantia homo:

In 1,1.3 la sostanza di Dio (substantiam Dei) è immutabile. Qui ancora si parla dunque di una sostanza ‘di’ Dio; e si dice che è difficile (difficile est) intuirla e conoscerla pienamen- te: intueri et plene nosse, e anche che essa crea tutte le cose temporali (temporalia crean-

tem). Anche in 1,12,25 leggiamo che la substantia immutabile ‘di’ Dio è invisibile agli oc- chi umani, ma la visione di essa è promessa ai santi. In 6,9,10 si parla dell’unica identica sostanza ‘della’ Trinità (aequalitas Trinitatis et una eademque substantia).

Agostino usa anche altre locuzioni. In 2,11,20 spiega che vi è una sola e identica sostanza ‘in’ tre Persone (in tribus Personis unam eandemque substantiam). ‘In’ tre Persone: cosa significa qui in? In 3,11,21 scrive che la sostanza o l’essenza (substantia vel si melius dici-

tur essentia) è ciò ‘in cui (ubi) intendiamo’ (intellegimur) il Padre e il Figlio e lo Spirito