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2. SULL’ESSENZA IN SANT’AGOSTINO

2.18 Substantia o Essentia?

Abbiamo visto che Agostino usa spesso essentia e substantia come equivalenti.155 Spiega che in latino non s’intende altro (non aliter) dicendo sostanza oppure essenza (non aliter in

sermone nostro, id est in latino, essentia quam substantia solet intellegi, De Trin. 7,4,7), e che secondo la consuetidine latina con essentia intendiamo (intelligitur) quello che (hoc

quod, cfr. De Trin. 5,10,11) intendiamo con substantia. In De Trin. 5,2,3 entrambi i nomi sembrano tradurre il greco ousia ed entrambi sembrano potersi riferire a Dio. In De Trini-

tate 5,8,9, l’unica differenza sembra che essentia è una parola più recente e che perciò in latino substantia è più familiare (usitatius). Agostino li usa molte volte come sinonimi (vel,

sive, atque, ecc.); ed anche riguardo a Dio scrive sovente che Dio è substantia o essentia. In De Trin. 5,8,10 c’è un dettaglio ulteriore. Agostino osserva che i Greci usano anche la parola ipostasi (hypostasis). Così molti cattolici esprimendosi in greco dicono: “mia ousia, treis hypostaseis”, che in latino è tradotto: una essentia, tres substantiae. Dunque qui sem-

152 S. Vanni Rovighi ha sostenuto che Anselmo seppe “‘scoprire’ la metafisica di S. Agostino” nel secolo XI,

cfr. S. Vanni Rovighi, Storia della filosofia medievale. Dalla patristica al secolo XIV, Vita e Pensiero, Mila- no2008, p.34.

153 Cfr. Porfirio, Sentenze sugli intellegibili, Rusconi, Milano 1996, pp.61;63;123. 154 Cfr. Plotino, Enneadi, Mondadori, Milano 2008.

155 Circa l’adozione dei nomi substantia ed essentia in ambito patristico (Tertulliano, Novaziano, Ireneo, Vit-

torino, fino ad Agostino) rinvio a M. Simonetti, “Alcuni aspetti del linguaggio teologico da Tertulliano ad Agostino”, in E. dal Covolo – M. Soldi (a cura di), Il latino e i cristiani. Un bilancio all’inizio del terzo mil-

lennio, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2002, pp.187-204. Cfr. ancora M. Simonetti, Cristiane-

simo antico e cultura greca, Borla, Roma 1983 (in particolare su substantia, che traduce ipokeimenon, Simo- netti spiega che la traduzione fu operata da Tertulliano; cfr. p. 80).

bra (spiega Agostino) che substantia traduca ipostasi. Ma questi nomi (ipostasi e sostanza) indicano nella formula greca (e nella sua traduzione latina) le tre Persone. Ora Agostino avverte di non sapere (nescio) che differenza i Greci pongano fra ousia e ipostasi. Perciò usa indistintamente essentia e substantia: entrambi circa Dio devono indicare l’unità e non la distinzione delle persone (come avviene invece nella formula greca).

Ripeto: Agostino registra qui l’uso alla greca di substantia per ipostasi (ad indicare “perso- na”). Ma (cfr. 5,9) poiché nella lingua latina col termine substantia s’intende lo stesso che col termine essentia, Agostino esorta (non audemus) a non dire mai: ‘un’essenza, e tre so- stanze’, bensì sempre: ‘un’essenza o sostanza, e tre persone’. Cioè ad usare substantia co- me convertibile con essentia.

Tuttavia in alcuni altri passi (come in De Trin. 5,2,3) Agostino avverte che riguardo a Dio è comunque meglio dire (si melius dicatur) essentia e non substantia. Questo avvertimento ritorna più volte. Perché? C’è dunque una differenza tra essentia e substantia?

Riporto qui un passo che mi sembra esplicativo. Si tratta di De Trin. 7,5,10. Agostino si chiede se sia degno dire che Dio ‘sussiste’ (si dignum est ut Deus dicatur subsistere). La risposta è molto articolata: anzitutto Agostino nota che ‘sussistere’ è detto correttamente di quelle cose (de his rebus) nelle quali (in quibus) come in soggetti (subiectis) sono (sunt) quelle cose che che si dicono essere in qualche soggetto (ea quae in aliquo subiecto esse

dicuntur) come ad esempio un colore o una forma nel corpo (color aut forma in corpore). Così il corpo ‘sussiste’ (corpus subsistit) ed è perciò ‘sostanza’ (et ideo substantia est); quelle cose che invece sono ‘nel corpo soggetto e sussistente’ (in subsistente atque subiec-

to corpore) non sono sostanze (non substantiae sunt) bensì ‘nella sostanza’ (vero in sub-

stantia). (Le cose ‘nella sostanza’ sono qui i evidentemente suoi accidenti: un corpo non cessa di essere corpo se anche perde un colore o una forma, perché per esso ‘essere corpo’ non è ‘avere quel colore o quella forma’ (non hoc est ei esse quod illam vel illam formam

coloremve retinere).)

Perciò sono dette propriamente sostanze (proprie dicitur substantiae) le cose che ricevono accidenti e sono mutevoli e non semplici (res mutabiles neque simplices).

Ora possiamo dire che Dio è substantia? Agostino risponde che se Dio sussiste in modo da poter essere detto propriamente sostanza (si subsistit ut substantia proprie dici possit), in Lui qualcosa esiste come in un soggetto (inest in eo aliquid tamquam in subiecto), e (et) Dio non è semplice (simplex). Quindi non si può (nefas) dire che Dio (Deus) sussiste (sub-

sistat). Ad esempio non possiamo dire che Dio stia sotto (subsit) alla sua bontà e che que- sta bontà sia in Lui come in un soggetto.

Agostino perciò (unde) conclude: Dio è chiamato (vocari) sostanza (substantiam) abusi- vamente (abusive) solo per indicare (con un nome più familiare) che è essenza (essentia). E quindi essentia si dice di Dio veramente (vere) e propriamente (proprie).

Il passo è molto complicato. Tralascio ora diverse cose. Osservo solo che substantia deriva da subsistere, o anche da subesse, ed essa è dunque qualcosa che ‘sta sotto, che ‘soggiace’: un subiectum. In questo senso sono dette sostanze le cose mutevoli e composte: quelle nel- le quali (in quibus) esistono altre cose che non sono sostanze (quae substantiae non sunt) ma esistono nella sostanza (in substantia). (Qui emerge abbastanza chiaramente la distin- zione aristotelica tra le cose che non sono nel soggetto e quelle che invece sono nel sogget- to. Cfr. Aristotele, Categorie 4. Osservo inoltre la distinzione tra la predicazione abusive e quella proprie.)

Dunque, direi: substantia indica qualcosa che ‘è’ ed è il soggetto ‘in cui’ qualcosa esiste.

Essentia invece indica qualcosa che ‘è’ ma in cui niente esiste come ‘in un soggetto’. Ciò in cui niente esiste come ‘in un soggetto’ non è mutevole bensì è immutabile. La differenza

tra substantia ed essentia sembra quindi essere questa: la substantia è come un soggetto in cui qualcosa esiste, ed è mutevole; l’essentia invece non è un soggetto, e non è mutevole. Cioè:

a) la substantia propriamente è mutevole; l’essentia propriamente è immutabile; b) inoltre l’essentia è semplice (simplex); la substantia non è semplice.

Agostino conclude (l’abbiamo già visto) dicendo che Dio è veramente e propriamente es- senza al punto che (ita ut, così che) forse (fortasse) Dio solo (solum Deum) dev’essere det- to essenza. E spiega che Dio solo deve essere chiamato essentia perché (enim) Dio solo è veramente (est vere solus), ed è veramente perché (quia) è immutabile e (-que) disse a Mo- sè il Suo nome: Io sono Colui che sono; e: Colui che è (Es 3,14).

Dunque ripeto: propriamente Dio solo è essentia infatti (enim) Dio solo veramente ‘è’ ed è veramente perché (quia) è immutabile e il Suo nome è Qui sum o Qui est.

Riassumo brevemente. La substantia è come un soggetto in cui qualcosa esiste: dunque ri- ceve accidenti, e non è semplice, ed è mutevole. Dio invece è semplice (simplex), e quindi niente esiste in Lui come in un soggetto: Dio non è un subiectum. Dunque Dio propriamen- te non è substantia ma è invece propriamente essentia. Ed è l’unica vera essentia perchè è immutabile (incommutabilis) e il suo nome è Qui sum.156

Riformulo. Ousia può tradursi secondo Agostino sia con substantia che con essentia. L’uso latino normalmente non pone distinzione tra i due vocaboli. E quindi entrambi i nomi pos- sono riferirsi sia a Dio sia alle creature e cioè a tutto quello che chiamiamo ousia. Quindi possiamo dire: Dio è ousia cioè substantia o essentia. E anche di altre cose (create) dicia- mo che sono ousie cioè substantiae o essentiae.

Tuttavia è possibile introdurre una distinzione tra substantia e essentia. Del resto anche e- timologicamente sono distinte. Qual è questa differenza? Substantia indica uno ‘star sotto’, un ‘soggiacere’, cioè l’essere un soggetto in cui qualcos’altro (qualche accidente) esiste. E quindi propriamente diciamo substantiae solo quelle ousie che ricevono qualche accidente, quindi solo le ousie mutevoli. Se c’è un’ousia immutabile, questa ‘propriamente’ non deve chiamarsi substantia. Può chiamarsi substantia impropriamente (abusive) ma non propria- mente (proprie). La chiameremo invece propriamente essentia. Ed è Dio appunto.

Come dire, ancora: ousia può tradursi substantia o essentia. Ma substantia indica uno ‘star sotto’ e quindi va bene solo per le ousie mutevoli. Essentia invece traduce ousia isolandola dall’accezione di ‘soggetto’, e cioè sceverando da ousia ogni accezione di ‘soggiacenza’ e dunque di mutevolezza. Perciò essentia è una traduzione di ousia appropriata riguardo alle ousie che non hanno accidenti e dunque riguardo alle ousie immutabili. Ma c’è un’unica ousia immutabile che è Dio. Dunque essentia è una traduzione di ousia appropriata a Dio.

Essentia deve tradurre propriamente ousia solo riguardo a Dio.

Infine, poiché l’ousia è propriamente il quod est (‘qualcosa che è’), e poiché solo ciò che è immutabile ‘è’ veramente, Dio solo è veramente e propriamente ousia. Quindi solo l’essen-

tia è propriamente ousia.

E nondimeno vedremo che tale essentia, cioè l’unica vera ousia, non è compresa nel genere dell’ousia. È ousia certamente, ed anzi è l’unica vera ousia, e nondimeno non è ‘compresa’ nel genere dell’ousia. Su quest’antinomia torneremo più avanti.

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C’è una letteratura sulla storia della traduzione di ousia dal greco al latino. Rimando intanto a J.F. Courti- ne, “Note complémentaire pour l’histoire du vocbulaire de l’être. Les traductions latines d’ousia et la com- préhension romano-stoïcienne de l’être”, in Concepts et catégories dans la pensée antique, sous la direction de P. Aubenque, Paris, Vrin, 1980, pp. 33-87.

Insitiamo ancora. Agostino usa spesso indistintamente i nomi substantia ed essentia, come traduzione del greco ousia. Tuttavia, a rigore, distingue le due accezioni. L’essentia è il

quod est nel suo significato principale di ‘ciò che ‘, ‘in sé’ e ‘non in altro’. Ora, la substan-

tia invece cos’è? Anche la substantia in qualche modo ‘è’, ed è ‘in sé’ e non ‘in altro’. Ma in aggiunta la substantia è anche (e propriamente) ciò che substit; dunque il subiectum di qualche accidente. Perciò la substantia è mutevole. Perciò inoltre di essa diciamo a rigore che ‘è in qualche modo’, o ‘che è-non è’. Mentre soltanto l’essentia ‘è’ simpliciter. Anco- ra, le substantiae sono mutevoli perché sono create (cfr. De Civ. Dei, 12,5). Dio solo è in- vece veramente immutabile ed eterno, perché non è creato ma creatore. (Cfr. ad esempio

De Trin. 1,2: la stessa creatura angelica (“Cielo dei cieli”) anche se non muta (perché ade- risce (cohaerentem) a Dio senza mai separarsene e senza quindi mai defluire (defluere) in alcuna vicissitudine di tempi) è tuttavia mutevole (mutabilis) e quindi non coeterna a Dio in quanto è stata creata. Dunque solo Dio è immutabile ed eterno, solo Dio è essentia.)157 Al limite anche la materia (materies, in De Trin. 5,4,5) è mutevole ed è dunque (forse pro- priamente, direi) substantia.158 Agostino in De Trin. 5,4,5 scrive soltanto: quapropter ipsa

materies mutabilis est. In Confessioni la materia (materia, o materies) è trattata più diffu- samente: è creata ‘da’ Dio (a Deo) ‘dal’ nulla (ex nihilo) ‘in’ Principio (in Principio) (si notino: a, ex, in; cfr. 13,33); ogni cosa è fatta ‘dalla’ materia (de materia, 13,33); è creata ‘insieme’ (simul) a ciò di cui è materia (13,33) ma è anteriore (prior; praecedit) secondo l’origine (origine) alle cose che da (ex) essa sono fatte (‘come il suono precede il canto’, scrive Agostino, cfr.12,29); è del tutto (penitus) informe (informe) ma riceve le forme visi- bili (quod species caperet istas visibile, cfr. 12,6-13); è qualcosa d’informe per mezzo di (per) cui avviene (fieri) ogni mutazione di forma in forma dei corpi (cfr. 12,3-6); è la mu- tabilità stessa (mutabilitas rerum mutabilium) capace (ipsa capax est) delle forme nelle quali mutano le cose mutevoli (formarum omnium in quas mutantur res mutabiles, 12,6); è qualcosa (quiddam) tra la forma e il niente (quiddam inter formam et nihil), né formato né niente (nec formatum nec nihil), un ‘quasi niente’ (informe prope nihil), un ‘qualcosa nien- te’ (o un ‘niente qualcosa’, nihil aliquid): la materia ‘è non è’ (est non est, 12,6); è (ancora) quasi nulla (hoc paene nihil) ma non assolutamente nulla (non omnino nihil): infatti ‘è’ in qualche modo (utcumque erat) perché ‘è da Dio’ (ab illo utique) da cui è tutto ciò che è (a

157 R.J. Teske ha osservato: “In this sense “essence” seems to be a description that is proper to God, since es- sentia signifies immutability, self-sameness, and eternity”. Cfr. R.J. teske, “Augustine’s use of substance in speaking about God”, in The Modern Schoolman, 62, 1985, pp.147-163; riedito in R. Teske, To know the

God and the Soul: Essays on the Thought of Saint Augustine, Catholic University of America Press, 2008, pp.112-130, cfr. P. 124. Sull’uso teologico del termine substantia in Agostino, Teske scrive: “Bréhier points out (...) that Simplicius cites in his Commentary on the Categories no less than fifteen different commentaries on the Categories, many of wich were written prior to the time of Augustine. (…) Paul Henry argues that Victoriuns who have translated tha Categories into latin, probably drew his three definitions of substance in

Adv. Arium, 1,30, from the Enneads. And since Victorinus surely was the source of the translation of the En-

neads that Augustine knew, it is likely thar Augustine’s concept of substance by the time Trin. Was heavily influenced by Plotinian thought” (pp.112-113, nota 1).

158 Osservo che anche Apuleio nel De Platone et ejus dogmate, V, traduce ousia sia con essentia (ousias, quas essentias dicimus), sia con substantia (Et quidem primae substantiae vel essentiae). E spiega che per Platone ci sono due essenze (duas esse ait), mediante cui tutte le cose sono generate: di queste due essenze, una è solo intellegibile (cogitatione sola concipitur), l’altra può ‘cadere sotto i sensi’ (sensibus subici potest); e ancora, la prima è veramente (vere esse), la secondo invece non è veramente (non esse vere). Sono essenze del primo tipo (primae substantiae vel essentiae): Dio anzitutto (primum deum), poi la mente, le forme delle cose, l’anima; del secondo tipo (secundae substantiae) invece sono tutte quelle che vengono informate (quae

informantur) e che nascono (gignuntur) e che hanno origine dal modello della sostanza superiore (quae ab

substantia euperioris exemplo originem ducunt) e che possono mutare e trasformarsi (quae mutari et converti

possunt). Per Agostino invece Dio solo è davvero immutabile ed ‘è veramente’ (vere est) e quindi Dio solo è propriamente essentia; le altre cose (anche quelle che non cadono sotto i sensi come l’anima, la mens, la crea- tura angelica) sono mutevoli e non eterne.

quo est quidquid est) e che in qualsiasi modo (utcumque) è qualcosa (aliquid est) (cfr. 12,15).

Ma non tratto ora questo tema della materia che andrebbe approfondito.)159