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Nesso di causalità tra condotta colpevole e evento dannoso: onere probatorio Ulteriore questione cardine della fattispecie in esame è rappresentata dal nesso d

IL DIFETTO DI COORDINAMENTO IN CHIRURGIA: LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLA MEDICINA D’EQUIPE E LA LIQUIDAZIONE DEI DANN

4. Nesso di causalità tra condotta colpevole e evento dannoso: onere probatorio Ulteriore questione cardine della fattispecie in esame è rappresentata dal nesso d

causalità 17.

Durante il corso di Diritto Civile abbiamo ampiamente discusso sul tema: particolarmente interessante si è rivelata la lectio magistralis tenuta da Roberto Pucella, professore universitario a Bergamo, il 5 marzo 2015 presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento (“La causalità nell’illecito civile e nella responsabilità contrattuale”). La causalità costituisce un elemento di primaria importanza, in quanto spiega e giustifica i problemi di policy: è infatti legata alla risoluzione di questioni di politica giudiziale e del diritto. Se ne distinguono due tipi, quella materiale e quella giuridica.

La causalità materiale è una relazione che lega il fatto all’evento prodotto e concerne la struttura dell’illecito (sostanzialmente risponde alla domanda “chi è stato?”). Il percorso che compie il giudice nel verificarne la sussistenza è un’indagine di natura fattuale 18. La causalità giuridica è la relazione tra l'evento di danno e le sue conseguenze; la sua

dimostrazione risulta più complessa, non essendo sufficiente un tecnico per valutarne la

sussistenza o meno 19.

Non tutti i giuristi si trovano d'accordo con questa bipartizione: c'è chi ritiene che il problema causale sia uno solo e abbia senso parlare di causalità giuridica solamente qualora intervenga il giudice. Perché la causalità viene divisa in due tipologie? Per il fatto che, presentando numerose sfaccettature, risulta incerta per il mondo del diritto in merito alla ricostruzione del fatto. Il rapporto di causalità giuridica rileva in forza della necessità di capire la sussistenza o meno e altresì l'estensione del risarcibilità: ci si concentra sulla proporzione tra fatto illecito e danno e, qualora la causalità sia troppo lieve, non viene riconosciuto alcun risarcimento. Pertanto, è necessario selezionare quali sono i fatti rilevanti, ovvero quando gli anelli della catena causale sono talmente forti da rendere risarcibile il fatto e quando invece non lo sono.

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Le S.U., 4400/2004, ha fatto applicazione, anche nel settore sanitario, del principio della vicinanza della prova, in base al quale l’onere della prova andrebbe ripartito tenendo conto della possibilità per l’uno e l’altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle loro rispettive sfere d’azione. Esso muove dalla considerazione che il creditore incontrerebbe difficoltà insormontabili se dovesse provare di non aver ricevuto la prestazione.

17 Alleva, Questioni in tema di nesso di causalità naturale, 2001; Antinozzi, nesso di causalità, 1980;

Capecchi, La prova del nesso di causalità nel danno da contagio di animali, 2002.

18Esempio: se il paziente ha riportato un danno cerebrale, dovuto alla somministrazione di un farmaco, il problema della causalità materiale è accertare quale infermiere ha dato la dose eccessiva e se il danno è dovuto alla tale dose eccessiva o anche alle condizioni particolari del paziente. Chi compie questo accertamento? Normalmente un tecnico, in questo caso il medico legale.

19 Servendosi dello stesso esempio utilizzato per la causalità materiale, il danno cerebrale in capo al paziente si traduce in un danno alla salute, ma potrebbe avere ripercussioni gravi nell'ambito della famiglia, del lavoro ecc. Questa seconda parte dell'indagine, posto che il danno è stato causato dall'errore dell'infermiere, pone il problema di capire quali conseguenze del fatto possono essere imputate a colui che ha commesso il danno e quindi si opera nel senso di una selezione delle conseguenze risarcibili.

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Altra questione attuale collegata ai rapporti di causa ed effetto è il problema del concorso tra cause umane e naturali, quando cioè un evento dannoso è prodotto dal

combinarsi di cause diverse, da due o più fattori “a cascata” 20. Cass sent. 21619/2007:

un sub emerge troppo rapidamente e una volta uscito dall'acqua avverte i sintomi dell'embolia, si rivolge alla guardia medica che non gliela diagnostica, dicendogli semplicemente di andare a casa a riposare. Passano ore e il sub sentendosi male corre all'ospedale, dove gli diagnosticano l'embolia anche se ha ormai subito un danno permanente. Fa causa al primo medico che non ha riconosciuto i sintomi. È necessario accertare nesso di causalità tra embolia e il ritardo di cure. Le prove che si presentano al giudice sono contrastanti tra di loro. La Cassazione ritiene che la decisione della Corte d'Appello sia corretta (il primo grado dava ragione al medico, il secondo al sub), cioè a favore del nesso causale.

Stando al “principio del più probabile che non”, il giudice deve scegliere tra le due alternative che ha davanti, la più probabile rispetto a quella meno probabile e, in tal caso, era più probabile che il ritardo di cura avesse causato il danno permanente. La questione del più probabile che non, si scontra con quella del danno da perdita di chance tutte le volte in cui il nesso causale che fa da sfondo tra causa ed effetto è incerto, cioè non si riesce a sapere, sulla base dei fatti conosciuti e delle conoscenze scientifiche, se

l'effetto sia stato determinato da quella causa 21.

In sintesi, affinché l’evento dannoso possa esser risarcito, è necessario che sia causalmente riconducibile al fatto illecito. Al fine di accertare l’insorgere di un’obbligazione risarcitoria, l’esame del nesso di causalità dev’esser svolto sotto un duplice profilo: in primis si procede all’accertamento della sussistenza di un collegamento materiale tra condotta ed evento, mediante un giudizio, appunto, di causalità materiale; in caso di esito positivo, si passa ad un’ulteriore fase, consistente nell’accertamento di un collegamento giuridico tra il fatto dannoso e le sue conseguenze, al fine di delimitare il contenuto dell’obbligazione risarcitoria.

Con riguardo al nesso di causalità fra evento dannoso e condotta colpevole (omissiva o commissiva che sia) del medico, la giurisprudenza successiva, a mio avviso correttamente, si è discostata dalla nota sentenza Franzese 22 affermando che il rapporto

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Es: un malato di Alzheimer era stato investito sulle strisce pedonali; ci si è chiesto se il danno subito fosse dovuto anche al suo stato pregresso, cioè il suo stato patologico grave. Bisognava risarcire tutto o non contare il danno dovuto dallo stato pregresso? Fino al 2009 la Cass. diceva che: o il fatto naturale (malattia) aveva una forza causale piena, cioè era l’unica causa del danno e allora l’autore della causa umana non pagava, ma se solo il danno finale dipendeva dal concorso di fattori, allora l'autore della causa umana deve risarcire il 100% dei danni. Nel 2009 la Corte ha affermato che l'autore della causa umana doveva rispondere per quella parte di danno che aveva causato e non per l'altra. Con la sent 1599 cambia ancora le cose: l'autore del fatto illecito deve intendersi responsabile al 100 % sul piano della causalità materiale e quando si passa al momento della causalità giuridica, cioè al risarcimento, si può tener conto delle condizioni pregresse. Nei sistemi di Common law vige il principio secondo cui l’urto subito da una persona con un cranio più sottile provoca la rottura anche con un colpo modesto: il colpitore risponde della conseguenza modesta che si sarebbe verificata in capo ad un soggetto con un cranio normale? Secondo i giuristi no. Da ciò si desume che al soggetto che viene colpito si deve risarcire il danno tenendo conto delle sue condizioni pregresse.

21Es: la macchia sul polmone di un uomo è stata notata dal medico 6 mesi più tardi: si accusa il medico di aver tolto delle chances di guarigione, senza sapere se sarebbe davvero guarito. Una volta che si introduce la categoria del più probabile che non, è molto difficile trovare uno spazio residuale per il danno da perdita di chance.

22 S.U. penali, 30328/2002. In tema di responsabilità professionale del medico-chirurgo, il nesso causale

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causale sussiste anche quando l’opera del professionista, qualora correttamente e tempestivamente svolta, si sarebbe presentata in termini non necessariamente di assoluta certezza, ma anche solo di ragionevole probabilità, dal momento che non è dato esprimere in relazione ad un evento esterno già verificatosi delle certezze, ma solo semplici probabilità.

Resta da sottolineare che la causalità civile può esser caratterizzata da una soglia meno elevata di probabilità rispetto al giudizio di causalità penale (come affermato da Cass. Civ., sez. III, 21619/2007).

Passando ad analizzare il profilo relativo all’onere probatorio, la consolidata opinione della giurisprudenza secondo cui la prova del nesso di causalità grava sul creditore- danneggiato viene oggi messa in discussione. A partire dalla pronuncia di Cass. Civ. 13533/2001 23, è stato affermato il principio generale per cui il creditore deve dare prova del fonte negoziale del suo diritto, mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte: sarà quest’ultima a dover fornire la prova dell’avvenuto e corretto adempimento. Qualora fosse sussistente e provato l'inadempimento medico, non significa che esso costituisca sempre causa del danno del paziente. Con la sentenza del gennaio del 2008 n. 577 in materia di emoderivati, che riguardano infezioni prodotte dalla trasfusione di plasma e sangue infetto, la Cassazione si chiede chi sia il soggetto tenuto a provare la causalità, applicando il principio della vicinanza della prova (l’onere grava sul danneggiato ma altresì sulla struttura). Il giudice della sentenza in esame richiama orientamenti di Cassazione più recenti, rispettivamente del 2010 e 2012 24, mantenendo tale linea dell’ “inversione dell’onere probatorio”.

5. Consenso informato al paziente: la mancanza di questo rileva ai fini della

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