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IL CHIRURGO ACCONDISCENDENTE: LA RESPONSABILITÀ CIVILE PER ERRONEO INSERIMENTO DI PROTESI ALL’ANCA

3. Gli obblighi del medico e l’etica professionale

Un ultimo aspetto su cui vorrei soffermare la mia analisi riguarda gli obblighi deontologici e l’etica professionale del medico.

Parte dell’analisi dettagliata fornita dal CTU al giudice afferma che l’intervento eseguito dal Dott. U. non risulta essere citato dalla letteratura medico-scientifica come operazione appropriata nell’ipotesi di patologia in oggetto e soprattutto non indicata per un paziente di giovane età come lo è il ricorrente. A questo proposito sono convinta che il giudice avrebbe potuto richiamare, per una spiegazione maggiormente convincente, il dettato dell’art. 3 della L. 8 novembre 2012, n. 189.

Il primo comma dell’art. 3 della legge prevede che14 il medico che si attiene alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponderà penalmente per colpa lieve (non intendo affrontare in questa sede le questioni di legittimità nate su tale articolo). Si specifica però che questa esimente penale non fa venire meno la responsabilità civile ex art. 2043 del cod. civ. che è la clausola generale del neminem laedere. 15

Si conclude, a maggior ragione, che il comportamento del sanitario convenuto non ha neppure tenuto conto della letteratura medico-scientifica, quindi di linee guida già determinate in quello specifico campo medico; la sua osservanza non avrebbe comunque eliso la sua responsabilità civile16 ma, in ogni caso, sarebbe stato un elemento a favore del medico e difficilmente contestabile .17

14

Art. 3 Responsabilità professionale dell'esercente le professioni sanitarie.

1. L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee gui- da e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo.

15 Cass. civ. Sez. III, Sent., 19-02-2013, n. 4030.

16 “ la volontà del legislatore oggettivatasi nel dato normativo dell’art. 3, comma 1, della Legge Balduzzi

altro non è che quella di escludere la responsabilità penale del sanitario in caso di colpa lieve, tenendo però al contempo aperta la possibilità che – anche in caso di assoluzione penale per levità della colpa – al danneggiato possa spettare un risarcimento civilistico secondo il brocardo: in lege aquilia et levissima culpa venit” ( Trib. Milano, sent. 18-11-2014).

17

Richiamo la sentenza Cass. civ. Sez. III, Sent., 15-01-2013, n. 796 per riportare un precedente di legittimità conforme : “Era dunque configurabile, secondo le leges artis, già ai tempi della trasfusione praticata a M.S., per il medico e la struttura sanitaria nella quale operava, già nel 1988, l'obbligo di non effettuare trasfusioni non testale, dovendo egli ricorrere anche a strutture esterne, se non disponibili strumentazioni adeguate per le rilevazioni di laboratorio presso il centro dove era ricoverata la paziente. Pertanto, l'inosservanza della normativa innanzi richiamata, del protocollo e delle linee guida delle leges artis - disposta proprio allo scopo di evitare i rischi specifici di contagio che nella fattispecie si sono verificati (e pertanto, come anzidetto, prevedibili) - non configura una responsabilità extracontrattuale

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La vicenda richiama il dibattuto tema del consenso che il paziente deve concedere al professionista sanitario affinché questi possa procedere legittimamente all'intervento. Per secoli, sulla base dell'insegnamento di Ippocrate, il consenso del malato al trattamento medico non aveva alcuna rilevanza, inoltre la scelta delle terapie e la decisione di informare o non informare il paziente rimaneva nell’ampia discrezionalità del medico.

Solo nel XX secolo questo paradigma inizia a cambiare. Quando, nel 1917, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha affermato che “ogni essere umano adulto e sano di mente ha il diritto di decidere su cosa va fatto al suo corpo” e che “il medico che esegue un intervento senza il consenso del paziente commette un’aggressione”.18

In Italia il principio del consenso informato trova la sua più importante consacrazione nell’art. 32 della Costituzione, secondo il quale “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, correlato con l’art. 13 della stessa Costituzione che afferma l’inviolabilità della libertà personale.

In conformità con il dettato costituzionale, la Legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, esclude la possibilità di compiere accertamenti e trattamenti sanitari contro la volontà del paziente.

Principio sancito anche dalla Corte di Strasburgo e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea all’art. 3, dove si sottolinea che il consenso informato garantisce la libertà fisica e psichica dell’individuo.

Infine il Codice di Deontologia Medica del 2006 riafferma il principio secondo il quale è vietato al medico intraprendere attività diagnostica o terapeutica senza il consenso informato del paziente19.

L'episodio esaminato è particolarmente controverso perché non è un caso in cui manchi il consenso, ma ciò che manca è un’adeguata e completa informazione circa le conseguenze dell’intervento sostitutivo. Data la libertà concessa al malato, il Dott. U. non può imporre l’operazione, ma dalla disciplina del consenso informato si evince che per raccogliere una valida autorizzazione è indispensabile che il medico fornisca un’esaustiva informativa in ordine al trattamento cui sarà sottoposto ed ai rischi che da tale trattamento possono derivare. L'informazione deve essere relativa "alla natura dell'intervento medico-chirurgico, alla sua portata ed stensione, ai rischi, ai risultati

nell'esercizio di attività pericolosa ex art. 2050 c.c., ma un grave inadempimento contrattuale del sanitario (imputabile anche alla struttura ospedaliera ex art. 1228 c.c, Cass. n. 13957 del 2007) e può essere prospettata come causa del contagio di M.S., poichè se fosse stato testato il sangue del donatore la trasmissione della malattia non si sarebbe verificata (SS. UU. n. 581 del 2008).

18 Cecconi, Cipriani, La responsabilità civile medica dopo la Legge Balduzzi, G Giappichelli Editore,

2014.

19

Art. 32 Acquisizione del consenso: Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente. Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione inequivoca della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all'art. 30. Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l'incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso. In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona, ove non ricorrano le condizioni di cui al successivo articolo 34.

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conseguibili, alle possibili conseguenze negative, alla possibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso altri interventi e ai rischi di questi ultimi"20.

Queste informazioni devono essere rese al paziente in modo chiaro e adeguato alle sue capacità di comprensione, cosicché in lui maturi un convincimento libero e consapevole.

Dall'analisi dei fatti potrebbe integrarsi una responsabilità per mancato adempimento dell'obbligo informativo, non perché non ci sia stata informazione ma perché non è stata esauriente nell'esplicare tutte le possibili complicazioni. Secondo la giurisprudenza più recente, la violazione di obblighi di informazione fa nascere in capo al soggetto una responsabilità di natura contrattuale, ex art. 1228 c.c., in quanto il difetto di informazione costituisce un inadempimento del "contratto sociale" già perfezionato tra medico e paziente. La conseguenza nota è la disciplina più favorevole nei confronti dell'attore dell'onere probatorio.

Passando poi all’analisi dell’etica professionale del sanitario.

Emergono dubbi sulla professionalità del Dott. U. Un medico, dotato di ampie conoscenze sulla natura della patologia e consapevole dello stato emotivo e psicologico del suo paziente, non esegue un intervento ascoltando l’espressa implorante richiesta del malato; viene condizionato quindi dallo stato di debolezza del malato stesso, procedendo poi ad eseguire un intervento palliativo che risulterà non solo inutile ma anche dannoso.

Un simile comportamento sconsiderato è giustamente descritto dal Ctu “contrastante con l’etica professionale del medico che prescrive di effettuare l’intervento di elezione, senza nuocere alla salute del malato e non accondiscendere alla volontà del paziente”. Il giudice avrebbe potuto anche richiamare, oltre al parere del Ctu, il codice deontologico medico che contiene norme vincolanti per coloro che sono iscritti all’ordine dei medici e devono pertanto adeguare la loro condotta professionale. Innanzitutto sono da richiamare gli articoli 321 e 4 22 con particolare attenzione al comma 2 dell’art. 4 che prescrive il fatto che il medico, nell’esercizio della sua professione, non deve soggiacere a suggestioni di qualsiasi natura, quindi neppure alle “disperate richieste del paziente”. Si può citare inoltre l’art. 1423 nella parte in cui, per

20

Cass. Civ. Sez. III 15 gennaio 1997, n. 364.

21 Art. 3 - Doveri del medico - Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica

dell'Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera.

22 Art. 4 H- Libertà e indipendenza della professione - L'esercizio della medicina è fondato sulla libertà e

sull'indipendenza della professione che costituiscono diritto inalienabile del medico.

Il medico nell’esercizio della professione deve attenersi alle conoscenze scientifiche e ispirarsi ai valori etici della professione, assumendo come principio il rispetto della vita, della salute fisica e psichica, della libertà e della dignità della persona; non deve soggiacere a interessi, imposizioni e suggestioni di qualsiasi natura.

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Art. 14H - Sicurezza del paziente e prevenzione del rischio clinico - Il medico opera al fine di garantire le più idonee condizioni di sicurezza del paziente e contribuire all'adeguamento dell'organizzazione sanitaria, alla prevenzione e gestione del rischio clinico anche attraverso la rilevazione, segnalazione e valutazione degli errori al fine del miglioramento della qualità delle cure. Il medico al tal fine deve utilizzare tutti gli strumenti disponibili per comprendere le cause di un evento avverso e mettere in atto i comportamenti necessari per evitarne la ripetizione; tali strumenti costituiscono esclusiva riflessione tecnico-professionale, riservata, volta alla identificazione dei rischi, alla correzione delle procedure e alla modifica dei comportamenti.

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garantire idonee condizioni di sicurezza del paziente, il medico deve segnalare eventuali errori. Infine l’art. 2324, a mio parere quello che maggiormente è a tutela del caso esaminato, in quanto afferma che “Il medico che si trovi di fronte a situazioni cliniche alle quali non sia in grado di provvedere efficacemente, deve indicare al paziente le specifiche competenze necessarie al caso in esame”. Questo articolo può essere interpretato a sfavore del Dott. U., il quale sapeva che l’intervento di applicazione della FEA non era efficace per la patologia del paziente e aveva l’onere di indicare l’operazione più consona e non eseguire altro tipo di chirurgia.

Non si tratta di un caso in cui confliggono l’etica personale del medico e la volontà del paziente che si risolverebbe con la tutela del diritto dell’obiezione di coscienza, si tratta invero di un caso in cui c’è conflitto tra l’etica professionale del medico e l’etica generale del paziente, cioè la sua volontà. Si tratta di etiche eterogenee e di soggetti diversi con conoscenze differenti e per questo è necessaria una comunicazione coordinata ed esaustiva tra i due.

Si è detto che l’etica deontologia del medico riguardi solamente i mezzi necessari alla cura del paziente, cura che invece sarebbe l’oggetto dell’etica del malato. Per questo motivo l’etica professionale risulterebbe essere un’etica di “serie B”, subordinata all’etica generale del malato25. In realtà sia il medico che il paziente perseguono lo stesso fine: la salute. Da un lato il paziente si è trovato nella condizione di dover scegliere tale fine in quanto malato, e la guarigione è la scelta più naturale; dall’altro il medico ha eletto volontariamente quella professione che ha come scopo proprio la cura della salute. Questo comporta necessariamente che il medico abbia un ruolo cruciale nell’interpretazione del fine della cura, non concedendo al malato solo un apporto strumentale ma anche cognitivo: senza l’intervento medico il malato non può comprendere pienamente e in termini scientifico-sanitari il suo desiderio di salute. Gli argomenti riportati avvalorano pienamente la decisione del giudice di condannare il medico.

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Art. 23H - Continuità delle cure - Il medico deve garantire al cittadino la continuità delle cure. In caso di indisponibilità, di impedimento o del venir meno del rapporto di fiducia deve assicurare la propria sostituzione, informandone il cittadino. Il medico che si trovi di fronte a situazioni cliniche alle quali non sia in grado di provvedere efficacemente, deve indicare al paziente le specifiche competenze necessarie al caso in esame. Il medico non può abbandonare il malato ritenuto inguaribile, ma deve continuare ad assisterlo anche al solo fine di lenirne la sofferenza fisica e psichica.

25 Viola, La volontà del malato e l’etica del medico: il problema del conflitto,

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DECRETO BALDUZZI: ALLA RICERCA DI UN NUOVO EQUILIBRIO TRA

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