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Responsabilità professionale medica: mancata coordinazione tempestiva tra due figure mediche (anestesista e chirurgo)

IL DIFETTO DI COORDINAMENTO IN CHIRURGIA: LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLA MEDICINA D’EQUIPE E LA LIQUIDAZIONE DEI DANN

3. Responsabilità professionale medica: mancata coordinazione tempestiva tra due figure mediche (anestesista e chirurgo)

Nel corso dell’ultimo quindicennio, in dottrina si è affermato l’orientamento secondo il quale la responsabilità del medico sia fondata sul contatto sociale 3.

Il diritto vivente si è sino ad oggi consolidato nel senso di dare concretezza a tale orientamento dottrinale, che si basa sull’affidamento che il paziente ripone nella responsabilità e nelle scelte effettuate dal medico. Peraltro, diverse elaborazioni dottrinali si muovono nel senso di ampliare l’area dei doveri sussunti nel contratto, comunemente definiti obblighi di protezione 4.

La lectio magistralis tenuta da Claudio Scognamiglio in data venerdì 13 Marzo 2015 presso la Facoltà di Giurisprudenza a Trento ha affrontato nel dettaglio il tema della responsabilità del medico nei confronti del paziente 5 e più in generale, il tema della responsabilità professionale medica 6.

Merita attenzione il cambiamento concernente la colpa medica avvenuto di recente, con L. 8 novembre 2012, n. 189 (la quale ha convertito il decreto Balduzzi 158/2012 recante disposizioni urgenti al fine di promuovere lo sviluppo del paese mediante un più alto livello di salute). Secondo la mia opinione, è l’ennesima disposizione che ha fatto discutere e ha creato diseguaglianze tra situazioni sovrapponibili, imponendo un radicale mutamento di prospettiva, con l’obiettivo ultimo di salvaguardare le finanze della Repubblica fronte alle numerose richieste di risarcimento avanzate dai pazienti danneggiati. La cosiddetta “colpa lieve” dell’esercente una professione sanitaria è stata, in un certo senso, depenalizzata. Dalla lettera dell’articolo 3 co.1 si desume che il sanitario, nello svolgimento della propria attività, attenendosi a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, non risponde per colpa lieve sul piano

3 FAILLACE, La responsabilità da contatto sociale, Padova, 2004. La teoria del “contatto sociale”

ravvede nell’affidamento che un soggetto ripone in un altro, a seguito di un contatto che si è creato fra loro, una forma autonoma di specifica obbligazione. Fondamento normativo è l’articolo 1173 del cod. civ.: “Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ord. giuridico”, esplicativo del principio di a-tipicità delle fonti delle obbligazioni. Recentemente, Mario Barcellona ha confutato tale teorica nel suo “Trattato della responsabilità civile”, Torino, 2011, 65 ss.

4 In questo senso, De Luca, La nuova responsabilità del medico dopo la legge Balduzzi, Dike, Roma,

2012: <<se per danno contrattuale bisogna intendere anche quello derivante dalla violazione di obblighi di tutela, ciò significa che il soggetto danneggiato potrà avvalersi delle più vantaggiose regole stabilite per il danno da inadempimento, in luogo di quelle previste in ambito aquiliano>> pg. 9.

5https://didatticaonline.unitn.it/dol/mod/page/view.php?id=15473 6https://didatticaonline.unitn.it/dol/mod/page/view.php?id=15474

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del diritto penale. In ossequio di quanto quattro anni prima le S.U. di Cassazione avevano affermato con le sentenze gemelle di San Martino (26972, 26973, 26974 e 26975/2008), in riferimento alla dicotomia-bipolarismo tra danno patrimoniale e non patrimoniale (ex. 2043 e 2059 cod. civ.), al danneggiato non verrebbe nemmeno riconosciuto e liquidato il danno non patrimoniale! Soppresso il reato, trattandosi di colpa lieve, tale Legge rischia fortemente di non riconoscere alcun risarcimento alla vittima (linea di pensiero che è rafforzata dalla conclusione dell’art. 3 “il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”). 7

La responsabilità medica è da sempre impostata su due filoni di fondo: la colpa e la causalità. Si dice che è un'obbligazione di mezzi e non di risultato, una fattispecie dove la colpa ha grande peso ma ce l'ha pure la causalità perché gli eventi di danno non hanno quasi mai una sola causa. In tempi passati, era il paziente danneggiato che doveva provare l'inadempimento del medico, cioè gli elementi che provassero la colpa di questo. Alla fine degli anni '70 si è affermato che se la prestazione medica che ha causato il danno è di routine, di facile esecuzione, che non richiede grandi gradi di specialità e l'esito raggiunto non è quello voluto, deve essere il medico a provare il suo corretto adempimento. Si è avuta cosi una sorta di inversione dell'onere della prova e la giurisprudenza stessa utilizza tale inversione come regola base, applicabile in tutti i casi in cui il medico deve provare la sua diligenza. Nel 2001 con la sent. n.13533, il danneggiato non deve più provare l'inadempimento ma deve limitarsi ad allegarlo. L'allegazione è l’affermazione che il danneggiato fa riguardo al fatto che c'è stato inadempimento, pur non avendo adeguate conoscenze tecniche. È chiaro che questa lettura della Cassazione agevola la posizione del paziente.

Ai sensi dell’articolo 1176 co.2 8, la diligenza del professionista nell’adempimento degli obblighi inerenti alla sua attività professionale va misurata in relazione alla natura di tale attività; infatti, non è sufficiente quella del buon padre di famiglia, come prevede il co.1 dello stesso articolo, poiché al soggetto qualificato se ne esige una più specifica. Tale tipo di diligenza assume un duplice significato, essendo: 1. parametro d’imputazione del mancato adempimento. 2. criterio di determinazione del contenuto dell’obbligazione stessa. Inoltre, il canone di valutazione della diligenza professionale va desunto dalla media delle conoscenze tecnico-scientifiche dei professionisti che svolgono la medesima attività, non dal livello di preparazione del singolo.

Negli ultimi decenni, il progresso scientifico, l’evoluzione dei vari tipi di cura, l’attenzione nei confronti della prevenzione hanno ampliato l’ambito d’indagine concernente la responsabilità del medico. È stata infatti introdotta la locuzione “responsabilità medica”, in cui si fanno ricomprendere tutti i tipi di responsabilità concernenti il settore in esame. Di particolare rilievo risulta l’evoluzione della

7 Legge Balduzzi, dall’economista e politico Renato Balduzzi, ministro della salute sino al 2013 del

governo Monti; tale recente disposizione è di primaria importanza in quanto riconosce in capo al professionista sanitario responsabilità per colpa grave, chiarendo i numerosi dubbi precedenti e assegnando un criterio di discernimento tra sussitenza o meno di responsabilità, nelle varie ipotesi che si prospettano in concreto.

8 In relazione all’elemento soggettivo colpa, in giurisprudenza e dottrina è pacifico l’orientamento

secondo cui la responsabilità del medico chirurgo per i danni causati nell’esercizio della sua attività postula la violazione dei doveri inerenti al suo svolgimento, tra i quali quello della diligenza. Questa va calcolata con riguardo alla natura dell’attività, che in riferimento alla professione medica implica la scrupolosa attenzione e adeguata preparazione professionale.

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responsabilità del professionista 9, nel senso di una maggior sensibilità nei confronti degli aspetti concernenti la tutela della persona, in particolare della salute, diritto fondamentale dell’individuo, oltre che interesse della collettività, protetto dalla Costituzione Italiana all’articolo 32. Tale evoluzione di matrice giurisprudenziale ha inciso soprattutto sulla natura giuridica della responsabilità medica 10. Un orientamento datato della Corte di Cassazione 11 propendeva per la natura extra-contrattuale della responsabilità professionale: tra paziente ed ente ospedaliero veniva concluso un contratto d’opera professionale, perfezionato con l’accettazione del paziente nell’ospedale (contratto atipico di spedalità 12), mentre il medico, dipendente dell’ospedale, risultava estraneo al rapporto contrattuale ente-paziente, agendo quale organo dell’ente ospedaliero. In ragione di ciò, la responsabilità del medico per il danno cagionato dall’errore terapeutico risulterebbe soltanto di tipo extra-contrattuale, soggetta quindi al termine prescrizionale quinquennale. Tuttavia, l’extra-contrattualità dell’illecito non osterebbe all’applicazione analogica del 2236 cod. civ., la cui ratio prescinde dalla qualificazione dell’illecito13.

L’orientamento opposto, oggi prevalente e col quale mi trovo in accordo, afferma la natura contrattuale della responsabilità medica, muovendo proprio da una critica all’impostazione precedente 14. Le argomentazioni di questa nuova tesi sono le seguenti: 1. tra ente ospedaliero e paziente s’instaura un rapporto contrattuale e vige il principio d’immedesimazione organica: l’attività del medico è riconducibile all’ente presso il quale lavora. 2. Avendo la responsabilità della struttura sanitaria e quella del professionista radice comune, la non diligente prestazione del medico è al pari di quella dell’ente, di tipo contrattuale 15. 3. Dalla natura contrattuale derivano alcuni mutamenti nel regime giuridico della responsabilità in esame. In particolare, con riguardo all’onere

9 Agnino, Intervento d’urgenza ad alto rischio e responsabilità del medico (nota a Cass. Civ. sez III,

4069/01); Antinozzi, Considerazioni sulla responsabilità medica del professionista, in dir. e prat. assicur., 1984; sempre Antinozzi, Responsabilità dell’avvocato verso il cliente per mancata impugnazione della sentenza di primo grado, in dir. e prat. assicur., 1985.

10 In particolare, si è passati da un sistema “a doppio binario” nel quale la responsabilità della struttura

sanitaria risultava essere contrattuale, mentre quella del professionista aquiliana, ad un sistema caratterizzato per l’affermazione della natura contrattuale sia della responsabilità dell’ospedale (pubblico o privato) sia di quella del professionista.

11 Cass. Civ. sez. III, 2428/1990, 2750/1998.

12 Secondo il Tribunale di Verona, 4 ottobre 1990, l’oggetto di tale contratto consisterebbe in una

prestazione, quella d’assistenza sanitaria a favore dell’ammalato, di tipo complesso, in quanto non si limiterebbe alle cure mediche, ma comporterebbe una serie di altre prestazioni.

13 Non si deve paralizzare l’iniziativa del professionista nei casi di particolare difficoltà. Cosi recita il

testo dell’articolo: “1. Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il

prestatore d' opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave”.

14 Galgano, Contratto e responsabilità contrattuale nell’attività sanitaria: “se la responsabilità del medico

fosse da ricondursi all’ambito della responsabilità aquiliana, sarebbe configurabile solamente allorchè il paziente si trovasse, a seguito dell’intervento medico, in una situazione peggiore rispetto a quella pregressa: resterebbero escluse tutte le ipotesi in cui l’intervento non abba sortito alcun risultato positivo.”

15 La S.C. è giunta a tale conclusione (il riconoscimento della natura contrattuale della responsabilità del

sanitario dipendente) tramite l’accoglimento della teoria di origine germanica del contratto con effetti protettivi a favore del terzo. Secondo tale teoria, accolta con sentenza Cass. Civ, sez. III, 11503/1993, nel caso d’inadempimento della prestazione accessoria di protezione sarebbe legittimato ad agire non solo la controparte (la struttura ospedaliera) ma anche il soggetto a protezione del quale quella prestazione è posta (il paziente).

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della prova 16, del grado e della colpa, nonché della prescrizione. L’onere della prova appare coerente con la regola dettata dal 2697 cod. civ.: si ritiene che spetti al debitore convenuto dare prova positiva del suo adempimento. Tornando al settore della sanità, grava dunque sul medico (debitore) dimostrare di aver agito in assenza di colpa; di conseguenza, dell’incertezza della sussistenza o meno della colpa si gioverà il paziente (creditore).

4. Nesso di causalità tra condotta colpevole e evento dannoso: onere probatorio

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