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Risarcimento del danno parentale ai prossimi congiunti, rispettivamente al fratello, alla madre e al cognato costituitosi in luogo della sorella della vittima: iure

IL DIFETTO DI COORDINAMENTO IN CHIRURGIA: LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLA MEDICINA D’EQUIPE E LA LIQUIDAZIONE DEI DANN

8. Risarcimento del danno parentale ai prossimi congiunti, rispettivamente al fratello, alla madre e al cognato costituitosi in luogo della sorella della vittima: iure

proprio o haereditatis? Le “vincenti” tabelle milanesi

I prossimi congiunti della vittima di un illecito altrui subiscono un pregiudizio non patrimoniale. Nel caso di specie la paziente, a seguito di un intervento chirurgico che si è rivelato decisivo al verificarsi dell’evento, è deceduta. La perdita della vita di un soggetto è tradizionalmente considerata fonte di danno per una serie di persone legate al primo da vincoli parentali ed affettivi tanto che, a seguito della morte della signora, si è verificato uno sconvolgimento delle normali abitudini dei superstiti, che ha portato al compimento di scelte di vita completamente diverse.

Alcune limitazioni al riconoscimento del danno parentale sono state poste dalla giurisprudenza per contenere i risarcimenti dovuti dal responsabile civile: un’eccessiva apertura potrebbe causare un impatto socio-economico che finirebbe per ripercuotersi sui premi assicurativi. Tuttavia, tenuto conto che una limitazione aprioristica appare ingiustificata sotto il profilo della tutela dei diritti garantiti dalla Costituzione all’articolo 2, appare più equilibrato non porre alcun limite alla prova del danno, ma piuttosto equilibrare i risarcimenti, in punto di quantum, operando differenziazioni tra i danneggiati a seconda del grado di parentela.

Si parla di “danno di rimbalzo” 37 subito dai congiunti, per la cui liquidazione vengono utilizzate stime indicate nell’ultima pagina delle tabelle milanesi sul danno biologico 38; elaborate dall’Osservatorio sulla giustizia civile del Tribunale di Milano, tali tabelle costituiscono il criterio più utilizzato per il risarcimento del danno non patrimoniale e quello ulteriore alla persona. La novità sostanziale contenuta in queste è la liquidazione unitaria del danno non patrimoniale biologico e di ogni altro danno non patrimoniale connesso alla lesione della salute 39. Ai prossimi congiunti del soggetto che ha subito un

37 È invece riconoscibile e risarcibile il danno tanatologico “iure proprio” alla vittima stessa? La Corte

Costituzionale 372/1994 ha statuito di no. <<Un diritto di risarcimento può sorgere in capo alla persona deceduta limitatamente ai danni verificatisi dal momento della lesione a quello della morte>>: è impedito quindi che la lesione si rifletta in una perdita a carico della persona offesa, ormai non più in vita.

In senso conforme, 10 anni dopo la Cass. Civ., sez. III, 1361/2014, la cui massima è: <<il diritto al risarcimento del danno da perdita della vita, in quanto eccezionale ipotesi di danno evento, si acquista dal momento in cui si verifica la lesione mortale, allorquando la vittima è ancora in vita>>. In Le banche dati del Foro Italiano, edizione Aprile 2015.

38 Nell’ultima pagina delle tabelle, sono indicati i valori di liquidazione a titolo di danno non patrimoniale

per la morte del congiunto, rivalutati al 2014.

39 I nuovi criteri adottati costituiscono una risposta alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di

Cassazione (Cass. civ., sez. un., 11.11.2008, n.26972, www.personaedanno.it) le quali hanno affermato che il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica costituisce una categoria unitaria non suscettibile di suddivisione in sottocategorie.

L’Osservatorio milanese, quindi, ha proposto una liquidazione congiunta: “del danno non patrimoniale conseguente a lesione permanente dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale”, sia nei suoi risvolti anatomo-funzionali che relazionali medi ovvero peculiari, e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di “dolore”, “sofferenza soggettiva”, in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesione, vale a dire la liquidazione congiunta dei pregiudizi in passato liquidati a titolo di: c.d. danno biologico “standard” e c.d. personalizzazione – per particolari condizioni soggettive — e danno biologico c.d. morale».

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danno biologico viene risarcito il cd. “danno da perdita del rapporto parentale” 40 a titolo di danno morale. Nella sentenza in esame, è quello che i parenti della vittima subiscono a seguito del suo decesso, avvenuto quattro anni dopo quale conseguenza del secondo intervento medico subito.

Il terzo comma dell’articolo 3 della L.189/2012 (Decreto Balduzzi) s’inserisce nell’attuale processo normativo d’uniformazione e standardizzazione degli importi dei risarcimenti per danni fisici, prevedendo che l’entità del danno biologico, conseguente ad attività dell’esercente la professione sanitaria, venga determinato attraverso il rinvio alle tabelle delle menomazioni dell’integrità psico-fisica di cui agli articoli 138 e 139 del Codice delle assicurazioni private, tabelle che ora dovranno esser integrate per tener conto delle fattispecie afferenti all’attività sanitaria. Essendo il reddito medio difficile da calcolare, la giurisprudenza aveva stabilito un criterio per ottenerlo, ovvero moltiplicando il reddito medio nazionale sulla base del minimo del danno patrimoniale, calcolando il triplo della pensione sociale per il coefficiente di capitalizzazione per la percentuale d’invalidità. Tale calcolo è poi stato considerato scorretto, in quanto vincolato al criterio patrimoniale per stimare una perdita che non ha niente a che vedere con il patrimonio. Nel 1979, è stato re-introdotto il criterio del punto d’invalidità, tutt’ora vigente. Sono state prese in esame numerose sentenze e si è calcolato quanto i vari giudici liquidavano per un punto d’invalidità, costruendone una media. Man mano che aumenta l’età della persona, il valore del punto decresce: ciò in considerazione del maggior sofferenza che prova, ad esempio, un ragazzo rispetto ad un anziano. Tale punto cresce in relazione all’aumento della lesione (è piuttosto diversa una situazione d’invalidità ad es. equivalente al 10% rispetto a quella di un soggetto la cui invalidità è pari a 70%); ulteriore differenza si osserva in ragione del sesso. Anche il valore del punto d’invalidità variava: ad esempio, la tabella adottata dalla città di Milano prevedeva un criterio diverso rispetto a quella del triveneto. In ragione di ciò, si era creato una sorta di forum shopping: la tendenza, cioè, a recarsi presso il tribunale che riconosce più punti d’invalidità rispetto agli altri, nella sede giudiziaria più “generosa” nel monetizzare il danno non patrimoniale. Questo problema, come si è detto in dottrina, è stato poi risolto: oggi tutti i Tribunali sono tenuti a seguire le tabelle milanesi, al fine di garantire un equo trattamento risarcitorio.

9. Conclusioni

A mio parere la sentenza in esame appare piuttosto complessa in quanto ricca di questioni da affrontare, in merito sia all’an che al quantum dei numerosi risarcimenti pretesi. Il percorso logico adottato dalla giudice risulta, nel complesso, lineare; infatti, per risolvere la maggior parte delle questioni, il Tribunale ha preso come modello e seguito quasi sempre gli orientamenti di Cassazione più autorevoli degli ultimi anni. I risarcimenti riconosciuti alla vittima sono parsi, a mio avviso, ampiamente congrui, anche per via della tassatività nell’escludere misure indennizzatorie in mancanza di allegazione di prova da parte del soggetto sul quale gravava l’onere. Tuttavia, in tre

40 L’Osservatorio ha indicato i criteri orientativi per la liquidazione del danno non patrimoniale da perdita

del rapporto parentale (aggiornati nel 2011) secondo il seguente schema:

- a favore di ciascun genitore per la morte di un figlio € 154.350,00 € 308.700,00 - a favore del figlio per la morte di un genitore € 154.350,00 € 308.700,00 - a favore del coniuge (non separato) o del convivente sopravvissuto € 154.350,00 € 308.700,00 - a favore del fratello per la morte di un fratello € 22.340,00 € 134.040,00 - a favore del nonno per la morte di un nipote € 22.340,00 € 134.040,00

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occasioni il giudice si è discostato dal risarcimento precostituito da criteri specifici ai quali doveva attenersi, precisamente: 1. nel liquidare la personalizzazione del danno, 2. il danno parentale da corrispondere al fratello della de cuius, oltre che nel caso di 3. danno da perdita di chance lavorativa, per il quale non ha distinto tra età lavorativa e pensionabile proprio in ragione del fatto che la prematura cessazione del versamento dei contributi è conseguenza immediata e diretta del danno subito dalla struttura sanitaria, e quindi dev’esser sostenuto dal convenuto. Merita osservazione il fatto che il Tribunale ha forse penalizzato in maniera eccessiva la struttura convenuta, non avendo accolto quasi alcuna difesa di questa, ma al contrario ritenendola responsabile per i danni arrecati nella quasi totalità dei casi (l’importo complessivo che dovrà corrispondere alla vittima è di 1.423.365,85 euro, oltre agli interessi legali).

Infine, resta da affrontare il problema che sorge rispetto all’an del risarcimento ai parenti “non prossimi” (nonni, nipoti, genero e nuora). Le vicende umane, soprattutto nei rapporti familiari, sono talmente variegate ed i rapporti affettivi e sentimentali così complessi che non si può sostenere che il connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità delle relazioni di parentela sia esclusivamente fondato sul requisito della coabitazione 41. A mio parere personale, non può escludersi la sussistenza del danno morale o biologico psichico riflesso in capo ad un parente secondario: affronterei semmai la questione in termini di onere della prova. Se la prova del danno riflesso in capo ai congiunti stretti può acquisirsi anche mediante presunzioni e secondo il principio del “id quod plerumque accidit”, in presenza di un rapporto di grado inferiore, il parente o l’affine che reclama il risarcimento del danno dev’essere tenuto a dare la prova (mediante testimonianze o produzioni di documenti scritti) di aver avuto particolare intimità col danneggiato primario e di aver patito conseguenze morali o psichiche a causa dell’evento dannoso. D’altra parte, ritengo che non si dovrebbe nemmeno limitare i casi di risarcimento alla mera ipotesi di convivenza tra i congiunti, senza effettuare un’ulteriore indagine sull’effettività di un rapporto “stretto”. Una volta comprovata la sussistenza del danno biologico, occorre precisare che il suo risarcimento -attribuibile ai superstiti iure proprio o hereditario- non comporta alcuna duplicazione risarcitoria. Trattandosi del medesimo danno, questo va riparato una sola volta secondo le modalità prospettate dal giudice di merito, nell’apprezzare la qualità dell’azione proposta dai familiari della persona deceduta in conseguenza dell’illecito altrui. Il Tribunale competente per la causa in esame ha stabilito che i familiari avessero diritto a ricevere iure successionis il risarcimento del danno biologico maturato in capo al defunto. Nel caso specifico del cognato della vittima (parente non prossimo), che ha agito in giudizio in qualità di erede della sorella di quest’ultima, la struttura è tenuta a risarcire 20.000,00 euro, nonostante mancasse il requisito della convivenza e la sorella fosse deceduta solo 10 mesi dopo i fatti per cui è causa.

Il tema della responsabilità professionale medica è davvero molto vasto: spesso i casi che si prospettano nel concreto portano a conclusioni tra loro distinte e talvolta

41 A titolo esemplificativo, si pensi all’ipotesi del nipote “ex filio” della persona deceduta per colpa altrui:

può esigere dal responsabile il risarcimento del danno non patrimoniale patito per la morte dell’avo? La risposta, stando al consolidato orientamento della giurisprudenza, sarebbe positiva solamente nel caso in cui vi fosse stata convivenza. Una cosi rigida interpretazione, a mio avviso, appare ingiusta rispetto a quei casi in cui un forte legame affettivo abbia contraddistinto il rapporto tra vittima dell’illecito e parente non convivente. Nel caso in cui i nonni abbiano di fatto allevato i nipoti, l’intimità che s’è venuta a creare tra loro è di rilievo tale da poter prescindere dal requisito della co-abitazione.

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contraddittorie. È davvero difficile per un giudice cimentarsi in casi simili, per il fatto che entrano in gioco valori costituzionali da proteggere nella misura più ampia possibile, quali il diritto alla salute e alla vita, in relazione all’eventuale prodursi di conseguenze negative, quali la morte della persona, che a sua volta comporta la sofferenza dei parenti e, più in generale, sconvolgimenti nel nucleo familiare.

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IL CHIRURGO ACCONDISCENDENTE: LA RESPONSABILITÀ CIVILE PER

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