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IL COMMENTO 1 Introduzione

4. Il nesso di causalità

In questa materia il tema del nesso di causalità ha connotati peculiari, poiché l'accertato errore dell'avvocato non costituisce normalmente causa efficiente del danno, potendo quest’ultimo –come sopra più volte rilevato- essere il risultato di un concorso di fattori, tra i quali l’attività negligente dell’avvocato può anche porsi come elemento del tutto trascurabile.

7 L'art. 14 del codice deontologico forense approvato dal CNF nella seduta del 31.01.2014 (in rete:

http://www.consiglionazionaleforense.it/site/home/area-avvocati/codice-deontologico-

forense/articolo8605.html), recita “L'avvocato al fine di assicurare la qualità delle prestazioni

professionali, non deve accettare incarichi che non sia in grado di svolgere con adeguata competenza”. 8 L’art.15 del codice deontologico forense, intitolato Dovere di aggiornamento professionale e di formazione continua, recita: “L’avvocato deve curare costantemente la preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento ai settori di specializzazione e a quelli di attività prevalente”.

9 Tiziano Stefanelli, La funzione costituzionale svolta dall’avvocato, in rete:

http://www.filodiritto.com/articoli/2006/09/la-funzione-costituzionale-svolta-dallavvocato/

10 “In una società fondata sul rispetto della giustizia, l’avvocato riveste un ruolo speciale. Il suo compito

non si limita al fedele adempimento di un mandato nell’ambito della legge. L’avvocato deve garantire il rispetto dello Stato di Diritto e gli interessi di coloro di cui deve difendere i diritti e le libertà; l’avvocato ha il dovere non solo di difendere la causa ma anche di essere il consigliere del proprio cliente. Il rispetto della funzione professionale dell’avvocato è una condizione essenziale dello Stato di diritto e di una società democratica” (Codice Deontologico degli Avvocati Europei del CCBE, articolo 1.1 – in rete: http://www.ccbe.eu/fileadmin/user_upload/NTCdocument/5761CodiceDeontologi6_1352191308.pdf ).

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E’ opportuno ricordare schematicamente le principali teorie sulla causalità elaborate dagli operatori del diritto nel corso degli anni:

a) La teoria della condicio sine qua non, secondo la quale, al fine di accertare se un certo fatto è causa di un determinato effetto, occorre, a posteriori, eliminare mentalmente dalla successione di accadimenti il fatto, per verificare se l’effetto si sarebbe ugualmente prodotto.

b) La teoria della causalità adeguata, secondo la quale un evento è conseguenza di una certa condotta se quest’ultima non solo ne costituisca la condicio sine qua non, ma risulti idonea a produrre l’evento secondo l’id quod plerumque accidit11.

c) La teoria della causalità umana, secondo la quale il nesso eziologico tra una condotta umana ed un evento sarebbe riscontrabile solo nel caso in cui la prima costituisca la condicio sine qua non del secondo ed il secondo non sia dovuto all’intervento di fattori eccezionali.

d) La teoria della causalità scientifica, secondo la quale la condotta umana è causa di un evento quando quest’ultimo è conseguenza della prima, secondo la miglior scienza ed esperienza di un determinato momento storico12.

Il codice civile non contiene alcuna definizione della nozione di causalità. E tuttavia la giurisprudenza ritiene che i principi enunciati dagli artt. 40 e 41 del codice penale siano applicabili “anche per accertare il nesso di causalità in tema di responsabilità civile”13, sebbene con particolari correttivi che incidono sul concetto stesso di causalità.

In particolare, per la verifica del nesso eziologico, la giurisprudenza civile utilizza il criterio della causalità adeguata, la quale viene anche definita teoria della regolarità causale, integrata con il c.d. principio della “preponderanza dell’evidenza”, fondato sul canone del “più probabile che non”.

Secondo tale principio, il nesso di causalità sussiste ogniqualvolta, alla luce di tutti gli elementi della fattispecie concreta acquisiti al giudizio, appaia più probabile che non che un determinato evento sia stato la conseguenza della condotta attiva od omissiva14.

11 Cassazione civile, sez. III, 19/07/2005, n. 15183 in Giust. civ. Mass. 2005, 9:“Un evento dannoso è da

considerarsi causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (cosiddetta teoria della "conditio sine qua non"); ma, nel contempo, non è sufficiente tale relazione eziologica per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all'interno delle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che, nel momento in cui si produce l'evento, non appaiono del tutto inverosimili (cosiddetta teoria della causalità adeguata o della regolarità causale). Pertanto, l'incidenza eziologica delle cause antecedenti va valutata, per un verso, nel quadro dei presupposti condizionanti (per cui deve trattarsi di "antecedente necessario" dell'evento dannoso, a questo legato da un rapporto di causazione normale e non straordinario) e per altro verso, in coordinazione con il principio della "causalità efficiente" che, contemperando la regola della "equivalenza causale", espunge appunto le cause antecedenti della serie causale (facendole scendere al rango di mere occasioni) in presenza di un fatto sopravvenuto "di per sè idoneo a determinare l'evento anche senza quegli antecedenti".

12 Cassazione penale, sez. IV, 17.12.1993, in Riv. Pen. Economia 1996, 56. 13 Cassazione Civile, Sezione III, n.15789 del 22.10.2003, in Foro it. 2004, I,2182. 14

Cassazione civile, sez. III, 16/10/2007, n. 21619, in Foro it., Rep. 2008, voce Responsabilità civile, n. 219, in Giust. civ. Mass. 2007, 10; Resp. civ. e prev. 2008, 2, 323 (con nota di LOCATELLI); Il civilista 2008, 11, 86 (con nota di PULICE):“Nel cosiddetto sottosistema civilistico, il nesso di causalità (materiale) - la cui valutazione in sede civile è diversa da quella penale (ove vale il criterio dell'elevato grado di credibilità razionale che è prossimo alla "certezza") - consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio (ispirato alla regola della normalità causale) del "più probabile che non"; esso si distingue dall'indagine diretta all'individuazione delle singole conseguenze dannose (finalizzata a delimitare, a valle, i confini della già

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Anche il tema del nesso di causalità nei giudizi di responsabilità civile dell’avvocato è stato oggetto di una costante evoluzione giurisprudenziale, nel segno di un crescente innalzamento degli standard di tutela assicurati al cliente, che dalle pronunce più datate, le quali, facendo leva sul principio dell’intangibilità del giudicato (secondo cui la res iudicata non avrebbe potuto formare oggetto di una valutazione prognostica neppure al solo fine di indagare quale fosse stata la condotta processuale dell’avvocato), negavano de plano l’accertamento del nesso di causalità e, in definitiva, la stessa responsabilità dell’avvocato15, è pervenuta al criterio probabilistico formulato in questo ambito per la prima volta dalla Corte di Cassazione nella sentenza n.1286 dell’8.02.199816, la quale ha stabilito che “posto che, in materia di responsabilità professionale, al criterio della certezza degli effetti della condotta si può sostituire, nella ricerca del nesso di causalità tra la condotta e l’evento, quello della probabilità di tali effetti e dell’idoneità della condotta a produrli, il rapporto causale sussiste anche quando l’opera del professionista, se correttamente e prontamente svolta, avrebbe avuto non già la certezza, bensì serie ed apprezzabili possibilità di successo”.

Il Tribunale di Pisa, nel suo percorso argomentativo della sentenza in commento, ha fatto puntuale applicazione del criterio probabilistico: ha infatti esaminato i fatti processuali che avevano portato al rigetto dell’opposizione ed ha concluso che risultava “poco probabile” che l’opposizione potesse trovare accoglimento, anche se l’avvocato non avesse commesso l’errore di introdurre il giudizio con ricorso anziché con citazione.

Ed ha di conseguenza affermato che “pur essendo evidente l’errore processuale fatto dal legale … non può ritenersi provato che la parte abbia subito per effetto dello stesso un danno”.

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