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chiarato all’amministratore sia sproporzionato rispetto allo standard di mercato, sia

nell’ipotesi in cui ad essere irragionevolmente determinato è il valore attribuito alle stock op- tion o alle restricted stock, con la conseguenza che l’importo del compenso che la società di- chiara di corrispondere all’amministratore è falsato, per difetto, dalla sottovalutazione degli “incentivi azionari” concessi.

(414) V. supra, nt. 356.

La deliberazione consiliare in questo caso non può dirsi essere stata adottata in manie- ra «conforme alla legge e all’atto costitutivo» perché le prerogative del consiglio di ammi- nistrazione risultano esercitate in vista di un interesse extrasociale, non riconducibile cioè all’interesse sociale che costituisce l’unico termine di riferimento al quale gli amministra- tori, in quanto soggetti «deputati alla cura di un interesse altrui», e cioè della società (416), possono indirizzare l’esercizio del loro potere derivato (417). Interesse sociale del quale peraltro nella fattispecie concreta qui in considerazione si deve fornire precipua specifica-

zione vuoi nella deliberazione dell’assemblea straordinaria di delega al consiglio di ammi-

nistrazione all’aumento di capitale ex art. 2443, co. 2, vuoi nella deliberazione dell’assemblea ordinaria da cui gli amministratori derivano ex art. 2357-ter il potere di di- sporre delle azioni proprie della società in favore degli amministratori.

10.1. Il potere-dovere di amministratori e collegio sindacale di impugnare la delibe-

razione consiliare, determinativa della remunerazione, che risulti invalida e dannosa. La conseguente responsabilità per omissione. ⎯ Come accennato al principio di questo pa-

ragrafo, l’art. 2388, co. 4, dispone che le deliberazione consiliari che non sono prese in conformità della legge o dell’atto costitutivo «possono» essere impugnate solo dal collegio sindacale (418) e dagli amministratori assenti o dissenzienti (419).

Se ci poniamo dall’angolo visuale degli azionisti i cui interessi siano lesi da una deli- berazione consiliare determinativa del compenso degli amministratori, la norma rileva sia sul piano della tutela invalidante, sia su quello della tutela risarcitoria.

Sotto il primo profilo, la norma non necessita di particolari glosse: è evidente che il legislatore affronta il trade-off tra, da un lato, la tutela degli interessi di coloro che hanno investito nella società e, dall’altro, l’istanza efficientistica alla continuità dell’azione socia- le (che risponde all’interesse degli stessi investitori, non va dimenticato), affidando il pote-

(416) Cfr. P.FERRO-LUZZI, La conformità, cit., p. 192 e 199.

(417) Già prima delle riforma la giurisprudenza di merito e la dottrina hanno prospettato il «difetto di potere» come vizio di validità della deliberazione consiliare: cfr. M. IRRERA,

L’invalidità, cit., p. 119-120

(418) Nel sistema dualistico le deliberazioni del consiglio di gestione possono essere im- pugnate dal consiglio di sorveglianza, ex art. 2409-undecies, co. 2, ma il punto non rileva per- ché, secondo l’interpretazione che si è fornita in precedenza (in questo capitolo par. 6), il con- siglio di gestione non è mai competente a determinare la remunerazione dei suoi componen- ti.

(419) Nulla si stabilisce in ordine agli amministratori astenuti: per l’equiparazione di que- sti ultimi agli assenti si esprime M.IRRERA, sub art. 2388, inAA.VV., Il nuovo diritto societa- rio, cit., p. 730; contraG.D.MOSCO, sub art. 2388, inAA.VV., Società di capitali, cit. p. 632.

re di impugnazione al collegio sindacale e all’amministratore dissenziente o assente e così sottraendo le decisioni consiliari al rischio di impugnazioni di “mero disturbo” che po- trebbero portare alla paralisi della gestione sociale.

Il secondo aspetto, sul quale occorre invece soffermarsi, consiste nella responsabilità risarcitoria in capo al collegio sindacale e agli amministratori assenzienti o dissenzienti che omettano colposamente di impugnare la deliberazione consiliare invalida.

Trattasi di un profilo di fondamentale importanza poiché è strettamente connesso, sul piano funzionale, al potere di impugnazione: il rischio per amministratori e sindaci di esse- re chiamati a rispondere personalmente della loro omissione colposa funge da sprone per l’attivazione da parte dei medesimi dello strumento invalidante. In altri termini, l’obbligo di risarcimento ha non solo una funzione di riparazione ma anche una funzione preventiva e deterrente (420).

La sussistenza di una responsabilità di tal genere è tuttavia un dato che non si ricava in maniera immediata dalla norma in considerazione (la quale, si è visto, dispone solo che amministratori e collegio sindacale possono impugnare) ma che si può fondatamente rica- vare da un riflessione di carattere sistematico.

La dottrina, come in precedenza ricordato, si è per decenni confrontata sul fondamen- to e sulla qualificazione (come semplice prerogativa ovvero come un potere-dovere fonte di responsabilità) del potere di impugnazione spettante ad amministratori e sindaci nei confronti delle deliberazioni assembleari annullabili, estendendo poi i termini dal dibattito anche al potere dei medesimi soggetti di impugnare, ex art. 2391, co. 3, la deliberazione consiliare assunta in conflitto di interessi.

Anche in questo caso non interessa ripercorrere i termini di tale confronto, bensì si in- tende fare proprio il metodo di analisi che in tale contesto si è rivelato più convincente, in- dividuando quindi le specifiche disposizioni di legge che definiscono i presupposti al ri- correre dei quali il potere di impugnazione si configura come uno specifico dovere di am- ministratori e sindaci, ed evitando di ricondurre la previsione di tale potere ad un postulato

(420) Cfr. P.FERRO-LUZZI, La conformità, cit., p. 203, ove, nel rilevare la scelta giuspoli- tica sottesa al sistema previgente di sottrarre le deliberazioni consiliari al regime di validità propria delle deliberazioni assembleari, si concludeva per l’appunto sottolineando come il le- gislatore avesse individuato nel sistema della responsabilità la garanzia essenziale di una cor- retta gestione sociale. Sul ruolo della tutela risarcitoria come strumento deterrente cfr. anche F.GUERRERA,La responsabilità, p. 400.

«interesse alla legalità dell’azione sociale» che implicherebbe un corrispondente, indi- scriminato, dovere di impugnazione (421).

Procedendo dunque lungo la direttrice di analisi appena tracciata, si osserva che il po- tere riconosciuto ad amministratori e sindaci risulta doversi ascrivere alla categoria del po-

tere-dovere non appena viene letto coordinatamente con il generale dovere dei medesimi

soggetti di perseguire l’interesse della società (422) e con lo specifico obbligo, che del primo è estrinsecazione, di fare quanto è nelle loro facoltà per evitare il compimento dell’atto che risulti pregiudizievole per la società ovvero attenuarne le conseguenze (arg.

ex art. 2392, cc. 2 e 3, e 2407, co. 2).

Difatti, dalla correlazione tra il potere di impugnazione e il dovere portato dalle norme appena citate, con conseguente obbligo di esercitare tutte le prerogative per evitare il veri- ficarsi di fatti pregiudizievoli, discende necessariamente che:

(a) gli amministratori assenti o dissenzienti e il collegio sindacale non hanno tanto un potere, quanto un dovere di impugnare la deliberazione consiliare invalida ogniqualvolta

quest’ultima risulti pregiudizievole per l’interesse sociale;

(b) qualora così non facciano, la loro omissione, se imputabile all’inosservanza del

grado di diligenza da essi dovuto in base alla legge e all’atto costitutivo (423) costituisce una fattispecie generatrice di responsabilità (ovviamente in solido con gli amministratori che abbiano votato a favore della deliberazione invalida) per il danno procurato alla socie- tà (424).

(421) In tal senso, con riferimento al potere di impugnazione delle deliberazioni assem- bleari, cfr. G.OPPO, Amministratori, cit., p. 402 ss.

(422) Sulla sussistenza di siffatto dovere, e sul suo fondamento normativo, non si può che rinviare agli Autori citati supra, nt. 8. Riconducono il potere-dovere di amministratori e sinda- ci di impugnare la deliberazione consiliare in conflitto di interessi all’obbligo di perseguire l’interesse sociale, tra i molti, C.ANGELICI, Amministratori di società, conflitto di interessi e

art. 1394 cod. civ., in Riv. dir. comm., 1970, I, p. 107; P.FERRO-LUZZI, La conformità, cit., p.

200 nt. 207; L.ENRIQUES, Il conflitto, cit., p. 354.

(423) Anche in questo caso va ribadito che non può essere fonte di responsabilità l’omessa impugnazione di una deliberazione consiliare la cui invalidità non poteva essere ac- certata dagli amministratori assenti o dissenzienti utilizzando la diligenza ad essi richiesta dalla legge.

(424) In particolare, con riferimento all’art. 2392, co. 3, occorre precisare che non sembra si possa contestare che l’eventuale “duplice segnalazione” del dissenso (nel libro delle adu- nanze e al presidente del collegio sindacale) rispetto alla deliberazione consiliare da parte de- gli amministratori esonerebbe questi ultimi da ogni responsabilità e pertanto nessun obbligo di impugnazione potrebbe, al ricorrere di tali presupposti, essere tratto dalla disposizione in considerazione. Invero, sulla base della stessa formulazione letterale dell’inciso dell’art. 2392, co. 3, («essendo immune da colpa») sembra corretto asserire che la “duplice segnalazione” non è di per sé sufficiente ogniqualvolta l’amministratore non può ritenersi «immune da col-

Se queste sono le conseguenze di carattere obbligatorio nei confronti della società, v’è peraltro da sottolineare che l’omessa impugnazione da parte degli amministratori assenti o dissenzienti ovvero del collegio sindacale può assumere rilievo anche ai sensi degli artt. 2394 e 2395, consentendo rispettivamente ai creditori (quando ricorrano tutti i presupposti definiti dall’art. 2394) (425) e ai singoli soci o terzi, che subiscano un danno diretto dall’esecuzione della deliberazione (426), di agire non solo nei confronti degli amministra-

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