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(87) Sul costo-opportunità per la società delle stock option e sui costi che esse comporta-

no per gli azionisti (il c.d. “effetto diluizione”) cfr. capitolo III, par. 3.

(88) V. supra, in questo capitolo par. 2.1.

(89) Uno studio empirico ritiene di aver trovato indizi statisticamente rilevanti di tale ten- denza:D.ABOODY eR.KASZNIK, Ceo stock option awards and the timing of corporate volun- tary disclosure, in 29 Journal of Accounting and Economics, 2000. Altra parte della letteratura che si era in precedenza interrogata sulle cause di una correlazione tra attribuzione di stock option e successiva crescita anormale delle quotazioni aveva ritenuto che suddetta correlazio- ne fosse piuttosto da imputare alla capacità dei chief executive officer di influenzare le scelte del comitato di remunerazione della società, riuscendo così ad attribuirsi stock option in date immediatamente antecedenti la diffusione di buone notizie circa l’andamento della società: cfr. D.YERMACK, Good Timing: CEO Stock Option Awards and Company News Announce- ments, in 52 The Journal of Finance, 1997, p. 449

(b) Analogamente, rispetto agli effetti sulla disclosure che le stock option possono

comportare in un momento successivo alla loro attribuzione, si può verificare il caso in cui i manager decidano di non rendere note informazioni negative circa le prospettive reddi- tuali della società se non dopo aver esercitato le stock option e venduto le relative azioni (90).

Anche rispetto a questo profilo si devono pertanto richiamare le considerazioni svolte nel paragrafo precedente in ordine all’importanza, al fine di prevenire le ipotesi descritte, della normativa sull’insider trading e sull’internal dealing, da un lato, e della predisposi- zione da parte delle società di specifiche condizioni, già indicate nel paragrafo precedente, alle quali subordinare l’esercizio delle opzioni o la vendita delle relative azioni.

4.1.2. (segue) effetti sull’incentivo ad assumere decisioni rischiose. ⎯ Passando al di- stinto profilo degli incentivi concernenti l'attitudine ad assumere decisioni rischiose, si de- ve innanzitutto ricordare che tradizionalmente nella letteratura economica le stock option vengono indicate come uno strumento diretto a controbilanciare la tendenziale avversione al rischio dei manager, così da indurli ad assumere quelle decisioni che risultano ottimali dalla prospettiva degli azionisti, tendenzialmente meno avversi al rischio.

L’effetto cercato può tuttavia in concreto non essere conseguito, in taluni casi per ec- cesso, in altri per difetto.

Per capire come ciò possa accadere si deve tenere presente che le stock option hanno per gli amministratori valore (intrinseco) (91) pari a zero sino a quando il valore dell’azione (il c.d. sottostante) permane inferiore o pari allo strike price e solo partire dal momento in cui il valore di quest’ultima supera la soglia dello strike price, ogni oscilla- zione di valore dell’azione si traduce in una variazione di pari ampiezza del valore (intrin- seco) della stock option.

Da siffatta struttura asimmetrica, “non lineare”, di remunerazione possono conseguire, a seconda delle situazioni, conseguenze diametralmente opposte sul piano dell’incentivo ad assumere decisioni rischiose.

(90) L’unico studio empirico condotto negli Stati Uniti non ha trovato indizi statistica- mente rilevanti – se non nelle società di ridotte dimensioni – di tale comportamento, che inte- grerebbe anche negli Stati Uniti la fattispecie dell’insider trading (v. J.N.CARPENTER e B. REMMERS, op. cit., p. 515).

(91) Il valore intrinseco (intrinsic value) della stock option è dato dalla differenza tra valo- re di mercato dell’azione e prezzo di esercizio dell’opzione.

Da un lato, le stock option possono, nel caso in cui il prezzo delle azioni sia sceso ben al di sotto dello strike price, indurre i manager ad assumere decisioni gestionali che com- portano un livello di rischio eccessivo (92) per l’impresa, pur di riportare il prezzo dell’azione al di sopra dello strike price (la c.d. gambling for resurrection) (93).

Dall’altro lato, esse possono paradossalmente rendere i manager più avversi al rischio rispetto a quanto gli stessi sarebbero altrimenti. Ciò si può verificare quando le stock op-

tion possedute abbiano acquistato un valore positivo, sono cioè in the money: a partire da

tale momento i manager potrebbero invero temere operazioni “rischiose” che possano comportare una riduzione del valore dell’azione sino ad un livello inferiore allo strike

price, con conseguente perdita dell’intero guadagno annesso alle stock option sino a quel

momento detenute (94).

4.1.3. (segue) effetti sulla distribuzione degli utili e sull’acquisto di azioni proprie. ⎯ Le stock option possono inoltre introdurre delle distorsioni nella politica finanziaria della società nella misura in cui inducano gli amministratori a (sottoporre all’assemblea la pro- posta di) (95) non distribuire gli utili conseguiti e ad acquistare azioni proprie, a prescin- dere dalla rispondenza di siffatte strategie di investimento con l’interesse degli azionisti

(92) Vale a dire assumendo iniziative con maggiore varianza di risultati rispetto ad altre con valore atteso superiore ma con varianza minore. Sul punto cfr. J.N.GORDON, What En- ron Means for the Management and Control of the Modern Business Corporation: Some Ini- tial Reflections, in 69 Univesity of Chicago Law Review, 2002, p. 1245; B.J.HALL, Six chal- lenges, cit., p. 15, nt. 30, e, anche con riferimento alla governance delle banche,S.DE POLIS,

Nuovi profili, cit., p. 181.

(93) Non si deve peraltro dimenticare che molte società statunitensi, constatando come il differenziale tra prezzo dell’azione e prezzo di esercizio dell’opzione era divenuto così ampio da rendere le stock option del tutto inutili come strumento di incentivo (perché la possibilità di un guadagno ad esse correlato era divenuto uno scenario affatto irrealistico) hanno proce- duto a ridurre lo strike price originariamente stabilito. L’opportunità di tale operazione (il c.d. repricing) è dibattuta nella letteratura economica: cfr. V.V. ACHARYA, K. JOHN e R.K.

SUNDARAM, On the optimality of resetting executive stock options, in 57 Journal of Financial Economics, 2000, p. 95; S. BOZZI eL. CAPRIO,Retribuzioni del management e stock option, in AA.VV.,La governance dell’impresa tra regole ed etica, a cura di F. Carotti, G. Schlitzer e

G. Visentini, Milano, 2004, p. 94;L.BEBCHUCK eJ.FRIED, op. cit., p. 166, i quali osservano che, onde evitare le controindicazioni del repricing, sarebbe preferibile, ab initio, attribuire stock option indicizzate ai movimenti del mercato, il cui prezzo di esercizio si riduce dunque correlatamente a ribassi non imputabili a scelte di gestione degli amministratori.

(94) Spunti in tal senso in J.M.ABOWD eD.S.KAPLAN, Executive compensation: six ques- tions that need answering, NBER Working Paper 7124, 1999, p. 13; B.J.HALL e J.B.LIEBMAN,

Are CEOs Really Paid Like Bureaucrats ?, NBER Working Paper 6213, 1997, p. 32; B.J.HALL,

(96). Le motivazioni sottese a siffatte scelte di gestione finanziaria possono essere molte- plici.

La riduzione dei dividendi potrebbe essere preferita dai manager in considerazione del fatto che la distribuzione degli utili può provocare una riduzione del valore (dell’azione e) dell'opzione da loro detenuta, in particolare considerando che l’opzione non conferisce – di regola – alcuna partecipazione ai dividendi (97).

Per quanto poi concerne le operazioni di acquisto di azioni proprie, esse potrebbero essere condotte con lo scopo di sostenere i corsi azionari in concomitanza con la possibili- tà di esercizio delle loro opzioni. O, ancora, potrebbero essere adottate come forma di di- stribuzione dell’utile alternativa al dividendo (98), così da evitare una potenziale perdita di valore dell’opzione e, al tempo stesso, una riduzione del rapporto utili per azione (ear-

nings per share, anche noto come eps), grandezza alla quale i mercati fanno ampio riferi-

mento per la valutazione delle azioni (99).

Se, e in che misura, si siano nella prassi concretizzati gli scenari appena ipotizzati è un quesito rispetto al quale la letteratura che ha condotto indagini di carattere empirico (sulla

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