proprie del rapporto amministrativo quelle ben più consistenti del lavoro subordinato. Se l’interesse è, infatti, soltanto della società, la via più semplice per soddisfarlo resta quella della delega amministrativa, che può benissimo assumere a proprio oggetto le funzioni tipiche del- la direzione generale (in tal caso la società non avrà un direttore generale, ma un amministra- tore delegato incaricato della «parte esecutiva») ». Anche B.LIBONATI,L’impresa e le società.
La società per azioni, Milano, 2004, p. 250, non esclude «che l’amministratore possa essere dipendente della società, come ormai si tende, per consentire anche all’amministratore dele- gato di godere di misure assistenziali e previdenziali, e purché l’assunzione non sia successi- va al conferimento della delega al fine di evitare, almeno sotto il profilo formale, configura- zioni abusive».
(304) Sull’attribuzione di stock option o di azioni ex art. 2349 ai dipendenti cfr. G. ACERBI, op. cit., passim.
nistrazione, in relazione alle «particolari cariche» – ex art. 2389, co. 3 – dagli stessi svolte in veste di componenti del suddetto comitato (305).
La prima interpretazione sembra preferibile, per due ragioni.
In primo luogo, perché la fattispecie astratta delineata dall’art. 2389, co. 3, 1° periodo, e la ratio sottesa alla ripartizione di competenze in esso prevista, non trova riscontro nell’ipotesi in esame: se è vero che i componenti del comitato per il controllo sulla gestio- ne sono chiamati a svolgere funzioni specifiche nell’ambito del consiglio di amministra- zione, non va tuttavia trascurato che queste ultime sono espressamente disciplinate dalla legge e sono da ricondurre alla funzione di supervisione. Le funzioni di cui si tratta sono pertanto ben distinte dalle «particolari cariche», concernenti la gestione della società o dell’impresa sociale, alle quali si riferisce l’art. 2389, co. 3 (306). Anzi, è lo stesso art. 2409-octiesdecies, c. 2, ad escludere (non a caso utilizzando la stessa terminologia dell’art. 2389, co. 3) che gli amministratori in questione possano essere destinatari di «deleghe o particolari cariche».
La conclusione qui sostenuta è corroborata anche da una considerazione di carattere sostanziale: l’interpretazione ad essa alternativa si porrebbe in contraddizione, non sul piano formale ma certamente sotto un profilo funzionale, con il requisito di «indipenden- za» che tutti i componenti del comitato per il controllo sulla gestione devono possedere ai sensi dell’art. 2409-octiesdecies, co. 2. Sono infatti evidenti i pericoli che discendono da una soluzione che assegna ai “controllati” la competenza a stabilire la remunerazione dei “controllori”. Né si potrebbe obiettare che la legge assegna persino la competenza alla nomina dei componenti il comitato al consiglio di amministrazione. L’obiezione non sa- rebbe concludente perché – a prescindere dal fatto che lo statuto può disporre diversamen- te con riferimento a quest’ultimo profilo (art. 2409-octiesdecies, co. 1) – l’una e l’altra competenza sono ben distinte: se l’assegnazione della prima al consiglio di amministra- zione già di per sé comporta il rischio di una carenza di obiettività nell’azione di supervi-
(305) Con riferimento alla retribuzione dei componenti i comitati interni al consiglio di amministrazione – ad es. i comitati previsti dal “Codice di Autodisciplina” delle società quo- tate della Borsa Italiana s.p.a. – cfr. supra, nt. 248.
(306) Sui compiti del comitato per il controllo sulla gestione cfr., per tutti, S. PROVIDENTI, sub art. 2409-octiesdecies, in AA.VV., Codice commentato delle nuove società,
cit. p. 649 ss. e P.VALENSISE, sub art. 2409-octiesdecies, in AA.VV., La riforma delle società, cit., p. 740 ss.
sione, a maggior ragione sembra corretto propendere per l’interpretazione che assegna la seconda all’assemblea (307).
Peraltro, se si condivide la tesi appena proposta secondo la quale si devono applicare le norme in tema di remunerazione del collegio sindacale, dovrebbe affermarsi che, in ap- plicazione dell’art. 2402 cod. civ., il compenso dei componenti il comitato per il controllo sulla gestione sia immutabile per tutta la durata del loro mandato (308).
7. La competenza alla determinazione della retribuzione dei componenti il consiglio
di gestione nel sistema dualistico, in generale e con particolare riferimento alla parteci- pazione agli utili e alle stock option. ⎯ Un assetto di competenze diverso da quello previ-
sto dall’art. 2389 è disposto dal legislatore per quanto concerne la remunerazione dei componenti il consiglio di gestione nel sistema dualistico.
L’art. 2409-terdecies, co. 1, lett. a), cod. civ., stabilisce infatti che il compenso dei componenti il consiglio del consiglio di gestione è determinato dal consiglio di sorve- glianza, «salvo che la relativa competenza sia attribuita dallo statuto all’assemblea», men- tre l’art. 2409-undecies cod. civ. («norme applicabili») non menziona l’art. 2389 tra le re- gole sugli amministratori applicabili al consiglio di gestione (309).
Da tali disposizioni si dovrebbe desumere che nel sistema dualistico la definizione del compenso di componenti del consiglio di gestione è demandata («salvo che la relativa competenza sia attribuita dallo statuto all’assemblea») sempre al consiglio di sorveglianza, anche nel caso alcuni di essi siano destinatari di particolari deleghe operative e ci si po- trebbe domandare se dal mancato richiamo dell’art. 2389, co. 2, si debba desumere l’illegittimità del riconoscimento di una partecipazione agli utili o di stock option, ovvero di altre forme di remunerazione aleatoria, per i componenti il consiglio di gestione.
(307) Contra, A. GUACCERO, sub artt. 2409-sexiesdecies/2409-noviesdecies, in AA. VV.,
Società di capitali. Commentario, cit., p. 918, il quale ritiene che la competenza a stabilire la remunerazione dei componenti il comitato spetta al consiglio di amministrazione, ex art. 2389, co. 3, 1° periodo, anche in considerazione del fatto che la stessa nomina a membro del comitato è effettuata dal consiglio. L’Autore ritiene comunque consentito che lo statuto dero- ghi alla disciplina codicistica rimettendo la relativa competenza all’assemblea, come viene espressamente previsto per la nomina a membro del comitato.
(308) Per la medesima conclusione v. A.GUACCERO, op. cit., p. 919.
(309) Come ricorda L.SCHIUMA, sub art. 2409-undecies, in AA.VV., La riforma delle socie- tà, cit., p. 689-690, il richiamo dell’art. 2389 era presente nello schema di decreto delegato ap- provato in via preliminare il 30 settembre 2002 dal Consiglio dei ministri ed è stato successi- vamente espunto dalla versione definitiva dell’articolo.
L’utilizzo del condizionale è d’obbligo, perché il quadro normativo testé prospettato è incompleto se non si prendono in considerazione anche le norme che disciplinano in via generale e residuale l’applicazione al sistema monistico e dualistico delle norme dettate per il sistema tradizionale. Si tratta dell’art. 2380, co. 3, il quale dispone che «salvo che sia diversamente stabilito, le disposizioni che fanno riferimento agli amministratori si appli- cano a seconda dei casi al consiglio di amministrazione o al consiglio di gestione» e dell’art. 223-septies disp. att. il quale, per quanto qui interessa, prevede la medesima di- sposizione dell’articolo testé riportato, poiché rende applicabili, «in quanto compatibili» e «salvo non diversamente stabilito», ai componenti del consiglio di gestione le norme che fanno riferimento agli amministratori.
Le due norme da un lato impongono di sottoporre a vaglio critico la conclusione in precedenza prospettata circa la competenza esclusiva del consiglio di sorveglianza e, dall’altro, risultano determinanti nel risolvere il dubbio sulla legittimità delle stock option e di altre formule retributive.
Sotto il primo profilo, si potrebbe essere indotti a pensare che il principio dell’applicazione residuale delle norme sugli amministratori ai componenti il consiglio di gestione consenta – per analogia con quanto previsto dall’art. 2389, co. 3, 1° periodo – al consiglio di gestione di stabilire la ulteriore remunerazione spettante a coloro che nell’ambito del medesimo consiglio sono destinatari di «particolari cariche in conformità dello statuto».
L’ipotesi interpretativa sembra tuttavia da respingere, per il contrasto con i criteri di applicazione “residuale” specificati dagli artt. art. 2380, co. 3, e 223-septies disp. att.
Da queste norme si deve infatti desumere che l’art. 2389, co. 3, 1° periodo non è ap- plicabile al consiglio di gestione innanzitutto perché la materia della competenza sulla re- munerazione è «diversamente» disciplinata dal già citato art. 2409-terdecies.
Inoltre la disposizione in considerazione non è applicabile al sistema dualistico perché non risulta con esso «compatibile». Non solo, e non tanto, sul piano formale (310) quanto sul piano sostanziale: la ratio dell’art. 2389, co. 3, 1° periodo, e le esigenze operative ad esso sottese non sussistono nel sistema dualistico. Si consideri infatti che la scelta compiu- ta nel sistema tradizionale con l’art. 2389, co. 3, 1° periodo, si fonda sulla premessa che
(310) La norma fa riferimento al parere del collegio sindacale, ma per vero l’obiezione po- trebbe essere superata per l’applicazione residuale al consiglio di sorveglianza delle disposi- zioni che fanno riferimento al collegio sindacale.
l’assemblea non sia tecnicamente in grado di valutare la materia e sia pertanto preferibile, anche sul piano dell’agilità e rapidità dell’azione sociale, assegnare al consiglio di ammi- nistrazione il processo di contrattazione della retribuzione degli amministratori delegati. Orbene, questa stessa giustificazione non può riproporsi con riferimento al consiglio di sorveglianza, il quale è un organo chiamato a svolgere funzioni non solo di supervisione ma anche di “alta amministrazione” (311) e si caratterizza inoltre come un “organo profes- sionale” (312), certamente più rapido e snello dell’assemblea, al quale la legge richiede la competenza tecnica e l’impegno necessari (anche) per stabilire la remunerazione dei com- ponenti il consiglio di gestione, oltre che – è opportuno ricordarlo – per designarli a tale incarico ed eventualmente revocarli.
Si può dunque fondatamente affermare che nel sistema dualistico il legislatore italia- no, nel solco di quanto già previsto in Francia (313) e in Germania (314), ha preferito, sul-
(311) Cfr., per tutti, L.SCHIUMA, op. cit., p. 706 ss.
(312) In questi termini A.GUACCERO, sub artt. 2409-octies/2409-quinquiesdecies, in AA.
VV., Società di capitali. Commentario, cit., p. 885, ricordando che è la stessa relazione di ac- compagnamento al d.lgs. 6/2003 ad utilizzare tale terminologia.
(313) Cfr. l’art. L. 225-63 del Code de commerce il quale assegna al conseil de surveillance il compito di stabilire, con piena libertà circa le sue componenti (variabili e fisse), la remune- razione dei componenti del directoire: in generale sull’argomento, P.LE CANNU, Droit des
sociétés, Paris, 2003, p. 486, il quale dà conto di quell’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale il conseil de surveillance può persino modificare, in senso peggiorativo, il compenso durante lo svolgimento del rapporto (come espressamente previsto dall’art. 87, Abs. 2, della legge azionaria tedesca Aktiengesetz, nel caso in cui il peggioramento della situazione eco- nomica renda gravemente iniquo il compenso originariamente pattuito: cfr. G.B.PORTALE,
Compenso,cit., p. 800) .
(314) In base all’art. 87 AktG il compenso dei componenti del Vorstand è stabilito dall’ Aufsichrat. Per un’analisi della prassi a tal riguardo (tenendo presente che il sistema italiano non prevede la partecipazione di rappresentati dei dipendenti e dunque le disfunzioni ivi ri- scontrate non si applicano al caso italiano) cfr. B. CHEFFINS, The Metamorphosis of “Ger- many Inc.”: The Case of Executive Pay, in 49 American Journal of Comparative Law, 2001, p. 497 ss. È opportuno in proposito notare l’enfasi posta sull’argomento dalle disposizioni del recente Codice di Autodisciplina delle società quotate (il c.d. Codice Cromme), disponibile su www.corporate-governance.de/index-e.html, il quale (con norma che vincola solo in termini di pubblicazione delle ragioni del mancato adeguamento da parte della società, la c.d. comply or explain rule) così dispone: «(4.2.2) Su invito del Comitato, che si occupa dei contratti dei membri del Consiglio di Gestione, l'Assemblea plenaria del Consiglio di Sorveglianza deve consultarsi sulla struttura del sistema di retribuzione dei membri del Consiglio di Gestione, verificandola ad intervalli regolari. La remunerazione dei membri del Consiglio di Gestione è determinata dal Consiglio di Sorveglianza, tenuto conto di eventuali ulteriori emolumenti percepiti all'interno del gruppo, in un importo appropriato, sulla base della valutazione della prestazione. Criteri per la determinazione della remunerazione adeguata sono, in particolare, i compiti attribuiti al rispettivo membro, il suo rendimento personale, il rendimento del Consi- glio di Gestione nonché la situazione economica e i risultati e le prospettive dell'impresa ri- spetto alle imprese operanti nello stesso settore. (4.2.3) La remunerazione totale dei membri del Consiglio di Gestione dovrà essere composta da un importo fisso e da componenti varia- bili. Le parti della remunerazione variabile dovrebbero includere componenti una tantum,
la base delle differenze funzionali e strutturali che distinguono il consiglio di sorveglianza dall’assemblea, discostarsi dall’assetto di competenze delineato nel sistema tradizionale con l’art. 2389, co. 3, così evitando che i componenti del consiglio di gestione istituzio- nalmente più influenti nell’ambito del consiglio (in quanto consiglieri delegati) abbiano come controparti del processo di determinazione della loro remunerazione i loro colleghi del consiglio (315).