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Consob n DEM/1059750 del 2 agosto 2001) e la disciplina sulla sollecitazione

all’investimento (cfr. in proposito R.RORDORF, “Stock options” ed informazione del mercato,

in Società, 2001, p. 147; M.GIURGOLA, La sollecitazione all’investimento e la disciplina spe-

ciale sulle stock option, in Società, 2002, p. 1357, e la Comunicazione Consob n. DEM/1013376 del 23 febbraio 2001).

(200) Sull’ “elencazione disgiuntiva” (i.e. i cui termini sono tra loro collegati da «o») in generale cfr. G. TARELLO, L’interpretazione della legge, in Trattato di diritto civile e com-

merciale, già diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da L. Mengoni, I, t. 2, Milano, 1980, p. 131.

commisurati ad un parametro diverso dagli utili, quale il fatturato o la variazione di valore dell’azione della società (201).

Il secondo problema interpretativo che la norma pone è connesso al 3° comma e deri- va dalla constatazione di come, nel trattare il tema della retribuzione destinata agli «am- ministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto», e determinata dal consiglio di amministrazione, la disposizione in esame utilizza il termine «remunerazione» e non più – come nel comma precedente – il termine «compenso». Anche in considerazio- ne della riflessione già condotta da autorevole dottrina sull’analoga distinzione lessicale contenuta nell’ art. 2389 cod. civ. previgente (202), sembra opportuno accertare se tale difformità terminologica implichi anche una qualche diversità di disciplina dei «compen- si» (destinati a tutti gli amministratori) rispetto alla «remunerazione» (attribuita ai soli amministratori delegati).

2.1. Il carattere esemplificativo dell’art. 2389, co. 2. ⎯ Nell’affrontare il primo dei due quesiti prospettati nel paragrafo precedente, si deve innanzitutto constatare che l’elencazione di cui all’art. 2389, co. 2, non menziona il compenso predeterminato in de- naro.

L’omissione è di assoluto rilievo ai fini che qui interessano poiché da essa non si può che trarre la conclusione che il 2° comma non contiene una «definizione estensionale» (203) del termine «compensi». In altri termini, l’elencazione di cui si tratta non può che avere carattere esemplificativo delle forme di compensi che possono essere corrisposti agli amministratori poiché, qualora si ritenesse che essa abbia carattere tassativo, si dovrebbe sillogisticamente derivare da siffatta premessa generale la necessaria – ma assurda – con- seguenza che agli amministratori non può essere corrisposto un «compenso» fisso in dena- ro, in quanto questa forma di retribuzione non è riconducibile né all’una né all’altra delle due categorie contemplate nell’elencazione (204).

(201) Quest’ultima ipotesi è ad esempio quella che si realizza mediante gli stock appre- ciation right, sui quali v. supra, capitolo II par. 1.

(202) Il riferimento è al noto studio di A.MIGNOLI, Le “partecipazioni agli utili” nelle so-

cietà di capitali, Milano, p. 121 ss., sul quale v. infra, in questo capitolo nt. 33.

(203) Cfr. G.TARELLO, L’interpretazione, cit., p. 202, ove si chiarisce che «carattere della

definizione estensionale è che gli enti ascritti come specie al genere definito esauriscono il genere».

(204) Sul ricorso all’argomento ab absurdo v., in via generale, L. MENGONI, L’argomentazione orientata alle conseguenze,in Riv. trim. dir. proc. civ., 1994, p. 1 ss.

Il ricorso al criterio ermenutico apagogico appena proposto al fine di dimostrare il ca- rattere esemplificativo della disposizione potrebbe, tuttavia, essere ritenuto non del tutto soddisfacente. Si potrebbero infatti ipotizzare due interpretazioni, alternative, che condu- cono ad una conclusione diversa da quella a cui si è appena giunti. Di tali ipotetiche letture della disposizione occorre allora dare conto al fine di confutarne la fondatezza e conferma- re la correttezza dell’esegesi proposta.

In primo luogo, si potrebbe sostenere che la disposizione in esame concerne la sola re- tribuzione diversa da quella “ordinaria”, certa e predeterminata. Rispetto a tale più ristretto ambito applicativo essa elencherebbe, allora in maniera tassativa, e in base ad una precisa scelta giuspolitica, le forme di remunerazione (diverse da quella fissa e predeterminata) consentite.

L’obiezione ipotizzata non può essere condivisa, poiché si fonda su una mera supposi- zione, priva di riscontro testuale. Gli è invero che di siffatta discriminazione tra compen- sazione “ordinaria” fissa in denaro e compensazione “straordinaria” aleatoria (205) non si trova indizio alcuno, né nel dettato dell’art. 2389, né nella relazione di accompagnamento al d.lgs. 6/2003. Quest’ultima si limita ad affermare che «si è anche precisato nell’art. 2389 che è possibile attribuire agli amministratori, a titolo di compenso, il diritto di sotto- scrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione. In tal modo si è confermata la diffusa pratica delle stock-options con la cautela, però, non essendosi modificato l'ultimo comma dell'art. 2441 c.c., che deliberazioni assembleari in tal senso richiederanno in ogni caso una congrua motivazione alla luce dell'interesse sociale richiamato dal quinto comma del medesimo articolo, e l'applicazione pertanto delle maggioranze rafforzate ivi richie- ste».

Dalla lettura della relazione sembrerebbe dunque – il condizionale è d'obbligo data la laconicità del testo sul punto – che il legislatore delegato nel riformulare l'art. 2389, nella parte che qui interessa, abbia tralatiziamente mantenuto la menzione della partecipazione agli utili già contemplata dall’art. 2389 cod. civ. previgente e abbia ritenuto opportuno ag- giungere – al fine precipuo di fugare ogni dubbio circa la liceità dell’attribuzione di stock

option agli amministratori – un espresso riferimento alla fattispecie più nota e diffusa rap-

(205) E prescindendo per un momento dalla considerazione che non si può sul piano formale ascrivere le stock option alla categoria giuridica della remunerazione variabile e alea- toria poiché la corresponsione di opzioni agli amministratori – sebbene si risolva di fatto in una retribuzione dall’esito economico incerto e non predeterminato – è sul piano giuridico

presentata dall’attribuzione del diritto di sottoscrivere azioni di nuova emissione (206), ma senza voler attribuire a tale riferimento alcun carattere di esaustività (207), in altri termini senza voler prendere posizione sul dibattito, per vero irrisolto nel regime previgente, circa la tassatività ex lege delle forme di remunerazione degli amministratori previste dall’art. 2389 (208).

Il passo della relazione appena riportato potrebbe, tuttavia, indurre taluno a proporre una seconda, ulteriore ed alternativa, lettura dell’art. 2389 co. 2, alla quale si è, per l’appunto, accennato da principio di questo paragrafo.

Si potrebbe sostenere che la disposizione, pur non limitando le forme di remunerazio- ne consentite nel nostro ordinamento alle ipotesi “tipiche” nella medesima previste, circo- scrive però la liceità degli incentivi azionari alle sole stock option che comportano l’attribuzione del diritto di sottoscrivere azioni di nuova emissione a prezzo predetermina- to, ed esclude pertanto ogni diversa forma di incentivo azionario. Questa conclusione – si

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