tions, cit., p. 53 ss.
(186) Cfr. IFRS 2, Appendix A, Defined Terms. (187) Cfr. IFRS 2, §§ 19-22.
La contabilizzazione in conto economico dovrà inoltre essere corredata da una serie di informazioni esplicative – in nota integrativa – concernenti la natura degli incentivi azio- nari concessi nel corso dell’anno, le modalità di calcolo del loro fair value e la loro inci- denza sul risultato d’esercizio (189).
La disclosure risulterà pertanto deputata a svolgere un ruolo fondamentale nel aumen- tare la trasparenza circa l’utilizzo degli incentivi azionari e nel rendere decifrabili, e dun- que tra loro comparabili, le scelte discrezionali che gli emittenti potranno compiere nell’adattare alle peculiarità delle stock option concesse a dipendenti e amministratori le metodologie di valutazione utilizzate per le normali opzioni call trattate sul mercato (190).
Infine, sul piano comparatistico, è opportuno sottolineare come il principio contabile in considerazione impone alle società di contabilizzare sempre e comunque il fair value delle stock option concesse. Non si pone quindi il rischio di quell’effetto “discriminante” nella scelta degli incentivi azionari che, come già esposto, sembrano aver avuto le regole contabili statunitensi (US GAAP) che, consentendo di scegliere tra il metodo del fair va-
lue (SFAS 123) e quello dell’intrinsic value (APB 25), hanno indotto (o sono state co-
munque uno dei fattori che hanno indotto) quasi tutte le società statunitensi ad adottare
stock option at the market in considerazione del fatto che queste ultime, diversamente da restricted stock e stock option indicizzate, presentano alla grant date un valore intrinseco
(e dunque un costo contabile) pari a zero. Siffatta possibilità di scelta, e la discriminazione che essa comporta, sembra comunque destinata ad essere rimossa anche negli Stati Uniti, atteso che (come già fatto presente) (191) il FASB, l’organizzazione privata di regolazione contabile corrispondente allo IASB, si è espresso a favore dell’applicazione generalizzata del metodo del fair value192.
4. L’attribuzione di incentivi azionari agli amministratori indipendenti. ⎯ Come si è già accennato, la raccomandazione della Commissione Europea sul ruolo degli ammini- stratori indipendenti del 15 febbraio 2005 è accompagnata da un allegato nel quale vengo- no delineate alcune linee guida che si ritiene auspicabile gli Stati membri facciano proprie
(189) Cfr. IFRS 2, §§ 44 ss.
(190) Sulle metodologie di valutazione cfr. supra, in questo capitolo nt. 36, e IASB, IFRS 2 Basis for Conclusions February 2004, p. 40 ss., nonché lo stesso IFRS 2, Appendix B.
(191) V. supra, capitolo II par. 6.
(192) V., per un resoconto del dibattito, IASB, IFRS 2 Basis for Conclusions February 2004, p. 74 ss.
nel definire delle situazioni che precludono l’assunzione della carica di amministratore in- dipendente.
Tra i criteri previsti in tale allegato, meritevole di specifica menzione e riflessione in questa sede è quello in cui si dispone che forme di remunerazione legate alla performance della società siano incompatibili con questa specifica categoria di amministratori.
L’imposizione invero non appare condivisibile nella misura in cui, pur riconoscendo una generale flessibilità agli Stati membri nel recepimento delle linee guida, è espressa in maniera tale da escludere a priori – senza prevedere spazio alcuno per eventuali eccezioni – uno strumento che potrebbe invece in taluni casi contribuire a migliorare l’efficacia e l’efficienza del sistema di governo societario.
Da un lato, infatti, il collegamento tra performance e remunerazione potrebbe rappre- sentare un importante stimolo per indurre gli amministratori indipendenti ad assumere de- cisioni “rischiose” (193) e ad acquisire le informazioni e la professionalità necessaria per colmare quella condizione di asimmetria informativa in cui essi si trovano strutturalmente rispetto ai soggetti controllati (gli executive), condizione che – come visto – induce molti a dubitare dell’efficacia ed utilità del loro ruolo (194). In tal senso del resto sembrano de- porre recenti studi empirici, i quali indicano che negli Stati Uniti, dove a partire dalla fine degli anni ’80 è cresciuto il ricorso a forme di remunerazione incentivanti (in particolare
stock option) per gli outside directors, sussiste una relazione statisticamente significativa
tra la loro remunerazione incentivante e la performance positiva dell’impresa (195).
Dall’altro lato, il pericolo che tali forme di remunerazione possano incrementare le probabilità di una collusione tra controllori e controllati a danno degli azionisti – pericolo che il divieto in parola sarebbe diretto a scongiurare – non sembra sussistere ogniqualvolta
(193) Di fronte all’enfasi che il Sarbanes Oxley Act e le regole di ammissione al Nasdaq e al Nyse pongono ora sul ruolo degli indipendent director nelle società statunitensi, da più parti è stato sottolineato il pericolo di una gestione eccessivamente “conservativa”.
(194) V. supra, nt. 118 e A. GREENSPAN, Corporate Governance, 2002, tratto dal sito
www.federalreserve.gov.
(195) D.YERMACK, Remuneration, Retention, and Reputation Incentives for Outside Di-
rectors, Working Paper, Stern School of Business, 2002, tratto dal sito www.ssrn.com . Per analisi empiriche che indicano come nello stesso periodo l’indipendenza di giudizio e l’efficacia degli outside directors sia aumentata, v. la letteratura citata da M. KAHAN eE.B.
ROCK, How I learned to stop worrying and love the pill: adaptive responses to takeover law, in 69 University of Chicago Law Review, 2002, p. 882. Per ulteriori indicazioni circa la correla- zione tra performance e attribuzione di “incentivi azionari” agli amministratori non esecutivi cfr. L.A.BEBCHUCK eJ.M.FRIED, op. cit., p. 35 e gli Autori ivi citati alle note da 40 a 45. Si
le restricted stock, i piani di stock option e gli altri incentivi attribuiti siano calibrati, nei tempi e nei termini che ne regolano il funzionamento, con modalità diverse rispettivamen- te per amministratori esecutivi e per amministratori non esecutivi. Sembra piuttosto che siffatto meccanismo potrebbe rendere le forme di remunerazione in esame degli strumenti
anti-collusivi, nella misura in cui possono creare una divergenza di obiettivi tra controllori
e controllati, a favore dell’interesse degli azionisti alla creazione di valore.
Risulta pertanto preferibile un approccio più flessibile – ma non per questo privo di cautele – al tema in questione, quale è quello adottato con la recente (luglio 2003) revi- sione del codice di corporate governance per le società quotate al London Stock Exchan-
ge, (il Combined Code on Corporate Governance) (196). Per quanto concerne forme di re-
tribuzione degli amministratori non esecutivi collegate al valore di mercato della società, il codice, pur esprimendo un’opinione tendenzialmente negativa al riguardo, non esclude a
priori che ciò precluda la qualifica di “amministratore indipendente” ma impone sulla so-
cietà l’onere di indicare, nel rapporto annuale, le ragioni per cui non si ritenga compro- messa l’indipendenza degli amministratori (§ A.3.1.) e subordina comunque la partecipa- zione ad un piano di stock option al preventivo consenso dell’assemblea degli azionisti e all’obbligo di conservazione delle azioni ottenute tramite le opzioni per almeno un anno dalla cessazione della carica (197) (§ B.1.3).