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Si è in tale contesto rilevato come le società possono usufruire una serie di opzioni procedimentali, nelle quali l’assemblea degli azionisti e il consiglio di amministrazione, (ovvero il consiglio di gestione nel sistema dualistico) sono coinvolti con competenze di- verse in relazione alla “qualifica” per la quale l’amministratore viene remunerato (ammi- nistratore, amministratore delegato in base a conforme previsione statutaria, amministrato- re legato anche da un rapporto di lavoro dipendente con la società) e al “tipo” di opzioni (su azioni di nuova emissione ovvero su azioni già emesse, della società o di società ap- partenenti al gruppo) e di azioni (di nuova emissione o già emesse, della società o di socie- tà appartenenti al gruppo) che la società intende attribuire.

Dopo aver dunque accertato il ruolo dell’assemblea e del consiglio di amministrazione nella materia trattata, ed aver condotto una panoramica sugli obblighi di disclosure impo- sti alle società italiane per quanto concerne la remunerazione degli amministratori (distin- guendo sotto tale profilo tra società quotate e no), si è ritenuto opportuno verificare – in considerazione della già ricordata prevalenza di assetti proprietari concentrati nel nostro sistema – quali siano, e come possono essere attivati, gli strumenti di carattere invalidante o di carattere risarcitorio di cui gli azionisti di minoranza – alla luce delle rilevanti novità introdotte dalla riforma – si possono eventualmente avvalere nelle ipotesi in cui la delibe- razione assembleare determinativa della remunerazione degli amministratori: (a) attribui- sca a questi ultimi un compenso irragionevolmente eccessivo ovvero (b) si riveli concesso sotto forma di incentivi azionari al fine precipuo di ridurre il “peso relativo”, in termini di potere, della componente di minoranza nell’ambito della compagine azionaria.

La constatazione del ruolo preminente, e in talune ipotesi esclusivo, del consiglio di amministrazione in alcune fattispecie procedimentali che conducono alla determinazione della remunerazione degli amministratori ha inoltre suggerito di condurre una critica ana- loga con riferimento alle deliberazioni consiliari. Anche rispetto a queste ultime si sono pertanto individuate le tutele, di carattere risarcitorio o invalidante, che la recente riforma offre all’azionista di minoranza nel caso in cui la determinazione della remunerazione de- gli amministratori sia deliberata della società per tramite di una deliberazione del consiglio di amministrazione, senza che l’assemblea venga in alcun modo coinvolta o sia chiamata solo a conferire al consiglio di amministrazione una delega all’aumento di capitale (in al- cuni casi di impiego di incentivi azionari).

Tirando le fila del discorso sin qui condotto e ponendosi in una prospettiva de iure

di miglioramento con riferimento alla materia trattata. Le aree di potenziale intervento af- feriscono sia all’autoregolamentazione delle società quotate, sia alla normativa primaria che regola il ruolo dell’assemblea nell’attribuzione di stock option o di restricted stock (ma la considerazione, come si vedrà, può estendersi anche alle altre forme di remunera- zione aleatoria) agli amministratori.

Per quanto riguarda il primo dei due livelli disciplinari, il “Codice di Autodisciplina” delle società quotate risulta eccessivamente laconico su uno snodo così cruciale della cor-

porate governance. Esso si limita infatti a promuovere l’utilizzo di sistemi di remunera-

zione degli “amministratori delegati” che siano legati alla performance della società, al fi- ne di allineare gli interessi degli stessi a quelli degli azionisti, e assegna il compito di pro- porne l’adozione al “comitato per la remunerazione”, richiedendo che sia composto preva-

lentemente da amministratori indipendenti (§ 8). Orbene, alla luce di quanto si è sin qui

esposto appare auspicabile che le raccomandazioni del Codice vengano integrate facendo espresso riferimento:

(a) alla specifica attenzione che deve essere posta su tutti i termini che disciplinano il

regolamento di un piano di remunerazione a carattere incentivante;

(b) alle possibili controindicazioni che gli incentivi azionari, così come altre forme di

remunerazione aleatoria, possono comportare e alle necessarie cautele con le quali essi devono essere di conseguenza attributi.

Inoltre, l’esigenza di allineamento a quella che è riconosciuta a livello internazionale come la migliore prassi (best practices) di governo societario – anche in ragione dell’attenzione che su tale aspetto pongono gli investitori istituzionali, gli analisti e persi- no le società di rating (456) – induce a raccomandare che il “comitato per la remunerazio-

(456) L’adeguamento alla best practice riconosciuta a livello internazionale per quanto concerne la remunerazione di amministratori e manager posti a livello apicale costituisce una delle macroaree sulle quali si fonda il giudizio dei mercati sull’assetto di corporate governan- ce delle società quotate (a conferma di ciò, oltre ai codici di corporate governance di fonte au- toregolamentare nei vari paesi e ai Principles of Corporate Governance redatti dall’OCSE, si veda anche la struttura delle griglie di valutazione che vengono adottate dalle società specia- lizzate nell’esame della corporate governance delle società quotate, quali ad esempio la Insti- tutional Shareholder Services e la Deminor nonché le società di rating Ficth, Standard & Po- or’s e Moody’s). Per un riscontro empirico del maggior prezzo, i.e. del “premio”, che gli inve- stitori istituzionali sono disposti a pagare per le società con una corporate governance ritenu- ta adeguata alla best practice v. i sondaggi riportati da R.F.FELTON,A. HUDNUT e J.VAN

HEECKEREN, Putting a Value on Board Governance, in McKinsey Quarterly, 1996, n. 4, p. 170 ss.; P.COOMBES e M.WATSON, Three Surveys on Corporate Governance, in McKinsey Quar-

terly, 2000, n. 4, p. 75 ss. Non deve inoltre essere trascurato che l’assetto di corporate gover- nance costituisce uno dei fattori presi in considerazione dalle sopra citate società di rating

ne” si avvalga di consulenti esterni che non abbiano alcun rapporto con la società (457) e sia composto esclusivamente da amministratori non esecutivi. Siffatta soluzione – che non preclude la possibilità di consultazione con gli amministratori esecutivi ma evita soltanto che l’obiettività delle proposte formulate dal comitato per la remunerazione possa essere posta in dubbio dalla partecipazione di amministratori che siano destinatari dei compensi proposti – è invero già stata adottata nelle listing rules del Nyse e del Nasdaq, nel codice di autodisciplina inglese (il Combined Code), e rappresenta uno dei punti in cui si articola la raccomandazione della Commissione europea.

È importante peraltro sottolineare a tal riguardo anche l’accuratezza con la quale nei codici appena citati vengono definite le cause di incompatibilità all’assunzione della quali- fica di “amministratore indipendente”. In particolare, è da tenere presente come in tutte le fonti regolamentari appena richiamate, oltre che nei Principi di Corporate Governance di recente rivisti dall’OCSE, l’ “indipendenza” di un amministratore viene esclusa in caso di

“interlocking directorship”, vale a dire quando l’amministratore non esecutivo di una so-

cietà (o un soggetto ad esso connesso per ragioni di parentela, ecc.) ricopre l’incarico di amministratore esecutivo in altra società nella quale uno degli amministratori esecutivi della prima società svolge la funzione di componente del comitato di remunerazione. An- che questo profilo dovrebbe essere pertanto tenuto in considerazione nella prospettiva di un’eventuale aggiornamento del Codice di Autodisciplina italiano (458).

Per quanto concerne il secondo profilo al quale si è sopra accennato, vale a dire la di- sciplina relativa alla competenza decisionale all’attribuzione di stock option e restricted

stock, l’analisi comparatistica mostra una chiara divergenza tra il nostro ordinamento e la

regolamentazione prevalente negli altri Paesi a capitalismo avanzato.

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