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Il difficile equilibrio tra l’autorità zarista e la Chiesa greco-cattolica di Cholm (1831-1863)

3.1.3. La Chiesa greco-cattolica

Diametralmente diverso fu l‘atteggiamento dei vertici zaristi verso la Chiesa greco-cattolica, anch‘essa apparsa all‘ordine del giorno dell‘agenda imperiale in seguito alle spartizioni polacco-lituane. Già fortemente invisa a Pietro I44 e Caterina II, fu idiomaticamente definita ―né carne, né pesce‖ dall‘imperatore Paolo45, formulazione che rende un‘idea piuttosto

eloquente di quale considerazione godesse l‘Unione presso le autorità russe. Negli ambienti di corte e nella società colta russa la Chiesa greco-cattolica era concepita esclusivamente come il frutto della politica espansionistica della Chiesa cattolica romana, realizzata attraverso il proselitismo gesuita, soprattutto di mediazione polacca. La sua dignità di Chiesa, pertanto, non fu mai riconosciuta da Pietroburgo, che considerava la ―riconversione‖ dei greco-cattolici all‘Ortodossia un normale ristabilimento dello status ante quo, uno degli elementi della politica imperiale da perseguire nell‘ambito del processo di riunificazione dapprima territoriale, quindi spirituale delle terre russe46.

In seguito alla prima spartizione della Repubblica polacco-lituana (1772), nel 1782-83, circa 100mila uniati delle Province occidentali furono convertiti d‘ufficio alla Chiesa ortodossa. L‘azione si concretizzava dopo alcuni tentativi promossi dal vescovo ortodosso di Mogilev Georgij Konisskij, sul cui territorio era presente la Chiesa greco-cattolica. La politica di Caterina, volta alla ricerca del consenso nella nobiltà cattolica di questa regione, preferì non appoggiare le proposte del vescovo, e proibì alla Chiesa ortodossa perfino di accogliere quegli uniati che avessero voluto aderire all‘Ortodossia. La conversione fu realizzata per fare pressione sulla Santa Sede allo scopo di ottenere l‘accordo sulla nomina di Siestrzeńcewicz. Dopo la seconda spartizione ebbe inizio su vasta scala l‘opera di riconversione dei greco-

IDEM, Perevod na russkij jazyk kak zadača konfessional‘noj politiki: depolonizacija katoličeskogo bogosluţenija na zapade Rossijskoj Imperii (1860-1870-e gg.), ―Studia Slavica et Balcanica Petropolitana‖, 2008, 1 (3), pp. 40-60; D. STALIUNAS, Moţet li katolik byt‘ russkim? O vvedenii russkogo jazyka v katoličeskoe bogosluţenie v 60-ch godach XIX v., in P.S. KABYTOV, A.I. MILLER, P. VERT (a cura di), Rossijskaja imperija v zarubeţnoj istoriografii. Raboty poslednich let. Antologija, 2005. pp. 570-588; D. STALIŪNAS, Making Russians, pp. 159-180.

43 I.K. SMOLIČ, Istorija Russkoj Cerkvi. 1700-1917, č. 2, p. 302.

44 Si ricorda uno scontro verbale, poi sfociato nel sangue, tra il clero della cattedrale greco-cattolica di Polock e Pietro. La reazione di Pietro, apostrofato dai prelati uniati ―scismatico‖, portò all‘uccisione di cinque sacerdoti. Cfr. I.K. SMOLIČ, Istorija Russkoj Cerkvi. 1700-1917, č. 2, pp. 287-288.

45 H. DYLĄGOWA, Dzieje Unii Brzeskiej (1596-1918), Warszawa-Olsztyn, Wydawnictwo Interlibro- Warmińskie Wydawnictwo Diecezjalne, 1996, p. 77. Ancor oggi l‘atteggiamento della Chiesa ortodossa, in alcuni suoi uomini aperta all‘ecumenismo con la Chiesa cattolica e le altre comunità cristiane, rimane alquanto diffidente verso i greco-cattolici, con i quali sono tutt‘ora in corso contenziosi di natura non tanto spirituale o dogmatica, quanto giurisdizionale e politica.

46 Sull‘Unione di Brest si vedano, ad esempio: O. HALECKI, From Florence to Brest (1439-1596), Rome, Sacrum Poloniae Millennium, 1958; R. ŁUŻNY, F. ZIEJKA, A. KĘPIŃSKI (a cura di), Unia brzeska. Geneza, dzieje i konsekwencje w kulturze narodów słowiańskich, Kraków, „Uniwersitas‖, 1994; H. DYLĄGOWA, Dzieje Unii Brzeskiej (1596-1918), Warszawa-Olsztyn, Wydawnictwo Interlibro-Warmińskie Wydawnictwo Diecezjalne, 1996; J.S. GAJEK, S. NABYWANIEC (a cura di), Unia Brzeska z perspektywy czterech stuleci: materiały międzynarodowego sympozium naukowego „Unia Brzeska po czterech stuleciach‖, Lublin 20-21 IX 1995 r., Lublin 1998; B.A. GUDZIAK, Kryzys i reforma. Metropolia kijowska, patriarchat Konstantynopola i geneza unii brzeskiej, Lublin, Wydawnictwo UMCS, 2008; B.N. FLORJA (a cura di), Brestskaja unija 1596 g. i obščestvenno-političeskaja bor'ba na Ukraine i v Belorussii v konce XVI-načale XVII v., č. 1, Bretskaja unija 1596 g.: istoričeskie pričiny, Moskva, Indrik, 1996; č. 2, Bretskaja unija 1596 g.: istoričeskie posledstvija sobytija, Moskva, Indrik, 1999.

94 cattolici, al fine di ricondurli in seno alla Chiesa ufficiale. Giustamente A.M. Ammann riconduce le conversioni degli uniati sotto Caterina a motivazioni politiche, nell‘ambito di un ―protonazionalismo‖ (patriottismo) ufficiale, privo di colorazione etnica. Oltre alle ambizioni di dominio dell‘imperatrice, interveniva in questo caso la necessità di sottrarre gli uniati al controllo del papa e di renderli a pieno titolo sudditi russi47. Nel 1793-94 fu elaborato a Pietroburgo un progetto di missione della Chiesa ortodossa tra i greco-cattolici di Ucraina, Volinia e Podolia, dove l‘Unione non si era radicata profondamente. La conversione avvenne nei due anni successivi, tra il 1794 e il 1795, e fu realizzata anche facendo ricorso a misure di coercizione violenta. I fedeli ―restituiti‖ all‘Ortodossia furono 1,5 milioni, mentre 16 furono i monasteri dell‘ordine basiliano soppressi, i cui monaci lasciarono i confini dell‘Impero o si convertirono al Cattolicesimo. Dopo questa ondata di conversioni, all‘interno dell‘Impero russo la Chiesa greco-cattolica rimase presente soltanto nelle Province bielorusso-lituane, annesse all‘Impero durante la terza spartizione della Polonia-Lituania nel 1795.

La Chiesa greco-cattolica incontrò un atteggiamento non esplicitamente ostile nella persona dell‘imperatore Alessandro I. Durante il suo regno non vi furono tentativi di conversione alla Chiesa ortodossa; al contrario, circa 200mila greco-cattolici poterono passare indisturbati al cattolicesimo. Nel Collegio cattolico romano fu istituito anche un Dipartimento dedicato agli affari della Chiesa greco-cattolica, nel tentativo di inserire quest‘ultima, come ramo della Chiesa cattolica, nell‘amministrazione dello Stato. Nondimeno, essa riuscì a mantenere una certa autonomia dalla Chiesa latina, nonostante i tentativi di subordinazione operati dall‘arcivescovo latino di Mogilev Siestrzeńcewicz.

Con Nicola I la situazione della Chiesa uniate mutò radicalmente. La conversione dei greco- cattolici si sarebbe dovuta compiere, a differenza del precedente di epoca cateriniana, non in seguito ad un unico provvedimento, ma attraverso una serie di misure da attuare nel lungo periodo, secondo il progetto elaborato da Iosif Semańko, un sacerdote greco-cattolico che aveva percorso una fulminea carriera tra Vilna e Pietroburgo48. Proveniente da una famiglia della piccola nobiltà della provincia lituana, era cresciuto a stretto contatto con ambienti ortodossi; gli studi al seminario presso l‘Università di Vilna avevano consolidato in lui l‘avversione per il mondo cattolico. Già nel 1822, l‘anno successivo alla sua consacrazione sacerdotale, Semańko era stato invitato a Pietroburgo in qualità di membro della Sezione greco-cattolica dell‘Accademia di Teologia, in ragione della sua conoscenza della lingua e

47 A.M. AMMANN S.J., Storia della Chiesa russa e dei Paesi limitrofi, p. 383 sgg. Di estremo interesse riveste l‘opinione, citata da Ammann, dell‘arcivescovo ortodosso, di origine greca, Evgenij Bulgaris. In una zapiska presentata a Caterina, il prelato, condannando l‘uso della coercizione nella conversione degli uniati, auspicava un‘azione sul terreno da parte di uomini di Chiesa ortodossi, adeguatamente istruiti e preparati, i quali avrebbero dovuto guadagnare all‘Ortodossia i fedeli uniati attraverso la predicazione e il proselitismo. La pratica, tuttavia, delle conversioni si sarebbe ben presto dimostrata di segno contrario, visto l‘ampio uso di violenza morale e fisica applicate, spesso dalle autorità locali, con il tacito benestare delle autorità statali ed ecclesiastiche centrali. Colpisce in particolare questo esito della questione, poiché esso si sarebbe ripetuto con evidenti analogie in occasione della conversione del 1875 (e, in misura minore, durante gli anni ‘30).

48 Sulla conversione del 1839 si veda, per esempio: G.I. ŃAVEL‘SKIJ, Poslednee vossoedinenie s Pravoslavnoju Cerkov‘ju uniatov belorusskoj eparchii (1833-1839 g.g.), S.-Peterburg 1910; I.K. SMOLIČ, Istorija Russkoj Cerkvi. 1700-1917, č. 2, pp. 334-344; M. RADWAN, Carat wobec Kościoła greckokatolickiego w zaborze rosyjskim 1796-1839, Roma-Lublin 2001 (2a ed.: Lublin, Instytut Europy Środkowo-wschodniej, 2004); E.N. FILATOVA, Konfessional‘naja politika carskogo pravitel‘stva v Belarusi, 1772-1860, Minsk 2006; su Semańko (1798-1868), dal 1849 metropolita di Lituania, si veda Zapiski Iosifa, mitropolita Litovskogo izdannye Imperatorskoju Akademieju Nauk po zaveščaniju avtora, t. 1-3, Sankt-Peterburg 1883. Cfr. anche D.A. TOLSTOJ, Iosif, mitropolita litovskij, i vossoedinenie uniatov s pravoslavnoju Cerkov‘ju v 1839 godu, ―Ņurnal Ministerstva Narodnogo Prosveńčenija‖, 1869, č. CXLIV, pp. 72-83, 251-271; č. CXLV, pp. 1-23, 217-234, redatto sulla base delle zapiski di Semańko, nel 1869 ancora inedite (e donate dall‘autore nel 1868, anno della sua morte, all‘Accademia imperiale delle Scienze di cui Tolstoj era presidente), ma anche delle copie di documenti d‘archivio predisposte da Tolstoj durante gli anni di servizio nel Dipartimento per i Culti stranieri, all‘interno del quale fino al 1836 si trovava anche il Collegio greco-cattolico.

95 della legislazione russe. Durante il suo lavoro all‘Accademia sostenne la necessità di garantire una formazione spirituale e culturale al clero monastico greco-cattolico sottraendolo al controllo dell‘ordine basiliano. Nel 1827, su proposta del Dipartimento per i culti stranieri, Semańko redasse una nota, successivamente presentata da Bludov (tra i dignitari non religiosi colui che ebbe maggior peso nell‘opera di conversione, tra il 1826 e il 1830 vice-ministro dell‘Istruzione) all‘imperatore, e da questi approvata, in cui proponeva un piano di liquidazione della Chiesa greco-cattolica e incorporazione alla Chiesa ortodossa. Il primo passo di questo processo prevedeva la rimozione (očiščenie) dal rito degli elementi di derivazione cattolico-latina introdotti gradualmente nei secoli dopo l‘Unione di Brest. Allo scopo di raggiungere una netta separazione tra greco-cattolici e cattolici latini, emancipando i primi dall‘influsso dei secondi, doveva essere impedito l‘accesso all‘ordine basiliano ai cattolici romani; nondimeno, come recitava il decreto imperiale emanato il 9 ottobre 1827, coloro che, di origine latina, già vi facevano parte, dovevano essere allontanati.

Con decreto del 22 aprile/4 maggio 1828 fu istituito in sede autonoma il Collegio greco- cattolico, di cui entrò a far parte Semańko. Nel 1832 esso passò sotto la giurisdizione del ministero degli Interni, che da quell‘anno fu presieduto da Bludov.

Il Collegio doveva salvaguardare la Chiesa uniate dalla latinizzazione, invalidando le disposizioni del Sinodo di Zamostia del 1720, che aveva sanzionato e reso possibile l‘introduzione delle variazioni ―latine‖ del rito greco presso gli uniati. Il decreto prevedeva, inoltre, il ridimensionamento del numero delle parrocchie greco-cattoliche. L‘ordine basiliano fu progressivamente privato della sua autonomia; con decreto del 16 febbraio 1832 fu soppresso il titolo di Provinciale, e negli anni a seguire furono cassati i monasteri dell‘ordine, che divennero automaticamente ortodossi: tra gli altri, ricordiamo il monastero di Počaev, già ortodosso prima dell‘Unione, uno dei centri spirituali e culturali più importanti nella storia della Chiesa greco-cattolica. Le vecchie diocesi uniati di Vilna e Brest furono fuse in un‘unica nuova diocesi, detta ―lituana‖, di cui divenne vescovo Semańko nel 1832, con sede nel monastero di Ņirovicy. Il rimanente territorio in cui erano presenti fedeli greco-cattolici fu riunito all‘interno della diocesi ―bielorussa‖, con sede a Polock.

Tra le altre misure che andavano a contrastare le consuetudini greco-cattoliche ricordiamo la proibizione per i giovani chierici di compiere gli studi al Collegio greco-cattolico di Roma e il divieto ai fanciulli delle famiglie greco-cattoliche di frequentare le scuole elementari cattoliche. Semańko entrò a far parte inoltre della Commissione per gli istituti religiosi, a cui furono soggetti tutti gli istituti religiosi e scolastici greco-cattolici.

L‘adozione di questo insieme di misure fu resa possibile grazie alla creazione di un influente partito filorusso tra i dignitari uniati, guidati da Semańko, membri del Collegio greco-cattolico di Pietroburgo. In seguito all‘iniziativa eccessivamente sollecita dei locali dignitari ortodossi (il vescovo Smaragd di Polock e Gavriil di Mogilev), l‘imperatore ritenne utile procedere con la conversione con estrema cautela, affidando il compito a Semańko e Bludov. Inizialmente la conversione fu guidata da questi, assieme a pochi altri prelati uniati, tra cui i vescovi suffraganei di Ņirovicy, Antonij Zubko49, e Polock, Vasilij Luņinskij50

, tenendo con ciò a distanza il Sinodo e, soprattutto i rappresentanti locali della Chiesa ortodossa. Bludov e Semańko condividevano la visione di una conversione graduale, ma indirizzata a coinvolgere l‘intera Chiesa greco-cattolica, a differenza del Sinodo, che teorizzava una politica di conversione immediata di piccoli gruppi, opzione che era stata preferita nelle precedenti conversioni. Assegnare al Sinodo la conversione significava, peraltro, affidare le operazioni al clero ortodosso e non a quello uniate. In ultima analisi Bludov prevedeva di affidare il

49 Antonij Zubko (1797-1884), dal 1834 vescovo uniate di Brest e vicario della diocesi lituana. Dal 1840 vescovo ortodosso di Minsk e Bobrujsk.

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Vasilij Luņinskij (1788 o 1789-1879), vescovo uniate di Polock e Vitebsk, dopo il 1839 divenne arcivescovo ortodosso di Polock.

96 compito al Sinodo, soltanto nel momento in cui questo si sarebbe rivelato pronto a seguire la linea indicata da lui e da Semańko.

Nel 1835 fu convocato un Comitato segreto, il quale fu a sua volta preceduto e accompagnato da una serie di incontri tra i soli Bludov, Semańko, il metropolita di Mosca Filaret, e il procuratore del Sinodo S.D. Nečaev. Le prime misure decise dal Comitato dovevano dare l‘impressione di voler mantenere l‘Unione, e riportarla al suo status originario, eliminando incomprensioni tra il clero locale ortodosso e uniate, garantendo all‘Unione il mantenimento delle sue peculiarità liturgiche e proteggendone la ―libertà religiosa‖ di fronte all‘influenza polacco-latina51. Nelle riunioni del Comitato sotto la direzione di Bludov furono discusse, tra le altre, le seguenti questioni: l‘introduzione del catechismo ortodosso nei programmi di studio dei seminari greco-cattolici e la reintroduzione delle iconostasi nelle chiese greco- cattoliche. Nel 1837, fu deciso di far rientrare il Collegio greco-cattolico sotto la giurisdizione del Sinodo, e con ciò trasferire la direzione della questione uniate nelle mani del nuovo procuratore N.A. Protasov. La decisione della conversione maturò durante gli incontri segreti tenuti tra Semańko, Filaret, Bludov e Protasov.

Nell‘autunno del 1838 Semańko, Zubko e Luņinskij aderirono segretamente alla Chiesa ortodossa; il 1 dicembre dello stesso anno, dopo la morte dei vescovi che si erano opposti alla possibile soppressione della Chiesa uniate, Semańko propose in una nota a Protasov l‘immediata conversione degli uniati. Il piano di conversione fu redatto da Filaret di Mosca. Il progetto prevedeva una certa tolleranza verso gli usi liturgici ed ecclesiastici greco-cattolici, e nel complesso un approccio molto prudente; al contempo Filaret prevedeva di far fronte ad eventuali opposizioni tra il clero e i fedeli uniati facendo ricorso all‘esercito. Il progetto fu approvato da un comitato segreto di cui entrarono a far parte Bludov, Protasov, A.Ch. Benkendorff (direttore della III sezione della Cancelleria personale dell‘imperatore) e P.D. Kiselev (ministro dei Dominî di Stato, uno dei principali fautori dell‘emancipazione dei contadini del 1861). Il 12 febbraio 1839, a Polock, fu stipulato l‘atto di unione con la Chiesa ortodossa, a cui fece seguito ben presto l‘approvazione del Santo Sinodo. I firmatari per la parte greco-cattolica furono Semańko, Zubko e Luņinskij. Nicola promulgò l‘atto il 25 marzo 1839. Nel complesso i fedeli convertiti ammontarono a 1,5 milioni.

Nonostante gli enormi sforzi per guadagnare il clero greco-cattolico alla causa ortodossa, la resistenza fu significativa. Minori impedimenti, presso i fedeli, incontrarono le modifiche introdotte nel rito; più contrastata invece risultò l‘adozione dello Sluţebnik pubblicato a Mosca nel 1831. I focolai di resistenza, tra il clero, che in piccola parte non accettò di aderire all‘Ortodossia, continuarono negli anni a seguire, finché non furono soffocati, definitivamente, soltanto nel 1855, anche attraverso l‘ingiunzione ai vescovi cattolici di proibire ai propri preti l‘amministrazione dei sacramenti e in generale la cura pastorale a fedeli non appartenenti alla Chiesa cattolica, ovvero agli ex-uniati.

Nei territori in precedenza interessati dall‘Unione furono create le tre diocesi ortodosse di Vilna (con a capo Semańko), Polock (con centro a Vitebsk, guidata da Luņinskij) e di Mogilev (affidata al vescovo Isidor).

Sensibilmente diversa si presentava la situazione degli uniati del Regno di Polonia.

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