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Negli anni intorno al Congresso di Vienna, la questione del ruolo della Polonia nell‘Impero russo fu più volte al centro dell‘attenzione di Alessandro I. Nikolaj Michajlovič Karamzin, storiografo ufficiale della corte imperiale, interpretando gli umori di gran parte della nobiltà russa si oppose decisamente all‘opzione, avanzata dal sovrano, di ―restituire‖ alla Polonia parte delle Province occidentali, in virtù della storica gravitazione di questi territori intorno all‘orbita culturale polacca17

. Su proposta di Adam Jerzy Czartoryski, ministro degli esteri russo tra il 1802 e il 1806, in rapporti di stretta amicizia con l‘imperatore fin dalla gioventù, nonché di altri diplomatici polacchi, Alessandro I vagliò la possibilità di riannettere al Regno di Polonia i territori occidentali dell‘Impero già nel 1802. Il progetto prevedeva la ricostituzione della Rzeczpospolita polacco-lituana nei confini del 1772 sotto lo scettro dell‘imperatore russo. Quando, nel 1811-1812, dopo l‘umiliante pace di Tilsit del 1807 che aveva tra l‘altro sancito l‘alleanza tra Napoleone e Alessandro, atto incomprensibile per gran parte della nobiltà russa, e di fronte all‘avanzata napoleonica sostenuta da una parte dell‘élite polacca, tornò ad aleggiare lo spettro della vecchia Rzeczpospolita, nel Memorandum sulla

Russia antica e nuova nel suo significato politico e civico [Zapiska o drevnej i novoj Rossii v ee političeskom i graţdanskom otnošenii] Karamzin non solo si oppose al progetto di riforma

degli istituti giuridici russi secondo il Codice napoleonico presentato da M.M. Speranskij, quale proposta non confacente alle specificità storico-culturali russe, ma altresì rivolse nuovamente l‘attenzione verso la questione polacca, ribadendo: ―Lasciamo che gli stranieri condannino le spartizioni della Polonia. Noi abbiamo solo ripreso dei nostri territori‖18. Fu in questi anni che il tono assunto da Karamzin nella difesa dell‘essenza ―russa‖ dell‘Impero subì un‘evidente evoluzione, come conobbe nel suo complesso una sostanziale

17 Cfr. A. NOWAK, „Oświecony‖ rosyjski imperializm i Polska (od Piotra I i Katarzyny II do Karamzina i Puszkina), pp. 69-73.

18 «Пусть иноземцы осуждают раздел Польши: мы взяли свое», N.M. KARAMZIN, O drevnej i novoj Rossii v ee političeskom i graţdanskom otnošenijach, Berlin 1861, p. 45. Cfr. l‘eccellente analisi del memorandum, opera di Richard Pipes contenuta in Karamzin‘s Memoir on Ancient and Modern Russia. A Translation and Analysis by Richard Pipes, Harvard University Press, 1959. Su Karamzin, dello stesso autore, si veda Russian Conservatism and Its Critics. A Study in Political Culture, New Haven & London, Yale University Press, 2005, pp. 86-90. Il concetto era del resto già stato espresso da Karamzin nel 1802, in un panegirico dedicato a Caterina II: cfr. M.N. KARAMZIN, Istoričeskoe pochval‘noe slovo Imperatrice Ekaterine II, in IDEM, Sočinenija, vol. I, S.-Peterburg 1848, pp. 288-289, 296, 299, cit. in J.L. BLACK, Interpretations of Poland in Nineteenth Century Russian Nationalist-Conservative Historiography, ―The Polish Review‖, 1972, 17, p. 23. Sugli umori della nobiltà russa preoccupata dal programma di riforme di Speranskij si veda anche E.C. THADEN, Conservative Nationalism in Nineteenth-Century Russia, Seattle, University of Washington Press, 1964, pp. 10-11. Il programma di Speranskij prevedeva la creazione di una efficiente burocrazia di derivazione ―popolare‖, non aristocratica, la cui selezione sarebbe stata effettuata sulla base della qualità del servizio reso allo Stato.

38 ridefinizione la personale concezione della storia del letterato. Da principale fautore dell‘europeizzazione della cultura russa, la quale avrebbe dovuto produrre uno stile nuovo, basato sull‘élégance francese, e quindi da acerrimo avversario degli arcaisti guidati da A.S. Ńińkov, intellettuale ―protoslavofilo‖, patrocinatore di un ritorno della lingua russa ad una immaginata purezza originaria slava ecclesiastica19, Karamzin, pur essendo ―nell‘anima repubblicano‖, con una serie di scritti e in particolare con il suo Memorandum assunse una posizione di conservatore e difensore dell‘autocrazia, che per molti versi era speculare alle idee dell‘opposizione alla politica liberale dello zar rappresentata da alcuni membri del Consiglio di Stato, dal circolo Beseda ljubitelej russkogo slova (presieduto da Ńińkov e dal poeta G. Derņavin), e dal circolo di Tver‘, gruppo di nobili riunito attorno alla Principessa Caterina, sorella minore di Alessandro20; per altri essa continuava la reazione di Caterina II e dello storico M.M. Ńčerbatov che anni prima avevano in parte risposto alla sfida del razionalismo illuminista – rappresentato in Russia, ad esempio, da A.N. Radińčev e dalla sua critica all‘istituto della servitù della gleba – temendone gli effetti eversivi21

. Era stata proprio la sorella di Alessandro, Caterina, a commissionare, per così dire, la Zapiska a Karamzin, che con ogni probabilità fu presentata allo zar dall‘autore durante un incontro nella tenuta di Tver‘ di proprietà del consorte di Caterina. La visione della storia da parte di Karamzin può essere ricondotta alla corrente dello storicismo, per la quale ogni nazione era portatrice di caratteristiche peculiari storico-culturali, le quali giustificavano per quella data nazione un proprio, originale percorso evolutivo. Nel caso russo, le circostanze storiche non permettevano l‘applicazione dei principî universali sanciti dall‘illuminismo, né tantomeno la svolta sovversiva della rivoluzione francese. Di qui la reazione negativa alle riforme proposte dalla frazione ―liberale‖ di ministri e consiglieri dello zar con a capo Speranskij, il cui progetto era visto da Karamzin come l‘intenzione di applicare alla Russia istituzioni e filosofie aliene al suo tradizionale contesto storico-culturale.

Per quel che riguarda nello specifico il Regno di Polonia, è utile prendere in considerazione un altro scritto di Karamzin, l‘Opinione di un cittadino russo [Mnenie russkogo

graţdanina]22

, la cui genesi va messa in relazione alla concessione della Costituzione al Regno di Polonia e alla possibile restituzione ai polacchi di territori della vecchia

Rzeczpospolita, presentato allo zar nell‘ottobre 1819. In questa nota Karamzin indicò nelle

Province occidentali delle regioni legate per tradizione dinastica alla famiglia imperiale dei Romanov, discendenti dei Rjurikoviči: ―[…] Bielorussia, Volinia, Podolia e Galizia, territori demarcati da antiche fortificazioni, erano un tempo possesso originario della Russia‖23

. Il pensiero di Karamzin si sviluppava in consonanza con il significato che Caterina aveva attribuito alle spartizioni. Da un lato, lo storico ribadiva che con l‘annessione delle terre ucraino-lituano-bielorusse era stato restituito alla dinastia regnante ciò che le spettava per diritto dinastico; dall‘altro lato, appaiono evidenti concetti propri del razionalismo

19 Cfr. M. AL‘TŃULLER, Beseda ljubitelej russkogo slova. U istokov russkogo slavjanofil‘stva, Moskva, Novoe Literaturnoe Obozrenie, 2007, soprattutto pp. 47-48.

20 Karamzin‘s Memoir on Ancient and Modern Russia, pp. 63-69. 21

Cfr. W. LEATHERBARROW, Conservatism in the age of Alexander I and Nicholas I, in W. LEATHERBARROW, D. OFFORD (a cura di), A History of Russian Thought, Cambridge, Cambridge University Press, 2010, p. 97.

22 Giustamente Andrzej Nowak ha notato la profonda innovazione introdotta da Karamzin nei rapporti tra autorità e società russa. Karamzin si rivolgeva ad Alessandro non come rab, o poddannyj, bensì come graţdanin – cittadino, sottolineando con ciò la volontà dell‘autore di partecipare come protagonista alla costruzione del bene comune dello Stato. Cfr. A. NOWAK, „Oświecony‖ rosyjski imperializm i Polska, p. 75.

23 «[…] по старым крепостям Белоруссия, Волынь, Подоля, вместе с Галицией, были некогда коренным достоянием России», N.M. KARAMZIN, Mnenie russkogo graţdanina, in Nieizdannye sočinenija i perepiska Nikolaja Michajloviča Karamzina, č. 1, S.-Peterburg 1862, p. 6.

39 settecentesco, di cui Karamzin era indiscutibilmente portatore, quali il principio della Raison

d‘Etat, dell‘utilità e dell‘integrità dello Stato, che sarebbero stati rispettati conservando il

Regno di Polonia all‘interno dell‘Impero. Scriveva Karamzin ad Alessandro:

Voi meditate di ricostituire l‘antico Regno di Polonia: ma ciò è coerente con il principio dell‘utilità di Stato? È coerente con il Vostro sacro dovere, con il Vostro amore per la Russia, e con la giustizia stessa? In primo luogo (e non parliamo della Prussia) chiedo: l‘Austria restituirebbe di propria iniziativa la Galizia? Potete Voi, artefice della Santa Alleanza, dichiararle guerra, andando non solo contro il Cristianesimo, ma anche contro la giustizia di Stato? Voi medesimi, infatti, avete riconosciuto la Galizia come legittimo possesso austriaco. In secondo luogo, potete toglierci Bielorussia, Lituania, Volinia, Podolia, dichiarate possesso russo già prima del Vostro regno? Non giurano forse i sovrani di mantenere l‘interezza del proprio Stato? Queste terre erano già Russia quando il metropolita Platon Vi consegnò il berretto che fu del Monomaco, di Pietro e di Caterina, la quale Voi stessi avete chiamato ―la Grande‖. Diranno forse che Caterina ha agito contro la legge spartendo la Polonia? Ma Voi agireste ancor più contro la legge, se solo pensaste di rimediare alla sua ingiustizia con la spartizione della Russia stessa24.

L‘opzione avanzata da Alessandro va letta in relazione al posto occupato dal Regno di Polonia nell‘ambito dell‘Impero russo come prodotto del Congresso di Vienna, e quindi in una nuova congiuntura politica. Il Regno di Polonia, nella comprensione del sovrano russo, costituiva una sorta di biglietto da visita dello stato dei Romanov di fronte alle potenze europee, e doveva dimostrare in modo inequivocabile le nobili intenzioni del sovrano verso i sudditi polacchi. Fedelmente agli schemi della cultura illuministica, in cui Alessandro aveva coltivato la propria visione del mondo e di cui si considerava fedele interprete, il Regno rappresentava un avamposto della direzione ―europea‖ intrapresa dalla Russia con le riforme petrine, e un laboratorio per le ulteriori, possibili riforme che lo zar avrebbe potuto allargare al resto dell‘Impero. Esempio di tale avanguardia politico-culturale furono la fondazione dell‘Università Regia di Varsavia nel 1816 e, soprattutto, la Costituzione concessa al Regno. Quest‘ultima suscitò l‘opposizione di una parte consistente della società colta russa, che la considerò un atto ―democratico‖ e ―rivoluzionario‖, in palese contraddizione con i principî autocratici dello zarismo. Alessandro del resto trovava appoggio nella szlachta polacca rappresentata dai sostenitori del compromesso con la dinastia Romanov. Accanto a Karamzin esisteva un folto gruppo di rappresentanti dell‘aristocrazia russa che, per motivi analoghi a quelli avanzati dallo storico, ove non si mostrasse incline a rinunciare al Regno di Polonia come elemento costituente dell‘Impero russo, caldeggiava quantomeno una sua netta e univoca definizione territoriale ad occidente del fiume Bug25.

Karamzin presentava ad Alessandro la questione del Regno di Polonia nei termini di quella ―utilità comune‖ che lo Stato russo doveva perseguire. Rifiutarsi di ricostituire la Polonia nei confini precedenti alle spartizioni non significava agire in contraddizione ai principî cristiani, dei quali l‘imperatore doveva essere, notoriamente, virtuoso interprete:

24 «Вы думаете восстановить древнее Королевство Польское; но сие восстановление согласно ли с законом государственного блага России? Согласно ли с Вашими священными обязанностями, с Вашею любовию к Россию и к самой справедливости? Во-первых (не говоря о Пруссии) спрашиваю: Австрия отдаст ли добровольно Галицию? Можете ли Вы, творец Священного Союза, объявить ей войну, противную не только Христианству, но и государственной справедливости? Ибо Вы сами признали Галицию законным владением Австрийским. Во-вторых можете ли с мирною совестью отнять у нас Белорусию, Литву, Волынию, Подолию, утвержденную собственность России еще до Вашего царствования? Не клянутся и Государи блюсти целость своих Держав? Сии земли уже были Россиею, когда Митрополит Платон вручал Вам венец Мономаха, Петра и Екатерины, которую Вы Сами назвали Великою. Скажут ли, что Она беззаконно разделила Польшу? Но Вы поступили бы еще беззаконнее, если бы вздумали загладить Ее несправедливость разделом самой России», ibidem, p. 5.

25 Cfr. Primečanija M.F. Orlova, napisannye v 1835 g., ―Russkaja Starina‖, 202, 1877, p. 661; Ch. NESSELRODE, Lettres et papiers du chancelier comte de Nesselrode, vol. 4, Paris 1904, pp. 313-320. Cit. in H. GŁĘBOCKI, Fatalna Sprawa. Kwestia polska w rosyjskiej myśli politycznej (1856-1866), Kraków, Arcana, 2000, p. 25.

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Voi avete adempiuto un principio dello Stato, il quale non appartiene alla Religione, ma anch‘esso è dato da Dio: è questo il principio di legittima difesa, necessario per la sopravvivenza degli esseri e di tutte le società umane. Come cristiano Voi amate i vostri nemici; ma Dio Vi ha dato il Regno [di Polonia] e con esso il dovere di badare esclusivamente al suo bene. Come uomo, la cui anima è stata illuminata dalla luce del Cristianesimo, Voi potete essere superiore a Marco Aurelio; come Imperatore, Voi siete tale e quale a lui. Il Vangelo non parla di politica, non ne propone di alternative. Se noi Cristiani, invece, volessimo fare politica, allora cadremmo in una fatale contraddizione26.

Privarsi delle Province occidentali avrebbe significato incrinare uno dei fondamenti dell‘esistenza dell‘Impero, e mettere in tal modo in pericolo l‘unità delle terre russe che costituivano l‘eredità plurisecolare dell‘Impero, la cui ricomposizione era stata portata a compimento da Caterina. Il Regno di Polonia, invece, doveva rimanere parte dell‘Impero per altre ragioni, in primo luogo di equilibrio internazionale. Nella visione di Karamzin la Polonia, intesa come entità etnica, rappresentava uno stato nemico, conquistato dalla Russia con la spada. Anche se non rientrava tra i possessi originari dei Rjurikoviči, la sua annessione, così come un tempo era avvenuto con i khanati di Kazan‘ e Astrachan‘, la Repubblica di Novgorod , il Gran Principato di Rjazan‘ ecc., veniva compresa da Karamzin squisitamente su un piano, per così dire, di Realpolitik. L‘unica etica accettabile in politica, intesa secondo un modello machiavelliano, consisteva nella responsabilità, portata esclusivamente di fronte al proprio Stato e ai suoi interessi. La ragion di stato karamziniana postulava che, per ragioni di sicurezza e di equilibrio politico europeo, nonché al fine di garantire l‘unità dell‘Impero russo, sarebbe stato preferibile che i polacchi figurassero come sudditi russi piuttosto che cittadini di uno stato indipendente. E questo anche se, come faceva notare Karamzin, ―Lituania e Volinia desiderano il Regno di Polonia‖. Qui per ―Lituania e Volinia‖ Karamzin intendeva, come appare evidente, la nobiltà polonizzata, ancorata al tradizionale sistema di cittadinanza e di privilegî della Rzeczpospolita. Appare chiaro che, per Karamzin, l‘equilibrio del centro con la periferia, sia delle Province occidentali, sia del Regno, si fondasse sul consenso delle élites dominanti, le sole a possedere la ―cittadinanza‖ dell‘Impero. Come è noto, solo con esse, e non con il ―popolo‖, il governo zarista, tradizionalmente, entrava in relazione per il governo locale. In conclusione lo storico auspicava lo sviluppo per la Polonia all‘interno dei confini del Regno di Polonia, quelli sanzionati dal Congresso di Vienna (kak ono [il Regno] est‘

nyne), e al contempo della Russia, nei suoi confini attuali, quali erano stati definiti da Caterina

e dal Congresso di Vienna (kak ona est‘, i kak ostavlena Vam Ekaterinoju)27. Ciò sarebbe stato possibile nella cornice di un unico, saldo Impero russo.

Oltre a questo scritto, che Dmitrij Bludov considerava tra le migliori espressioni del patriottismo karamziniano, lo storico diede espressione al carattere russo delle Province occidentali, e alla plurisecolare lotta per il loro dominio con la Polonia, nella sua monumentale Storia dello Stato russo [Istorija Gosudarstva Rossijskogo]28. La storia dello Stato russo veniva intesa nell‘opera di Karamzin come apoteosi dell‘autocrazia e della continuità territoriale e dinastica della monarchia russa29. Nell‘opera dello storico e letterato 26 «Вы исполняли закон государственный, который не принадлежит к Религии, но также дан Богом: закон естественной обороны, необходимый для существования всех земных тварей и гражданских обществ. Как Христианин любите своих личных врагов; но Бог дал Вам Царство и вместе с ним обязанность исключительно заниматься благом оного. Как человек по чувствам души, озаренной светом Христианства, Вы можете быть выше Марка Аврелия, но как Царь Вы то же, что он. Евангелие молчит о Политике; не дает новой: или мы, захотев быть Христианами-Политиками, впадем в противоречия и несообразности», N.M. KARAMZIN, Mnenie russkogo graţdanina, p. 4.

27 Ibidem, p. 8.

28 H. GŁĘBOCKI, Fatalna Sprawa, pp. 32-33; cfr. K. BŁACHOWSKA, Narodziny Imperium. Rozwój terytorialny państwa carów w ujęciu historyków rosyjskich XVIII i XIX wieku, Warszawa, Neriton, 2001.

41 russo è particolarmente evidente il passaggio da una visione culturale e politica cosmopolita, propria della nobiltà illuministica precedente alla Rivoluzione francese e ai fermenti romantici, ad una nuova concezione della storia russa, che metteva in primo piano il carattere russo delle élites dell‘Impero e del suo ruolo nel panorama europeo. L‘Impero, come ha fatto notare E.C. Thaden, era comunque secondo Karamzin ―rossijskoe‖, e non ―russkoe‖. Se quindi l‘autore sembrava prediligere i russi etnici (intesi come classe nobiliare, ma non come popolo: se Karamzin dedicava una certa attenzione al popolo russo perpetrino e alle sue tradizioni, questo in realtà non ricopriva mai un ruolo da protagonista nella storia russa), la storia dell‘Impero abbracciava anche i non russi che vivevano nello Stato russo; così Karamzin parlava di ―rossijskie slavjanie‖ per indicare quegli slavi presenti nei territori originari della Rus‘ di Kiev, i quali erano ritornati a far parte dell‘Impero con le spartizioni di Caterina30.

Elemento portante, secondo Karamzin, della coscienza russa doveva essere la lingua russa. Eloquente appare il rifiuto da parte di Karamzin di suggerire ad Adam Czartoryski, provveditore del ditretto scolastico di Vilna, il nome di un lettore di russo per la neo ricostituita Università di Vilna. Il rifiuto era motivato dal fatto che la lingua d‘insegnamento all‘università sarebbe stato il francese, anziché il russo. Karamzin, evidentemente, già nel 1803, considerava la lingua come fattore principale per coinvolgere i non russi nel servizio allo Stato russo; i polacchi dovevano quindi compiere una decisione: assimilare il russo, e con ciò dimostrare la propria lealtà alle istituzioni imperiali, o rimanere in una posizione di ambiguità, se non aperta ostilità, con Pietroburgo31.

Karamzin rappresentava esemplarmente quella generazione ―affetta‖ da quella ―malattia del patriottismo‖ che funse da elemento fondante dei patriottismi (nazionalismi) dell‘epoca, di quello russo, così come di quello polacco. La diffusione del nascente patriottismo russo, che ricevette un notevole impulso dallo scontro con la questione polacca, significò anzitutto la sconfitta degli ideali universalistici dell‘Illuminismo europeo, di cui l‘imperialismo russo settecentesco si era fatto interprete, e la progressiva recezione presso una parte della società colta russa dei principî del nazionalismo romantico tedesco. Karamzin, che in un primo momento aveva guardato con un certo favore (invero assai sobrio) verso la rivoluzione francese32, condannò l‘anarchia che ne fece seguito e con essa mise in dubbio l‘idea di progresso unilineare accreditato dalla filosofia razionalistica. La sfiducia nel razionalismo illuminista come chiave per la soluzione ai problemi dell‘uomo indusse Karamzin ad interessarsi al sentimentalismo inglese e al preromanticismo tedesco.

Già nei primi anni del XIX sec. nella produzione karamziniana si rende evidente la critica nei confronti della nuova Russia petrina, e la conseguente necessità di riscoprire le antiche espressioni della nazione russa, ovvero la cosiddetta ―starina‖33, ma anche il tipo ―ideale‖ del

cittadino russo-ortodosso dell‘epoca prepetrina34. Karamzin poneva le basi per definire l‘essenza del patriottismo russo, definibile altrimenti come ―nazionalismo ufficiale‖ o anche

30 E.C. THADEN, The Rise of Historicism in Russia, pp. 47-78, in part. 59-65.

31 Cfr. A. NOWAK, Jan Potocki, Mikołaj Karamzin, Tadeusz Czacki, Joachim Lelewel: refleksje nad politycznym i ideowym kontekstem polsko-rosyjskiej współpracy naukowej w pierwszej ćwierci XIX wieku, in IDEM, Od imperium do imperium, p. 159.

32 Sull‘interpretazione della rivoluzione francese in Karamzin si veda, ad esempio, A. MASOERO, N.M.Karamzin, in B. BONGIOVANNI, L. GUERCI (a cura di), L‘albero della Rivoluzione. Le interpretazioni della Rivoluzione francese, Torino, Einaudi, pp. 319-323.

33 N.M. KARAMZIN, Russkaja starina (1803), in IDEM, Sočinenija, t. 9, S.-Peterburg 1834, pp. 140-163. Nell‘introduzione l‘autore affermava: «Сообщаю анегдоты и разные известия о старой Москве и России, выбранные мною из чужестранных Авторов, которые во время Царей жили в нашей столице, и которые не во всех библиотеках находятся. Думаю, что эта статья для многих читателей будет занимательна. К нещастью, мы так худо знаем Русскую старину, любезную для сердца Патриотов!».

42 ―nazionalismo tradizionale‖, circoscritto ad una dimensione dinastica e nobiliare e non popolare. Significativa in questo senso appare l‘affermazione contenuta nel Memorandum

sulla Russia antica e nuova: ―Siamo [i russi] divenuti cittadini del mondo, ma abbiamo

smesso, in una certa misura, di essere cittadini russi‖35

, con cui l‘autore esortava i suoi connazionali a studiare in Russia, anziché andarsene all‘estero, allo scopo di acquisire sentimenti patriottici e di venire a conoscenza del modo di vivere russo.

Un tipo molto simile di nazionalismo ufficiale sarebbe stato ulteriormente elaborato pochi anni più tardi da S.S. Uvarov, secondo il quale l‘educazione patriottica avrebbe dovuto abbracciare gli strati alti della società in un contesto di mantenimento dello status quo.

Furono necessari alcuni decenni, dopo Karamzin, per compiere un passo successivo, o quantomeno per dare l‘avvio ad una fase successiva, in cui il processo di creazione del nazionalismo moderno avrebbe abbracciato non solo, e non più esclusivamente, l‘élite russa, bensì il popolo, riconosciuto quale autentico portatore dell‘elemento russo e ortodosso. Ciò sarà particolarmente evidente nel caso della russificazione di Cholm, che agli occhi di parte dell‘autorità zarista nel Regno di Polonia e dell‘opinione pubblica russa iniziò ad essere percepita come terra abitata da piccoli russi e uniati da ricondurre all‘elemento nazionale russi e confessionale ortodosso.

2.3. Province occidentali e Polonia nel pensiero russo dopo Karamzin: il contributo

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