Oltre ad una riflessione sull‘evoluzione del pensiero nazionalistico russo nell‘opera di alcuni tra i principali intellettuali russi attivi tra Pietroburgo e Mosca, riteniamo utile considerare il contributo alla presa di coscienza in senso nazionale delle élites russe apportato da intellettuali provenienti dalla frontiera occidentale. La loro opera, che ebbe una non trascurabile diffusione negli ambienti colti e dell‘aristocrazia pietroburghese, fu di estrema importanza per l‘opera di russificazione.
Un contributo notevole alla sensibilizzazione verso i bielorussi fu dato, ad esempio, con la sua attività storiografica e, soprattutto, pubblicistica, da uno dei migliori conoscitori della Chiesa greco-cattolica, lo storico Michail Osipovič Kojalovič.
Kojalovič fu un ideologo di spicco del cosiddetto zapadnorusizm, corrente intellettuale che intendeva valorizzare l‘identità russa occidentale (ossia bielorussa), in un contesto di piena lealtà all‘Impero russo. Kojalovič riconosceva l‘indissolubilità del legame tra russi grandi, piccoli e bianchi, i quali soltanto assieme avrebbero potuto dotarsi di un proprio organismo di governo. Il concetto di zapadnorusizm era inteso, pertanto, in termini strettamente culturali e 102 «Мы потребуем еще себе часть Люблинской и Августовской губернии, заселенную нашим русским племенем. Мы не требовали ее до сих пор, потому что оставались под одною державою с Польшею, а разлученные мы будем говорить иначе», ibidem, p. 91. 103 «Вопрос о западных губерниях можно считать для нас вопросом решеным. Но это решение, не во гневе будь сказано, ожидает еще себе дополнение: восточная часть Люблинской и южная часть Августовской губернии, населенная чистым Русским, а не Польским племенем, должны быть отделены от Царства Польского, и присоединены к составу Русской Империи. Униатам должно быть предложено возвращение к Православию, чему они будут, вероятно, рады, если только отстранится влияние ксендзов. В этом отношении Русские должны быть благодарны последнему мятежу, который указал нам на несчастных, покинутых братьев. Нет худа без добра», M.P. POGODIN, Pol‘skoe delo (1865), pp. 207-208.
62 storici, nonché confessionali; l‘assenza di motivazioni di carattere politico lo differenziava nettamente da progetti speculari, quali quello ucrainofilo. Ciononostante, lo zapadnorusizm non trovò unanimi consensi all‘interno della burocrazia imperiale, la quale avrebbe nutrito a lungo una certa diffidenza verso iniziative che potevano apparire passibili di separatismo e di diffusione di principî politici e sociali diversi da quelli tradizionalmente accettati, e che in più di un‘occasione avrebbe manifestato un netto ostracismo verso Kojalovič e le sue idee104
. Kojalovič strinse contatti con il gruppo di burocrati ―liberali‖, guidati da N.A. Miljutin, condividendone le linee programmatiche nel progetto politico portato avanti in Polonia dopo il 1863. La politica promossa dal gruppo di burocrati liberali e slavofili intendeva guadagnare i contadini bielorussi, piccolo-russi e lituani alla fedeltà all‘Impero e all‘orientamento verso la nazionalità russa, piuttosto che polacca, e di sottrarli agli influssi del sistema culturale polacco e confessionale cattolico. La necessità di tale politica si era posta già almeno dal 1861, essendo strettamente legata all‘emancipazione dei contadini, quale misura di carattere prettamente nazionalistico. Tra le iniziative sorte in questa direzione è da segnalare il progetto di creazione, poi non realizzatosi, dello Zapadnorusskoe Obščestvo, che doveva concorrere allo sviluppo di una sensibilità etnica, confessionale e religiosa dell‘elemento locale intesa a rafforzare i legami tra i diversi elementi della Grande nazione russa. Dal punto di vista linguistico il programma prevedeva di sostenere lo sviluppo degli idiomi (nareč‘ja) locali, ad uno stadio elementare, per prevedere poi, ad un livello superiore, l‘assimilazione della lingua grande-russa.
Kojalovič, originario di Kuźnica, villaggio del distretto di Białystok nel governatorato di Grodno, oggi in territorio polacco, era nato nel 1828 nella famiglia di un sacerdote uniate105. Iniziò i primi studi a partire dal 1839, anno della conversione degli uniati bielorusso-lituani all‘Ortodossia, presso la scuola di Suprasl‘. Tale località era famosa per la presenza dell‘omonimo monastero, che da baluardo dell‘Unione sarebbe divenuto centro di emanazione dell‘Ortodossia. Successivamente entrò nel seminario di Vilna, dopo che, nel 1845, la sede era stata spostata da Ņirovicy nella capitale storica del Granducato di Lituania. Nel 1851 Kojalovič si trasferì a Pietroburgo, dove si iscrisse all‘Accademia di Teologia, concludendo il corso di studi nel 1855. Il principale biografo dello storico individua la sensibilità verso la causa dei bielorussi, soffocati dal predominio polacco, nella prima infanzia di Kojalovič, nonché negli anni successivi, in particolare a Pietroburgo, dove frequentò soprattutto suoi conterranei. Dopo gli studi iniziò ad insegnare storia civile e religiosa della Russia nella stessa Accademia. L‘interesse per le vicende storiche della sua terra di origine si trovò ben presto al centro dei suoi studi, dedicati in particolar modo all‘Unione di Brest e alle sue conseguenze. La sua tesi di magistero, dal titolo Litovskaja Cerkovnaja Unija, fu pubblicata in due tomi, nel
104
Sullo zapadnorusizm si veda A. C‘VIKEVIČ, Zapadnorussizm. Narysy z gistoryi gramadzkaj mys‘li na Belarusi u XIX i pačatku XX v., Mensk 1993; V.N. ČEREPICA, Michail Osipovič Kojalovič. Istorija ţizni i tvorčestva, Grodno, GrGU, 1998. C‘vikevič, storico e politico nazionalista bielorusso, attivo negli anni ‘20 del XX sec., considerava, negativamente, lo zapadnorusizm come una variante locale del nazionalismo russo imposta dall‘alto sulla popolazione locale. Positivo è invece il giudizio espresso negli anni ‘90 del XX sec. da V.N. Čerepica che, polemizzando idealmente con C‘vikevič, considerava la prossimità del nazionalismo bielorusso a quello (grande-)russo ortodosso come opzione da rinnovare dopo la caduta dell‘Unione sovietica. Cfr. anche la più recente e meno politicizzata storiografia sul tema: A. SMALJANČUK, Pamiţ krajovascju i nacyjanal‘naj idèjaj: Pol‘ski ruch na belaruskich i litouskich zemljach. 1864 – ljuty 1917 g., vyd. 2-e, S.- Peterburg 2004; V. BULGAKOV, Istorija belorusskogo nacionalizma, Vil‘njus 2006; A. TICHOMIROW, Westrus‘ism as a Research Problem, in J.MALICKI, L. ZASZTOWT (a cura di), East and West. History and Contemporary State of Eastern Studies, Warszawa 2009, pp. 153-168.
105
Cfr. P. ŅUKOVIČ, Michail Osipovič Kojalovič, ―Slavjanskoe Obozrenie‖, 1892, t. I, kn. I, p. 70; [I.S. PAL‘MOV], Pamjati Michaila Iosifoviča Kojaloviča. († 23 avgusta 1891 goda). Reč, proiznesennaja prof. I.S. Pal‘movym v torţestvennom obščem sobranii Slavjanskogo Blagotvoritel‘nogo Obščestva 1 dekabrja 1891 goda, ―Slavjanskie Izvestija‖, 1891, n. 50 (15 dekabrja), p. 835; V.N. ČEREPICA, Michail Osipovič Kojalovič. Istorija ţizni i tvorčestva, p. 16.
63 1859 e nel 1862, e assurse da subito a testo fondamentale per gli studi sul tema, nonché strumento per la propaganda zarista in senso anti-cattolico. L‘autore vi presentava l‘Unione come un colpo di mano della diplomazia polacca e gesuitica a danno del popolo della Rus‘ occidentale (Bielorussia e Piccola Russia) e della Chiesa Ortodossa, dalla quale i fedeli convertiti con la forza riuscirono gradualmente ad emanciparsi, facendo ritorno all‘Ortodossia durante il XVIII sec. e con la conversione del 1839. Lo storico sottolineava al contempo i risvolti, paradossalmente, positivi che l‘Unione aveva avuto sui territori lituani e bielorussi. Essa infatti avrebbe contribuito a risvegliare la coscienza nazionale tra bielorussi e piccoli russi106; in particolare, Kojalovič sosteneva che la difesa delle rimanenti istituzioni ortodosse (le confraternite), nel momento dell‘adesione massiccia della gerarchia vescovile ortodossa all‘Unione, era passata nelle mani del popolo (cosacchi e ceto medio). All‘inizio degli anni ‘60 Kojalovič iniziò ad affiancare alla ricerca scientifica una intensa attività pubblicistica. Questa si sviluppò su invito di I.S. Aksakov, per il tramite di V.I. Lamanskij (con il quale era entrato in rapporti durante il servizio alla Biblioteca nazionale e il lavoro all‘Accademia di Teologia, dove Lamanskij insegnava lingue slave e paleografia), sulle colonne di Den‘, la rivista diretta da Aksakov107. Questi aveva illustrato chiaramente le questioni su cui quel particolare momento storico vissuto dalla Russia esigeva di soffermarsi, e in particolare annoverava la questione dei ―confini polacchi‖. In una lettera a Kojalovič, con la quale Aksakov, riconoscendo l‘assonanza del pensiero di Kojalovič con il portato dello slavofilismo, confermava allo storico l‘inizio della sua collaborazione con la rubrica di Den‘ dedicata agli avvenimenti della periferia occidentale, egli scriveva:
Vedrete che sotto l‘insegna dell‘autentica Mosca, quale rappresentante di tutta la Rus‘, possono trovarsi in unione fraterna la Rus‘ Grande e la Rus‘ Piccola, la Rus‘ Bianca e la Rus‘ Rossa [Červonnaja, Russia rubra, ovvero la Galizia], la Lituania ecc.108.
All‘inizio del 1862, Kojalovič, in qualità di esperto, fu invitato a Pietroburgo da D.N. Bludov, a sua volta incaricato da Alessandro II, per collaborare alla stesura di una nota sulla storia della Chiesa uniate. All‘inizio dell‘anno successivo fu nuovamente chiamato a Pietroburgo dallo stesso Bludov e da Ivan Aksakov, per tenere un ciclo di lezioni sulla Russia occidentale109, da realizzare al palazzo Mariinskij di fronte ad un pubblico di esponenti delle alte sfere della nobiltà russa, tra cui anche membri della famiglia reale, della burocrazia pietroburghese, nonché di funzionari, membri del clero, accademici e intellettuali110.
Qui Kojalovič ebbe l‘opportunità di conoscere la ―celebre triade‖, come lui stesso la definì, ovvero i futuri ideologi e realizzatori delle riforme nel Regno di Polonia, Miljutin, Samarin e Čerkasskij111
.
106 Notiamo l‘analogia con il ―risveglio‖ della nazionalità russa seguíto all‘insurrezione polacca del 1863, teorizzato da intellettuali di derivazione slavofila come I. Aksakov e Ju. Samarin.
107
Den‘ rappresentava uno degli organi più attendibili per quanto riguardava la situazione degli slavi al di fuori dei confini dell‘Impero. Dal 1861 iniziò a ricevere informazioni di prima mano, inviate direttamente dalle sedi consolari russe nei Paesi slavi, e redatte, tra gli altri, da funzionari del Ministero degli Esteri quali Lamanskij e Gil‘ferding. Cfr. N.I. CIMBAEV, I.S. Aksakov v obščestvennoj ţizni poreformennoj Rossii, Moskva 1978, pp. 77-78.
108 «[…] Вы увидите, что под знаменем истинной Москвы, как представительницы вся Руси могут стать в братском союзе и Великая, и Малая, и Белая, и Червоная Русь, и Литва и проч.», Cit. in V.N. ČEREPICA, Michail Osipovič Kojalovič. Istorija ţizni i tvorčestva, p. 38.
109 Con questo concetto Kojalovič intendeva le terre storicamente appartenute al Granducato di Lituania. 110
V.N. ČEREPICA, Michail Osipovič Kojalovič. Istorija ţizni i tvorčestva, p. 50 sgg. Cfr. M.O. KOJALOVIČ, Čtenija po istorii Zapadnoj Rossii, izd. 3, S.-Peterburg 1884, p. XI.
111 V.N. ČEREPICA, Michail Osipovič Kojalovič. Istorija ţizni i tvorčestva, p. 50. Cfr. M.O. KOJALOVIČ, V pamjat‘ Jurija Fedoroviča Samarina, in Reč‘, proiznesennaja v Peterburge i v Moskve po povodu ego končiny, S.-Peterburg 1876, p. 27.
64 Gli argomenti delle lezioni tenute da Kojalovič abbracciavano la storia della Rus‘ occidentale nel suo complesso; un ciclo di lezioni fu dedicato alla storia delle confraternite ortodosse. L‘organizzazione di questo ciclo in particolare fu definita da Kojalovič assieme a P.N. Batjuńkov, a quel tempo vice-direttore del Dipartimento per i Culti stranieri. Tra le questioni sollevate nello scambio epistolare condotto tra i due nei primi mesi del 1862 emerge la discussione sulla possibilità, decisamente sostenuta da Kojalovič, di promuovere la ricostituzione nei territori delle diocesi ex-greco-cattoliche delle antiche confraternite ortodosse, gradualmente scomparse in seguito all‘introduzione dell‘Unione. Batjuńkov esprimeva tuttavia il timore che una serie di lezioni sulle confraternite avrebbe potuto assumere un significato politicamente ambiguo e pericoloso; egli corresse l‘iniziale programma presentato da Kojalovič, consigliandolo inoltre di mantenere separate le dimensioni storica, relativa alle vicende delle confraternite, da quella politica attuale, e di servirsi di un linguaggio espositivo più ―diplomatico‖. Della lettera di Batjuńkov, non conservatasi, possiamo farci un‘idea sulla base della risposta di Kojalovič, conservata nell‘archivio personale di Batjuńkov. Questi aggiunse delle note a margine della lettera ricevuta, criticando l‘interpretazione che Kojalovič aveva dato ai suoi suggerimenti. Il timore paventato nella lettera riguardava la possibilità che tra gli uditori delle lezioni si insinuasse il dubbio che l‘attività delle confraternite potesse assumere una direzione antigovernativa, presumibilmente in ragione della loro composizione e della loro origine, di carattere popolare (solitamente del ceto medio: mercanti, artigiani). Una presentazione non sufficientemente accorta e prudente del potenziale delle confraternite avrebbe potuto quindi apparire come un‘apologia della capacità di iniziativa autonoma del popolo ai danni del tradizionale equilibrio di poteri vigente nel tradizionale sistema di potere gerarchico russo112. A margine Batjuńkov commentava con un certo sarcasmo le affermazioni dello storico: il vice-direttore del Dipartimento metteva in dubbio anzitutto l‘opportunità di far rivivere le confraternite, essendo un prodotto di un contesto storico completamente diverso, caratterizzato da una dominazione polacca avversa all‘Ortodossia. In linea di principio, pertanto, l‘iniziativa era priva di fondamento. Essa si sarebbe potuta realizzare nel caso in cui la proposta fosse partita dalle sfere governative, allorquando queste si fossero dimostrate favorevoli alla loro creazione113.
Sulla base di questo breve scambio possiamo individuare due approcci diversi, benché non privi di analogie, alla questione nazionale nelle Province occidentali. Il modus operandi di Batjuńkov appare come uno dei primi casi in cui le istanze nazionali venivano fatte proprie da funzionari di primo livello dell‘amministrazione pubblica russa, al punto da condizionare, in misura sempre più ampia, la politica del governo secondo le categorie del nazionalismo moderno etnico e confessionale. Kojalovič, figlio dell‘intelligencija clericale di provincia, non appartenente al mondo dei činovniki russi, da lui stesso profondamente avversati114, né tantomeno alle sfere di influenza vicine agli ambienti governativi (benché, come abbiamo visto, non fosse privo di contatti con quest‘ultimi), sosteneva la necessità di favorire l‘iniziativa del popolo, la creazione di nuove confraternite, di società di ricerca e di beneficenza, di organi di stampa che dessero voce alla società, in un modo che appare molto
112 Scriveva Kojalovič il 25 febbraio 1862: «Что же касается до последних заметок, в которых я вижу предположение что оживление братств может быть направлено против правительства, то я могу только хохотать над этим и уверен, что из моих чтений никто из здравомыслящих не выведет подобного заключения», OR RNB, f. 52, ed. ch. 156 (Kojalovič, Michail Osipovič), ll. 1v-2.
113 Ibidem, l. 2v. Cfr. il programma delle lezioni sulle confraternite, in ibidem, ll. 3-4v.
114 Cfr. M. KOJALOVIČ, Vzgljad g. Èrkerta na Zapadnuju Rossiju, p. 3. Con tono polemico Kojalovič, che si definiva ―privo tanto di esperienze di servizio, quanto di čin‖, constatava la difficoltà di apparire credibile e influente dalla propria posizione di intellettuale di periferia.
65 simile ai metodi e al linguaggio non privo di accenti populistici di Ivan Aksakov115. Questi, non a caso, fu particolarmente osteggiato nella sua attività pubblicistica, a causa del suo frequente richiamo al potenziale inscritto nel popolo, piuttosto che ai principî monarchici dell‘Impero116. Kojalovič, senza dubbio meno esposto di quanto fosse Aksakov, auspicava
una stretta collaborazione, un‘alleanza tra forze governative e sociali, che implicitamente concedesse ampi spazi di iniziativa autonoma a queste ultime, poiché
Nella Russia occidentale, per il governo, il popolo è tutto; analogamente, per il popolo, il governo è tutto. [Senza un‘alleanza tra governo e società] sia il governo che il popolo si priverebbero di molta dell‘utilità che solitamente proviene dall‘iniziativa e dalla volontà delle forze sociali. Che senso avrebbero la costruzione delle chiese, la creazione di scuole nazionali, le attività delle commissioni di controllo e la stessa pacificazione della regione, la letteratura e gli studi dedicati alla questione russa occidentale se tutto ciò non fosse suscitato e sorretto dalle forze sociali, ma provenisse unicamente dal governo e venisse realizzato soltanto per vie amministrative?117
Nonostante il successo di Kojalovič presso determinati elementi della burocrazia liberale russa e dei circoli elitari pietroburghesi, egli dovette prestare particolare attenzione al tema trattato nelle lezioni e al linguaggio usato, come dimostra la controversia con Batjuńkov. Kojalovič auspicava un risveglio del popolo, il quale doveva vedersi riconosciuta la possibilità di manifestare la propria iniziativa. L‘accento posto sul popolo, che in quel periodo di sommosse rivoluzionarie poteva essere inteso come intenzione di fomentare la rivolta presso i contadini bielorussi, lo costrinse a mettere i ―puntini sulle i‖ al suo ragionamento. Egli per forza del popolo intendeva esclusivamente le risorse spirituali nella loro accezione prettamente ortodossa. Kojalovič esprimeva il dilemma, fatto proprio anche da altri teorici del nazionalismo russo, relativo alla posizione da assumere in seguito al Gennaio polacco: stare dalla parte della nobiltà, come da tradizione per una monarchia nobiliare qual era la Russia, nonostante quella polacca avesse dimostrato la propria ingratitudine e ricercarvi comunque un consenso, o appoggiare piuttosto i contadini, protagonisti di moti antinobiliari? L‘idea di Kojalovič di costituire un movimento russo occidentale, che si basasse sull‘elemento locale, non fu recepita positivamente, ad esempio, dal governatore generale di Vilna, Murav‘ev. Questi, come è noto, diede avvio ad una inequivocabile campagna antipolacca, che fu orchestrata, tuttavia, dall‘alto. Per Kojalovič, al contrario, il processo di russificazione della provincia bielorussa doveva partire dal basso; l‘attività russificatrice pianificata a Pietroburgo, che avrebbe previsto, tra le altre cose, un massiccio afflusso di funzionari dalla Russia centrale, secondo l‘intellettuale bielorusso avrebbe potuto creato incomprensioni e tensioni con l‘elemento locale.
Fu questa diversità sostanziale all‘approccio verso la periferia occidentale a impedire in ultima analisi a Kojalovič di proporre con successo le proprie tesi alla politica pietroburghese e a costringerlo ad una posizione relativamente marginale nel dibattito politico del tempo. Nonostante ciò le sue riflessioni sul tema russo occidentale e ortodosso sarebbero state
115 Si vedano ad esempio, gli articoli di Ivan Aksakov: Naši nravstvennye otnošenija k Pol‘še, in IDEM, Polnoe sobranie sočinenij, t. 3: Pol‘skij vopros i Zapadno-Russkoe delo. Evrejskij vopros, Moskva 1886, pp. 3-11 (originale in ―Den‘‖, 19-go nojabrja 1861 g.), Po povodu pritjazanij Poljakov na Litvu, Belorussiju, Volyn‘ i Podolju in ibidem, pp. 12-16 (or. in ―Den‘‖, 6-go oktjabrja 1862 g.); Naše spasenie ot polonizma v narodnosti, in ibidem, pp. 63-68 (or. in ―Den‘‖, 25-go maja 1863 g.).
116 Cfr. N.I. CIMBAEV, I.S. Aksakov v obščestvennoj ţizni poreformennoj Rossii, sopr. pp. 114-117.
117 «[…] в западной России для правительства народ — все, и для народа правительство — все», «И правительство, и народ лишились бы многих полезных дел, какие обыкновенно совершаются общественными силами, по собственным побуждению и воле. Что такое были бы в западной России постройка церквей, устройство народных школ, действия поверочных коммисий; что такое было бы самое усмирение края; что такое были бы литература и наука по зр вопросу, если бы они не вызывались и не поддерживались общественными силами, а исходили от одного правительства и совершались одними правительственными путями?», M. KOJALOVIČ, Vzgljad g. Èrkerta na Zapadnuju Rossiju, p. 3.
66 oggetto di interesse presso quell‘intellettualità che avrebbe proseguito l‘opera di sensibilizzazione della società russa verso la missione russo-ortodossa che il governo avrebbe dovuto realizzare nelle Province occidentali e nelle altre periferie ―immaginate‖ della nazione russa118.
2.7. “Russo”, o “Ruteno”? Le Province occidentali viste dai nazionalisti russi di periferia (M.O. Kojalovič, P.O. Bobrovskij)
La fioritura degli studi etnografici della metà del XIX sec. si riflesse in ampia misura anche nel lavoro di Kojalovič. Egli considerava la scienza nel suo complesso, e nello specifico l‘etnografia e la statistica, come strumento indispensabile per sostenere lo sviluppo della coscienza nazionale russa, e in particolare di quella locale bielorussa, a quel tempo ancora ad uno stadio germinale. Lo storico riconosceva i progressi della Società geografica imperiale, ma lamentava al contempo la scarsità di specialisti nell‘ambito degli studi sulla Russia occidentale, necessari affinché potesse crearsi uno stretto legame tra piano scientifico e divulgativo, ovvero tra popolo e intellettuali, e l‘opinione pubblica (grande-)russa venisse sensibilizzata sul destino della Russia bianca119. Sull‘alleanza tra nazionalismo e ricerca scientifica, e su come quest‘ultima confermasse, per così dire, i postulati nazionalistici, Kojalovič ebbe ad affermare:
Il pensiero nazionale russo tende ai limiti estremi delle zone popolate da russi ad Occidente; la scienza lo segue a ruota, lo accompagna con i suoi dati e le sue informazioni120.
A testimonianza dell‘attenzione di Kojalovič per la dimensione etnografica delle Province occidentali, le sue Lezioni di storia della Russia occidentale, a partire dalla seconda edizione, furono stampate con una carta etnografica dei territori interessati in allegato. In alcuni articoli apparsi su Russkij Invalid e su Den‘ tra il 1863 e il 1865, Kojalovič diede forma compiuta alla sua riflessione sulla questione della composizione, nonché dei confini etnografici della Russia occidentale. Egli criticava in primo luogo i lavori di altri autori in cui i contadini cattolici, ma di lingua bielorussa, venivano usualmente classificati secondo la nazionalità polacca. Considerare, di conseguenza, le terre lituane e bielorusse come abitate prevalentemente da polacchi era, secondo Kojalovič, un luogo comune ampiamente diffuso, non soltanto nell‘opinione pubblica europea occidentale, ma anche tra gli intellettuali russi. In altri termini, la questione sollevata da Kojalovič riguardava il significato del concetto di ―Polonia‖ e l‘ampiezza territoriale che ad esso sottendeva. Kojalovič faceva notare che l‘opinione pubblica europea considerava la presenza polacca ancora nella sua dimensione geografica del 1772, precedente alla prima spartizione, immagine che era ben rappresentata dalla carta geografica dell‘Atlante dello storico polacco nell‘emigrazione Joachim Lelewel121
. Ciò portava a far coincidere nell‘immaginario geopolitico occidentale lo Stato polacco con il
118 Cfr. P. ŅUKOVIČ, Michail Osipovič Kojalovič, p. 75.
119 M. KOJALOVIČ, O rasselenii plemen zapadnogo kraja Rossii. Po povodu izdannogo g. Èrkertom (na francuzskom jazyke) ètnografičeskogo atlasa oblastej, naselennych sploš‘ ili otčasti poljakami. Skazano v obšcem sobranii geografičeskogo obščestva 8 maja 1863 goda, ―Russkij Invalid‖, 1863, n. 114 (26 maja/7 ijunja), p. 488.
120 «Русская народная мысль стремится к крайним пределам Русских населений на Западе, — наука спешит за ней, сопровождает ее своими данными, своими указаниями», M.O. KOJALOVIČ, Zametka o «materialach dlja ètnografii carstva Pol‘skogo, sobrannych Rittichom», p. 19.
121 Sull‘―immaginario geografico‖ di Lelewel si veda S.J. SEEGEL, Cartography and the collected nation in Joachim Lelewel‘s geographical imagination: a revises approach to intelligentsia, in F. BJÖRLING, A. PERESWETOFF-MORATH (a cura di), Words, Deeds and Values. The intelligentsias in Russia and Poland during the nineteenth and twentieth centuries, ―Slavica Lundensia‖, 2005, 22, pp. 23-31.
67 popolo cattolico; in tal modo quella che, secondo Kojalovič, era la vera composizione etnica delle Province occidentali veniva completamente offuscata.
La necessità di legittimare di fronte all‘opinione pubblica europea il carattere ―russo‖ delle Province occidentali, che già era stata percepita in tutta la sua urgenza da Pogodin, sarebbe stata alla base di numerose pubblicazioni dello storico bielorusso. Nel 1865, ad esempio, su iniziativa della Commissione paleografica di Pietroburgo122, Kojalovič diede alle stampe, in versione bilingue russo-francese, una raccolta di documenti storici sulla Russia occidentale e