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Il difficile equilibrio tra l’autorità zarista e la Chiesa greco-cattolica di Cholm (1831-1863)

3.2. La diocesi di Cholm

3.2.2. La latinizzazione del rito orientale: il Sinodo di Zamostia (1720)

Uno degli eventi che più a fondo segnò l‘evoluzione storico-rituale della Chiesa greco- cattolica in generale, e, nello specifico, della diocesi di Cholm, fu il Sinodo di Zamostia (Zamość) del 1720. Esso fu preparato da circa 40 anni di discussioni tra i dignitari greco- cattolici. Punto di partenza fu il Colloquium di Lublino del 1680, convocato per volere del re polacco Jan Sobieski, durante il quale venne discussa la possibilità e, al contempo, la necessità, di avvicinare il rito orientale al rito cattolico romano, quale ―più perfetto e aderente all‘insegnamento di Cristo‖56

.

Soltanto a Zamostia57, tuttavia, fu decretata ufficialmente l‘introduzione nel rito orientale di una serie di elementi di derivazione latina, che già nel corso del XVII sec. erano gradualmente penetrati negli usi liturgici greco-cattolici. È stato osservato che il Sinodo si rifece esplicitamente alla dottrina confermata dal Concilio di Trento; non a caso particolare attenzione venne dedicata alla dottrina sull‘Eucaristia, ovvero sulla presenza reale del Corpo di Cristo nel pane eucaristico. Di conseguenza furono deliberate alcune prescrizioni, quali: l‘introduzione di vasi sacri per la conservazione delle ostie; la costruzione del tabernacolo da fissare sull‘altare; l‘esposizione dell‘ostia nell‘ostensorio durante le solennità liturgiche; l‘introduzione della lampada accanto al tabernacolo e del baldacchino per le processioni con l‘Eucaristia.

Il Sinodo ebbe ripercussioni notevolissime sulla lex orandi dei fedeli greco-cattolici, e rappresentò un momento decisivo nella formazione di una coscienza confessionale locale particolare. Essa si radicò fortemente nelle zone della frontiera polacco-bielorussa e polacco- galiziana. In relazione alla recezione delle variazioni latine nella liturgia e negli usi greco- cattolici, A.M. Amman sottolinea come i chierici della Podlachia e della Russia Bianca, esponenti di una cultura debole, più aperta a influenze provenienti dall‘esterno, dopo gli studi, spesso compiuti presso facoltà teologiche latine, ritornassero ai paesi d‘origine fortemente latinizzati, portando con sé usi e costumi prettamente cattolici romani58. Quest‘affermazione ci interessa particolarmente poiché riguarda anche il clero colto della Chiesa greco-cattolica dei territori orientali del Regno di Polonia, la diocesi di Cholm (soprattutto nella sua parte

55 Su Susza si veda, ad esempio, A.S. PETRUŃEVIČ, Iakov Suša (episkop Cholmskij 1649-1685), in Cholmskij greko-uniatskij Mesjaceslov na 1868 god, Varńava 1868, pp. 120-128 (or. pubblicato in A.S. PETRUŃEVIČ, Cholmskaja eparchija i svjatiteli ee, L‘vov 1867); A.M. AMMAN S.J., Storia della Chiesa russa e dei Paesi limitrofi, p. 287.

56 J. KOWALCZYK, Latynizacja i okcydentalizacja architektury greckokatolickiej w XVIII wieku, ―Biuletyn Historii Sztuki‖, 1980, XLII, 3/4, pp. 347-364, qui p. 347. È opportuno contestualizzare il Sinodo nel periodo storico di crisi vissuto dalla Rzeczpospolita polacco-lituana, in cui guadagnò una posizione privilegiata il Cattolicesimo. Veniva meno, in tal modo, la celebre ―tolleranza‖ religiosa dei secoli precedenti. La concessione di privilegi a sudditi protestanti e ortodossi iniziò ad essere percepito come un favore reso indirettamente alla Prussia e alla Russia. Conseguenza di ciò fu, ad esempio, a partire dal 1716, il divieto per i cattolici di convertirsi al Protestantesimo o all‘Ortodossia. Sottolineare quindi il carattere orientale, bizantino e ―russo‖ del rito uniate iniziò ad essere visto come possibile focolaio di umori pro-ortodossi e pro-russi. Di qui la necessità di latinizzare la liturgia greco-cattolica. Cfr. A. GIL, Chełmska diecezja unicka 1596-1810, p. 101.

57 Inizialmente il Sinodo era stato convocato a Leopoli. A causa di un‘epidemia nella città, che era stata scelta per la sua significativa rappresentatività di diversi riti cattolici – ospitava infatti ben tre sedi vescovili, latina, uniate e armena –, la sede fu trasferita a Zamość, città dove erano presenti comunità delle stesse tre confessioni cattoliche, cattolica, greco-cattolica e armena; sempre qui, più a lungo che in altre zone della diocesi di Cholm, si era conservata l‘Ortodossia. Il sinodo doveva pertanto sottolineare la presenza dell‘Unione anche nei più duraturi feudi dell‘Ortodossia. Cfr. ibidem, pp. 103-104.

101 settentrionale, ovvero in Podlachia). Qui, proprio in ragione dello sviluppo di una peculiare identità rituale, si registrò una maggiore resistenza ai tentativi di conversione e/o russificazione condotti dalle autorità zariste negli anni ‘30 del XIX sec. e, soprattutto, dopo l‘insurrezione del 1863.

Tra le modifiche architettonico-stilistiche e liturgiche sanzionate, o comunque sorte sulla scia del Sinodo di Zamostia, ricordiamo: l‘introduzione degli altari laterali (sia dal punto di vista architettonico che del programma iconografico non si differenziavano da quelli latini), resasi necessaria affinché anche nei conventi del sovraffollato ordine basiliano ogni religioso potesse disporre di un altare su cui poter celebrare la messa, stante l‘impossibilità, secondo il rito greco, di riproporre il sacrificio divino su uno stesso altare nello stesso giorno; la scomparsa, comunque graduale e non generalizzata, dell‘iconostasi presso l‘altare principale, per analogia con i nuovi altari laterali, per i quali la presenza dell‘iconostasi non era prevista fin dall‘inizio (secondo l‘uso latino, era richiesta la semplice sistemazione della mensa contro la parete laterale); la collocazione di banchi e inginocchiatoi per i fedeli all‘interno della chiesa, assenti nelle chiese di rito orientale, nonché di confessionali, altra pratica entrata in uso durante il periodo della Controriforma cattolica, e di acquasantiere all‘ingresso del tempio; l‘introduzione della messa letta a bassa voce (ciche msze, o szeptuchy, ovvero messe celebrate senza l‘ausilio del canto o dell‘organo), vista la compresenza di più sacerdoti in uno spazio limitato. Al coro, conservato per le messe ―cantate‖, fu affiancato l‘organo (è bene precisare che di questa variazione, così come per ciò che riguarda gli altari laterali, non v‘è traccia né nelle delibere del Sinodo, né nel Messale cosiddetto ―di Supraśl‖ (1727), contenente le disposizioni in materia liturgica); la comparsa della figura del ministrante laico, che prese il posto del diacono; la sostituzione dello Sluţebnik (Liturgikon) con un semplice messale sul modello latino; la diffusione di alcune pratiche devozionali, caratteristiche della pietà tridentina, quali l‘esposizione del Santissimo Sacramento e della processione con l‘ostensorio, la solennità del Corpus Domini, la preghiera delle Quarant‘ore, il rosario e altre preghiere cattoliche in lingua polacca (godzinki, gorzkie żale, suplikacje), nonché l‘impiego dei campanelli ad indicare alcuni momenti cruciali della liturgia; la costruzione di sacrestie, necessarie per la vestizione dei sacerdoti, funzione che in precedenza era possibile svolgere nel presbiterio, in quanto separato dalla vista dei fedeli dall‘iconostasi. Le variazioni interessarono anche la pianta architettonica dell‘edificio sacro. Dal modello diffuso nella Chiesa ortodossa a croce greca, si passò gradualmente, e non senza malumori tra i fedeli, alla costruzione di nuove chiese con assetto a croce latina e all‘eliminazione delle cinque cupole sul transetto, di cui ne rimase soltanto una. La reazione dei fedeli della Cattedrale di S. Sofia di Polock alla variazione nel numero delle cupole voluta dal vescovo uniate, futuro martire, Jozafat Kuncewicz, fu eloquente: ―Ci ha privati [Kuncewicz] di quattro patriarchi, e ci ha lasciato soltanto il papa‖59

. Un altro elemento ricorrente nella tipologia architettonica delle chiese greco-cattoliche dopo Zamostia riguarda la facciata degli edifici sacri, con le due caratteristiche torri campanarie laterali, già ampiamente diffusa nell‘architettura sacra cattolica romana del tardo barocco, soprattutto delle chiese di conventi di domenicani, gesuiti, carmelitani e trinitari. Un esempio di costruzione di una chiesa greco-cattolica secondo canoni architettonici prettamente latini si ritrova nella Cattedrale di Cholm, costruita su progetto di Paweł Fontana e committenza del vescovo F. Włodkowicz, e dotata dei suoi arredi interni dal suo successore, M. Ryłło60, tra i più solerti nel sostenere l‘Unione e la prossimità della liturgia

greco-cattolica con il rito latino.

59

―[...] nam czterech Patryarchów zniósł, a piątego papieża zostawił‖, C. ZOCHOWSKI, Colloquium Lubelskie między zgodną y niezgodną bracią narodu ruskiego, constituceyey warszawskiey, na dzień 24 stycznia anno 1680 złożone, Lwów 1680, p. 74, cit. in J. KOWALCZYK, Latynizacja i okcydentalizacja architektury greckokatolickiej w XVIII wieku, p. 352.

102 Il distacco dalla tradizione liturgica orientale si fece notare con maggior evidenza nelle terre della Corona polacca, e quindi in Galizia (Leopoli) e nella regione di Cholm, mentre la parte ―lituana‖ della Chiesa greco-cattolica mantenne una più profonda consapevolezza dell‘eredità politica della Rus‘ di Kiev. In altri termini, lo sviluppo di una coscienza religiosa e culturale diverso da quello tradizionale, orientale, si ebbe nei territori occidentali, anche geograficamente più lontani dal centro dell‘Ortodossia russa e quindi più ricettivi verso il processo di latinizzazione.

Va ricordato, inoltre, che il Sinodo introdusse ufficialmente il Filioque nel Credo, nonché la menzione del nome del pontefice romano. All‘accettazione delle disposizioni di Zamostia da parte di Roma, avvenuta nel 1724, fu aggiunta la clausola per la quale non sarebbe stato abrogato alcun decreto né dei papi né dei concili precedenti, relativo al rito greco precedentemente in uso. Anche in virtù di questo, in seguito non si arrivò ad una uniformazione del rito greco-cattolico per tutte le realtà ecclesiastiche interessate dall‘Unione.

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