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Il governo zarista di fronte alla questione polacca: progetti di depolonizzazione nelle Province nord-occidentali (lituano-bielorusse) dell’Impero

La presa di coscienza dell‘esistenza di una componente russa e ortodossa quale elemento maggioritario nel paesaggio etnico e confessionale delle Province occidentali non fu soltanto oggetto delle riflessioni di isolati intellettuali. La questione fu sollevata già in alcuni uffici della burocrazia zarista nei decenni compresi tra le due insurrezioni polacche e in particolare negli anni ‘50, dopo l‘ascesa al trono di Alessandro II.

Tale presa di coscienza rendeva al contempo palese i rapporti di forza esistenti nella società locale, dove ad una maggioranza contadina piccolo-russa, bielorussa e lituana si contrapponeva una nobiltà agraria polacca o comunque polonizzata. Ciò iniziava ad essere percepito presso la burocrazia zarista piuttosto come uno squilibrio, le cui proposte di risoluzione, promosse già durante la seconda metà degli anni ‘50, quindi ben prima dei fermenti insurrezionali polacchi del decennio successivo, consistettero nei primi, radicali progetti di ―depolonizzazione‖ delle Province occidentali, teorizzanti, in alcuni casi, la completa rimozione dell‘elemento polacco dalla vita sociale e politica di quella regione. La questione era stata peraltro già sollevata ancora da Pogodin che, nell‘ambito di un progetto di riconciliazione con la Polonia che avrebbe previsto la concessione ai polacchi dell‘autonomia, aveva avanzato la possibilità di far rientrare in Russia i funzionarî russi in servizio nel Regno e di sostituirli con omologhi polacchi impiegati in Russia:

Noi, russi, abbandoniamo qualsiasi pretesa di conquista; ci ritiriamo, per così dire, dal Regno di Polonia, da noi acquisito; parimenti anche i polacchi dovranno lasciare le Province occidentali. Ma noi questo non lo esigeremo, come ulteriore prova della nostra magnanimità e condiscendenza: rimanete, se siete d‘accordo di vivere secondo le nostre leggi; liberi di andarvene, se non lo volete, dopo aver venduto le vostre proprietà62.

La questione delle proprietà fondiarie polacche nelle Province occidentali poteva risolversi scambiando quest‘ultime con i possedimenti russi nel Regno di Polonia, ―[…] di modo che non rimanga una sola anima russa in Polonia, così come una sola anima polacca in Russia, fino a quando entrambe non comprenderanno la convenienza di tornare assieme e di creare un unico organismo‖63.

Ritornato sulla questione dopo il 1863, Pogodin tracciava un parallelo tra la possibilità data ai proprietari terrieri polacchi di conservare i possedimenti nelle Province occidentali, accettando il sistema vigente, e le condizioni dettate agli italiani di Nizza da Luigi Napoleone, dopo l‘occupazione francese delle città64

.

Questa, e altre affermazioni di Pogodin, di carattere decisamente innovativo rispetto al tradizionale atteggiamento riservato alle élites non russe dell‘Impero, erano intese a favorire 62 «Мы, Русские, отказываемся от всяких прав завоевания, выходим, так сказать, из царства Польского, нами приобретенного, точно также должны бы даже выйти Поляки из западных наших губерний. Но мы и этого не потребуем в вящее доказательство нашего великодушия и снисходительности: оставайтесь, если согласны жить под нашими законами; идите куда угодно, если не хотите, продав ваши имения», M.P. POGODIN, Zapiska o Pol‘še (1856), p. 58.

63

«[…] чтобы не осталось русского духа в Польше, точно как польского в России, пока эти два племени не поймут, что им полезнее соединиться опять, и составить одно целое», M.P. POGODIN, Pis‘mo o Pol‘še, p. 40.

64

Cfr. M.P. POGODIN, Neskol‘ko slov o Zapadnych gubernijach, e Pol‘skoe delo (1865), pp. 99-103, e 190- 231.

52 una netta separazione in termini etnici tra Province occidentali (Russia) e Regno di Polonia. I postulati di quest‘ideologia, che avrebbero potuto trovare applicazione concreta attraverso una deportazione di massa della nobiltà polonizzata, o perlomeno, un suo ―spontaneo‖ ritiro dalle Province occidentali, non potevano non scontrarsi con le consuetudini amministrative ispirate alle tradizionali pratiche di governo dell‘autorità zarista.

Ciò che è interessante sottolineare è che la discussione di analoghi progetti non fu limitata ad alcuni, isolati intellettuali, ma trovò spazio anche presso rappresentanti significativi del governo russo locale.

Ad esempio, durante il governatorato generale di V.I. Nazimov (1855-1863, già funzionario del Ministero dell‘Istruzione durante il regno di Nicola I)65

, furono proposti dal governatore stesso (sotto la cui giurisdizione rientravano i governatorati di Vilna, Kovno e Grodno e, dal 1862, anche il governatorato di Minsk), nonché da funzionari del governatorato e del Distretto scolastico di Vilna (che, oltre ai governatorati già menzionati, si estendeva anche su quelli di Vitebsk e Mogilev), provvedimenti animati dall‘idea secondo la quale nei territori bielorusso- lituani doveva essere restaurata l‘originaria nazionalità russa, sottomessa per secoli ad elementi estranei, quello polacco e quello ebraico. In altri termini, doveva essere resa ―giustizia storica‖ all‘elemento russo. Nel suo programma di misure di depolonizzazione delle Province nord-occidentali, ovvero bielorusso-lituane, Nazimov aveva tracciato una netta linea di demarcazione tra campagne e città di prevalenza numerica e tradizione russa dalle località abitate da lituani e/o ebrei. Nell‘affermare la necessità di restituire il carattere atavico russo ad alcune città che, a quel tempo, avevano assunto una fisionomia prevalentemente ebraica, Nazimov riconosceva che altri centri abitati andavano mantenuti nel loro stato attuale, poiché non erano mai stati in passato russi66. Michail Dolbilov considera Nazimov come un esempio di governatore generale in cui si possono riscontrare caratteristiche sia del vecchio tipo di amministratore sensibile agli interessi delle corporazioni nobiliari locali (polacche, nel caso specifico, con le quali Nazimov aveva stretto in precedenza relazioni di reciproca fiducia), sia del nuovo modello di energico amministratore e burocrate interessato dalle nuove istanze nazionalistiche67. A testimonianza dell‘interesse di Nazimov per un‘apertura della prassi politica zarista verso un nuovo modo di intendere la nazione non apparirà superfluo far notare che già nel 1855 Nazimov avesse difeso davanti ad Alessandro II la richiesta di alcuni intellettuali slavofili di pubblicare una nuova rivista, la Russkaja Beseda. Nazimov argomentava la sua posizione con la necessità di immettere nuove energie nel giornalismo russo. All‘inizio del nuovo regno, quando venne superato il periodo di intensificazione della censura intervenuto dopo il 1848, allorché si era visto che le idee rivoluzionarie non avrebbero potuto attecchire in Russia, il governo zarista, che pur avrebbe con forza ribadito il suo ruolo guida per la società russa, non poteva più ignorare l‘opinione pubblica, i cui giudizi – asseriva Nazimov – avrebbero dovuto essere presi in considerazione. Tale apertura all‘opinione pubblica andava di pari passo con l‘aumento dell‘interesse per lo studio del passato russo, mentre andava contemporanemante diminuendo l‘interesse per la cultura europea. Nazimov assicurava inoltre sul potenziale rivoluzionario nullo degli slavofili, le cui idee non avrebbero in realtà cambiato i rapporti di forza esistenti. Nazimov accostava quindi gli slavofili a Karamzin, Puńkin, Griboedov e Gogol‘, sottolineando dei primi quello stesso amore per la Russia che i secondi avevano dimostrato nelle loro opere68.

65 Nazimov avrebbe rassegnato le dimissioni dalla carica di governatore nell‘estate del 1863, di fronte alla propria incapacità di reprimere l‘insurrezione. Al suo posto fu nominato M.N. Murav‘ev.

66 Cit. in A.I. MILLER, Imperija i nacija v voobraţenii russkogo nacionalizma, p. 160 (la fonte cui fa riferimento Miller è: GARF, f. 109, Op. 38. 1863 g., d. 23, č. 175).

67 Cfr. M. DOLBILOV, The Emancipation Reform of 1861 in Russia and the Nationalism of the Imperial Burocracy, in T. HAYASHI (a cura di), The Construction and Deconstruction of National Histories in Slavic Eurasia, Sapporo: Slavic Research Center, Hokkaido University, 2003, pp. 210-211.

53 Un altro progetto, discusso a Vilna nel 1862, prevedeva la creazione di tante scuole nazionali, quante erano le minoranze presenti sul territorio del governatorato generale di Vilna69. A sostegno della tesi per cui le riforme condotte nel Regno di Polonia dopo il 1863 rientravano in realtà in un più ampio progetto di depolonizzazione delle Periferie occidentali dell‘Impero notiamo che un progetto analogo, in seguito realizzatosi soltanto parzialmente, trovò in realtà concretizzazione proprio nel Regno di Polonia, precisamente nella riforma scolastica elaborata da Miljutin nel 1864 e che verrà illustrata nel IV capitolo. Un ulteriore elemento che dimostra la comune base teorica dei progetti di russificazione è la presenza di personalità di primo piano sia nelle commissioni che prepararono i progetti di depolonizzazione delle Province occidentali, sia nei comitati istituiti dopo l‘insurrezione di gennaio al fine di organizzare le riforme istituzionali nel Regno di Polonia. Fra gli altri, ricordiamo ad esempio A.F. Gil‘ferding, uno degli ideologi del Comitato per gli affari del Regno di Polonia, già membro del Dipartimento economico del Consiglio di Stato, retto da A.P. Zablockij- Desjatovskij, stretto collaboratore di Miljutin durante il lavoro nelle Commissioni per l‘abolizione della servitù della gleba nella Russia centrale70

.

Riteniamo utile soffermarci più da vicino su uno di questi progetti, al fine di comprovare le interazioni tra esponenti del nascente nazionalismo e autorità zarista nelle Province occidentali. Estremamente significativa in questo senso è l‘attività e l‘opera di P.N. Batjuńkov, figura chiave nella politica russificatrice delle periferie occidentali dell‘Impero e nell‘attività di sensibilizzazione dell‘opinione pubblica russa sulla necessità di salvaguardare la popolazione russa ortodossa delle okrainy, tra cui la regione di Cholm, dalla polonizzazione71.

Pompej Nikolaevič Batjuńkov (1811-1892)72

, dopo la morte prematura dei genitori fu cresciuto dal fratello per parte di padre Konstantin, il celebre poeta. Compiuti gli studi nell‘Istituto per ufficiali d‘artiglieria, fu nominato nel 1850 vice-governatore a Kovno, quindi assistente al Provveditorato scolastico di Vilna, retto allora da I.G. Bibikov, dove rimase in carica dal 1851 al 1853. Nel 1856 Batjuńkov fu trasferito dal Ministero dell‘Istruzione al Ministero dell‘Interno, dove, nel 1857, fu nominato vice direttore del Dipartimento per i Culti

stranieri (Departament Duchovnych Del Inostrannych Ispovedanij), afferente al Ministero

degli Interni; nel 1858 fu quindi incaricato di coordinare il programma di censimento e

69 D. STALIŪNAS, Making Russians. Meaning and Practice of Russification in Lithuania and Belarus after 1863, pp. 43-56.

70 Ibidem, p. 48; cfr. Zapadnye okrainy Rossijskoj imperii, pp. 125-140. Zablockij-Desjatovskij si distinse per alcune zapiski, presentate tra il 1862 e il 1863, relative al ―consolidamento dell‘elemento russo nelle Province occidentali‖, in cui auspicava un sostegno materiale e spirituale al clero ortodosso, la ricostituzione delle confraternite presso le chiese ortodosse, l‘incentivazione delle politiche di sostegno delle peculiarità culturali e linguistiche della popolazione contadina locale, al fine di contrastare l‘elemento polacco, e l‘accelerazione del processo di concessione delle terre in proprietà ai contadini. Cfr. Zapadnye okrainy Rossijskoj imperii, pp. 137- 138.

71 L‘archivio personale di Batjuńkov è conservato alla Sezione manoscritti della Biblioteca Nazionale di San Pietroburgo: OR RNB (Otdel rukopisej Rossijskoj Nacional‘noj Biblioteki), f. 52 (Batjuškovy P.N. i S.N.). Informazioni biografiche su P.N. Batjuńkov si trovano in: ed. chr. 1, Avtobiografija (1870). Cfr. la bibliografia ivi riportata dall‘autore; cfr. anche L.N. MAJKOV, P.N. Batjuškov, in Bessarabija. Istoričeskoe opisanie. S Vysočajšego soizvolenija izdano pri ministerstve vnutrennich del. Posmertnyj vypusk istoričeskich izdanij P.N. Batjuškov, S.-Peterburg 1892, pp. XV-XXXII. La letteratura storiografica su Batjuńkov è assai ridotta. Anche nei migliori, recenti studi sulla politica zarista nelle Province nord-occidentali (governatorato di Vilna), i riferimenti alla figura e all‘attività di Batjuńkov sono perlopiù sporadici. Cfr. H. GŁĘBOCKI, Fatalna Sprawa. Kwestia polska w rosyjskiej myśli politycznej (1856-1866), p. 91; A.A. KOMZOLOVA, Politika samoderţavija v Severo- Zapadnom krae v èpochu Velikich reform, Moskva, Nauka, 2005; D. STALIŪNAS, Making Russians. Meaning and Practice of Russification in Lithuania and Belarus after 1863.

72

L.N. MAJKOV, P.N. Batjuškov, p. XV. Altre fonti indicano come data di nascita il 1810 o, come asserisce l‘autore nell‘Autobiografia, il 1814.

54 restauro delle chiese ortodosse presenti nelle proprietà terriere della nobiltà polacca nei 9 governatorati delle Province occidentali73. L‘iniziativa, voluta già da Nicola I all‘inizio degli anni ‘3074, come testimoniava lo stesso Batjuńkov, si trovava tuttavia in una situazione di

stallo, priva di una direzione precisa e bloccata da una certa inerzia dei funzionari. L‘esecuzione del programma – riferisce Batjuńkov nella sua autobiografia – si limitava alla richiesta, indirizzata ai proprietari terrieri polacchi, di realizzare entro il termine fissato dalle autorità il restauro delle chiese esistenti nei loro possedimenti. Le richieste non sortivano tuttavia gli effetti desiderati, in quanto all‘ingiunzione ministeriale non seguivano controlli sul terreno, e gli atti relativi al patrimonio architettonico ecclesiastico ortodosso andavano a depositarsi ―sotto una spessa coltre di polvere‖ negli scaffali degli archivi ministeriali75

. Con la sua sollecita attività fu lo stesso Batjuńkov a imporre una svolta nel processo di censimento e restauro degli edifici sacri. Nel corso di nove anni, dal 1858 al 1867, grazie al suo personale interessamento, furono costruite o restaurate 1700 chiese, per le quali gran parte del denaro necessario fu raccolto presso benefattori privati76. Egli rese peraltro un notevole contributo nel sensibilizzare i činovniki, la nobiltà e, in generale, la società colta pietroburghese sulla presenza dell‘Ortodossia e dell‘elemento etnico russo nelle Province occidentali77

. Nella sua autobiografia Batjuńkov ricordava che:

Fino all‘ultima rivolta (mjateţ) polacca, […] le informazioni sulla composizione etnica e religiosa delle Province occidentali erano così incerte che, ad esempio, il Santo Sinodo non era a conoscenza del numero di chiese, né di fedeli di ogni parrocchia, e, in via semi-ufficiale, il Ministero dell‘Interno considerava la popolazione di questa regione come polacca78.

Per ovviare a questa situazione Batjuńkov ottenne, attraverso il Ministero, il permesso di pubblicare, sulla base dei dati raccolti, un Atlante delle confessioni religiose nelle Province

occidentali dell‘Impero. La prima edizione, del 1863, non fu destinata alla vendita, ma

limitata ad un pubblico elitario, mentre la seconda fu indirizzata ad un più ampio mercato. Secondo la testimonianza dello storico M.O. Kojalovič, le prime carte, la cui elaborazione era iniziata nel 185979, relative alla presenza confessionale nei governatorati di Mogilev e Vitebsk, erano pronte già nel 186180. L‘Atlante, realizzato per la cura di Batjuńkov, conteneva dati statistici ed etnografici raccolti all‘uopo dagli ufficiali dello Stato maggiore (Èrtel‘,

73 L.N. MAJKOV, P.N. Batjuškov, pp. XVIII- XIX.

74 Già agli anni ‘30 del XIX sec. si possono far risalire le prime indagini statistiche ufficiali sulla Russia centrale, durante le quali fu rivolta l‘attenzione anche ai governatorati delle Province occidentali. Fu soltanto verso la fine degli anni ‘50, tuttavia, che gli ufficiali dello Stato maggiore intrapresero uno studio sistematico di questa regione. Cfr. V.N. ČEREPICA, Michail Osipovič Kojalovič. Istorija ţizni i tvorčestva, Grodno, GrGU, 1998, pp. 49-50.

75

OR RNB, f. 52, ed. chr. 1, l-1v. Sulle iniziative volte al sostegno dell‘Ortodossia nelle Province occidentali si veda: OR RNB, f. 52, ed. chr. 7 (Zapiska o pravoslavnych cerkvach Zapdnogo Kraja. 1857); ed. chr. 17 (Zapiska o byte pravoslavnogo duchovenstva v Zapadnom krae. 1858); ed. chr. 21 (Zapiska o dejatel‘nosti Ministerstva Vnutrennich Del po cerkovno-stroitel‘nomu delu v Zapadnom Krae).

76

L.N. MAJKOV, P.N. Batjuškov, p. XXI. Di dimensioni parimenti vaste fu la dotazione delle chiese dei necessari arredi sacri e libri liturgici.

77 Cfr. M. KOJALOVIČ, [senza titolo], ―Russkij Invalid‖, 1863, n. 268 (4/16 dicembre), p. 1128.

78 «До последнего польского мятежа, [когда] сведения об этнографическом и религиозном составе Западного Края были до того скудны, что, напр: Св. Синод не знал ни числа церквей, ни числа прихожан по епархиям, а Министерство Внутренних Дел почти официально признавало этот край, по населению, польским», OR RNB, f. 52, ed. ch. 1, 1v.

79 OR RNB, f. 52, ed chr. 78 (O predprinjatom po Vysočajšemu poveleniju izdanii pamjatnikov russkoj stariny v zapadnych gubernijach. Zapiska. 1867), l. 2.

55 Baranovič, Delivron, Rittich, Viskovatov, Zelenskij, Gec81

). Tali dati furono quindi rielaborati dal tenente colonnello A.F. Rittich (1831-1911?), proveniente da una famiglia nobile della Livonia, tra il 1862 e il 1864 responsabile dell‘opera di costruzione e restauro delle chiese ortodosse nel governatorato di Minsk, al quale, in ultima analisi, va assegnata la paternità del lavoro82. L‘opera consisteva di dieci carte, nove delle quali dedicate ad ogni singolo governatorato, più una decima carta riassuntiva, relativa all‘intero territorio delle Province occidentali, in cui venivano rappresentate con colori diversi le aree popolate da maggioranza ortodossa, cattolica romana, protestante e musulmana (mentre non trovava posto la presenza ebraica); negli elenchi delle chiese ortodosse presenti sul territorio veniva dato particolare risalto agli edifici religiosi di recente costruzione e alle confraternite. All‘Atlante era allegata una tavola sincronica dei principati della Rus‘, redatta per l‘occasione da K.S. Serbinovič, già direttore della Cancelleria del procuratore generale del Santo Sinodo negli anni 1833-1859. Il fine perseguito da Batjuńkov consisteva nel far luce sulla composizione etnica e confessionale delle Province occidentali, in particolare sull‘esatta proporzione tra la popolazione autoctona, i ―russi‖ locali (aborigeny) e i polacchi. I dati dimostravano che la quota di polacchi presenti sul territorio non raggiungeva il 9% della popolazione complessiva, mentre in alcuni governatorati era inferiore all‘1%. Le statistiche relative all‘appartenenza confessionale denotavano che, ad esclusione del governatorato di Kovno e di alcune località dei governatorati di Vilna e Grodno, l‘intera superficie dei governatorati occidentali era abitata da popolazione russa, per la maggior parte di fede ortodossa. In secondo luogo, le chiese e i monasteri cattolici presenti su territori densamente popolati da ortodossi non potevano essere stati eretti per soddisfare le esigenze spirituali della popolazione locale, ma come basi per il proselitismo cattolico-polacco. Secondo Batjuńkov, la verità incontrovertibile dimostrata dalle statistiche e dalle carte dell‘Atlante smentivano i luoghi comuni diffusi sulla stampa europea, finanziata dai magnati polacchi residenti all‘estero con le rendite delle loro proprietà ―russe‖ (nelle Province occidentali), e grazie anche al supporto dell‘attività dei russi ―cosmopoliti e liberali‖. Non a caso, l‘introduzione all‘Atlante, così come in quegli anni sarebbe avvenuto per altre pubblicazioni di contenuto analogo, era stata stampata in versione bilingue, russa e francese83.

L‘Atlante ebbe un riscontro notevole nella società colta russa e fornì un prezioso strumento per la conoscenza delle periferie occidentali dell‘Impero. All‘opera fu dedicata una certa attenzione da M.O. Kojalovič, il quale riconobbe al lavoro di Batjuńkov e Rittich soprattutto il merito di chiarire la composizione etnica della popolazione delle Province occidentali. In alcune recensioni pubblicate sul Russkij Invalid tra il 1863 e il 1864, lo storico diede spazio ad alcune riflessioni sui rapporti di forza tra russi e polacchi in quei territori.

Secondo Kojalovič i soli dati relativi alla confessione praticata dalla popolazione, tradizionalmente utilizzati negli studi sulla regione, non erano infatti sufficienti per spiegarne la composizione etnica: in altre parole, se per ebrei, musulmani e protestanti, il dato confessionale corrispondeva esattamente al dato etnico, lo stesso non poteva dirsi per cattolici e ortodossi. I recenti studi geografico-statistici, quali l‘Atlante, dimostravano che nel territorio in oggetto la grande maggioranza della popolazione non era affatto compattamente cattolica,

81 Pamjatniki Russkoj stariny v zapadnych gubernijach izdavaemye s Vysočajšego soizvolenija P.N. Batjuškovym, vyp. sed‘moj, Cholmskaja Rus‘ (Ljublinskaja i Sedleckaja gub., Varšavskogo General- Gubernatorstva), S.-Peterburg 1885, p. I.

82 Su Rittich si veda V. PETRONIS, Constructing Lithuania. Ethnic Mapping in Tsarist Russia, ca. 1800-1914, pp. 194-199, 210-219.

83 OR RNB, f. 52, ed. chr. 94 (Ob izdanijach Ministerstva Vnutrennich Del po Zapadnomu kraju s 1863 po 1889 gody, 22 nojabrja 1889), ll. 1-3; Atlas narodonaselenija Zapadno-russkogo kraja po ispovedanijam. Sost. pri Ministerstve Vnutrennich Del v kanceljarii zav. ustrojstvom pravoslavn. cerkvej v zapadnych gubernijach. Sost. Gener. Štaba podpolkovnik Rittich. Predisl. sost. P. Batjuškov, S.-Peterburg 1863.

56 bensì, al contrario, ortodossa; inoltre alla voce ―cattolico‖ non corrispondeva soltanto l‘etnia polacca, così come risultava, ad esempio, dai lavori di R. von Erckert84, bensì anche quella lituana, samogizia e lettone. Secondo le stime riportate da Rittich, l‘intera popolazione delle Province occidentali ammontava a 10.659.800 persone, di cui gli ortodossi costituivano il 61,24% (7.772.800), mentre i cattolici il 24,7% (2.633.400). Da quest‘ultimo dato venivano quindi estrapolate le quote relative alle nazionalità praticanti il cattolicesimo, oltre ai polacchi, ovvero lituani, pari a 855.700, samogizi – 447.800, lettoni – 158.000, piccolo russi – 85.950, bielorussi – 175.900. Tra i cattolici, gli elementi di etnia polacca corrispondevano all‘8,51% (909.000) del totale della popolazione delle Province occidentali85. Kojalovič faceva quindi notare che i polacchi presenti nelle Province occidentali non erano in alcun caso elemento autoctono, non erano cioè ―narod‖, bensì proprietari terrieri, funzionarî, nobili, esponenti del ceto medio, i quali, a loro volta, sulla base dell‘idea per cui queste categorie sociali erano di origine straniera, non slava, non rappresentavano propriamente neppure l‘etnia polacca86

. Batjuńkov fu anche l‘autore, nel 1862, di un memorandum ―Sull‘elemento polacco nelle Province occidentali‖, datato 25 settembre 1862, e indirizzato nel novembre dello stesso anno all‘imperatrice Maria Aleksandrovna, consorte di Alessandro II, nota per la sua attività di beneficienza e di appoggio alla diffusione del Cristianesimo nelle periferie dell‘Impero (soprattutto nel Caucaso). Nel documento trovavano espressione questioni analoghe a quelle sollevate da Pogodin in merito alla presenza della szlachta polacca nelle Province occidentali. Notiamo una volta ancora che Batjuńkov redasse il testo del memorandum pochi mesi prima dello scoppio dell‘insurrezione del gennaio 1863, fatto che conferma ulteriormente quanto già prima di questo evento di importanza capitale nell‘evoluzione futura dei rapporti tra russi e polacchi, fossero presenti, tra i funzionari di più alto livello della burocrazia zarista, esempi di rappresentazioni e idealizzazioni del territorio nazionale russo che si distaccavano dai precedenti schemi del legittimismo dinastico e della prassi di collaborazione con i non russi

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