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Il difficile equilibrio tra l’autorità zarista e la Chiesa greco-cattolica di Cholm (1831-1863)

3.2. La diocesi di Cholm

3.3.2. L’ultimo tentativo: la “cattività pietroburghese” di Szumborsk

L‘interesse di Pietroburgo, dello zar in primo luogo, per gli uniati del Regno di Polonia si rinnovò all‘indomani della conversione dei greco-cattolici delle Province lituane e bielorusse, nel 1839. In seguito alla debole reazione del papa Gregorio XVI alla conversione degli uniati di Lituania e Bielorussia Nicola si informò presso Paskevič sulla reazione del clero greco- cattolico del Regno. Il 3/15 gennaio 1840 Nicola scriveva nuovamente a Paskevič, sottolineando la scarsa eco della protesta pontificia presso ex-uniati e cattolici dell‘Impero, e proponendo pertanto di cogliere il momento opportuno risolvendo la questione degli uniati di Cholm dopo aver invitato a Pietroburgo il vescovo Szumborski. Il carattere timido e riservato, nonché irresoluto, del vescovo era stato alla base della scelta di Nicola ai fini della nomina episcopale nel 1828. L‘imperatore, che presumeva di poter facilmente manipolare il prelato, nutriva concrete speranze di guadagnare il vescovo alla causa russo-ortodossa. Nella capitale dell‘Impero, a stretto contatto con la magnificenza del rito e dell‘architettura della Chiesa Ortodossa, e con i dignitari ortodossi ed ex-uniati delle Province occidentali, Szumborski avrebbe potuto finalmente persuadersi di far ritorno con il suo gregge in seno all‘Ortodossia100. Dalle memorie lasciate da Semańko emerge che la decisione di convocare il

vescovo di Cholm a Pietroburgo venne presa in seguito a una zapiska da lui stesso presentata. L‘ex dignitario greco-cattolico auspicava di estendere l‘azione al Regno di Polonia al fine di coronare l‘―opera di redenzione‖ (spasitel‘noe delo) realizzata nelle vicine Province occidentali. Egli sottolineava le condizioni ideali che erano venute a crearsi dopo il 1839, ma paventava al contempo il rischio che in futuro potesse non presentarsi nuovamente un‘occasione così favorevole. L‘azione si rendeva tanto più necessaria se si considerava la progressiva cattolicizzazione in atto nella diocesi di Cholm: sulla scorta di dati ufficiali, faceva notare che ancora quindici anni prima (intorno al 1825), la quota di greco-cattolici ammontava a 400mila unità, mentre al momento in cui scriveva era già scesa a meno di 300mila101, numero che era destinato ad assottigliarsi ulteriormente a causa del proselitismo del clero latino e della connivenza delle autorità greco-cattoliche locali. L‘autore rifletteva quindi sul modo in cui realizzare l‘azione di conversione. Essa si sarebbe potuta compiere con maggior facilità nel caso in cui, prima dello vossoedinenie del 1839, la diocesi di Cholm fosse stata inserita nella giurisdizione del Collegio lituano-bielorusso di Pietroburgo, creando in tal modo un collegamento tra gli uniati polacchi e quelli lituano-bielorussi. Dopo il 1839 il

98 Ńipov dedicò anni più tardi un articolo alla questione polacca: S.P. ŃIPOV, Rossija i Pol‘ša, svjaz‘ ich i vzaimnye otnošenija, in Čtenija v Imperatorskom Obščestve istorii i drevnostej rossijskich pri Moskovskom universitete. Povremennoe izdanie, 1860, kn. I, pp. 51-60.

99 A. BOUDOU, Le Saint-Siège et la Russie. Leurs relationes diplomatiques au XIXe siècle, 1814-1847, p. 234. 100

Scriveva Nicola a Paskevič: «Здесь пусть поглядит, да послушает, да потолкует с прежними товарищами; а потом можно будет и за них приняться», Iz pisem Imperatora Nikolaja Pavloviča k knjazju I.F. Paskeviču, ―Russkij Archiv‖, 1910, 3, p. 349.

101

I dati riportati nella zapiska si differenziano sensibilmente dalle stime da noi citate in precedenza (cfr. RGIA, f. 821, op. 4, d. 1481, ll. 1-1v.).

113 contatto con il clero già convertito all‘Ortodossia avrebbe potuto al contrario complicare ulteriormente la questione. L‘autore considerava inoltre inutile e dannoso introdurre dall‘alto modifiche al rito sull‘esempio delle Province occidentali, poiché ogni misura di questo genere sarebbe stata subito interpretata dagli uniati polacchi come un preludio alla conversione, e avrebbe suscitato l‘opposizione del clero locale, indubbiamente appoggiato dal clero latino. L‘azione non doveva essere condotta ricorrendo a misure preparatorie, bensì direttamente, attraverso una serie di iniziative, quali: la nomina di uno o più funzionari incaricati di visitare le chiese greco-cattoliche del Regno, e di persuadere il clero parrocchiale a firmare la richiesta ufficiale di riunificazione alla Chiesa ortodossa; l‘allontanamento dei preti di dubbia correttezza politica (ustranit‘ zatem nenadeţnych svjaščennikov), nonché dei loro superiori; l‘annessione102, infine, della diocesi di Cholm alla Chiesa ortodossa sull‘esempio delle

Province lituane e bielorusse. La chiave per il successo nella conversione si trovava tuttavia nelle promesse di beneficî materiali per il clero greco-cattolico: l‘esenzione dalle imposte, e dal servizio militare per i popoviči, secondo Semańko, avrebbero assicurato il successo dell‘operazione103. L‘elemento decisivo, infine, che avrebbe condizionato più di tutti gli altri

il successo della conversione, risiedeva nella persona del vescovo di Cholm: era reale la possibilità di fare di lui un collaboratore della autorità zariste? In caso negativo Semańko proponeva di trattenerlo a Pietroburgo per il tempo necessario all‘opera di conversione.

L‘obbedienza al pontefice romano e la tenacia di Szumborski non permisero, in ultima analisi, alle autorità di guadagnare il vescovo alla causa della conversione; Szumborski fu comunque invitato a Pietroburgo, dove fu trattenuto per cinque mesi (dal 4 agosto 1840 al 3 gennaio 1841). In questo periodo i fautori della conversione tentarono, invano, di convincere Szumborski alla conversione all‘Ortodossia.

Il 14 maggio 1840, mentre lo zar si trovava di passaggio per la capitale del Regno di Polonia, il direttore della Commissione governativa, A.A. Pisarev104, invitò a Varsavia Szumborski perché questi ringraziasse personalmente lo zar per i beneficî resi alla Chiesa greco-cattolica di Cholm (l‘apertura, nel 1835, della scuola per diaconi e il suo finanziamento105

, lo stanziamento di fondi per la costruzione dell‘iconostasi nella chiesa del seminario di Cholm, la nomina, all‘interno della Commissione governativa di un membro-rappresentate del clero

102 Nel testo è usato il termine prisoedinit‘. Ricordiamo che nella terminologia ufficiale relativa alla conversione del 1839 non si parla normalmente di una semplice ―unificazione‖ o ―annessione‖ degli uniati, nozione che in russo è reso con prisoedinenie, bensì di una loro ―riunificazione‖ o ―riannessione‖, ovvero vossoedinenie, concetto che implica un ritorno ad una situazione preesistente.

103

RGIA, f. 797, op. 87, d. 26 (Ob uniatskom Cholmskom episkope Feliciane Šumborskom), l. 22-23v. Il testo del memorandum venne pubblicato da Semańko nelle sue Zapiski, t. II, pp. 60-61.

104 Aleksandr Aleksandrovič Pisarev (1780–1848). Provveditore dell‘Università di Mosca, governatore del distretto militare di Varsavia, senatore, presidente di Obščestvo Ljubitelej Rossijskoj Slovesnosti, membro dell‘Accademia russa delle Scienze.

105 Szumborski aveva presentato la richiesta di creazione di un istituto per la formazione dei diaconi già nel 1835. La risposta dello zar fu positiva, e l‘anno successivo, su proposta di Golovin, due chierici furono mandati a studiare presso la Cattedrale ortodossa di Varsavia. Questi avrebbero poi potuto diventare a loro volta insegnanti a Cholm. Anche questa operazione rientrava nel processo di uniformazione della liturgia al modello ortodosso. Dal 1837 gli studenti furono esentati dal servizio militare. Dal 1840 lo zar assegnò un fondo per la riparazione dei locali necessari ad ospitare la scuola a Cholm. L‘inaugurazione avvenne il 6/18 dicembre 1840 (mentre Szumborski si trovava a Pietroburgo). All‘inizio il programma (che prevedeva un corso di tre anni in cui lo studente avrebbe studiato non solo la liturgia, ma anche le materie previste per diventare maestro nelle scuole elementari parrocchiali) e l‘organico dei docenti furono scelti, rispettivamente, dal concistoro di Cholm e dal vescovo. Ben presto, tuttavia, la scelta del corpo docente passò sotto il controllo delle autorità di Varsavia, mentre dal 1844 anche il programma iniziò ad essere definito da Varsavia. Furono inoltre allontanati gli studenti di rito latino. Cfr. F. RZEMIENIUK, Unickie szkoły początkowe w Królestwie Polskim i w Galicji 1772-1914, pp. 48-78.

114 uniate)106. Szumborski incontrò Nicola a Varsavia il 20 maggio/1 giugno 1840. L‘imperatore espresse il desiderio che il vescovo si recasse a Pietroburgo ―per osservare la bellezza dei riti e delle chiese ortodosse della Capitale‖107

. Secondo quanto riferiva in un memoriale del 29 maggio/10 giugno il governatore di Lublino, M.E. Al‘bertov, al viceré Paskevič, Nicola dovette assicurare Szumborski delle sue buone intenzioni nei confronti della Chiesa greco- cattolica:

Non abbiate timore, anch‘io ho una coscienza. Non intendo costringerVi ad unirVi alla nostra Chiesa; desidero soltanto che non siate privati dei privilegî di cui Roma stessa Vi ha rivestiti, e che possiate conservare intatto il Vostro rito orientale…‖108.

Szumborski, alcuni giorni più tardi, scrisse ad Al‘bertov esprimendo l‘intenzione di declinare, ufficialmente per motivi di salute, l‘invito dell‘imperatore e che avrebbe potuto mandare a Pietroburgo un sostituto. Al‘bertov informava Paskevič della decisione del vescovo, aggiungendo che con ogni probabilità alla base della decisione del prelato doveva esserci la persuasione del canonico Szymański, ―uomo scaltro e ostile al Governo‖109. A convincere infine Szumborski ad accettare l‘invito dell‘imperatore fu, secondo Al‘bertov, il vescovo ortodosso di Varsavia, Antonij. Paskevič, in una lettera del 4/16 giugno, comunicava all‘imperatore lo stato attuale della questione, aggiungendo che Szumborski sembrava intenzionato a chiedere al sovrano di estendere al clero greco-cattolico i favori di cui godeva il clero russo (esenzione dalle imposte e dal servizio militare, assegnazione di privilegi nobiliari). Paskevič riteneva che il governo avrebbe potuto concederli soltanto dopo la conversione del clero uniate all‘Ortodossia; in caso contrario non sarebbe stato possibile guadagnare il clero alla causa della conversione110.

Szumborski partì infine il 7/19 luglio per Varsavia, e di lì il 14/26 dello stesso mese per Pietroburgo, accompagnato da Szymański e da Jan Teraszkiewicz, rettore del seminario di Cholm. A Varsavia fu affidata al gruppo una guida russa, I.D. Ponomarev, funzionario dell‘amministrazione zarista a Varsavia e informatore delle autorità, il quale avrebbe dovuto redigere un diario giornaliero in cui annotare la condotta del vescovo, i suoi contatti e gli incontri, soprattutto con cattolici. Prima di lasciare Cholm, Szumborski consegnò al capitolo della Cattedrale una lettera in cui auspicava che il clero greco-cattolico si mantenesse ―saldo

106 A. KOSSOWSKI, Filip Felicjan Szumborski (1771-1851), p. 10; Dziennik podróży do Petersburga Filipa Szumborskiego, p. 270.

107

«[…] для обозрения великолепия обрядов и вообще чиноположения православных церквей в Столице», cit. in A. KOSSOWSKI, Filip Felicjan Szumborski (1771-1851), p. 10.

108 ―Proszę nie lękać, ja również mam sumienie; moim zamiarem nie jest, aby cię zmusić do unii z naszym kościołem, pragnę tylko, abyście nie byli pozbawieni przywilejów, które nawet Rzym wam nadał, i abyście zachowali ściśle wasz wschodni obrządek...‖, cit. in Dziennik podróży do Petersburga Filipa Szumborskiego, p. 270. Durante l‘incontro di Varsavia Nicola I assicurò inoltre Szumborski dei sussidî necessari per il ripristino delle iconostasi. L‘imperatore affermò di dedicare uguali attenzioni a tutte le confessioni dell‘Impero e di permettere a ciascun suddito di professare liberamente la propria fede. Cfr. Dziennik podróży do Petersburga Filipa Szumborskiego, p. 278. Cfr. A. BOUDOU, Le Saint-Siège et la Russie. Leurs relationes diplomatiques au XIXe siècle, 1814-1847, p. 236. 109 «[…] человеком хитрым и не преданным Правительству», RGIA, f. 797, op. 87, d. 26, l. 26. 110 RGIA, f. 797, op. 87, d. 26, ll. 26-27v. «[…] в настоящее время едва ли было бы полезно оказывать греко-унитскому духовенству Царства Польского какие-либо особые милости: ибо коль скоро оно воспользуется тем, что составляет главный предмет его желаний – то нельзя ожидать, чтобы впоследствии нашлись в числе этого духовенства такие лица, которые бы содействовали видам Правительства. Напротив того нужно, кажется, удерживать греко-унитов в той мысли, что они не прежде могут воспользоваться преимуществами, присвоенными Русскому духовенству, как тогда токмо, когда зависеть будут от Святейшего Синода», ibidem, l. 27.

115 nell‘unità di fede promessa alla Chiesa e al Vescovo di Roma‖111

. A quanto pare Szumborski nutriva forti timori sulla possibilità di far ritorno alla sua sede vescovile.

All‘inizio della sua ―cattività‖ pietroburghese, Szumborski fu accompagnato a visitare i principali luoghi di culto della capitale, tra cui le cattedrali della Madonna di Kazan‘, della Resurrezione (Smol‘nyj sobor) e dei ss. Pietro e Paolo, la Lavra di Sant‘Alessandro Nevskij, e il monastero di san Sergio (Sergieva Pustyn‘). Tra le personalità ortodosse il vescovo fece visita all‘igumeno di San Sergio Ignatij (D.A. Brjančaninov), e infine al metropolita della Chiesa cattolica I. Pawłowski. Ad accompagnare il vescovo fu un funzionario della cancelleria del Santo Sinodo, Valerij Valer‘evič Skripicyn, uno dei principali organizzatori della conversione del 1839, in seguito direttore del Dipartimento112. In una relazione all‘Ober-prokuror del Santo Sinodo, Nikolaj Aleksandrovič Protasov, del 4 settembre 1840, Skripicyn forniva la seguente, eloquente descrizione di Szumborski:

Il vescovo è uomo sinceramente pio e mite; sembra sprovvisto di eccessivo fanatismo e rispettoso dei riti della Chiesa ortodossa, che egli ritiene proprî anche della sua Chiesa, mentre i nuovi elementi in essa introdotti egli considera importati dall‘Occidente in seguito ai numerosi rivolgimenti politici che hanno caratterizzato il suo Paese. Egli manifesta sincera devozione per tutti i nostri santuari, inoltre assiste con entusiasmo alle funzioni e non disdegna il nostro clero. A settant‘anni, tuttavia, gli sarà difficile acquisire una nuova forma mentis; è mia opinione che, tenuto conto del suo debole carattere, l‘abitudine al potere supremo del pontefice romano gli impedirà di dare un seguito alle favorevoli impressioni che il soggiorno a Pietroburgo sta in lui suscitando113.

Molti anni più tardi, Skripicyn ricordava l‘atteggiamento nel complesso favorevole di Szumborski nell‘incontrare il clero ortodosso pietroburghese. In particolare, ricordava il giorno in cui il vescovo incontrò l‘imperatore:

Fui incaricato di accompagnarlo al Palazzo d‘Inverno. Quel giorno, a motivo di una particolare solennità, si teneva a corte una funzione religiosa. Durante l‘officiatura il prelato greco-cattolico salì all‘altare assieme al nostro clero; alla conclusione della funzione uscì, come fanno abitualmente i vescovi ortodossi, con indosso il mantello, attraverso le porte diaconali. In chiesa, davanti ai presenti, fu accolto benevolmente da Sua Maestà114.

111

―Wytrwałości w religijnej jedności poprzysiężonej Kościołowi i patryarsze rzymskiemu‖, cit. in A. KOSSOWSKI, Filip Felicjan Szumborski (1771-1851), p. 12; Dziennik podróży do Petersburga Filipa Szumborskiego, p. 274.

112 Nel 1838 compì un ampio sopralluogo sulla situazione delle chiese greco-cattoliche lituano-bielorusse. Cfr. G.I. ŃAVEL‘SKIJ, Poslednee vossoedinenie s Pravoslavnoju Cerkov‘ju uniatov belorusskoj eparchii (1833- 1839 g.g.), pp. 273-283. Come direttore del Dipartimento si distinse per l‘introduzione del russo come lingua ufficiale nei rapporti tra l‘autorità russa e gli organi di rappresentanza cattolica, oltre che nell‘amministrazione cattolica interna; pose i monasteri cattolici sotto la giurisdizione del vescovo cattolico; fu tra gli ideatori delle soppressioni di monasteri cattolici nelle Province occidentali e, con i beni ricavati, della creazione del fondo di sostentamento dei preti cattolici secolari. Su Skrypicyn si veda: D.N. TOLSTOJ, V pamjat‘ V.V. Skripicyna, ―Russkij Archiv‖, 1876, 1, pp. 384-392. Skripicyn ispirò a D.A. Tolstoj, futuro procuratore del Santo Sinodo e ministro dell‘Istruzione e degli Interni, la stesura dell‘opera Le catholicisme romain en Russie, che doveva essere la prima di una serie di monografie sulle confessioni religiose che rientravano sotto la giurisdizione del Dipartimento, e che dovevano servire da vademecum per i funzionari dello stesso.

113 «Епископ человек искренно богомольный, добродушный, кажется без сильного фанатизма и уважающий обряды Православной церкви, кои признает принадлежащими и их церкви, а все нововведения в оной почитает вкравшимися от Запада при разных политических переворотах обитаемого им края; почему и оказывает искреннее благоговение ко всем нашим святыням, с удовольствием присутстввует при наших богослужениях и не чуждается нашего Духовенства. Но семидесяти лет ему трудно принять совершенно новый образ мыслей, а привычка к верховной власти папы, при мягком его характере, кажется препятствует развитию тех благотворных впечатлений, которые на него сделало пребывание его в Петербурге», RGIA, f. 797, op. 87, d. 26, ll. 2. 114 «[…] мне же поручено было сопровождать его в Зимний дворец. В это время было при дворе, по случаю особенного торжества, молитвословие, в продолжение коего, означенный униатский епископ находился в алтаре, вместе с нашим духовенством, а по окончании службы, он вышел, как обыкновенно делают православные епископы, в мантии из северных дверей, и в церкви, при всех предстоящих, был

116 Di Szymański, al contrario, Skripicyn sottolineava nel suo rapporto la scaltrezza, l‘orgoglio e la superbia. In lui il fanatismo assumeva sfumature più nazionalistiche che confessionali:

L‘anima del polonismo è in lui sì forte, che con difficoltà riesce a celarla. Quando, ad esempio, gli chiesi quale delle opere d‘arte da lui viste a Pietroburgo lo avesse maggiormente colpito, egli rispose: «Se mi permettessero di scegliere, porterei via soltanto le spade dei Re polacchi conservate all‘Arsenale di Carskoe Selo»115.

Secondo la relazione di Skripicyn, il solo Szymański aveva manifestato una evidente insofferenza per la Chiesa ortodossa e i suoi riti, soprattutto quando Szumborski dimostrava di assistere di buon grado alla liturgia ortodossa. D‘altra parte, tuttavia, riusciva spesso a convincere il vescovo a far visita alle chiese cattoliche; come emerge dal diario del prelato uniate, Szumborski frequentava con una certa regolarità la chiesa dei domenicani. Szymański non nascose a Skripicyn la sua opinione in materia di rito: per il prelato polacco non v‘era in realtà alcuna differenza tra la Chiesa cattolica e quella greco-cattolica; il rito non definiva alcuna suddivisione tra le due Chiese e le modifiche introdotte nella liturgia orientale erano legittime, in quanto sanzionate dal Sinodo di Zamostia.

Le impressioni ricevute durante le visite indussero Skripicyn ad esprimere perplessità sulla possibilità di realizzare la conversione degli uniati polacchi. Nonostante l‘atteggiamento favorevole dimostrato da Szumborski verso il rito e la gerarchia ecclesiastica ortodossa, la questione richiedeva anzitutto misure di carattere amministrativo e politico, prima che confessionale. Secondo Skripicyn, l‘amministrazione separata, con sede a Varsavia, dei greco-cattolici del Regno impediva di fatto un intervento diretto di Pietroburgo. In un passo del suo rapporto il funzionario russo riferiva di aver sostenuto, davanti ai suoi interlocutori greco-cattolici, che l‘opera di conversione ―dipendeva [comunque] dalla volontà suprema dell‘Imperatore: di fronte al Suo potere illimitato e autocratico il Regno di Polonia è pari a Kazan‘, ad Astrachan‘, o ancora alla Georgia‖; il vescovo e i suoi collaboratori, dal canto loro, avevano risposto affermando di essere ―separati dall‘Impero da una frontiera e di possedere un proprio Consiglio, un proprio Ministero e l‘intera amministrazione autonomi rispetto all‘Impero‖116. Le affermazioni riportate rendono ancora una volta un‘idea piuttosto

chiara del concetto di Impero russo e di Regno di Polonia che poteva esistere presso un funzionario pietroburghese e un suddito polacco. La percezione, in Skripicyn, di un Regno di Polonia quale parte integrante dell‘Impero, si scontrava con la visione, ancora ben viva nei polacchi a dieci anni dall‘insurrezione del 1830, del Regno di Polonia come di uno stato autonomo legato alla Russia su di un piano quasi esclusivamente dinastico. In realtà, la necessità, di ―fusione‖ del Regno all‘Impero, avvertita dai vertici dello Stato russo già all‘indomani del Novembre 1830, nella pratica, fino al 1863, portò a scarsi risultati. La ricerca di un consenso tra i polacchi (indipendentemente dalla confessione religiosa), di cui sono testimonianza i lunghi anni di trattative tra il centro e i rappresentanti dell‘élite greco-cattolica periferica, Szumborski prima e, dopo di lui, il suo successore Teraszkiewicz, testimonia di un atteggiamento che nel complesso perdurò per tutto il periodo tra le due insurrezioni. Anche tra

милостиво принят Его Величеством», V. SKRYPICIN [sic], Iz Niccy. Po povodu stat‘i ob uniatach Carstva Pol‘skogo, ―Den‘‖, n. 10, 8 marta 1864, p. 13.

115 «[…] Дух полонизма до того в нем силен, что он с трудом скрывает его, например: когда я спросил его, что из произведений художеств, искусств и памятников древности, им здсесь виденных, более всего ему понравилось, то он отвечал: ―если бы мне повзолили выбрать, то я взял бы только мечи Королей Польских, хранящиеся в Императорском Царскосельском Арсенале‖», RGIA, f. 797, op. 87, d. 26, ll. 2v-3. 116 «[…] это зависит от Высочайшей воли Государя Императора, пред неограниченною, самодержавною властию Коего Царство Польское равно Царствам Казанскому, Грузинскому и Астраханскому, то они возражали мне, «что их отделяет от Империи граница, что они имеют свой Совет, свое Министерство и все отрасли управления независимо от Империи», ibidem, l. 4v.

117 i greco-cattolici della diocesi di Cholm, benché la loro identità in senso nazionale polacco fosse assai poco sviluppata, era ben definita l‘idea di un Regno di Polonia profondamente diverso e separato dal resto dell‘Impero, sia dal punto di vista storico-geografico, sia culturale che istituzionale. Soltanto dopo l‘insurrezione del 1863 la politica russa nel Regno di Polonia trovò applicazione a prescindere dal consenso locale. Alla liquidazione dell‘autonomia del Regno seguì la riorganizzazione politica e amministrativa con l‘estensione dei principi ―russi‖ alla periferia polacca. La svolta nella questione greco-cattolica fu allora possibile non tanto per merito del debole partito ―filorusso‖ tra i membri autoctoni del capitolo della Cattedrale di Cholm, quanto all‘intervento di amministratori ecclesiastici ―allogeni‖, fatti confluire nel Regno appositamente dalle autorità zariste dalla Galizia e dalle ex-diocesi greco-cattoliche lituano-bielorusse, e in ultima istanza all‘azione dell‘autorità civile e militare zarista.

Dopo le prime visite a Pietroburgo Szumborski indirizzò il 1/12 settembre 1840 una lettera di ringraziamento a Paskevič. Facendo ricorso a un linguaggio adulatorio e traboccante di espressioni ridondanti, affermava di esser rimasto colpito dallo splendore del rito orientale, dagli arredi e dall‘architettura delle chiese, e dalla raffinatezza delle vesti liturgiche dei sacerdoti. Il vescovo assicurava la propria, ferma volontà, per quanto essa ―non fosse contraria alla coscienza‖, di riportare all‘originario splendore il rito della Chiesa greco- cattolica e di provvedere alla formazione del clero parrocchiale, condizione necessaria per la realizzazione del primo obiettivo, confidando nel sussidio finanziario del governo117. La lettera, tradotta in russo, fu trasmessa da Paskevič a Nicola l‘8/29 settembre successivo118

. Anche in questo caso la promessa di adeguarsi alle disposizioni governative era in realtà subito smentita dalla fedeltà alla propria coscienza, ossia al pontefice romano, la quale prevaleva sul dovere del suddito verso le istituzioni imperiali.

All‘inizio di ottobre Szumborski chiese il permesso di far ritorno a Cholm. Il pretesto fu dato dalla necessità di Szymański di rientrare a Varsavia per l‘inizio delle lezioni all‘Accademia di Teologia. Fu lo stesso Nicola a rispondere a Szumborski, ordinando al vescovo di rimanere, mentre Szymański avrebbe potuto tranquillamente tornarsene a Varsavia; in tal modo le

117

Riportiamo uno stralcio della lettera: ―[...] Przyznać się muszę najprzód Waszej Książęcej Mości, jako przed moim wysokim Protektorem, że podróż do Petersburga, z przyczyny wieku mojego, niechętnie i jedynie tylko jako posłuszny poddany mojego Monarchy przedsięwziąłem. Lecz przybywszy do Petersburga i rozpatrywszy się w nim, tyle jestem ukontentowany, że nie znajdę słów do wynurzenia wdzięczności i podziękowania za tak wielkie dobrodziejstwo dla mnie niegodnego przez pośrednictwo Waszej Książęcej Mości uczynione, a za

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