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Adesso la cosa per noi più importante è la questione polacca, ossia la questione dei confini della Polonia144.

A.I. Aksakov a M.O. Kojalovič, 13 settembre 1861

Accanto all‘etnografia, una particolare importanza nella riflessione di alcuni ideologi del nazionalismo russo era rivestita dalla topografia. A partire dagli anni ‘60, la pratica di rivolgere l‘attenzione ai toponimi locali ancora presenti all‘epoca, che rimandavano direttamente a forme lessicali slave ecclesiastiche, o la riscoperta delle antiche denominazioni delle località di periferia, entrate nell‘uso comune nella loro forma moderna polonizzata, e il sostenere la necessità di riportare in auge la versione antica, si riscontra frequentemente in una certa pubblicistica del tempo; ugualmente frequenti erano i riferimenti alle vestigia del passato della Rus‘, fatto di fortificazioni, torri e chiese ortodosse, le cui tracce ancora visibili nel XIX sec. costituivano una dimostrazione dell‘origine russa e ortodossa del territorio. Una testimonianza, ad esempio, dell‘originaria presenza dell‘elemento russo nella regione di Grodno doveva essere fornita anzitutto dalla toponimia originale. Le principali città e località dell‘area, ad esempio, Drohiczyn, Grodno, Brest, Bielsk, Kameniec, Kobrin, Slonim, nonché molte altre località nel cui nome era presente l‘aggettivo ―russkie‖ (―ruskie‖), tradivano, secondo Bobrovskij, una indiscutibile origine russa, sia nel nome, sia nella loro storia e nelle tracce visibili (architettoniche e figurative) che il passato ―russo‖ aveva lasciato. Grodno (l‘antica Gorodno), Brest (in origine Berest‘e) e Bielsk (Bel‘sk), ad esempio, erano sorte come città fortificate nei territori di frontiera dei principati della Rus‘. Drohiczyn (Drogičin) era stata il luogo dell‘incoronazione del principe Daniil Romanovič. Kameniec (Litovskij) era stata fondata da Vladimir Vasil‘kovič, figlio di Vasil‘ko Romanovič, il fratello minore di Daniil, il quale fece costruire una monumentale torre (XIII sec.) in posizione strategica, parte di un più complesso sistema di fortificazioni difensive, a protezione dei proprî dominî (tra cui

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«православие соединено с понятием о русской народности, как, напротив того, католик и поляк составляет одно», cit. in S. TOKT‘, Belorusskaja identičnost‘ v XIX v., p. 221.

143 Cit. in S. TOKT‘, Belorusskaja identičnost‘ v XIX v., p. 222. 144

«Для нас теперь всего важнее вопрос Польский, и именно вопрос о границах польских», [I.S. PAL‘MOV], Pamjati Michaila Iosifoviča Kojaloviča, p. 840.

73 Brest e Kobrin). Tra gli altri monumenti annoverati tra le testimonianze del passato ―russo‖ non andavano dimenticate le chiese ortodosse che sorgevano in tutte queste località, delle quali, durante la dominazione polacca, nonché del ceto medio tedesco ed ebraico, ne erano rimaste soltanto due, a Bielsk e Drohiczyn.

Già Bobrovskij, sulla base della lingua parlata dai contadini bielorussi nella regione storica della Podlachia, la cui parte settentrionale rientrava nel governatorato di Grodno, mentre quella meridionale nel governatorato polacco di Lublino, spostava il confine della zona popolata da popolazione di lingua bielorussa più a occidente di Białystok e Bielsk Podlaski, precisamente lungo la linea Dobrava (Dąbrowa Białostocka)-Drohiczyn; più a occidente di questa linea, tuttavia, e quindi già nel territorio del Regno di Polonia, si trovavano ancora località (Ciechanowiec, Brańsk, Grodzisk, Drohiczyn) in cui risuonava una variante maggiormente polonizzata dello stesso bielorusso145. I contadini locali, tra l‘altro, avevano mantenuto i costumi propri dei bielorussi, anche nelle danze tradizionali: accanto alla presenza di danze polacche, essi facevano ampio uso degli ―orientali‖ kazačok e trepak146. Più diffusamente, tuttavia, l‘ulteriore spostamento del confine etnografico si riscontra nell‘opera pubblicistica e divulgativa di Kojalovič. Questi si rifaceva, oltre che al lavoro statistico e cartografico, nonché linguistico degli ufficiali dello Stato maggiore dell‘esercito russo, anche ai confini storici tra Masovia e Principati russi, e tra Regno di Polonia e Granducato di Lituania.

L‘analisi della questione, secondo quanto affermava lo storico, era stata resa possibile soprattutto in seguito all‘insurrezione polacca, la quale aveva esteso il processo di rinascita (oţivlenie) nazionale dalle Province occidentali al Regno di Polonia. Il 3 aprile 1864, in un momento in cui l‘insurrezione andava lentamente spegnendosi, Kojalovič annunciava la presenza di gruppi etnici non polacchi entro i confini del Regno di Polonia di fronte al pubblico della Società geografica imperiale. La ―riscoperta‖ della popolazione locale, autoctona (tuzemnoe, iskonnoe naselenie), affermava Kojalovič, era avvenuta in seguito all‘annessione, sotto il profilo della giurisdizione militare, del governatorato di Augustów (situato all‘estremità nord-orientale del Regno di Polonia) al governatorato di Vilna durante il periodo di repressione dell‘insurrezione. In quella regione era stata riscontrata la presenza di bielorussi, oltre ottomila persone a cui corrispondevano otto parrocchie greco-cattoliche. Kojalovič stimava la presenza di ―russi di etnia bielorussa‖ nel governatorato di Augustów (russkie belorusskogo plemeni, ―in tutto e per tutto gli stessi bielorussi dei vicini governatorati delle Province occidentali, parlanti la stessa lingua dei bielorussi dei governatorati ―lituani‖ e bielorussi, ma anche della parte occidentale del governatorato di Smolensk e della parte meridionale del governatorato di Pskov‖) in circa 20mila unità, contando anche i bielorussi di rito cattolico. La scoperta si doveva agli ufficiali dello Stato maggiore presenti nella regione, e in particolare al ―giovane ufficiale russo Nikolaj Vinogradov‖, al quale era dovuta una profonda gratitudine per la scoperta147. La presenza di bielorussi, tuttavia, era solo una piccola parte dell‘elemento russo presente nel Regno di Polonia: nei distretti di Sejny, Kalwaria e Mariampol si trovavano 230mila lituani, mentre i polacchi erano presenti mediamente con una

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P. BOBROVSKIJ, Moţno li odno veroispovedanie prinjat‘ v osnovanie plemennogo razgraničenija slavjan zapadnoj Rossii? (Po povodu ètnografičeskogo atlasa zapadno-russkich gubernij i sosednich- oblastej R.F. Èrkerta) II, ―Russkij Invalid‖, 1864, n. 80 (9/21 aprelja), p. 3. Cfr. I.N. SONEVICKIJ, Cholmščina. Očerki prošlogo, p. 6.

146 P. BOBROVSKIJ, Moţno li odno veroispovedanie prinjat‘ v osnovanie plemennogo razgraničenija slavjan zapadnoj Rossii? (Po povodu ètnografičeskogo atlasa zapadno-russkich gubernij i sosednich- oblastej R.F. Èrkerta) II, p. 4.

147 M.O. KOJALOVIČ, Ob ètnografičeskoj granice meţdu zapadnoj Rossiej i Pol‘šej. Publičnaja lekcija, skazannaja v Imperatorskom russkom geografičeskom obščestve 3-go aprelja, ―Russkij Invalid‖, 1864, n. 78 (7/19 aprelja), p. 3.

74 percentuale del 5-10%, e costituivano in tal modo l‘elemento minoritario della regione. A sud di Augustów, a partire dall‘area settentrionale del governatorato di Lublino, scendendo fino al confine con la Galizia, ovvero la parte orientale del distretto di Siedlce, il distretto di Biała Podlaska, nonché quelli compresi nel governatorato di Lublino (Krasnystaw, Hrubieszów e Janów, quest‘ultimo nella sua parte orientale), erano abitati da una popolazione omogenea di etnia piccolo russa. Qui si contavano oltre trenta chiese greco-cattoliche a cui facevano riferimento più di 220mila fedeli. Servendosi dello stesso ragionamento impiegato per i bielorussi-cattolici delle Province occidentali, anche nel Regno di Polonia Kojalovič riscontrava la presenza di altri piccoli russi, cattolicizzati, i quali, sommati ai greco-cattolici, davano un totale di 440mila unità. Anche in questo territorio la toponimia interveniva a sostegno del sostrato russo della regione, della quale, secondo Kojalovič, erano prove inconfutabili nomi di località quali Dub, Savicy russkie, Depultiči russkie, Russkaja volja, o ancora Kievec. Inoltre, aggiungeva Kojalovič,

È risaputo che la regione di Lublino apparteneva nel XIII sec. al principato di Galizia. La città di Chelm, forma alterata dell‘antico russo Cholm, era la capitale e la città prediletta del celebre principe russo-galiziano Daniil. A Cholm, secondo la tradizione, tramandata anche dagli autori greco-cattolici, la chiesa di San Giorgio era stata costruita da Vladimir il Santo. Nell‘archivio greco-cattolico presso il Santo Sinodo si trova una copia del diploma concesso a questa chiesa da Lev Danilovič [figlio di Daniil], il quale conferma lo statuto ecclesiastico di Vladimir148.

Anche in questa regione era udibile la stessa lingua parlata nelle vicine Province occidentali di Volinia, Podolia e Kiev, ma anche dei governatorati della riva sinistra del Dnepr.

Le Province occidentali, i territori orientali del Regno di Polonia e la Galizia, secondo Kojalovič, costituivano un unico organismo, poiché

I concetti di ―popolo russo‖ (Russkij narod), ―lingua russa‖ (Russkij jazyk) e ―fede russa‖ (Russkaja vera) si incontrano in una quantità innumerevole di monumenti letterari russo-occidentali di tutti i secoli […]. Ancora oggi essi sono impiegati dal popolo in Bielorussia, nella Russia piccola, e perfino nel territorio del Regno di Polonia, nei governatorati di Lublino e Augustów, oltre che nella Galizia austriaca149.

A questa unità tra russi grandi, piccoli e bianchi, giungeva ad affiancarsi la nazionalità lituana presente sul territorio dei governatorati nord-occidentali nonché polacchi. Anche in M.O. Kojalovič era quindi presente una sorta di doppia dimensione, nazionalista-imperiale, quale era già stata teorizzata da Pogodin, secondo cui i lituani sarebbero intervenuti come soggetto leale nell‘ambito della politica imperiale150. Affermava Kojalovič:

Noi non sottoscriviamo la teoria per la quale ogni nazionalità debba costituire uno stato a sé. Consideriamo questa teoria assai dispotica e nefasta. Nondimeno, non peccheremo contro la verità e, in particolare, contro la scienza etnografica, nell‘affermare che le nazionalità forti, già dotate di uno stato, possono attirare a sé parti del

148 «Известно также, что эта Люблинская область принадлежала в XIII столетии Галицкому княжеству. Город Хелм — испорченное название древне-русского Холм — был столицею и любимым городом знаменитого галицкого русского князя Даниила. В этом Холме церковь св. Георгия, по преданию, передаваемому даже униатскими писателями, построена была св. Владимиром. В униатском архиве при свят. синоде есть копия грамоты, данной этой церкви Львом Даниловичем, подтверждающей церковный устав Владимира», ibidem, p. 3. 149 «Названия Р у с с к и й народ ... встречаются в бесчисленном множестве памятников Западнорусских, на пространстве всех веков […]. Эти названия — Русский народ, русский язык, русская вера, употребляются народом и теперь в Белоруссии, в Малороссии и даже в пределах царства Польского — в Августовской и Люблинской г — и в Австрийской Галиции», Dokumenty ob‖jasnjajuščie istoriju Zapadno- russkogo kraja i ego otnošenija k Rossii i k Pol‘še — Documents servant a eclarir l‘histoire des Provinces occidentales de la Russie ainsi que leurs rapports avec la Russie et la Pologne, pp. XV-XVI.

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Al riguardo anche Aksakov accoglieva la Lituania sotto la protezione russa, alla condizione che essa non venisse russificata. Cfr. N.I. CIMBAEV, I.S. Aksakov v obščestvennoj ţizni poreformennoj Rossii, p. 87.

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loro organismo, da esso strappate in tristi circostanze. Riteniamo, quindi, che questo sia il destino che attende i non polacchi del Regno di Polonia, i quali anelano spontaneamente alla Russia. Un‘anticipazione di questa tendenza si vede nell‘aurea libertà recentemente concessa all‘intero popolo del Regno di Polonia. A cosa essa conduca è ampiamente risaputo. Nel destare nell‘uomo la consapevolezza della pienezza dei diritti personali e civili, nonché della sua libertà, essa ineluttabilmente stimola la rivendicazione dei diritti nazionali e della libertà religiosa. Per questo noi siamo certi che i piccoli russi di Lublino, e i bielorussi e i lituani di Augustów diverranno sempre più consapevoli, oltre che dell‘acquisita libertà civile, anche della necessità di indipendenza nazionale e religiosa, dalla Polonia, ed inizieranno a tendere verso i loro naturali centri di interesse, verso la Russia occidentale. Questa tendenza è gravida di enormi conseguenze. Allora il mondo intero vedrà che le spartizioni della Polonia non si sono ancora concluse. Allora la Russia occidentale godrà di beneficî particolari. Essa disporrà di tre reggimenti d‘avanguardia: quello piccolo-russo della regione di Lublino e quelli bielorusso e lituano di Augustów. Essi si ergeranno a sua difesa, combatteranno contro quelle genti, a causa delle quali la vita nella Russia occidentale era stata soffocata. Infine, questa tendenza porterà beneficî al popolo polacco stesso. Allora la colossale e minacciosa questione polacca si ridurrà inevitabilmente a una tale miniatura, verso cui sarà indubbiamente necessaria la più attenta sollecitudine, soprattutto la nostra fraterna, slava, russa sollecitudine. Allora, con ogni probabilità, la spada non sarà più necessaria151.

In queste dichiarazioni conclusive all‘intervento, in cui emerge tutta l‘ambiguità del discorso nazionale intersecato al discorso imperiale, Kojalovič annunciava la ―quarta spartizione della Polonia‖, intendendo con ciò la necessità di accorpare i governatorati di Lublino e Augustów ai governatorati occidentali. A questo proposito egli ricordava la libertà accordata dallo zar ai ―russi‖ del Regno di Polonia, mettendo così in stretta relazione l‘emancipazione dei contadini con il risveglio nazionale e la presa di coscienza civile e religiosa. Dopo la Russia centrale, ora era la volta dei ―fratelli dimenticati‖ del Regno di Polonia, e degli altri popoli ―oppressi‖ dai polacchi (i lituani, ad esempio), i quali, ottenuta la libertà personale, avrebbero ricercato anche la libertà religiosa. Come aveva auspicato Pogodin, la loro richiesta di far ritorno all‘Ortodossia sarebbe avvenuta spontaneamente. Parallelamente, la Polonia stessa, considerata nella sua dimensione slava e ortodossa, ovvero autoctona, privata della sua nobiltà allogena e del clero cattolico (in questa riflessione è evidente l‘influenza in Kojalovič della filosofia della storia slavofila), avrebbe potuto far ritorno ai suoi principî costituenti originari, slavi e ortodossi152. 151 «Мы не держимся той теории, что всякая народность должна составить особое государство. Такую теорию мы считаем очень деспотичною и очень злосчастною. Но, вероятно, мы не погрешим против истины и в частности против науки этнографии, если скажем, что сильные народности, составляющие уже государства, могут, способны привлечь к себе свои родные части, оторванные от них несчастными обстоятельствами. Поэтому мы думаем, что эта последняя судьба ждет и те непольские группы, которые находятся в царстве Польском. Им естественно тянут к России. - Задатки такого направления мы видим в той самой золотой воле, которая недавно дана всему народу царства Польского. Известно, что производит эта воля. - Пробуждая в человеке сознание личной, гражданской полноправности, свободы, она непременно, неизбежно пробуждает требование национальной и религиозной полноправности, свободы. - Поэтому-то мы уверены, что и люблинские малороссы и августовские белоруссы и литвины чем дальше, тем больше будут сознавать всместе с гражданской своей свободой требование национальной независимости от Польши или вместе с тем и религиозной, и станут тянуть к своим естественным центрам — к западной России. Направление это будет иметь громадные последствия. Тогда весь мир увидит, что еще не настал конец разделов Польши. Тогда особенное благо выработается для западной России. У нее будет три передовых полка — малороссийский — люблинский и белорусский и литовско-августовские, которые станут на страже ее, вступят в борьбу с теми людьми, от которых теперь нет житья в западной России. Наконец, такое направление принесет благо самому польскому народу. Тогда этот громадный и грозный польский вопрос неизбежно превратится в такую миньятуру, по отношению к которой, без всякого сомнения, нужна будет самая внимательная заботливость, особенно наша братская, славянская, русская заботливость, но тогда, по всей вероятности, для нее уже не нужны будут мечи», M.O. KOJALOVIČ, Ob ètnografičeskoj granice meţdu zapadnoj Rossiej i Pol‘šej, p. 4.

152 «Коялович заявлял, что он как «западнорус» не враг полякам, что он понимает и сочувствует настоящей этнографической Польше в ее борьбе за свою независимость, но что он относится крайне отрицательно и враждебно к той шляхетской панско-иезуитской Польше, которая желала и желает

76 Secondo Kojalovič, il confine etnografico tra russi e polacchi doveva quindi essere tracciato ben più ad ovest dell‘effettivo confine politico esistente. Esso poteva essere rintracciato soltanto in parte sulle carte etnografiche di Erckert; ben più attendibile risultava invece la nuova carta etnografica del Regno di Polonia di M.F. Mirkovič, in cui erano indicate le località abitate da uniati bielorussi e piccoli russi, e sulla cui base Kojalovič aveva definito la frontiera tra elemento russo e polacco in Polonia153. È da sottolineare che Michail Fedorovič Mirkovič (1836-1891), figlio di Fedor Jakovlevič (1789-1866, già a capo del distretto militare di Vilna e governatore civile di Grodno, Minsk e Białystok), generale dello Stato maggiore, dal 1862 era stato in servizio nel Regno di Polonia, dove era rimasto durante l‘insurrezione di gennaio. Mirkovič dedicò particolare attenzione agli studi etnografici, pubblicando, nel 1867, una fondamentale Carta etnografica dei popoli slavi154. Ancora maggiore utilità ai fini della precisa definizione dei confini tra Province occidentali e Regno di Polonia avrebbero avuto le carte etnografiche dei governatorati di Lublino e Augustów155, accompagnate dagli Elementi

di etnografia del Regno di Polonia156, per la cura del tenente colonnello Rittich, l‘autore del

già menzionato Atlante delle confessioni religiose nelle Province occidentali dell‘Impero. La carte etnografiche e il relativo commento, contenuto negli Elementi, costituivano, secondo Kojalovič la più viva testimonianza della presa di coscienza russa nella questione russo- polacca157. Nonostante il pregevole contributo nel fornire una conoscenza di base della composizione etnica dei governatorati polacchi, Kojalovič criticava il lavoro di Rittich per una certa mancanza di chiarezza nel definire le giuste proporzioni tra presenza polacca, russa e lituana. La differenziazione, ad esempio, tra i diversi rami dell‘etnia polacca (polacchi di Masovia – mazury o mazovšane–, polacchi della Piccola Polonia, polacchi della regione di Lublino ecc.) non contribuiva a fornire una chiara presentazione del gruppo polacco, da una parte, e dei gruppi russi o baltici, dall‘altra (Kojalovič non considerava, nelle sue riflessioni, né l‘elemento tedesco, né quello ebraico). Quelle che, comunemente, erano classificate come minoranze, la bielorussa, la piccolo-russa, e la lituana, costituivano in realtà la maggioranza numerica: il totale di polacchi per entrambe le regioni di Augustów e Lublino dava 605mila unità, mentre russi e lituani considerati assieme ammontavano a 743mila. Se si considerava che la parte meridionale del governatorato di Augustów e quella occidentale del governatorato di Lublino presentavano una popolazione omogenea polacca, allora la parte settentrionale e проглотить Белоруссию. «Я понимаю землю польскую, - писал он, - даже при господстве в ней неславянской цивилизации. Я могу видеть на этой земле польский элемент даже через мрак западно- европейской революции и иезуитства. На этой настоящей польской земле, в этом действительном польском элементе можно увидеть польское сердце, как убеждают всех поляки, и я вижу и не могу увидеть ни этой земли, ни этого элемента (чистого, настоящего польского), ни этого сердца. Я только вижу здесь тиранию и издевательски вспаханные польские борозды на русской земле, в которых не может быть жизни родному семени. Я вижу здесь распущенное польское шляхетство, превращенное в аристократизм, который так ненавидели сами поляки. Я вижу здесь польское иезуитство, которое Польша сама выбросила как негодную траву, и только приближалась к своей исторической смерти, усыпала его плодами свой халтурный поход. К несчастью, она выбросила иезуитство в Западную Россию», V.N. ČEREPICA, Michail Osipovič Kojalovič. Istorija ţizni i tvorčestva, p. 48.

153 M.O. KOJALOVIČ, Ob ètnografičeskoj granice meţdu zapadnoj Rossiej i Pol‘šej, p. 3. 154

M.F. MIRKOVIČ, Ètnografičeskaja karta slavjanskich narodov, S.-Peterburg 1867. La seconda edizione, realizzata presso la Società geografica imperiale nel 1875, fu accompagnata dal compendio Statističeskie tablicy, a cura di A.S. Budilovič. La terza edizione, ampliata dall‘autore, uscì nel 1877.

155 A.F. RITTICH, Karta narodonaselenija Ljublinskoj gubernii po ispovedanijam i plemenam; Karta narodonaselenija Avgustovskoj gubernii po ispovedanijam i plemenam, S.-Peterburg 1865.

156

A. RITTICH, Materialy dlja ètnografii Carstva Pol‘skogo. Gubernii: ljublinskaja i avgustovskaja, S.- Peterburg 1864. Cfr. M.O. KOJALOVIČ, Zametka o «materialach dlja ètnografii carstva Pol‘skogo, sobrannych Rittichom», pp. 19-21.

157

«[…] самое свежее выражение Русского сознания в Русско-Польском вопросе», M.O. KOJALOVIČ, Zametka o «materialach dlja ètnografii carstva Pol‘skogo, sobrannych Rittichom», p. 19.

77 quella orientale dei rispettivi governatorati andavano considerate come omogeneamente non polacche.

Kojalovič esprimeva il suo sdegno per la dittatura della ―minoranza polacca‖ in questa regione del Regno. Il compito di risvegliare e sviluppare il principio nazionale nei bielorussi, piccolo-russi e lituani della parte orientale della Polonia spettava alle autorità russe presenti sul territorio158, ovvero alla ―triade‖, Miljutin, Čerkasskij e Samarin, che egli stesso aveva avuto l‘occasione di incontrare a Pietroburgo. Per Kojalovič la questione uniate era una questione anzitutto nazionale, che avrebbe portato ineluttabilmente l‘Unione a compiere una scelta tra la Chiesa cattolica e quella Ortodossa159.

~~~

In questo capitolo abbiamo presentato un ampio ventaglio di opinioni di intellettuali russi relative all‘essenza nazionale e confessionale delle Province occidentali e del Regno di Polonia. Abbiamo inoltre considerato alcuni esempi della progettualità zarista nelle Province occidentali, intesa a risolvere la questione nazionale russo-polacca, nei primi anni del regno di Alessandro II. Nel far ciò si è tentato di dimostrare come intorno alle metà dell‘Ottocento in alcuni intellettuali russi di prima levatura, ma anche nella mentalità di certi funzionari dell‘apparato burocratico zarista, si diffondessero istanze che possono essere ascritte ad un nuovo modo di intendere la nazione. In queste riflessioni e in questi progetti è evidente la comparsa di un nuovo attore della politica zarista, il popolo, e di un nuovo modo di definire la sua identità, attraverso il criterio linguistico, non più confessionale. La presenza del popolo russo, inoltre, veniva collocata da alcuni rappresentanti del nazionalismo russo sempre più ad occidente, e sempre più in contrasto con l‘elemento polacco etnico.

In questi anni, e per quanto riguarda quest‘area dell‘Impero russo, la contesa con la nobiltà polacca si spostò da un piano di legittimismo nobiliare ad un piano ―nazionale‖, in cui la

szlachta iniziò ad essere percepita principalmente come portatrice di un messaggio nazionale

e confessionale avverso al progetto nazionale russo-ortodosso. Questo slittamento da un piano all‘altro, come abbiamo sottolineato, sarebbe stato palesato e alimentato dall‘insurrezione del gennaio 1863, la quale avrebbe permesso tra l‘altro di definire con una relativa esattezza il confine tra ―russi‖ e polacchi all‘interno del Regno di Polonia.

Prima di affrontare questo periodo, tuttavia, illustreremo nel prossimo capitolo la prima fase della politica zarista nell‘ambito della questione uniate di Cholm, fase che potremmo definire come ―pre-moderna‖, in quanto non può essere associata ad un programma di riforme ―nazionali‖, o in altri termini a un programma di russificazione, quale sarebbe stato condotto dopo il 1863.

158

Ibidem, p. 21.

Capitolo III.

Il difficile equilibrio tra l’autorità zarista e la Chiesa greco-cattolica di

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