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1864-1875: “ritorno” all’Ortodossia

4.1. Da “nazione nobiliare” a “nazione moderna”, ossia Finis Poloniae: le riforme confessionali nel Regno di Polonia come avamposto del nazionalismo russo

4.2.2. Dall’insurrezione di gennaio alla deportazione: la parabola di Kalińsk

L‘ostacolo principale al corso russificatore intrapreso dal gruppo di funzionari guidati da Miljutin e Čerkasskij era costituito da parte della gerarchia greco-cattolica di Cholm, il cui vertice era rappresentato dal vescovo Kaliński. Su di lui si concentrarono le attenzioni di Čerkasskij, nel tentativo, in un primo momento, di guadagnarne l‘assenso alla volontà del governo russo.

Jan Mikołaj Kaliński (1799-1866), parroco in un villaggio di campagna della Podlachia, già studente al seminario di Cholm, grazie alla protezione del vescovo cattolico di Janów in Podlachia, Beniamin Szymański101

, era divenuto dapprima vicario di Teraszkiewicz e quindi, alla morte di quest‘ultimo, all‘inizio del 1863, amministratore della diocesi di Cholm102

. Kaliński ricevette la nomina episcopale da Roma, a cui seguì, su richiesta di A. Wielopolski, l‘approvazione da parte dello zar. La consacrazione, tuttavia, non sarebbe mai avvenuta, a causa dell‘opposizione delle autorità zariste che negarono al prelato il permesso di recarsi a Leopoli, dove il metropolita della Chiesa uniate avrebbe potuto consacrarlo vescovo.

La nomina di Kaliński fin dall‘inizio fu contestata dal ristretto gruppo di sacerdoti greco- cattolici filorussi di Cholm103, in primo luogo da Józef Wójcicki, al quale Kaliński rispose mettendo in dubbio a sua volta la sua nomina a canonico della Cattedrale, a suo parere effettuata illecitamente da Teraszkiewicz anni prima, e la corruzione e gli abusi perpetrati durante la conduzione della Scuola per cantori di cui era direttore. Nel settembre 1863 il vescovo privò Wójcicki del titolo di protoierej – e quindi del diritto di far parte del capitolo della Cattedrale –, nonché dell‘insegnamento al seminario di Cholm e della direzione della

100 Si veda il giudizio tutt‘altro che lusinghiero che di D‘jačan, docente di lettere greche dal 1874 all‘Università imperiale di Varsavia, diede nelle sue memorie lo storico N.I. Kareev, negli anni 1879-1885 docente di storia nella stessa università. N.I. KAREEV, Proţitoe i pereţitoe, Leningrad 1990, pp. 167-168.

101

Da notare l‘omonimia con il prelato uniate Paweł Szymański, eminenza grigia filo-cattolica del vescovo Szumborski.

102 Sulle circostanze della nomina e dell‘inizio del servizio episcopale di Kaliński si veda E. BAŃKOWSKI, Ruś chełmska od czasu rozbioru Polski, p. 42 sgg. Tra il 1863 e il 1866 Bańkowski fu segretario di Kaliński. Cfr. A. BOUDOU, Le Saint Siège et la Russie. Leurs relations diplomatiques au XIXe siècle, t. II: 1848-1883, pp. 263- 264.

103 Secondo quanto riferiva E.M. Kryņanovskij, numerose e significative furono le proteste di una parte consistente del clero uniate contro la nomina di Kaliński, ritenuto eccessivamente polonizzato e intenzionato ad assimilare la Chiesa greco-cattolica alla Chiesa cattolica. Cfr. E.M. KRYŅANOVSKIJ, Knjaz‘ V.A. Čerkasskij i cholmskie greko-uniaty, in IDEM, Russkoe Zabuţ‘e (Cholmščina i Podljaš‘e), S.-Peterburg 1911, p. 282 sgg.

159 Scuola per cantori; emise quindi una sentenza di sospensione a divinis nei confronti del prelato uniate104. La commissione d‘indagine costituita appositamente dalle autorità russe di Varsavia al fine di chiarire i rapporti tra Kaliński e Wójcicki decretò l‘infondatezza dei provvedimenti del vescovo, dovuti a risentimenti personali, piuttosto che a reali motivazioni disciplinari, e viziati peraltro da irregolarità giuridiche e canoniche105.

La replica di Kaliński, addotta a difesa della sua decisione di sospendere Wójcicki dall‘insegnamento nel seminario e dalla direzione della Scuola per cantori, e della successiva nomina al suo posto di altri prelati, dimostra la profonda interazione e sovrapposizione, oltre che liturgica, anche canonica, che intercorreva tra Chiesa uniate e Chiesa cattolica. Il vescovo si rifaceva ad un articolo del Concordato del 1847 tra Impero russo e Santa Sede, sostenendo che il documento regolasse parimenti anche il funzionamento della Chiesa greco-cattolica. La commissione guidata da Čerkasskij, al contrario, sconfessò il vescovo, presumendo che il Concordato in realtà non facesse riferimento alla Chiesa uniate; la questione avrebbe dovuto pertanto essere regolamentata in sede separata, attraverso il ricorso allo Statuto della diocesi di Cholm del 1858, in base al quale la nomina o il licenziamento del rettore e di docenti del seminario doveva ricevere l‘approvazione della Commissione per gli Affari interni e i Culti. Il viceré Berg dispose in data 9/21 agosto 1864 di restituire a Wójcicki la dignità di protoierej e la docenza al Seminario, nonché di imporre al vescovo il ritiro della sospensione a divinis al prelato. Kaliński rispose inizialmente con un diniego, affermando la regolarità canonica dei provvedimenti adottati e che l‘unica istanza superiore a cui la Chiesa greco-cattolica, e quindi il suo vescovo, dovevano far riferimento era la Chiesa cattolica romana. Nonostante l‘opposizione, il vescovo dovette comunque cedere e reintegrare Wójcicki.

L‘approccio dei funzionari russi nei confronti di Kaliński ricorda per molti versi la condotta adottata durante il regno di Nicola I nei confronti del vescovo Szumborski. Čerkasskij prevedeva un lento, ma sistematico lavoro di persuasione del prelato in favore di una netta separazione tra Chiesa greco-cattolica e cattolica-romana, nonché dell‘introduzione degli elementi peculiari del rito orientale e della contemporanea eliminazione delle modifiche di origine latina. Kaliński, tuttavia, si presentò fin dall‘inizio agli occhi di Čerkasskij e dei suoi collaboratori molto diversamente da come Szumborski fosse potuto apparire a Paskevič negli anni ‘30. Il vescovo uniate, di cui era ben noto, assieme alla numerosa famiglia106

, il coinvolgimento nell‘insurrezione di gennaio, apparve ben presto come un ostacolo da sradicare, piuttosto che come un possibile interlocutore. Nella diversa conduzione del problema ebbe un ruolo senz‘altro fondamentale la recente insurrezione di gennaio, che ben più dell‘insurrezione del 1830-31, armò il governo russo di determinazione nell‘opera di estirpazione dell‘elemento polacco-cattolico dalle terre abitate da popolazione etnicamente slava orientale (parte della Grande nazione russa) e di rito orientale. Čerkasskij, nonostante già alla metà del 1864 avesse chiaramente delineato a Miljutin la necessità di allontanare il vescovo dal suo incarico107, aveva comunque tentato di porre le basi per una modifica del rito nonostante la presenza di Kaliński. A tal scopo, il responsabile della politica confessionale nel Regno chiese chiarimenti al vescovo sulla situazione della Chiesa greco-cattolica di Cholm e, precisamente, in quale misura fossero preservati il rito greco e gli usi tradizionali delle Chiese orientali, le forme architettonico-stilistiche esteriori ed interiori alle chiese, e se fosse

104 AGAD (Archiwum Główne Akt Dawnych w Warszawie), zesp. 190 (Centralne władze oświatowe), sygn. 220 (Delo pravitel‘stvennoj kommisii vnutrennich del i duchovnych del s avgusta 1864 g. po mart 1865 g. Delo o rassmotrenii različnych spornych voprosov o porjadke upravlenija Cholmskoj greko-uniatskoj eparchiej i ob otmene repressij primenennych Cholmskim episcopo Kalinskim k svjašč. Vojcickomu), kk. 1-9.

105

Ibidem, kk. 10-20.

106 La nomina vescovile di Kaliński era stata possibile in quanto il prelato era rimasto vedovo.

107 Scriveva Čerkasskij a Miljutin, da Varsavia, il 22 luglio/3 agosto 1864: «[…] пока Калинского не изведем, еще менее мы сделаем с унией», Iz perepiski knjazja V.A. Čerkasskogo i N.A. Miljutina. Preobrazovanie pol‘skich monastyrej (ukazom 27 okt. 1864), p. 310.

160 normalmente impiegato lo slavo ecclesiastico durante le celebrazioni liturgiche. Čerkasskij fondava le pretese dell‘autorità zarista su alcune bolle pontificie emesse nei decenni successivi all‘Unione di Brest da parte di Clemente VIII (Magnus Dominus, del 1595), Benedetto XIV (Demandatam Coelitus, del 1743 e Inter plures, del 1744), le quali avrebbero dovuto garantire l‘intangibilità del rito orientale per la Chiesa uniate108. Kaliński rispose accentuando la forma particolare del rito proprio della Chiesa uniate, i cui elementi di derivazione latina erano stati sanzionati dall‘autorità ecclesiastica. Ciò costituiva la ragione sufficiente per cui nessun uomo di Chiesa avrebbe potuto modificarli. Allo scopo il vescovo ricordava le variazioni annunciate da Szumborski al suo ritorno dalla cattività pietroburghese, poco più tardi ritirate in quanto non corrispondenti alle norme approvate dai pontefici. Indirettamente, perciò, Kaliński affermava la sua volontà di non procedere alla purificazione del rito, poiché ―la fede cattolica romana e la fede uniate, nonché il clero dell‘una e dell‘altra, sono parti della stessa Chiesa‖. Soffermandosi sulle questioni poste da Čerkasskij ―con una certa superficialità‖, il vescovo assicurava quindi la graduale introduzione delle iconostasi nelle chiese uniati, così come l‘impiego della lingua liturgica slava109. Čerkasskij, di fronte

all‘evidente volontà del vescovo di non volersi adeguare ai dettami dell‘autorità civile, ingiunse a Kaliński di chiedere ufficialmente il permesso al papa Pio IX di eliminare dal rito uniate le pratiche latino-polacche. Il vescovo, di fronte alle pressioni, assecondò la richiesta di Čerkasskij. Egli, tuttavia, inviò contemporaneamente al pontefice una lettera in cui chiedeva di non dar seguito alla sua richiesta, prodotta sotto coercizione. Pio IX, conseguentemente, rispose con un rifiuto110. Čerkasskij scrisse a Berg comunicando la propria speranza di poter giungere a un compromesso con il vescovo senza dover ricorrere a misure violente; l‘accusa, avanzata da Wójcicki111, di essersi servito delle risorse finanziarie della diocesi al fine di sostenere gli insorti, sarebbe stata fatta ricadere soltanto su due suoi collaboratori, il docente di teologia al Seminario Deodat Smoleniec e il rettore del Seminario Stefan Szokalski; la pena inflitta a quest‘ultimi sarebbe dovuta servire da deterrente al vescovo perché modificasse la propria condotta verso l‘autorità zarista. In compenso, Čerkasskij auspicava che Kaliński avrebbe assecondato la volontà del governo di nominare canonici della Cattedrale uomini di comprovata lealtà all‘Impero112

.

Nel novembre-dicembre del 1864 Kaliński cercò, apparentemente, di assecondare in una certa misura le richieste di Čerkasskij, almeno per quanto riguardava la tutela dell‘identità confessionale e nazionale della Chiesa uniate. È degna di nota la proposta del vescovo, il quale chiedeva di potersi recare in Galizia per la propria consacrazione, di voler approfondire i legami con i greco-cattolici galiziani per sostenere ―la lingua e la nazionalità rutene nella diocesi di Cholm‖. Allo scopo, oltre alla richiesta di un sostegno finanziario, Kaliński proponeva di scegliere il suffraganeo della diocesi tra i membri del capitolo di Leopoli o Przemyśl, e di inviare alcuni sacerdoti della diocesi a perfezionarsi presso l‘Accademia ecclesiastica di Leopoli, con l‘intento finale di formare docenti per il seminario di Cholm. Nel

108 Kopia s otnošenija glavnogo direktora predsedatel‘stvujuščego v pravitel‘stvennoj kommissii vnutrennich del k preosvjaščennomu episkopu nominatu cholmskoj greko-uniatskoj eparchii, Kalinskomu, ot 4 (16) avgusta 1864 g. za № 471, ―Varńavskij Dnevnik‖, n. 27, 2 (14) Nojabrja 1864 g., pp. 105-106.

109

AGAD, zesp. 190, sygn. 220, kk. 21-28. Cfr. la risposta del vescovo a Berg e Čerkasskij sull‘estensione del Concordato del 1847 anche alla Chiesa greco-cattolica, la quale si differenziava dalla Chiesa latina soltanto per il rito, kk. 38-48. Cfr. la replica risentita di Čerkasskij a Kaliński, a causa della ―insoddisfacente‖ risposta di quest‘ultimo, Kopija s otnošenija Glavnogo Direktora predsedatel‘stvujuščego v Pravitel‘stvennoj Kommisii Vnutrennich del k Preosvjaščennomu episkopu nominatu cholmskoj greko-uniatskoj eparchii, Kalinskomu 2/14 sentjabrja 1864 g. za № 22930/526, ―Varńavskij Dnevnik‖, n. 27, 2 (14) Nojabrja 1864 g., pp. 106-107.

110 A. BOUDOU, Le Saint Siège et la Russie. Leurs relations diplomatiques au XIXe siècle, t. II: 1848-1883, pp. 273-274.

111

E. BAŃKOWSKI, Ruś Chełmska od czasów rozbiora Polski, p. 51 sgg. 112 AGAD, zesp. 190, sygn. 220, kk. 29-37.

161 frattempo sarebbe stato utile richiedere al metropolita di Leopoli il permesso di accogliere a Cholm alcuni greco-cattolici galiziani formatisi all‘Accademia per occupar fin da subito i posti vacanti nel corpo docente del seminario113. In realtà la strategia del vescovo di Cholm rispondeva alla necessità del partito uniate filo cattolico di Cholm, d‘intesa con l‘arcivescovo greco-cattolico di Leopoli Litvinovič, di trovare un modus vivendi con le autorità russe. Litvinovič, avverso al programma politico zarista nei confronti degli uniati, propose di reinserire la diocesi di Cholm sotto la sua giurisdizione, come lo era stata tradizionalmente, fino al 1828. Di essa si sarebbe occupato personalmente egli stesso, affidandole un vescovo, formando adeguatamente il clero e operando per il ristabilimento del rito orientale, alla condizione, tuttavia, che venisse riconosciuto lo status di lingua ufficiale all‘idioma piccolo- russo114.

Poco più tardi, verso la fine dello stesso anno, Kaliński venne convocato a Varsavia, dove la sua resistenza alla politica ufficiale fu biasimata da Berg e da Čerkasskij. Sidorskij, dimostrando un‘apparente cortesia e preoccupazione per la situazione vissuta dal vescovo, funse in realtà da informatore di Čerkasskij, visitando a più riprese il vescovo e trattenendosi con lui in lunghe conversazioni. All‘inizio dell‘anno successivo F.G. Lebedincev, direttore scolastico di Cholm, dava la seguente caratteristica di Kaliński:

Il vescovo è ancora a Varsavia, dove Čerkasskij lo sta mettendo alle strette. Kaliński è veramente malvagio, e se di lui ho scritto che sembra un vecchio bonario, con ciò intendevo sottolineare la sua mancanza di istruzione. È Szymański a pilotarlo, lo giurano quegli uniati, si capisce, che sono lontani dal cattolicismo. [Kaliński] È un grande impostore, ma così ingenuo e ignorante, che non si può credere ai propri occhi di trovarsi di fronte a un dignitario della Chiesa. In lui è più che mai evidente lo stato miserevole in cui versa la Chiesa uniate115.

Dopo la visita a Varsavia Kaliński sembrò nuovamente voler correggere la propria posizione in base a quanto disposto da Berg e Čerkasskij. L‘atteggiamento di Čerkasskij verso Kaliński, la figura di Sidorskij, informatore dell‘autorità zarista e il commento di Lebedincev, ricordano specularmente la strategia assunta dall‘autorità di Varsavia e Pietroburgo tra 1839 e 1840 con il vescovo Szumborski. Evidenti analogie si riscontrarno anche nella politica altalenante di Kaliński, che come Szumborski diede a più riprese l‘impressione di voler assecondare le ingiunzioni del governo. A differenza del caso precedente, tuttavia, dopo il 1863 l‘autorità russa avrebbe risolto definitivamente il contenzioso con la massima autorità della Chiesa uniate di Cholm.

Dopo il soggiorno a Varsavia, Kaliński dimostrò di voler dar seguito alla richiesta delle autorità di introdurre il russo come lingua d‘insegnamento nel seminario, nonché come lingua per le prediche nelle chiese uniati. In data 7/19 ottobre 1865 Čerkasskij aveva comunicato in un rapporto al viceré Berg l‘introduzione ufficiale nelle prediche durante le celebrazioni greco-cattoliche della ―lingua russa o di una delle sue varianti locali‖. Si trattava di una delle misure intese a proteggere la popolazione uniate dalla polonizzazione; essa risultava peraltro speculare a quanto era stato fatto con l‘istituzione delle scuole nazionali, in cui, almeno

113 Ibidem, kk. 55-57.

114 E.M. KRYŅANOVSKIJ, Knjaz‘ V.A. Čerkasskij i cholmskie greko-uniaty, in IDEM, Russkoe Zabuţ‘e (Cholmščina i Podljaš‘e), S.-Peterburg 1911, pp. 296-297. sul programma di Litvinovič cfr. anche Pis‘ma F.G. Lebedinceva k bratu v Kiev. 1867 god, ―Kievskaja Starina‖, 1898, maj, p. 172. Litvinovič avrebbe elaborato assieme a M.I. Malinovskij, sacerdote greco-cattolico, canonico della Cattedrale di San Giorgio e deputato al parlamento galiziano, un progetto, inviato anche a Pietroburgo, di risoluzione della questione uniate di Cholm. 115 «Бискуп все еще в Варшаве; Черкасский выжимает из него последние соки. Он действительно лукавый, и если я писал, что он простой старичек, то понимал это в смысле его необразованности. Шиманский руководит им; униаты клянут, разумеется те, которые далеки от латинства. […] Великий плут; но так прост и не далек, что не веришь глазам своим, что видишь пред собою архиерея. В нем особенно видишь жалкое положение унии», Pis‘ma F.G. Lebedinceva k bratu v Kiev (1865-1867), ―Kievskaja Starina‖, 1898, mart, pp. 326, 330.

162 inizialmente, era previsto l‘insegnamento in lingua piccolo-russa. Per favorire quei sacerdoti a cui quest‘ultima era perlopiù sconosciuta, la Commissione presieduta da Čerkasskij avrebbe provveduto a far giungere dalla Galizia alcune raccolte di prediche nella lingua dei rusyny di Galizia, accessibile agli uniati di Cholm116. La decisione di Čerkasskij era stata preceduta e seguita da una serie di rapporti inviati dai rappresentanti della polizia dei distretti militari di Lublino e Siedlce, in cui era oggetto di attenzione il grado di conoscenza da parte della popolazione uniate del russo e dell‘idioma parlato localmente (definito in un caso come

Russinskoe narečie). Nel complesso emergeva un quadro che legittimava la decisione delle

autorità; nei rapporti si considerava in primo luogo la necessità di sostituire la lingua delle prediche normalmente impiegata, il polacco, con una lingua nota ai fedeli. Il polacco, in realtà, era largamente compreso dai fedeli, e soprattutto usato dal clero, essendo la lingua in cui tradizionalmente si esprimeva l‘élite greco-cattolica. Interveniva peraltro un complesso di inferiorità in quei sacerdoti che, secondo quanto riferiva il superiore del distretto militare di Siedlce, pur intenzionati a tenere le proprie prediche in piccolo-russo erano costretti a desistere in ragione della pressione esercitata dalle proprie consorti, in genere polacche e cattoliche.

Come è noto, le preghiere presso gli uniati venivano solitamente recitate in polacco; in quest‘ambito, l‘esclusione di questa lingua portò direttamente all‘assimilazione delle orazioni in russo. La parlata locale piccolo-russa, priva di codificazione, difficilmente avrebbe potuto diventare la lingua ufficiale della paraliturgia greco-cattolica. Ecco, quindi, la necessità e la convenienza di assumere il russo, che secondo l‘autorità zarista era capito dalla maggioranza dei fedeli, pur prevedendo la possibilità di esprimersi nelle chiese in lingua piccolo-russa117. Secondo alcune fonti postume, all‘inizio del 1866 nove sacerdoti pronunciavano le loro prediche in piccolo-russo, mentre 53 si erano detti disposti ad iniziare la predicazione in lingua locale118. Circa vent‘anni più tardi, a quanto pare dopo un periodo di abbandono e di generale adozione della lingua grande-russa, la pratica della predica in lingua piccolo-russa era ancora viva119.

All‘ingiunzione dell‘autorità russa Kaliński rispose ricordando quanto il russo fosse perlopiù una lingua sconosciuta alla maggior parte della popolazione rutena, e che le prediche tenute in questa lingua non avrebbero arrecato alcun beneficio ai fedeli. Tuttavia il prelato proponeva di servirsi delle scuole nazionali, ―russe‖ (il cui decreto di istituzione era stato da poco emanato), le quali avrebbero permesso ai fedeli di comprendere il (piccolo-)russo; analogamente, sarebbe stato possibile introdurre l‘insegnamento in (piccolo-)russo nel seminario, ricorrendo tuttavia all‘invito di docenti dalla Galizia, ―dove la lingua e la

116

RGIA, f. 821, op. 4, ed. chr. 1519 (O vvedenii porjadka proiznesenija propovedej v greko-uniatskich cerkvach na russkom jazyke), ll. 3-4. Il testo che venne fatto giungere dalla Galizia, precisamente dalla diocesi di Przemyśl, era il seguente: A. DOBRJANSKIJ, Nauki cerkovnyi na vse nedele celogo roku, Peremyńl‘ 1861. Il testo di Dobrjanskij, uniate di Galizia, era rivolto ai confratelli uniati e quindi contenente dogmi cattolici. Ma il testo, in lingua piccolo-russa, secondo una fonte russa, servì a radicare negli uniati la coscienza della propria fratellanza con la Chiesa russa ortodossa, fatto che avrebbe contribuito, negli anni a seguire, alla conversione del 1875. Cfr. Primečanie redakcii X.-Varš. Ep. Vestnika, ―Cholmsko-Varńavskij eparchial‘nyj vestnik‖, 1905, n. 1 (1 Janvarja), pp. 8-10. Del resto il figlio di A. Dobrjanskij, Michail, sacerdote uniate, si trasferì dalla Galizia nel Regno di Polonia nel 1866, assieme ad altri prelati, su invito delle autorità russe. Insegnante al Seminario di Cholm, avrebbe quindi aderito alla Chiesa ortodossa nel 1875, diventando rettore del Seminario e più tardi parroco a Kielce. Cfr. RUSSKIJ PALOMNIK, Protoierej Michail Dobrjanskij, ―Cholmsko-Varńavskij eparchial‘nyj vestnik‖, 1898, n. 11 (1/13 ijunja), p. 238.

117

RGIA, f. 821, op. 4, ed. chr. 1519, ll. 161-162v, 198-201v. Di questo Feofan Gavrilovič Lebedincev informava il fratello Petr già nel marzo 1865. Cfr. Pis‘ma F.G. Lebedinceva k bratu v Kiev (1865-1867), ―Kievskaja Starina‖, 1898, mart, p. 332

118

N.N., Grekouniaty v carstve Pol‘skom (1864-1866) g. i knjaz‘ Čerkaskij, p. 153.

163 nazionalità (piccolo-)russe si stanno affermando in maniera così evidente‖120. Apparentemente allineatosi alla posizione governativa, in realtà Kaliński intendeva promuovere la lingua locale, e non il russo, nell‘ambito del già ricordato progetto di valorizzazione del piccolo-russo al fine di guadagnare la popolazione e il clero uniati all‘opposizione antirussa promossa dal metropolita Litvinovič. È interessante notare come in questo caso la gerarchia greco-cattolica desistesse dalla tradizionale polonizzazione del rito uniate, cercando tra il clero e i fedeli, attraverso il ricorso all‘idioma locale, un consenso in funzione antirussa.

Le apparenti, parziali adesioni di Kaliński al volere del governo russo furono in realtà soltanto illusorie: nonostante la notevole resistenza, il vescovo dovette cedere di fronte alla montante ostilità nei suoi confronti. Dalla metà del 1865, ufficialmente a causa della sua ―attività antigovernativa‖, fu privato della retribuzione normalmente prevista per i religiosi121

. Un anno dopo, nella notte tra il 10/22 e l‘11/23 settembre 1866 giunse a Cholm un manipolo di militari e di gendarmi, accompagnati da Sidorskij. Kaliński fu definitivamente allontanato dalla diocesi e deportato a Vjatka, dove sarebbe morto pochi mesi più tardi122.

Il concistoro diocesiano di Cholm emanò lo stesso giorno una circolare esplicatoria, in cui si

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