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Già durante la prima metà dell‘Ottocento gli intellettuali russi iniziarono a dedicare una crescente attenzione ai territori di recente annessione all‘Impero o alle regioni abitate da slavi orientali al di fuori dei confini dell‘Impero (Galizia, Bucovina). Basterebbe ricordare al riguardo soltanto alcuni dei maggiori slavisti e filologi russi del tempo, ad esempio, P.I. Keppen, Ju.I. Venelin, N.I. Nadeņdin, O.M. Bodjanskij, P.I. Prejs, I.I. Sreznevskij92

. Bisogna peraltro sottolineare che non di rado l‘interesse linguistico, storico o etnografico divenne un supporto fondamentale per l‘appropriazione in senso politico, in primo luogo, ma anche culturale e confessionale, delle regioni in oggetto. Per ciò che concerne i lituani, ad esempio, dell‘estremità nord-orientale del Regno di Polonia, vale la pena di ricordare l‘opera di Stanisław Mikucki (1814-1890). Di etnia lituana, proveniente da una famiglia contadina (Prirodnyj litvin, krest‘janin rodom93) del governatorato di Augustów, dopo alcuni anni di servizio nell‘esercito imperiale e di sostentamento come insegnante privato a Varsavia, tra la fine degli anni ‘40 e l‘inizio degli ani ‘50, Mikucki studiò alla facoltà di filologia dell‘Università di Mosca, specializzandosi in linguistica comparata, dove poi fu assunto come lettore di lituano e di lingue slave. Nel settembre del 1853, su incarico dell‘Accademia delle Scienze, compì una missione di ricerca linguistica nelle Province nord-occidentali dell‘Impero e nel Regno di Polonia, allo scopo di raccogliere, a contatto con la popolazione locale, materiale per un dizionario di bielorusso e di lituano-russo comparato, e studiare il folclore locale. Dopo un soggiorno nel governatorato di Kovno, dove studiò la variante locale di lituano, ovvero il samogizio, Mikucki proseguì per il Regno di Polonia, rimanendovi per circa due mesi e percorrendo i distretti abitati da lituani, Mariampol, Kalwaria e Sejny del governatorato di Augustów94. Mikucki, vicino agli ambienti slavofili, in particolare a A.

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Zapadnye okrainy Rossijskoj imperii, p. 138.

92 Per un‘ampia trattazione della storia della slavistica russa si veda L.P. LAPTEVA, Istorija slavjanovedenija v Rossii v XIX veke, Moskva, Indrik, 2005.

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S.P. Mikuckij, ―Ņivaja Starina‖, 1890, vyp. 1, p. 24. 94

S.P. MIKUCKIJ, Otčety vtoromu otdeleniju Imperatorskoj Akademii Nauk o filologičeskom putešestvii po zapadnym krajam Rossi, S.-Peterburg 1855, pp. 3, 20, 30-31, 41-42. Fin dall‘inizio degli anni ‘50 Mikucki si trovò in stretti rapporti con l‘ambiente slavofilo, in particolare con A. Gil‘ferding, col quale, presumibilmente negli anni di Varsavia, aveva studiato il sanscrito. La vicinanza con gli slavofili si tradusse non solo in un supporto materiale da parte di quest‘ultimi (soprattutto dalla famiglia Gil‘ferding) che permise a Mikucki, economicamente disagiato, di portare avanti gli studi a Mosca, ma soprattutto in uno scambio intellettuale di carattere linguistico ed etnografico. Dopo l‘insurrezione di gennaio Mikucki rimase in frequente contatto con il gruppo impegnato nelle riforme nel Regno di Polonia guidato da Miljutin, al quale fu particolarmente riconoscente per l‘emancipazione dei contadini. Mikucki ricevette tra l‘altro l‘incarico da V.A. Čerkasskij di predisporre il testo in polacco del decreto di soppressione dei monasteri cattolici nel Regno di Polonia nel 1864. Già bibliotecario della Scuola Superiore di Varsavia, fu docente di ―Grammatica comparata delle lingue slave e affini‖ (sravnitel‘naja grammatika slavjanskich i drugich rodstvennych jazykov) all‘Università imperiale di Varsavia dal 1875 al 1889. Cfr. H. GŁĘBOCKI, Aleksander Hilferding i słowianofilskie koncepcje zmiany tożsamości narodów zachodnich kresów Imperium Rosyjskiego, in IDEM, Kresy Imperium. Szkice i materiały do dziejów polityki Rosji wobec jej peryferii (XVIII-XXI), Kraków, Arcana, 2006, pp. 194-195, 230-231, 235. Cfr. anche S. SKORUPKA, Mikucki Stanisław Jan Kanty (1814-1890), in Polski Słownik Biograficzny, tom XXI, Wrocław-Warszawa-Kraków-Gdańsk 1976, pp. 171-172; Godičnyj akt Imperatorskogo Varšavskogo

59 Gil‘ferding e I. Aksakov, condivideva la visione della superiorità dell‘etnia russa e della lingua russa rispetto alle altre lingue slave95 e dell‘affinità delle lingue baltiche al ceppo slavo96. Quest‘ultime sarebbero dovute progressivamente venire ripulite dagli influssi slavi occidentali, ovvero polacchi, e, al contempo, aderire sempre più al modello rappresentato dalla lingua grande-russa. L‘idea era supportata dallo stesso Gil‘ferding, strenuo sostenitore della necessità di allargare i confini della ―Grande nazione russa‖ ai popoli baltici. Pochi anni più tardi Mikucki tradusse in pratica la sua conoscenza linguistica e i suoi sentimenti nazionalistici panrussi contribuendo ai progetti di ingegneria linguistica condotti dai riformatori russi nel Regno di Polonia dopo l‘insurrezione di gennaio. Ideò, assieme a Gil‘ferding, una variante dell‘alfabeto cirillico da applicare al polacco e al lituano da impiegare nella pubblicazione di manuali scolastici allo scopo di emancipare il popolo lituano e polacco dagli influssi nobiliari e religiosi polacco-cattolici e avvicinarli alla nazionalità russa.

Se, quindi, ad una parte, benché alquanto circoscritta, del mondo accademico russo la presenza di gruppi etnici non polacchi nel Regno di Polonia era senz‘altro nota, la prima riflessione pubblica nel panorama intellettuale dell‘epoca su bielorussi, piccoli-russi e lituani dei governatorati di Lublino e Augustów del Regno di Polonia si trova nuovamente nell‘opera di M.P. Pogodin.

Fin dal 1861, e con particolare intensità dopo l‘insurrezione di gennaio, negli scritti dello storico si definisce con maggior chiarezza il canovaccio nazionalistico e panslavista che egli auspicava venisse applicato alla politica ufficiale zarista. Pogodin affermava risolutamente che in quel periodo storico, ―di grande interesse per la rinascita delle nazionalità‖ (primečatel‘noe vozroţdeniem nacional‘nostej)97, i principî di unità razziale, confessionale e linguistica erano divenuti più importanti del principio dinastico98. Lo storico moscovita includeva nel suo discorso tutti i ―russi‖ presenti sia all‘interno, sia al di fuori dei confini dell‘Impero russo, abbracciando in tal modo l‘intero ―ecumene russo‖ con le sue periferie, reali o immaginate. Sulla scia dei ―russi‖ presenti al di là dei confini dell‘Impero – dotati, secondo Pogodin, di una coscienza nazionale russa già acquisita – i piccoli-russi e i bielorussi delle Province occidentali dovevano perfezionare la propria coscienza russa e dichiararsi a favore della ―grande nazione russa‖. Tra questi Pogodin annoverava anche russi ―piccoli‖ e ―bianchi‖ del Regno di Polonia. Egli fu il primo intellettuale a sollevare la questione della necessità di tutelare questi gruppi etnici del Regno di Polonia dalla progressiva polonizzazione, suggerendo alle autorità governative di intervenire amministrativamente, attraverso l‘unificazione di quei territori alle Province occidentali.

Universiteta, Varńava 1876-1889. Cfr. N. JANČUK, S.P. Mikuckij, ―Ètnografičeskoe Obozrenie‖, 1890, kn. 7, n. 4, pp. 166-168; S. MIKUCKIJ, Vstupitel‘naja lekcija po sravnitel‘nomu jazykovedeniju, ―Varńavskie Universitetskie Izvestija‖, 1876, 1.

95 «Славяне северо-восточные, то есть, Русские, составляют ядро и суть всего Славянского мира. На Руси сохранились доселе коренные Славянские начала: в Русском языке совмещается все богатство Славянской речи», S. MIKUCKIJ, Ostatki jazyka Polabskich Slavjan, Varńava 1873, p. 1.

96 «Я открыл в языке Литовском много древних грамматических форм столь важных для Славяно- Русского языкознания. […] Я уверен, что Представители Русской Науки оценят мои труды: все они проникнуты одной мыслью и стремятся к одной цели: раскрыть и уяснить развитие и строй Славяно- Русского языка», S.P. MIKUCKIJ, Otčety vtoromu otdeleniju Imperatorskoj Akademii Nauk o filologičeskom putešestvii po zapadnym krajam Rossi, pp. 41-42.

97 M.P. POGODIN, Otpoved‘ Francuzskomu ţurnalistu, p. 144.

98 «[…] но кроме этих прав [старого завоевания, давности, древнего владения] мы имеем еще большие, еще важнейшие права: единоплеменность, единоверие и единоязычие», M.P. POGODIN, Pol‘skoe delo (1865), pp. 190-231, qui pp. 206-207.

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I rusyny, che costituiscono la popolazione maggioritaria della Galizia, già fanno sentire la propria voce. I piccoli russi di Volinia, Podolia, Kiev, Grodno ecc. devono unirsi al loro coro. Anche i bielorussi hanno chi li rappresenta. Nel Regno di Polonia, nei distretti di Augustów e Lublino, e ai confini nord-orientali dell‘Ungheria [i rusyny della diocesi greco-cattolica di Mukačevo], esiste una moltitudine di nostri fratelli, di russi [il corsivo è nostro]99.

Evidentemente in Pogodin era vivo il timore che nei bielorussi e piccoli-russi delle Province occidentali fosse scarsamente sviluppato il senso di appartenenza alla grande nazione russa o che fosse addirittura diffuso un sentimento antirusso, incline piuttosto al separatismo, come nel caso ucraino.

Le affermazioni di Pogodin possono essere viste, in un certo senso, come base teorica alla politica che le autorità zariste avrebbero applicato negli anni successivi al 1863, ma che già alla fine degli anni ‘50 trovavano dei sostenitori in una cerchia, a quel tempo assai ristretta, di funzionari e intellettuali russi. Se in questi anni si registra una crescita di interesse per le periferie occidentali russe dell‘Impero, e se si esclude per i motivi già illustrati il tentativo di riportare i greco-cattolici di Polonia in seno all‘Ortodossia negli anni ‘30 e ‘40, soltanto in Pogodin si nota una certa attenzione per i ―russi‖ del Regno di Polonia. Sulla questione lo storico ritornava all‘indomani dell‘insurrezione di gennaio:

Ho affermato che l‘imperatrice Caterina ha restituito alla Russia quasi tutti i suoi possedimenti. Cosa ancora rimane in mani altrui? La parte più importante della Piccola Russia, l‘antico e glorioso Principato di Galizia, con una parte, ad esso appartenente, dell‘attuale governatorato di Lublino, popolato da russi. Queste regioni sono state restituite, non sottratte100, e, se si considera la popolazione rurale, al momento della loro restituzione esse si trovavano nello stesso stato in cui furono separate e in cui si trovano tuttora. Vi vivono gli stessi russi, i quali parlano la stessa lingua russa, professano la stessa fede ortodossa, così come i russi di Mosca, Novgorod, Kiev, Pietroburgo ecc. Solo la nobiltà, ripeto, si è in parte polonizzata e ha aderito alla fede cattolica101.

Netta appariva la necessità di suddividere, benché all‘interno della cornice imperiale, i russi delle Province occidentali, alle quali dovevano essere ―restituiti‖ i russi del Regno di Polonia, dal Regno stesso, il quale andava ridotto ad un‘entità definita nella sua dimensione etnica esclusivamente polacca: 99 «Русины, составляющие главное народонаселение Галиции, возвышают уже свой голос. Малороссияне, в губерниях Волынской, Подольской, Киевской, Гродненской, и проч. должны присоединиться к их хору. Белоруссы также имеют своих представителей. В самом Царстве Польском, в Августовском и Люблинском воеводствах, в северо-восточных пределах Венгрии — есть множество наших братьев, русских», Poslanie k Poljakam (1861), pp. 65-74, qui pp. 69, 74.

100 Pogodin operava qui consapevolmente una precisazione terminologica: nella pubblicistica e storiografia russa, per definire l‘annessione delle Province occidentali compaiono i termini vozvraščenie (restituzione) o vossoedinenie (―riannessione‖, e non prisoedinenie – ―annessione‖), allo scopo di sottolineare l‘originario dominio della regione e il ristabilimento di uno status ante quo. Nella polemistica polacca, al contrario, è impiegato il termine ziemie zabrane (territori ―sottratti‖), il cui significato appare evidente.

101 «Я сказал, что И. Екатерина возвратила почти все русские владения, что же еще осталось нашего в чужих руках? Важнейшая часть Малороссии, древнее знаменитое княжество Галицкое, с принадлежащими к нему частью нынешней Люблинской губернии, населенную тем же русским племенем. Возвращенный, а не забранный край, в эпоху своего возвращения находился в том же положении, относительно сельского населения, в каком был отторгнут, в каком находится и теперь. Те же русские люди здесь живут, тем же русским языком говорят, ту же православную веру исповедуют, как их соотечественники в Москве, в Новгороде, Киеве, Петербурге, и пр. Только дворянство, повторяем, отчасти ополячилось и приняло католическую веру», M.P. POGODIN, Pol‘skij vopros (1863), p. 90.

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Esigeremo ancora una parte dei governatorati di Augustów e di Lublino, abitati da russi. Fino ad ora non li abbiamo rivendicati, poiché essi si trovavano sotto il dominio polacco. Ora, una volta separati dal Regno di Polonia, la situazione apparirà sotto una luce nuova102.

Due anni più tardi, quando la politica attuata nel Regno di Polonia stava dando i primi frutti e, parallelamente, nelle Province occidentali progrediva l‘opera di depolonizzazione, Pogodin sottolineava le ripercussioni benefiche dell‘insurrezione e dava espressione al progetto di separazione amministrativa della Rus‘ di Cholm dal Regno di Polonia e la sua riunificazione alle Province occidentali. In quell‘anno (1865) il Comitato per gli Affari del Regno di Polonia, su proposta di Čerkasskij, discusse effettivamente questa proposta, senza, tuttavia, giungere ad approvarla:

La questione delle Province occidentali può essere considerata risolta. L‘opera, tuttavia, attende ancora di essere perfezionata: la parte orientale del governatorato di Lublino e quella meridionale del governatorato di Augustów, abitati da popolazione russa e non polacca, devono essere separati dal Regno di Polonia e uniti all‘Impero. Ai greco-cattolici deve essere proposto il ritorno all‘Ortodossia. Di ciò dovrebbero essere lieti, alla condizione che venga annullato l‘influsso dei preti cattolici. A questo riguardo i russi devono ringraziare l‘ultima rivolta, che ci ha fatto notare questi derelitti e dimenticati fratelli [il corsivo è nostro]. Non tutto il male viene per nuocere103.

Anche questa affermazione di Pogodin mostra chiaramente, da un lato, la presa di coscienza dell‘origine russa e ortodossa della popolazione delle Province occidentali; dall‘altro lato, l‘ampliamento di questo territorio alle regioni orientali del Regno di Polonia e la necessità di concludere l‘opera di ristabilimento dello status ante quo russo, in altri termini, secondo la retorica nazionalistica russa, di portare a compimento la riunificazione delle terre della ―Santa Rus‘‖.

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