Il difficile equilibrio tra l’autorità zarista e la Chiesa greco-cattolica di Cholm (1831-1863)
3.4. L’episcopato di Teraszkiewicz Tra compromesso e ricerca di un’identità
Alla morte di Szumborski, sulla sede episcopale di Cholm subentrò il vicario Teraszkiewicz. Egli vi rimase, tuttavia, soltanto in qualità di amministratore, poiché non fu mai elevato da Roma alla dignità vescovile, né Pietroburgo ebbe interesse all‘eventuale nomina, visto l‘atteggiamento, secondo le autorità russe, eccessivamente favorevole alla gerarchia cattolica, soprattutto nei confronti di Beniamin Szymański, frate cappuccino e vescovo di Janów in Podlachia, noto per la sua cieca russofobia154. Nonostante ciò, il prelato greco-cattolico cercò di mantenere una posizione di equilibrio tra Roma e Pietroburgo; non v‘è dubbio, tuttavia, che negli oltre vent‘anni della sua amministrazione tra il clero di Cholm acquisissero una certa posizione alcuni esponenti del ―partito‖ filorusso: Jan Pociej, successore alla guida del Seminario dopo Teraszkiewicz155 e vero interlocutore delle autorità zariste di Varsavia, e Józef Wójcicki, già professore di teologia al Seminario di Cholm e docente alla Scuola per cantori, in seguito figura chiave nel processo di conversione all‘Ortodossia dopo l‘insurrezione di gennaio. Wójcicki fu nominato alla Scuola per cantori dalla Commissione ai Culti, grazie al suo atteggiamento servile verso le autorità. Egli doveva la sua carriera, inoltre, allo stesso Teraszkiewicz, al quale era legato da vincoli di parentela156.
Pociej, tra l‘altro, fu l‘autore di un‘opera, iscritta nell‘Indice dei libri proibiti della Chiesa cattolica, che in precedenza era stata approvata da Teraszkiewicz, incapace di opporsi
153 A. KOSSOWSKI, Filip Felicjan Szumborski (1771-1851), pp. 18-19.
154 Cfr. J. LEWANDOWSKI, Na pograniczu, p. 75. Iosif Semańko riferiva nelle sue memorie di un episodio, la traslazione delle reliquie di San Vittore da Varsavia a Janów, solennità a cui aveva partecipato anche Teraszkiewicz. Cfr. Spisok s raporta Sv. Sinodu, ot 12 janvarja 1860 goda za № 22, o torţestvennom perenesenii iz Varšavy v Janov Latinskim duchovenstvom moščej sv. Viktora, imevšem vrednoe vlijanie na Pravoslavnyj narod, a v osobennosti ţitelej goroda Kleščel‘, sovraščennych v Janove v Latinstvo, in Zapiski Iosifa, t. II, pp. 685-688.
155 Cfr. A. KOROBOWICZ, Kler greckounicki w Królestwie Polskim 1815-1875, ―Rocznik Lubelski‖, 1966, 9, pp. 251-256.
156 Cfr. F. RZEMIENIUK, Unickie szkoły początkowe w Królestwie Polskim i w Galicji 1772-1914, p. 66. A quel tempo (1844) reggente della Scuola per cantori era P. Načachenko, un russo ortodosso, laico, già studente al Seminario di Černigov, più tardi insegnante al liceo di lingue russa e slave, storia della Russia e geografia. La sua nomina avvenne unilateralmente da parte della Commissione, senza consultare Szumborski. Sia Načachenko che il suo successore, M. Egorov (dal 1854) non conoscevano affatto il polacco. La ―russificazione‖ della scuola per cantori era indissolubilmente legata, e condizione quasi necessaria, per la successiva ―ripulitura‖ della liturgia dalle variazioni latine. Essa doveva inoltre diffondere i principî ortodossi tra le giovani generazioni di uniati, visto che la scuola doveva preparare anche insegnanti di scuola elementare. Nelle consuetudini scolastiche fu introdotto l‘uso di celebrare la ―liturgia‖ e non la ―santa messa‖; alla conclusione del rito, inoltre, veniva eseguito un canto in onore dello zar e della sua famiglia, augurando loro lunga vita. Ad ogni occasione, infine, si rinnovava la gratitudine verso lo zar per l‘apertura della scuola (ibidem, p. 67)
130 all‘autore, noto per l‘appoggio delle autorità russe di cui godeva157
. Pociej inoltre aveva mandato, nel 1852, due alunni del Seminario, tra cui il proprio figlio (che nel 1875, dopo aver lasciato l‘abito, si sarebbe convertito all‘Ortodossia), all‘Accademia di Teologia di Mosca; l‘anno successivo altri quattro studenti furono mandati all‘Accademia di Kiev. Nonostante alcuni di questi si rifiutassero di partire (e tre si rifugiassero a Roma), se ne trovarono altri che li sostituirono. Nel 1856, dopo la morte di Nicola I, Michail Dmitrievič Gorčakov, nuovo viceré del Regno di Polonia, assicurò al nunzio di Monaco Flavio Chigi, che lo zar non avrebbe più tentato di convertire i sudditi greco-cattolici, e che nessun altro alunno del Seminario sarebbe stato mandato a studiare nelle Accademie ecclesiastiche ortodosse.
Alla morte di Pociej, nel 1858, Pavel Aleksandrovič Muchanov, direttore della Commissione per gli Affari interni e i Culti, tentò di insediare alla guida del Seminario un sacerdote della provincia greco-cattolica subcarpatica, Ioann Rakovskij158, giunto senza lettera dimissionale del proprio vescovo. Teraszkiewicz si oppose con fermezza a questo tentativo, tanto da suscitare la soddisfazione del pontefice e, dopo l‘uscita di scena di Muchanov, indurre le autorità zariste a desistere dal proposito159. Appare, questo, come un‘anticipazione della politica di conversione dei greco-cattolici polacchi attraverso il ricorso a uniati ―russofili‖ dei territori greco-cattolici della Galizia absburgica a cui, come vedremo nel prossimo capitolo, l‘autorità zarista avrebbe fatto largamente ricorso dopo il 1863.
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Dopo la morte di Szumborski, in una lettera del 3/15 febbraio 1851, Paskevič chiedeva a Nicola quale direzione intraprendere col nuovo vescovo: portare a compimento i tentativi di conversione, eludendo Roma, ed entrando in trattative con Teraszkiewicz allo scopo di persuadere i membri del capitolo della cattedrale di Chełm, affinché manifestassero spontaneamente la loro intenzione di far ritorno all‘Ortodossia? Oppure agire sul clero in un arco di tempo più ampio, continuando a coltivare una sorta di compromesso con Roma?160. Evidentemente fu data preferenza alla seconda ipotesi. Sotto la guida di Teraszkiewicz si concretizzarono alcune misure volute da Pietroburgo allo scopo di avvicinare progressivamente il clero greco-cattolico di Cholm alla Chiesa ortodossa. Tra queste spiccano i primi contatti con i sacerdoti greco-cattolici filorussi di Galizia e Subcarpazia riuniti attorno alla cattedrale di San Giorgio (lo Svjatyj Jur)161. Alla preconizzazione di Teraszkiewicz come vescovo, giunta post mortem, fu associata la nomina di Jan Kaliński, a vescovo di Bełz e coadiutore di Teraszkiewicz. Kaliński, anch‘egli, dopo Teraszkiewicz, amministratore della diocesi, affrontò il periodo successivo all‘insurrezione di gennaio contrapponendo alle autorità zariste una posizione profondamente filocattolica e filopolacca che contribuì alla
157 A. BOUDOU, Le Saint Siège et la Russie. Leurs relations diplomatiques au XIXe siècle, t. II: 1848-1883, Paris, Editions Spes, 1925, pp. 106-107.
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I. Rakovskij (1815-1885), sacerdote greco-cattolico russofilo, collaboratore del Vistnik (1850-1866), giornale concesso dall‘autorità austriaca ai rusyny, diretto da Ja. Holovac‘kyj (Golovackij), Ju. Vyslobods‘kyj e B.A. Dedyckyj, fu redattore a Budapest di Cerkovnaja gazeta (1856-1858) e Cerkovnyj Vestnik dlja Rusinov avstrijskoj derţavy (1858). Fu inoltre autore di una serie di grammatiche, abbecedari e manuali di letteratura, geografia e matematica per le scuole in lingua russa. Cfr. F.F. ARISTOV, Karpato-russkie pisateli. Issledovanie po neizdannym istočnikam v trech tomach. Tom pervyj, Moskva 1916, pp. 129-144; parte della corrispondenza tra Rakovskij e M.F. Raevskij è stata pubblicata in Zarubeţnye slavjane i Rossija. Dokumenty archiva M.F. Raevskogo. 40-80 gody XIX veka, Moskva, Nauka, 1975, pp. 382-390. Cfr. anche P.R. MAGOCSI, The Shaping of a National Identity. Subcarpathian Rus‘ 1848-1948, Cambridge (Mass.)-London, Harvard University Press, 1978; V. RAZGULOV, K razgadke smerti Ioanna Rakovskogo, Uņgorod 2004.
159 A. BOUDOU, Le Saint Siège et la Russie. Leurs relations diplomatiques au XIXe siècle, t. II: 1848-1883, p. 113.
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RGIA, f. 797, op. 87, d. 26, ll. 36-38v.
131 recrudescenza di una situazione già fortemente segnata dall‘insurrezione. Il decennio successivo rappresentò per la diocesi Cholm un lungo e doloroso travaglio verso quello che un‘ampia parte dell‘opinione pubblica russa considerò come il ritorno alla ―fede dei padri‖ e il ristabilimento della ―giustizia storica‖ in quella remota periferia dell‘Impero. La conversione degli uniati all‘Ortodossia si innestava tuttavia in un contesto nuovo, nell‘ambito del nuovo nazionalismo moderno zarista, nel quale, oltre all‘obiettivo di uniformazione ecclesiastica perseguito nei decenni precedenti, veniva contemplata la ―rieducazione‖ in senso nazionale ―russo‖ degli uniati stessi, di cui i primi sintomi si erano già manifestati alla fine degli anni ‘50 con la russificazione della scuola per cantori di Cholm. Il consenso sarebbe stato cercato non soltanto nell‘élite, ma nel popolo, il quale sarebbe stato oggetto di un vero e proprio programma di ―ingegneria etno-confessionale‖, quale risultato dell‘influsso slavofilo sulla politica degli autori delle riforme nel Regno di Polonia.