• Non ci sono risultati.

Capitolo I°: L’ordine religioso e la chiesa

2. La chiesa di Santa Maria della Scala

Proprio negli anni in cui l’ordine dei Serviti conseguì il suo definitivo riconoscimento (1304), a Verona ebbe la sua origine, la chiesa di Santa Maria della Scala, in seguito ad una donazione di Cangrande della Scala. Il 6 settembre 1324 il Signore di Verona donava ai Servi di Maria un terreno dotato di casa e orti nel centro storico della città, situato nella contrada di Sant’Andrea e di San Quirico, in una zona che allora non doveva essere fittamente costruita. Fu la prima di una serie di donazioni e di acquisti, che avrebbe di lì a poco concretizzato la volontà dei Servi di stabilirsi nel centro della città, mediante la costruzione di una chiesa con annesso convento, ancora oggi presente22.

20 F. Dal Pino, I frati, op. cit.;

V. Benassi, O.J. Dias, F.M. Faustini, I Servi, op. cit.;

L. Di Girolamo, Divennero mercanti di cose celesti: l’identità dei Servi di Maria nel loro più antico documento,

in A. Sandrini (a cura di), Santa Maria della Scala. La grande “fabbrica” dei servi di Maria in Verona, 2006.

21F. Dal Pino, I frati, op. cit.;

V. Benassi, O.J. Dias, F.M. Faustini, I Servi, op. cit.; L. Di Girolamo, Divennero mercanti, op. cit.;

22 G.B. Biancolini, Notizie storiche delle chiese di Verona, Forni, Bologna 1977, ristampa dell’edizione di Verona 1749-1771, vol. III, pp. 175-177.

G.M. Todescato, Ordini religiosi del ‘300. Le origini di Santa Maria della Scala a Verona 1324-1329, Studi Storici Luigi Simeoni, 1968-69;

G.M. Todescato, La chiesa di Santa Maria della Scala a Verona. Note storiche, Verona 1970; G. Borelli, Chiese e monasteri a Verona, a cura del medesimo, Banca Popolare di Verona, 1980;

R. Citeroni, Il convento di Santa Maria della Scala e la società veronese, in A. Sandrini (a cura di), Santa Maria della Scala. La grande “fabbrica” dei servi di Maria, in Verona, 2006.

Secondo l’erudito Giambattista Biancolini, lo storico delle chiese di Verona, la donazione sarebbe invece avvenuta l’anno appresso, quando lo stesso Cangrande della Scala, ammalatosi gravemente per una malattia contratta a Mantova, avrebbe fatto il voto che se fosse guarito, si sarebbe impegnato ad edificare una chiesa in onore della Madonna. Recuperata la salute, avrebbe sciolto il voto facendo dono ai Servi di una casa con orto, su di un muro della quale era dipinta un'immagine della Vergine23. I due dati apparentemente contrastanti potrebbero però combinarsi è infatti possibile, che se Cangrande in un primo momento avesse pensato di donare ai Servi di Maria, soltanto il terreno per la costruzione della loro chiesa, l’anno successivo fosse invece giunto anche alla decisione di contribuire, oltre che con il terreno, pure con larghe sovvenzioni in denaro alla realizzazione del progetto, che avrebbe visto i Servi di Maria insediarsi in città accanto ai Francescani di San Fermo, agli Eremitani di Santa Eufemia e ai Domenicani di Santa Anastasia.

Il motivo che spinse Cangrande alla donazione, più realisticamente si potrebbe ricercare nell’idea, che una fondazione di questo tipo consolidava la sua posizione nell’opinione pubblica ed inoltre la presenza in città di una chiesa chiamata Santa Maria della Scala, quindi che portava il nome dei signori di Verona, indubbiamente poteva contribuire ad accrescere il consenso e la fama per tutta la sua famiglia.

Oltre che alla donazione di Cangrande, la fondazione della chiesa e del convento veronese va ricondotta anche con ogni probabilità ad un preciso disegno del priore generale dell’ordine, Pietro da Todi, al quale si dovrebbero anche gli altri insediamenti dei Servi in area veneta tra il 1316 ed il 1324; in tal modo Vicenza, Venezia e Verona poterono così costituire nel 1325 la Provincia Veneta dei Servi.

Il progetto per la costruzione della chiesa e del convento di Santa Maria della Scala fu sin da subito contrastato dai Francescani del vicino convento di San Fermo maggiore, timorosi di vedersi ledere diritti che da qualche tempo avevano acquisito; così appena qualche giorno dopo la divulgazione della notizia, il 27 settembre 1324, si appellarono al Vescovo di Verona, Tebaldo, opponendosi vivacemente all’insediamento della nuova costruzione religiosa24.

23 G.B. Biancolini, Notizie storiche, op. cit., vol. III, pp. 175-177. 24

La forte disputa sull’insediamento dei Serviti in città, più o meno esplicitamente, era probabilmente motivata da questioni di carattere economico, come vedremo meglio in seguito, a causa del fatto, che gli ordini mendicanti fondavano molte delle loro sostanze economiche sulle elemosine e le offerte. Quindi avere nelle vicinanze un convento dello stesso ordine mendicante, significava non solo perdere fedeli, ma

L’appello, seguito dal Vicario Guglielmo da Porto, non poté però, che essere rigettato in quanto mancavano valide motivazioni, per impedire la costruzione della nuova chiesa della Scala.

I frati di San Fermo non condividendo il rigetto, si appellarono ad un altro tribunale, quello del Patriarca di Aquileia, che in quel momento era Pagano de La Torre, in quanto la diocesi di Verona risultava sottoposta alla giurisdizione di quel patriarcato. Pagano de La Torre incaricò dell’esame dell’intera questione il suo vicario generale e fu dato inizio al processo, che risultò essere in questo caso piuttosto lungo, in quanto i frati minori depositarono finalmente le ragioni per l'opposizione, che si basavano su questo assunto: essendo i Serviti un ordine mendicante, dovevano essere sottoposti alla regola, che in presenza di una chiesa di mendicanti già esistente, nessun altro ordine mendicante poteva costruire il proprio luogo di culto, ad una distanza che fosse inferiore alle 140 canne.

Questo era un privilegio che gli ordini mendicanti avevano ricevuto da Papa Clemente IV nel 1268, in forza del quale, entro un determinato spazio dalle loro chiese, non dovevano essere costruiti né chiese regolari, né ospedali, senza uno speciale permesso della Santa Sede.

I Servi di Maria a questa opposizione risposero, sostenendo soprattutto la ragione che non erano un ordine mendicante, in quanto né la loro costituzione, né la loro regola, che era quella di San Agostino, impedivano di possedere beni; inoltre sostennero, che comunque la distanza ento la quale avrebbero edificato la loro chiesa era superiore alle 140 canne.

Nonostante queste convinzioni i Servi si opposero comunque alla misurazione temendo, che un eventuale rilevamento potesse porre in discussione il loro essere o meno mendicanti. Il tribunale decise però che la misurazione doveva essere un passo fondamentale da eseguire, in quanto bisognava stabilire la distanza reale tra i due conventi, per poi passare a discutere se i Serviti potevano essere o meno considerati un ordine mendicante.

Questa misurazione venne effettuata il 23 marzo 1327 e come risultato attestò una distanza di 152 canne, che determinava in tal modo le ragioni dei Servi di Maria; a

perdere anche opere filantropiche, che risultavano voci piuttosto significative nel bilancio di queste istituzioni religiose.

questa constatazione favorevole, seguì il 21 aprile dello stesso anno la sentenza favorevole del Patriarca, che permise l’erezione della loro chiesa.

L’opera di costruzione si concluse nel 1329 e il 6 dicembre di quello stesso anno, la Chiesà fu consacrata essendo fornita, oltre che di proprio cimitero, di due altari, uno dedicato a Sant’Eligio e l’altro a Santa Marta25.

Nel corso degli anni, nonostante diverse vicissitudini, l’ampliamento e il consolidamento della chiesa proseguì con significativi risultati, subendo però un deciso arresto in seguito all’esecuzione delle soppressioni napoleoniche del 8 giugno 180526. Al momento della soppressione nel convento erano presenti 8 religiosi, di cui 6 sacerdoti e 2 laici, che vennero trasferiti a S. Maria di Monte Berico a Vicenza. La chiesa demaniata rischiò di essere trasformata in teatro. Fu per il forte interessamento del sacerdote veronese Don Pietro Leonardi, che l’evento fu scongiurato, egli infatti riuscì ad ottenere dal governo il permanere dell’edificio sacro, oltre ad alcuni locali contigui utilizzati per farne la sede “dell'Asilo dei Remenghelli”. L’opera del religioso veronese fu bruscamente interrotta in seguito al suo arresto e la conseguente condanna a

25L’ampliamento della chiesa procedette con altre opere, tra il 1341 e 1342 furono costruiti e consacrati tre altari: l’altare del Volto Santo, di San Giorgio e di Santa Maria Maddalena, tra il 1343 e 1345 venne poi costruito il campanile la cui campana venne comprata nel 1348 a Venezia; nel 1344 venne completata la cappella di San Giovanni Battista, nel 1353 furono costruiti il coro e la nuova porta; nel 1362 fu ultimata la cappella di destra, si terminò il campanile e si rinnovò l’altare della Beata Vergine per la munificenza della famiglia Cerea; nel 1371 fu collocato un organo con relativa cantoria, mentre, davanti alla chiesa, sulla strada, era stato costruito un nuovo portico.

Nel corso del Quattrocento prese forma la costruzione di una nuova facciata, di varie cappelle e di nuovi altari, fino ai primi anni del Cinquecento, quando la nuova facciata in cotto fu arricchita di un rosone centrale, di due finestre laterali e della bella porta della Rinascenza. E’ in fase di cantiere quattrocentesco che nasce e viene arricchita di sculture e di affreschi la cappella Guantieri, salvatasi dai bombardamenti subiti nel corso dell'ultima guerra e recentemente restaurata.

Verso la metà del ‘500 e nel ‘600 vennero costruite una serie di cappelle, di cui rimangono le paraste, uniche a non essere state distrutte nel bombardamento del 1945.

Nel secolo XVIII, la chiesa che era sempre stata ad un’unica navata, fu innalzata tutto attorno, di circa cinque metri onde consentire la costruzione di dieci nuovi finestroni, che dessero luce all’interno, in sostituzione delle aperture quattrocentesche, chiuse sui lati in occasione della costruzione delle diverse cappelle; in tal modo tutto il quattrocentesco prospetto fu sepolto sotto un folto strato di cemento. Fu solo nel 1921, che a seguito di un grosso temporale, essendosi casualmente staccato dalla facciata l’intonaco, si scoprì sotto di esso quanto rimaneva del vecchio paramento murario e delle vecchie decorazioni, che furono subito ripristinate, G.B. Biancolini, Notizie storiche, op. cit., vol. III, pp. 175-177;

G.M. Todescato, Ordini religiosi, op. cit.; G.M. Todescato, La chiesa, op. cit.; G. Borelli, Chiese e monasteri, op. cit.; R. Citeroni, Il convento, op. cit.;

G.M. Varanini, La chiesa e i frati di Santa Maria della Scala nel contesto urbanistico e socio religioso della Verona scaligera, in A. Sandrini, (a cura di), Santa Maria della Scala. La grande “fabbrica” dei servi di Maria in Verona, 2006.

26 A. Totolo, Regesto, in A. Sandrini (a cura di), Santa Maria della Scala. La grande “fabbrica” dei servi di Maria in Verona, 2006, pag. 169.

due anni, avvenuta con l’accusa di cospirazione. A tenere comunque viva la spiritualità del convento pensarono tre frati minori di San Fermo, che travisati da secolari continuarono l’officiatura della messa in chiesa27. Nel 1810 a scongiurare il pericolo della sconsacrazione e della depredazione dell’edifico religioso intervennero, anche le autorità eacclesiastiche, che destinarono la chiesa di Santa Maria della Scala ad oratorio della parrocchia di San Nicolò. Una data importante in questa ottica fu quella del 11 settembre 1913, quando il vescovo di Verona Bartolomeo dette il proprio consenso al priore generale dei Serviti Alessio Lepicier per il ritorno dei religiosi di Santa Maria della Scala nel loro convento. Il primo marzo 1914 i Servi della Scala poterono finalmente rientrare nella loro istitzuzione religiosa28. Il ritorno fu però molto breve, in quanto a seguito della grande guerra i religiosi si videro costetti ad abbandonare nuovamente il convento, perché chiamati a svolgere i loro incarichi in altre sedi. Nonostante la conclusione dell’evento bellico, solo alla fine del 1927 i religiosi ripresero possesso del convento29. Dopo le diverse vicissitudine appena menzionate, la situazione sembrava nel tempo raffiguare un piano di relativa stabilità, che si arrestò bruscamente il 4 gennaio 1945, quando un terribile bombardamento rase al suolo il convento e buona parte della chiesa.

Da qui iniziò un fenetico processo di ricostruzione che si concretizzo nel settembre del 195230.

27 A. Totolo, Regesto, op. cit., pag. 169. 28 A. Totolo, Regesto, op. cit., pag. 170. 29 A. Totolo, Regesto, op. cit., pag. 172.

30 G.B. Biancolini, Notizie storiche, op. cit., vol. III, pp. 175-177. G.M. Todescato, Ordini religiosi, op cit.;

G.M. Todescato, La chiesa, op. cit.; G. Borelli, Chiese e monaster, op. cit.; R. Citeroni, Il convento, op. cit.;