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Capitolo II°: Il patrimonio nel

3. La conduzione dei fondi agrar

Per la gestione di tutti i possedimenti di Vigasio, la scelta del convento si orientò sul contratto di lavorenzia,

Quali pezze di terra come sopra in più corpi, assendono alla somma di campi n. 94 et tal possessione è tenuta a lavorente da Giacomo Vicenzone da Vigasio.

Un’altra possessione unica nel luogo suddetto in Contrà delle Corone de campi sessanta circa sabionelli; arativi n. 50 et pascolivi n. 10, alla quale confina da una via il fiume Tartaro, dall’altra la via Comune, dall’altra il Signor Francesco Pedemonte et dall’altra la via Vicinale valutati gli arativi ducati 10, et pascolivi ducati 6 qaule possessione e tenuta a lavorente dal suddetto Moscatello et fratelli.

Una possessione unica nel luogo suddetto in Contrà di Spion de campi n. 70 sabionelli, arativi n. 40, vegri n. 20 et pascolivi n. 10, alla qaule confina da due la via Vicinale, dall’altra la via Comune, et dall’altra il Signor Francesco Pedemonte, valutati gli arativi ducati 10 il campo, gli vegri ducati 5 il campo, et pascolivi ducati 6 il campo, quale possessione e tenuta a lavorente dal suddetto Moscatello et fratelli54.

Quello di lavorenzia era un tipo di contratto agricolo, in cui le pattuizioni stabilite fra proprietario e conduttore prevedevano la ripartizione dei prodotti della terra, della gestione degli animali e delle spese. I lineamenti essenziali dei rapporti di lavorenzia si possono riassumere, da un lato nella prestazione da parte del concedente di un fondo, generalmente non molto esteso, dell’ordine solitamente di 15-20 ettari, tendenzialmente commisurato alle reali capacità di lavoro della famiglia rurale e dall’altro

53 Dal documento si apprende che miglio e menuti rendevano appena il valore della semenza, a causa del cattivo terreno sabbioso.

nell’assunzione relativa all’obbligazione di prestare l’opera necessaria alla coltivazione del fondo ed al compimento di ogni altra opera accessoria, richiesta per la manutenzione delle terre affidate55.

La casistica dei contratti di lavorenzia rilevava alcuni tratti essenziali, quali il vincolo personale che univa i lavorenti alla terra, i patti di risoluzione dei contratti, gli oneri accessori, le norme tecniche. Clausole che emergevano in modo chiaro anche dall’analisi di alcuni contratti di lavorenzia stipulati dai padri della Scala56.

Prioritariamente in ogni documento contrattuale venivano evidenziati gli aspetti essenziali del legame che doveva intervenire tra terra e individui, con precise indicazioni, delle persone che contestualmente si impegnavano a prestare la loro opera, o nel caso dei minori, della specifica affermazione del padre. Questa particolare attenzione alle persone impegnate nella conduzione dei terreni implicava, la necessità di assicurare al fondo, la necessaria forza lavoro in ogni momento del ciclo produttivo. Nel contratto stipulato dai padri della Scala nel 1695, a tale riguardo si evince che,

Con la presente scrittura, che dovrà haver forza tanto quanto fosse fatta per mano di Notaro, si dichiara come li Reverendi padri di Santa Maria della Scala di Verona danno et effettivamente hanno dato al lavorente tutte le terre di loro ragione poste in Vigasio in più campi per anni tre, che principiar dovranno il giorno di S. Martino 11 novembre 1695 e termineranno a S. Martino 1698 a Messer Stefano e Giacomo suo figlio Bazziga con le condizioni e patti infrascritti da essere da ambo le parti osservati sotto obbligazione da loro beni presenti e futuri con patto espresso che mancando una delle parti a quanto in questo si contiene sia in libertà o dei padri di licenziar dalla sudeta loro possessione e del lavorente potendo a loro piacere por vedersi di altro lavorente o che il lavorente licenziarsi e partire a suo beneficio dalla sudeta possessione anche se non terminati li sudeti anni tre57.

Interessante notare che la durata del contratto risultava triennale e questo rappresentava la norma, anche se si rilevavano accordi di durata maggiore, che generalmente non superavano comunque i cinque anni.

Il contenuto dei contratti di lavorenzia, si compendiava nella partizione dei prodotti della terra in misura quasi sempre diversa dalla metà e sempre a favore del lavorente, come si attesta dallo stesso documento contrattuale redatto dei padri,

55 Sugli aspetti riguardanti la famiglia rurale e la sua relazione con la coltivazione del fondo, cifrare, G. Biagioli, La mezzadria poderale in Italia centro- settentrionale in età moderna e contemporanea (secoli XV-XX), in Rivista di Storia dell’agricoltura, XLII, 2002 e M. Lecce, L’agricoltura veneta nella seconda metà del Settecento, Gualandi, Verona 1958.

56 Il dettaglio di questi contratti sarà presentato nel Cap. VI, quando i fattori emersi dallo sviluppo dell’esame diacronico, fra le dinamiche economiche del 1680 e del 1724 permetteranno di avere a disposizione maggiori termini di analisi, pag. 448.

57 A.S.VR, Monasteri Maschili di Verona città, Monastero di Santa Maria della Scala, Processi e Filzi, busta 333, carte non numerate.

Che sia tenuto il lavorente dare a padri il terzo di miglio et altri legumi e a tutte sue spese dovranno esser seminati da esso lavorente, che li padri siano obbligati ogni anno nel mese di maggio in mancanza di fieno per li suoi animali per soventione troni cinquanta et anche la casetta a suo godimento intendendosi obbligato a nettare i prati e coltivare i morari

Che detto lavorente sia obbligato a dare a padri la metà dell’uva che in esse terre d’anno per anno si raccoglierà e questo condurre a sua spese58.

Elemento confermato anche in altri contratti, come quello che riguardava l’accordo stipulato nel 1622 da Cristoforo Smetterle, che concedeva a lavorenzia per cinque anni a Francesco Barba e figli la sua possessione di Roncà nella collina veronese, dove si delineava che “I lavorenti hanno impegni precisi. Anzitutto il conferimento al padrone

della metà di tutte le biave da spigo cioè frumento, granà, ecc. Poi la semina annuale della semente più bella e più buona. Infine la condotta al granaio del padrone della porzione di sua spettanza. Altrettanto va detto dei cereali inferiori. Al padrone va invece il terzo dei menudi, cioè miglio, fagiuoli, formento negro e melega rossa, salvo che concorra per la metà delle spese nel qual caso gli andrà la metà. Al padrone andranno tutti i frutti per metà in particolare l’uva e metà della legna”.

Negli estratti contrattuali emergevano poi gli oneri a cui erano sottoposti i lavorenti, ben delineati nel documento stilato dai padri di Santa Maria della Scala,

Che il lavorente sia obbligato a sue spese fare ogn’anno almeno cento cinquanta pertiche di cavezagne et tanti anche di ……….. ove farà bisogno et in caso si occoresse di più sia obbligato prima avvisare i padri quali vedendo che si facciano saranno obbligati a pagare la metà.

Ch’esso lavorente sia obbligato ogn’anno far carezzi a Verona n° quattro senz’alcun premio secondo il bisogno et a disposizione dei padri et occorendo farne di più siano obbligati i padri darli troni cinque per carezza.

Che senza licenza de padri non possa ne debba esso lavorente tagliare o cavare o far cavare o toglire alberi vivi di qualsiasi conditione e tagliandone ancora o cavandone de sechi sia obbligato a piantarne quanti ne cavò e tagliò e cavandone e tagliandone qualche vivo per la fabbrica sia obbligato a condurlo a casa nella corte dovrà il medesimo lavorente dare la metà di tutte le ……….. a padri ma non quelle delle vigne che saranno ……….. dal lavorente.

Che sia obbligato per regalia dare ogn’anno a padri per lì 14 d’agosto quattro buoni pollastri a Natale ………….. paia dui capponi buoni per il giovedì grasso paia dui di ………. Galline per Pasqua di resurrezione ovi cento.

Che sia tenuto esso lavorente a sue spese ogn’anno buscar le viti e far …………. Ed altre operationi a questi spettanti e vendemmiare dovendo li Pdri somministrarli tutti li pali e stroppe che bisogneranno non essendo sufficienti quelli pali e stroppe che si trovano nelle possessioni e finita la vendemmia sia il lavorente obbligato cavare o far cavare detti pali dovendo conservare li buoni da ripiantare l’anno futuro e li altri doveranno esser partiti la metà a padri e metà il lavoratore così si intende anno da …………. e piantando il lavorente viti siano obbligati i padri …………. prenderli quando sono a trivella soldi 4 per posta e li padri siano obbligati trovarli pontesi e taglioli et il lavorente sia tenuto governarli in buona e ……… forma secondo l’uso del Paese.

58 A.S.VR, Monasteri Maschili di Verona città, Monastero di Santa Maria della Scala, Processi e Filzi, busta 333, carte non numerate.

Che sia tenuto il lavorente dare a padri il terzo di miglio et altri legumi e a tutte sue spese dovranno esser seminati da esso lavorente, che li padri siano obbligati ogni anno nel mese di maggio in mancanza di fieno per li suoi animali per soventione troni cinquanta et anche la casetta a suo godimento intendendosi obbligato a nettare i prati e coltivare i morari.

Che il detto lavorente sia obbligato haver cura di tutte le robbe che ad esso saranno consegnate59.

Componenti testimoniate anche nel citato esempio relativo a Cristoforo Smetterle60, dove si sottolineava che, “I lavorenti devono piantare due bine di vigne all’anno ma il

padrone conferisce i ponteggi; i lavorenti dovranno pure far cavezagne e scavar fossi. Vi sono poi le regalie annuali, cioè 6 paia di capponi, 150 uova, 6 paia di galline, 6 paia di pollastri e altre 150 uova alla Pasqua. I lavorenti tengono alla parte col padrone due porci da ingrasso; l’acquisto dei porci spetta al padrone. I lavorenti sono poi astretti ad una sorta di corvèe: a piacimento del padrone essi sono tenuti a tre lavori all’anno a Verona e sei a Soave ed inoltre a condurgli nel granaio di Brognoligo 50 o 60 carri di grano da spigo. Il padrone da in godimento i prati ai lavorenti ed anche gli animali di tre anni”61.

La forma così dettagliata delle clausole contrattuali degli esempi riportati evidenzia, l’attenzione particolarmente marcata, che i proprietari riversavano per la garanzia e la cura delle loro possessioni definendo, anche i più piccoli dettagli e lasciando ai lavorenti pochi margini di iniziativa.

Si rilevava infine la presenza di clausole che prevedevano l’erogazione di sovvenzioni a favore del lavorente, che altro non erano, che le anticipazioni in denaro compiute dal concedente, assimilabili al moderno concetto di capitale, come il documento dei religiosi in modo chiaro evidenziava,

Che li padri siano tenuti dove et esborsare effettivamente allo lavorente nell’ingresso che sarà l’11 novembre 1695 scudi venti da troni sei l’uno per ………. quali dovrà restituire avanti di partire62.

Appurato che per i possedimenti di Vigasio la scelta del contratto di conduzione delle terre, si orientò esclusivamente sulla lavorenzia, si ritiene utile anche sottolineare, che

59 A.S.VR, Monasteri Maschili di Verona città, Monastero di Santa Maria della Scala, Processi e Filzi, busta 333, carte non numerate.

60 L’esempio vuole essere indicativo del fatto, che i comportamenti in tema di gestione delle possessioni fondiarie da parte dei religiosi erano, pressoché in linea con quelli adottati dai proprietari laici.

61 G. Borelli, Dei contratti agrari nel veronese tra ‘500 e ‘600: aspetti e problemi, in Il Mondo rurale Veneto attraverso i contratti agrari. Il territorio veronese nei secoli IX – XX, Centro per la storia dell’agricoltura delle Venezie, Verona, 1982, pag. 134.

62 A.S.VR, Monasteri Maschili di Verona città, Monastero di Santa Maria della Scala, Processi e Filzi, busta 333, carte non numerate.

per la proprietà fondiaria di Cologna, come la polizza di estimo almeno in termini generali riportava, i padri del convento preferirono stipulare un contratto di affitto,

La possessione posta nella giurisdizione di Cologna chiamata la Ca’ del Sette

accennata di sopra di presente s’affitta per la rendita de ducati cento et dieci; D 11063

Questa scelta, ci permette di analizzare anche questa forma contrattuale offrendo, la possibilità di valutare, anche le principali differenze con la lavorenzia.

L’affitto si presentava come un contratto, attraverso il quale, l’affittuario coltivatore con una autonomia più o meno marcata e definita nel contratto, si impegnava nella coltivazione delle terre, corrispondendo in cambio al proprietario un canone annuale, che solitamente era in danaro, ma, che talvolta poteva essere integrato, con prodotti come cereali, frutti, vino, olio e animali.

Il contratto di affitto prendeva la locuzione di “locationes ad tempus”, per mettere in evidenza che si trattava di contratti agrari con scadenza determinata, dedotta nell’atto pubblico o nella scrittura privata. Nei contratti settecenteschi del suolo veronese, la maggior parte aveva durata di 3 o 5 anni, per una proporzione prossima al 65%, cui seguivano i contratti settennali e novennali che rappresentavano circa il 25% dei casi64. A tale proposito nel fondo di Santa Maria della Scala sono stati rilevati alcuni estratti contrattuali stilati dai padri in relazione a questa possessione, le cui durate erano rispettivamente di tre anni per un contratto del 1663, di cinque per un accordo relativo al 1686, di sette per un rapporto datato 170665.

Le clausole contrattuali del rapporto di affitto, apposte dalle parti e tese a regolare in termini talvolta estremamente dettagliati, i contenuti obbligatori cui si intendeva attribuire efficacia, rispondevano in larga misura a schemi consolidati e di ampia diffusione. Le materie a cui si rivolgevano riguardavano, le obbligazioni principali connesse all’esercizio dell’attività tecnica di conduzione dei fondi, gli obblighi accessori di diversa natura, che di volta in volta le parti apponevano ed accettavano, nonché le controprestazioni e le connesse modalità e condizioni.

63 A.S.VR, A.E.P. 1680, registro n. 334, Busta 34, carte non numerate.

64 A. Dal Moro, Proprietà e impresa attraverso i contratti agrari, in Il Mondo rurale Veneto attraverso i contratti agrari. Il territorio veronese nei secoli IX – XX, Centro per la storia dell’agricoltura delle Venezie, Verona, 1982, pag. 164.

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La descrizione dettagliata di questi contratti sarà presentata nelle pagine seguenti, quando con ulteriori elementi a disposizioni avremo una visione più organica delle caratteristiche di questa possessione, si veda pp. 304, 514. La completa stesura del contrattato del 1663 è presentata in appendice al cap. VII, pag. 621.

Tutti i contratti di affittanza contenevano lo specifico riferimento all’obbligo contrattuale del locatario, di adempiere nel miglior modo possibile, alle operazioni di coltivazione ed alle connesse attività di manutenzione ordinaria dei fondi.

Ad esempio in un contratto di locazione del primo settecento relativo ad un fondo veronese in Camaldole di Avesa, il conduttore era tenuto “a migliorarlo e non

peggiorarlo”, mentre nel contempo si dettavano obblighi alquanto circostanziati, in

merito alle operazioni da attuare e di cui si era fatto carico al medesimo conduttore, in particolare emergeva che “Sarà tenuto esso conduttore, se di nuovo germogliassero li

olivi morti a curare le piccole piante che ributtassero, con ricavarli e ludamarli a’ suoi tempi, come ancò sarà tenuto a piantar di novo a tutte sue spese tutte le bine di vigne nelle pezze di terra locate che occorressero et bene allevate et governate…, e non piantando esso conduttore le bine medesime, potrà il signor marchese far fare le suddette operazioni a tutto danno e spesa di esso conduttore”. Ed ancora in un altro

estratto contrattuale sempre del Settecento, si legge, “Sarà obbligato il conduttore di

rimetter vigne dove occorreranno ed alevarle in buona e laudabil forma e così pure doverà far buse d’olivo, piantarli dove occorreranno, così per gli morari saranno contribuite le piante dal Signor Conte locatore facendo il conduttore le buse a sue spese”66.

Ugualmente anche nei contratti stipulati dai padri della Scala emergevano alcuni obblighi per gli affittuari, come si evince dal documento del 166367,

Gli afituali non possino ne loro ne per interposta persona in alcun tempo e per qualsiasi causa tagliar o causar alberi vivi di qual si voglia sorte senza consenso dei padri e avendone de ……… siano tenuti a tutte loro spese rimeterne degli altri, come anco siano obbligati piantar arbori dove farà bisogno et rimeter le posti delle viti vecchie ove porterà il bisogno68.

Le obbligazioni di buona e corretta conduzione assunte dai locatari erano rese sostanzialmente omogenee, dall’intento di garantire il rispetto dei fondamentali canoni tecnici ed economici. In questo contesto risulta necessario evidenziare, la eventuale sanzione per obbligazioni non ottemperate, che si sostanziava soprattutto attraverso la rescissione del contratto. In diversi contratti si rileva che “mancando in qualche parte

66

A. Dal Moro, Proprietà e impresa, op. cit., pag. 164.

67 La stesura originale del contratto è presentata in appendice al cap. VII, pag. 621.

68 A.S.VR, Monasteri Maschili di Verona città, Monastero di Santa Maria della Scala, Processi e Filzi, busta 335, carte non numerate.

della presente scrittura, sia in libertà del signor locatore annullare il tutto benché non sia compiti li anni sette69”.

Al di là delle specifiche formulazione della clausola contrattuale, si percepisce che permaneva comune e vivissimo l’interesse per una sana e corretta conduzione, manifestando soprattutto il timore di non vedere conservata la struttura produttiva e le dotazioni fondiarie. A questo proposito in alcuni contratti, si evidenziavano anche delle obbligazioni accessorie, tra le quali l’onere della manutenzione ordinaria delle opere murarie del fondo, della viabilità rurale, di intervento nel caso di rotte di corsi d’acqua e comunque di eventi straordinari e persino di sorveglianza dei confini, sotto pena di essere ritenuto personalmente responsabile.

Rispetto al canone, la grande maggioranza dei contratti dell’inizio ‘700, si contraddistingueva per la sua soddisfazione in denaro e solo in rari casi veniva corrisposto in generi; questo può trovare spiegazione, soprattutto nel desiderio dei proprietari, di garantirsi redditi costanti, senza rischiare di subire l’alea del mercato, che si manifestava piuttosto fluttuante soprattutto nei prezzi del grano. Non mancavano comunque integrazioni in natura al reddito monetario, che rispondevano essenzialmente alla necessità microeconomiche degli enti ecclesiastici e delle famiglie nobili e del loro seguito, come emerge dal contratto stilato dai religiosi della Scale nel 1663,

come pure di dare al monastero ogn’anno per il Santo Natale capponi paia 6 e per il primo agosto polli ……… para 6 belli e buoni; come pure di dare ogn’anno al monastero quarte due fasoli e quarte due di pizzoli o rossi o bianchi a suo piacere70;

Un ulteriore principio che merita di essere evidenziato, in quanto molto spesso compariva come clausola nei contratti di affitto era, quello del ristoro, vale a dire l’aiuto concreto, che il proprietario forniva al conduttore dei terreni agricoli in presenza di gravi eventi dannosi, soprattutto legati a tempeste e tracimazioni di fiumi. La clausola del ristoro appare come una tra le più sensibili manifestazioni di apprezzamento e di attenzione verso le possibili eventualità dannose. In un contratto di locazione relativo ad un corpo rustico di San Vettor di Colognola nel veronese, si può rintracciare che “In

caso di tempesta che Iddio non voglia, non dovrà cadere la stima sopra li prati, minuti e dovrà personalmente il conduttore portarne l’avviso al nobile signor conte al termine

69 A. Dal Moro, Proprietà e impresa, op. cit., pag. 164.

70 A.S.VR, Monasteri Maschili di Verona città, Monastero di Santa Maria della Scala, Processi e Filzi, busta 335, carte non numerate.

di tre giorni dal giorno della disgrazia, quali spirati non vi sarà più loco a pretesa di ristoro e pervenuto l’avviso, sarà elletto un perito per parte et in ogni caso di discordia il conduttore rimanerà lavorente e con giuramento dovrà dare la nota delle entrate fino a quel tempo percette e spese dominicali, dichiarandosi per patto espresso che li prati tutti si dovranno considerare a favore del signor conte locatore et abbonare al conduttore quel quantitativo per ogni versore delli due, che si pratica da signori Carteri della Costeggiola et in capo che si convenissero le stime, il signor conte locatore sarà tenuto al ristoro quando il danno ascenda alli ducati settanta dal grosso di parte domenicale, quali detratti non dovrà il signor conte locatore bonificare al conduttore se non il più delli detti ducati settanta e questo in egual parte per ogni rata da pagarsi in quell’anno et in caso rimanesse il conduttore lavorente sarà la presente prorogata per un nuovo anno et il danno dovrà essere considerato da periti nell’entrate