• Non ci sono risultati.

La tipologia dei livelli e il loro corso economico

Capitolo IV°: Le entrate e le uscite del

4. La tipologia dei livelli e il loro corso economico

La categoria livelli, come già sottolineato era costituita da elementi di diversa natura, ossia livelli affrancabili, perpetui e con obbligo di messe336.

Per evidenziare questi diversi livelli, il riferimento è alla tabella e al grafico che segue:

Tabella 3: La suddivisione dei livelli in perpetui, affrancabili, con obbligo di messe

Anni Entrate nette Livelli Livelli perpetui Livelli affrancabili Livelli con obbligo messe gennaio 940 630 21 329 280 febbraio 655 409 51 337 21 marzo 584 321 13 177 131 aprile 785 259 34 166 59 maggio 957 617 24 141 452 giugno 479 202 101 53 48 luglio 584 340 69 155 116 agosto 601 221 29 192 0 settembre 1116 281 19 185 77 ottobre 1105 771 213 448 110 novembre 1267 587 38 455 94 dicembre 3737 556 74 301 181 Totale 12810 5194 686 2939 1569

336 In questo tipo di livelli si sono ritrovati anche richiami ad altri tipi di celebrazioni religiose, come anniversari e offici.

Grafico 3: La distribuzione dei livelli

Dall’analisi dettagliata della categoria livelli emerge, con una certa evidenza, la predominanza degli affrancabili, il cui ammontare di lire venete 2939 superava in modo chiaro quello dei perpetui, lire venete 686 e seppure in termini più contenuti, anche dei livelli con obbligo di messe, il totale dei quali si attestava a lire venete 1569.

Rispetto al complesso della categoria, i livelli affrancabili rappresentavano circa il 57%, i perpetui il 13,2%, mentre quelli con obbligo di messe il 30,2%.

La media mensile dei livelli affrancabili risultava di lire venete 245, con i soli mesi di ottobre e novembre superiori alle 400 lire venete, mentre gennaio, febbraio e dicembre superavano di poco le 300 lire venete; giugno risultava l’unico mese inferiore alle 100 lire venete, con i rimanenti mesi compresi fra le 100 e le 200 lire venete.

Dal punto di vista delle singole operazioni relative ai livelli affrancabili, solo 4 superavano le 100 lire venete, una in gennaio, già riportata più sopra, un’altra relativa al mese di agosto,

Adì 9: do ricevuti dall’Eccelso Signor Dotor Felice Grandis per saldo

del suo affitto scaduto il mese di maggio prossimo passato campione c. 226 L. 118 : 14337

e infine due con scadenza nel mese di ottobre, che seppure di natura diversa, visto il richiamo a due pagine differenti del libro campione, appartenevano alla stessa famiglia,

337 A.S.VR, Monasteri Maschili Città, Santa Maria della Scala, registro n. 55, c. 119 r.

0 500 1000 1500 2000 2500 3000

Livelli perpetui Livelli affrancabili Livelli con obbligo messe

Adì 17: do ricevuti dalli nobili Signor Pietro Franco e fratelli Trivelli

per saldo della rata scaduta li 22 luglio prossimo passato campione c. 260 L. 111 : 12338 Più ricevuti dalli medesimi per saldo della rata scaduta li 29: di settembre

prossimo passato campione c. 266 L. 166 : 13: 4 339.

Il fatto di accendere da parte di alcuni individui, in questo caso una famiglia, più prestiti con il convento, dal punto di vista economico può dimostrare, quanto fosse vantaggioso rivolgersi alle istituzioni religiose per ottenere prestiti a condizioni favorevoli ricordando sempre, che a prescindere dall’entità dell’operazione, i tempi di rimborso potevano dilatarsi anche per centinaia di anni, entro i quali il tasso di interesse applicato non subiva nessuna modifica. Da non trascurare poi è, che solo l’interesse aveva una scadenza, la quale poteva essere annuale o semestrale e mai con essa veniva richiesta una parte del capitale, il cui rimborso avveniva solo quando il debitore decideva insieme ai padri, di eseguire l’operazione di affrancabilità340. Ma i due livelli a carico della stessa famiglia, non avevano solo una valenza puramente economica, in quanto, molto probabilmente, si caratterizzavano, vista anche l’entità delle operazioni, per un rapporto di fiducia particolarmente solido con i padri. I livellari di nobile estrazione, probabilmente godevano di una buona considerazione sociale, nell’ambito veronese.

Tornando all’entità dei livelli affrancabili, a quelli che superavano le 100 lire venete, se ne aggiungevano anche altri, che risultavano invece essere uguali o appena superiori alle 5 lire venete, come nel caso del mese di marzo,

Adì 2: do ricevuti dà Messer Bernardino de’ Ciecchi a’ conto d’affitti e residui

come al campione c. 16 T° L. 5

e di novembre,

Adì 16: do ricevuti del Signor Gioseppe quondam Lorenzo Berella per

saldo campione c. 81 T° L. 5 : 4.

Questi livelli di limitato valore mettono in evidenza, che il ricorso al prestito era una operazione a cui qualunque individuo, in grado di godere della fiducia dei padri poteva accedere, ovviamente la qualità del prestito dipendeva dalle possibilità economiche del debitore, che in questi casi erano probabilmente piuttosto limitate.

Quello che comunque, rispetto ai livelli affrancabili bisogna necessariamente porre in evidenza è, l’ampia disponibilità di risorse economiche presenti nel convento, che trovavano un sicuro punto di riferimento nelle elemosine, che rappresentavano la voce

338 A.S.VR, Monasteri Maschili Città, Santa Maria della Scala, registro n. 55, c. 120 r. 339 A.S.VR, Monasteri Maschili Città, Santa Maria della Scala, registro n. 55, c. 120 r. 340 G. Borelli, Aspetti e forme, op. cit., pp. 129-130.

più importante nelle entrate di Santa Maria della Scala; insieme alle opere di carità, un ruolo decisamente non trascurabile era assunto anche dai livelli con obbligo di messe, riconducibili, sia alla volontà di diversi individui di far celebrare riti religiosi in alcune particolari occasioni della loro vita, sia in seguito ai lasciti di molti fedeli che impegnavano, eredi e legatari, a far officiare in loro ricordo dai padri del convento, funzioni religiose di diversa natura341.

Questo si dimostra nel presente contesto, con la valenza che assumevano i livelli con obbligo di messe (lire venete 1569), che seppure inferiori a quelli affrancabili erano comunque significativi nell’economia del convento.

La media di questi livelli si attestava a lire venete 130, con il mese di maggio che superava le 400 lire venete, mentre erano 5 i mesi dove non si raggiungevano le 100 lire venete, con agosto nel quale nessuna entrata era rilevata per questi livelli.

Insieme ad operazioni di entità significativa è utile evidenziare, anche la presenza di livelli con obbligo di messe di valore decisamente modesto e tale da non arrivare alle 8 lire venete, come nel caso di febbraio,

Adì 29: do ricevuti dal Signor Antonio Rottari per saldo del suo

affitto scaduto il 29: settembre prossimo passato campione c. 35 L. 7 : 1 : 4342

e in quello di marzo,

Adì do ricevuti da Messer Giacinto Ferro per saldo d’affitti e residui

campione c. 153 L. 3 : 2 : 4343

Questi dati mostrano che il ricorso a messe, anniversari, offici era una esigenza che andava a prescindere dalla disponibilità economica, anche coloro che non erano in possesso di grandi mezzi economici, come probabilmente questi individui, ugualmente volevano veder riconosciuto questo loro desiderio, impegnando a tale fine, una parte, anche se relativamente modesta, del loro reddito344.

341 E’ opportuno sottolineare che rispetto alla disponibilità di liquidità, generalmente erano i monasteri femminili a goderne in misura maggiore a seguito delle doti familiari che accompagnavano l’ingresso delle giovani nella vita monastica, G. Zalin, Denaro in entrata, op. cit. , pp. 455-457.

342 A.S.VR, Monasteri Maschili Città, Santa Maria della Scala, registro n. 55, c. 115 v. 343 A.S.VR, Monasteri Maschili Città, Santa Maria della Scala, registro n. 55, c. 116 r.

344 Nell’Europa Medievale e nell’età Moderna era molto forte la tradizione della carità, in quanto questo atto tendeva molto spesso ad accentuarsi in presenza di particolari momenti, come nel caso dell’avvicinarsi della morte, oppure in seguito al verificarsi di gravi calamità, come pestilenze e carestie. Non mancavano comunque opere di carità di carattere ordinario elargite esclusivamente per solo spirito di solidarietà. Non erano solo i benestanti a contribuire alla carità, ma ogni classe sociale poteva vantare anime generose. Sottolinea Carlo Maria Cipolla che la carità rafforzava il rapporto tra i fedeli e i religiosi, in quanto i rappresentanti del clero con la loro funzione erano in grado di contribuire al benessere della comunità. Il ruolo di frati e preti non era molto diverso da quello che oggi svolgono gli psicologi nella società odierna e a tale proposito è stato osservato, che ancora oggi nei paesi dove gli individui ricorrono

Proseguendo su questo piano di analisi, si rilevava che di entità più contenuta, risultavano i livelli perpetui (lire venete 686), la cui media mensile ammontava a lire venete 57, con il solo ottobre che presentava una entrata particolarmente rilevante (lire venete 213), tale da rappresentare circa il 31% di questi introiti; significativo era anche il mese di giugno (lire venete 101), che attestava circa il 15% di questi proventi; infine tre mesi superavano le 50 lire venete.

Una operazione di ottobre merita di essere evidenziata, in quanto il suo ammontare risultava superiore ad ogni altra entrata di questo genere,

Adì 5: do ricevuti da Messer Gio: Batta Residori per saldo del suo

affitto con un paro caponi campione c. 271 L. 186345.

Questo era l’unico livello perpetuo che superava le 100 lire venete, mentre al contrario, si rilevavano diverse operazioni che non raggiungevano le 10 lire venete , come nel caso di febbraio,

Adì 14: do ricevuti dal Signor Matteo Leoni per nome della Signora

Giulia Paluana per saldo del suo affitto scaduto 2: corrente c. 19 L. 7 : 10346,

e agosto,

Adì 28: do ricevuti dalli heredi del Signor Felice Filiberi per

saldo campione c. 21 T° L. 5.

La modesta entità di questi livelli sembra delineare anche per Santa Maria della Scala, quella tendenza comune, più o meno accentuata, presente nelle istituzioni religiose di epoca moderna, orientata ad implementare soprattutto l’attività di prestito, rispetto ai livelli perpetui; in tale ottica Giovanni Zalin evidenziava, che i Carmelitani Scalzati di San Tommaso, accanto a modeste rendite tratte da livelli e legati e da qualche casupola, potevano contare sulle rese di un monte capitale compreso fra i venticinque e i trentamila ducati, così come i Carmelitani Scalzi della Santissima Annunziata possedevano, accanto ad alcuni livelli, novemila ducati di capitale impiegati in otto partite, mentre di poco variava la condizione patrimoniale e dei redditi dei Teatini di San Nicolò; i Minimi di San Francesco di Paola detti dal volgo “Paolotti” tranne che per pochi livelli agrari, del tutto insignificanti, disponevano di una sola voce patrimoniale: i capitali347.

meno al confessore, si finisce per rivolgersi con maggiore frequenza allo psicologo, C.M. Cipolla, Storia economica, op. cit., pp. 28, 85.

345 A.S.VR, Monasteri Maschili Città, Santa Maria della Scala, registro n. 55, c. 120 r. 346 A.S.VR, Monasteri Maschili Città, Santa Maria della Scala, registro n. 55, c. 115 r. 347 G. Zalin, Denaro in entrata, op. cit., pag. 461.

Alla fine del Seicento, nonostante questa tendenza, resta comunque da rimarcare il permanere, sia pure in vesti trasformate, del livello, non più a ventinove anni come nell’Alto Medioevo, ma a dieci anni con possibilità di rinnovo. I livelli perpetui caratterizzavano ancora la grande proprietà fondiaria sia ecclesiastica che laica, adempiendo ad una ben precisa funzione sociale, connessa a quella situazione che vedeva il livellario di poche pezze di terreno, integrare in tal modo un reddito giornaliero di salariato, oppure arrotondare ciò che ricavava dal fazzoletto di terra di cui era proprietario. La stessa Repubblica Veneta attraverso una serie di statuizioni datate tutte seconda metà del Quattrocento348, tendeva a consolidare l’edificio di questi livelli, con l’intento di non sconvolgere gli equilibri delle campagne, dove la scomparsa di questo forma contrattuale avrebbe potuto acuire, pericolose tensioni di carattere sociale. Da una parte era forte la spinta esercitata dal ceto dei proprietari, tesa a recuperare la

“plenitudo” della proprietà nel corso dell’età moderna, mentre dall’altra era ferma la

posizione del variegato corteo dei livellari determinato ad opporvisi. Nei proprietari l’orientamento era quello verso l’accorpamento delle proprietà e la volontà attraverso contratti di affitto a tre, cinque e sette anni, di ricercare ad un tempo la piena e libera disponibilità del dominio e il miglior utilizzo delle terre349.

Prima di concludere l’analisi della categoria livelli, può essere interessante sottolineare, anche l’assidua presenza di alcuni livellari appartenenti alle famiglie della nobiltà scaligera350, che si trovavano in rapporto con il convento di Santa Maria della Scala. I rapporti contrattuali che i nobili instauravano con il convento riguardavano, esclusivamente livelli affrancabili e con obbligo di messe.

Nel caso dei livelli affrancabili abbiamo visto che la fiducia, in questo rapporto, che aveva come fondamento il prestito ad interesse, assumeva un ruolo significativo, di conseguenza visto che in epoca moderna i nobili rappresentavano dal punto di vista sociale una classe di privilegiati, per definizione solvibili e degni della massima fiducia

348 Si trattava della “Pars quod possesor bonorum livellariorum venditorum irrequisito Domino volens solvere livella tam praeterita quam futura non molestetur a domino” del 1465, della “De non solventibus livellos quod non cadant a iure suo” del 1476, della “Quod sub praetxtu non solutionis livelli nemo privetur iure suo utilis Dominii” del 1489, della “Quod sub pratextu non solutionis livelli et investiturae non acceptae nemo cadat a iure suo utilis Dominii” del 1493. G. Borelli, Forme contrattuali, op. cit., pag. 104.

349 G. Borelli, Forme contrattuali, op. cit., pp. 104-105.

350 In altra parte del lavoro affronteremo in modo più analitico il rapporto tra il convento e alcune famiglie della nobiltà veronese.

è pensabile, che i padri rapportandosi con loro potessero sperare che i debitori fossero in grado di onorare gli impegni.

Il principale compito del nobile doveva essere l’esercizio delle virtù. Tale concetto acquisiva un senso sociale, che trovava espressione nel buon nome, nel decoro e nell’onore da difendere in seno alla comunità. Onore come un dono che Dio fa all’uomo, un dono che si ottiene attraverso azioni virtuose, un dono che permette di raggiungere la perfezione a cui tutti aspirano, o almeno di provare a raggiungerla, infine, un dono che le persone devono saper sfruttare al meglio. Questo onore si notava nell’agire quotidiano, in quelle azioni che permettevano al nobile di ottenere e consolidare una fama che lo avrebbe fatto emergere tra tanti351. Inoltre da non trascurare il fatto che i nobili, rappresentavano anche una significativa parte della classe politica cittadina, a tale riguardo nel Consiglio Cittadino352 del 1653 i titolati erano il 32% dei componenti dell’istituzione, in quella sorta di progressivo monopolio dell’ufficio di consigliere da parte delle famiglie nobili, che in tal modo tendevano ad integrare il loro potere economico con quello politico353.

Per i padri poter avere alcuni referenti, che oltre al riconoscimento sociale legato al titolo nobiliare, rappresentavano e svolgevano ruoli di carattere pubblico poteva diventare, un ulteriore elemento di beneficio e sostegno alle loro diverse attività. Anche nel caso dei livelli con obbligo di messe, il ruolo dei nobili è certamente da evidenziare, in quanto la loro posizione sociale unita alle capacità economiche poteva certamente permettere di elargire donazioni, o imporre a parenti o persone affini, attraverso testamenti o legati, obblighi di onorare la loro figura post mortem, con

351 M.L. Ferrari, Nobili di provincia, op. cit., pag. 25. Al riguardo si veda anche, J.P Labatut, Le nobiltà europee, Il Mulino, Bologna 1982; C. Donati, L’idea di nobiltà in Italia: secoli 14-18, Laterza, Bari 1988. 352 Il Consiglio Cittadino era l’organo di governo della città; ogni anno veniva tratta dall’elenco dei contribuenti (campione d’estimo) una lista di cittadini giudicati idonei, in numero variante dai 200 ai 400. Si passava alla ballottazione dei 122 cittadini necessari a formare il Consiglio dei Cinquanta e le sei mute dei Dodeci (cioè i Settantadue). Su questo punto è necessario tener presente, che lo sdoppiamento dell’amministrazione veronese in due organismi complementari, rendeva vane le norme vigenti sulla “contumacia”: infatti, se i componenti di un Consiglio non potevano essere rieletti nello stesso l’anno successivo, nulla vietava che entrassero a far parte dell’altro, mantenendo quindi costantemente la carica pubblica. Il Consiglio attraverso le sue suddivisione procedeva anche all’elezione di altre figure importanti della città, quali le cariche di capomuda, di vicario della casa dei mercanti, dei tre conservatori delle leggi, dei due Provveditori di Comun, che portavano un notevole prestigio sociale a coloro che le ricoprivano e per questo erano spesso motivi di scontro tra le famiglie più in vista della città, anche perché attraverso queste cariche era possibile il maneggio diretto della cosa pubblica, A. Ventura, Nobiltà e popolo nella società veneta del ‘400 e ‘500, Laterza, Bari 1964, pp. 96-97.

353 P. Lanaro Sartori, Un’oligarchia urbana nel Cinquecento veneto: istituzioni, economia, società, Giappichelli, Torino 1992, pag. 50

celebrazioni religiose; da non sottovalutare anche il riconoscimento sociale, che poteva derivare da questi impegni, al quale i nobili mostravano sempre particolare attenzione. In questa ottica è necessario sottolineare come fosse importante garantirsi una determinata reputazione anche in visione dell’aldilà354.

La morte per i credenti rappresentava il passaggio verso la vita ultraterrena e il viatico dei riti religiosi doveva accompagnare il defunto verso la felicità del premio eterno. Messe e altre funzioni religiose avevano lo scopo di limitare nel tempo, l’eventuale espiazione delle colpe in Purgatorio.

In questo contesto le opere caritatevoli erano intese come un modo, probabilmente il principale, che veniva donato all’uomo per riscattare i peccati, quindi offrivano alle persone, macchiate dal peccato originale e da quelli compiuti nel corso della vita, la grande possibilità di salvarsi: “Sicut enim acqua extinguit igem, ita elemosina extinguit

peccatum355”.

Da questo derivava l’importanza che acquisivano anche le minime offerte e soprattutto il peso che si conferiva all’atto testamentario, un documento che avrebbe provato l’impegno del defunto, anche dopo la sua morte e quindi gli avrebbe assicurato delle garanzie ai fini della sua ammissione in Paradiso356.