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Santa Maria della Scala nel contesto economico del clero veronese

Capitolo II°: Il patrimonio nel

9. Santa Maria della Scala nel contesto economico del clero veronese

Prima di approntare questi confronti, che evidenziavano la situazione economica complessiva delle diverse istituzioni religiose scaligere nel 1680, si ritiene utile raffigurare, per dare maggiore completezza all’analisi comparativa, anche dei termini di paragone tra i conventi veronesi rispetto all’entità dei loro possedimenti fondiari. In tale ottica il monastero di San Nazzaro e Celso dell’ordine dei Benedettini, possedeva proprietà fondiarie a Lepia di 229 campi, al Vago di 127, alla Giara di 100, a Tregnago di 35, di 82 a Sorcè e 40 a Marcellise, per un totale di 613 campi; San Domenico monastero femminile dell’ordine dei Domenicani presentava 493 campi, suddivisi fra possessioni fondiarie a Caselle di Roverchiara con 115 campi, nella località Paganina con due proprietà di 110 e di 80 campi, a San Pancrazio con 53 campi, con 65 campi a Quinzano e 70 campi a Chievo, oltre ad una proprietà sita a San Pietro di Morubio; il monastero di Santa Anastasia sempre dell’ordine dei Domenicani, era titolare di una tenuta di 300 campi a Povegliano, di 200 campi al Chievo, di 35 campi ad Avesa e di 300 campi sul massiccio del Baldo, che rappresentavano complessivamente un numero di 835 campi; Santa Eufemia dell’ordine degli Agostiniani risultava detentore di 185

117 Dalla trasformazione delle entrate annuali di ducati 1133 lire 4 : 17 : 9 in un capitale di ducati 18943 lire 21 : --- : 4, si evince che il tasso di capitalizzazione si aggirava intorno al 6%, G. Borelli, Aspetti e forme, op. cit., pag. 146.

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E’ utile ricordare che ad un soldo di estimo corrispondevano 240 ducati di capitale, G. Borelli, Aspetti e forme, op. cit., pag. 142.

119 A.S.VR, A.E.P. 1680, registro n. 334, Busta 34, carte non numerate. Il dettaglio del calcolo delle cifra di estimo sarà presentato in appendice al capitolo.

campi, frazionati in due possessioni a Povegliano rispettivamente di campi 67 e campi 31, una campagna a Negarine di campi 55, una a Montecchia di Crosara di campi 15 e una a Brognoligo di campi 17; San Antonio dal Corso tenuto dalle monache Benedettine aveva possessioni a Tarmassia di 47 campi, a Isola della Scala di campi 210, a Cà del Lago dove i campi erano 7 e a Mezzane 15, per un totale di 279; San Fermo maggiore monastero dell’ordine dei Francescani, presentava 118 campi a Sommacampagna, 40 a Lavagno 85 a Isola Porcorizza oltre ad alcuni campi a San Pietro Incariano, che in totale ammontavano 243 fondi120; il monastero di San Giovanni Evangelista alla Beverara annoverava proprietà fondiarie che ascendevano a 192 campi, ripartiti in 90 campi a Ronco, 74 a Costermano e 28 a San Massimo121.

Premesso che non è possibile fare un confronto attendibile, in quanto il numero di campi è solo uno degli indicatori, bisognerebbe conoscere quanti di questi erano coltivati, il loro valore, il rendimento della terra e i tipi di produzione emerge, comunque che Santa Maria della Scala con i suoi 224 campi (324 se consideriamo solo a fini di confronto anche quelli di Cologna), presentava un numero di possessioni fondiarie che superavano in modo particolarmente marcato quelle di Santa Eufemia (185 campi) e di San Giovanni Evangelista alla Beverara (campi 192), mentre in modo più contenuto risultavano superiori a quelle di San Fermo maggiore (campi 243) e San Antonio dal Corso (279 campi). Le possessioni fondiarie di Santa Maria della Scala risultavano invece inferiori in termini piuttosto evidenti a quelle di San Domenico (493 campi), San Nazzaro e Celso (campi 613) e Santa Anastasia (835 campi). Nel complesso tolti Santa Anastasia e San Nazzaro e Celso, il convento in esame sembra risultare in linea con le possessioni fondiarie degli altri monasteri cittadini, o almeno con quelli che si sono presi in esame per il confronto.

Delineata questa prima comparazione in termini di possedimenti fondiari, si può passare a definire il confronto sulla base delle cifre di estimo, in modo da fornire maggiori dettagli sulla situazione economica delle istituzioni religiose.

San Nazzaro e Celso era allibrato ad una cifra d’estimo di lire 10, soldi 16 e denari 4, che equivaleva ad un capitale di ducati 52121 e ad un reddito annuo di ducati 3126; Sant’Antonio dal Corso, presentava un capitale di ducati 14100, un reddito annuo di

120 G. Borelli Aspetti e forme, op. cit., pp. 150-156, 161.

121 Archivio di Stato di Verona, Antichi Estimi Provvisori 1680, registro n. 334, Busta 32, carte non numerate.

ducati 846 e soldi 3 e una cifra d’estimo di lire venete 2 e soldi 17; San Domenico aveva 2400 ducati di entrata, un capitale di ducati 39360 e una cifra d’estimo di lire venete 8, soldi 4; Santa Eufemia era allibrata con una cifra d’estimo di lire venete 8, soldi 13, denari 3, che corrispondeva ad un capitale di ducati 42295 e un reddito annuo di ducati 2537, soldi 4 e denari 3; Santa Anastasia presentava un reddito annuo di 2140 ducati, un capitale di ducati 35685 e una cifra d’estimo di lire venete 7, soldi 4, denari 11; San Fermo maggiore indicava un reddito annuo di 1950 ducati, un capitale di ducati 32656 e una cifra d’estimo di lire venete 6, soldi 13122.

Da un possibile confronto con gli altri conventi e monasteri veronesi presi in esame, Santa Maria della Scala sembra uscire piuttosto ridimensionato, con il suo capitale di 18943 ducati, superiore solo a quello di Sant’Antonio dal Corso (ducati 14100)123; risultava infatti circa 1/3 di quello del monastero di San Nazzaro e Celso (ducati 52121) e circa metà rispetto a quelli degli altri istituti religiosi.

122 G. Borelli Aspetti e forme, op. cit., pp. 144-145.

123 Il monastero di Sant’Antonio dal Corso essendo una istituzione religiosa femminile permette di approntare qualche margine di confronto con Santa Maria della Scala in merito alle differenze che potevano sorgere fra enti religiosi maschili e femminili. Riprendendo il lavoro di Maria Luisa Ferrari, alcune caratteristiche economiche rilevate per Sant’Antonio dal Corso erano in linea con quanto emerso nello studio di Santa Maria della Scala. Rispetto al patrimonio erano i terreni e le abitazioni a delinearne i tratti fondamentali ed anche in merito alle entrate e alle uscite non si registravano significative differenze. Qualche diversità si rilevava in relazione ai livelli perpetui, più presenti nel monastero femminile che a Santa Maria della Scala. Il motivo potrebbe risiedere nella scelta delle monache di avere una rendita costante, certamente non rivalutabile, ma generalmente sicura e nello scarso impegno per il controllo della proprietà, che doveva essere pienamente gestita dal livellario. Al contrario della lavorenzia e più ancora della gestione diretta in economia attestata per Santa Maria della Scala, che richiedavano una partecipazione più attiva dei religiosi all’attività agraria. Un’altra differenza tra i due enti religiosi si poteva ritrovare anche in un maggior impegno profuso dalle monache, in merito ad investimenti tesi al miglioramento della chiesa e del monastero, a differenza di quanto emerso per i padri della Scala, la cui attenzione per la loro istituzione religiosa era emersa, solo come esigenza in seguito a danni provocati da fenomeni atmosferici. Infine sia per le monache che per i padri serviti, l’attività di prestito risultava un elemento di particolare significatività nel complesso delle dinamiche economiche, forse maggiormente facilitata nel monastero femminile, dove le doti assumevano maggiore valenza rispetto al contesto di un convento di ordine mendicante. Nella sostanza non si ravvisavano particolari diversità rispetto alle caratteristiche economiche fra il monastero femminile e Santa Maria della Scala e dove talvolta emergevano, non è da escludere che potessero essere motivate, anche dalle differenze fra i periodi studiati. Il lavoro relativo a San Antonio dal Corso era precedente al 1630, quindi probabilmente risultavano meno incidenti le dinamiche economiche rispetto a quelle registrate nello studio di Santa Maria della Scala, quando si era nel pieno della crisi del “Lungo Seicento”, M.L. Ferrari, Un monastero femminile in terraferma Veneta S. Antonio Dal Corso di Verona (Secolo XVI): momenti di vita economica, Studi Storici Luigi Simeoni, Estratto Volume XXXVIII, 1988, pp. 124-129, 136-141. Interessante notare come si vedrà nelle pagine seguenti, che le due istituzioni religiose tra il 1680 e il 1724 avevano subito entrambe una decisa riduzione dei redditi, a dimostrazione che dal punto di vista economico, almeno per questo confronto, non era particolarmente significativa la differenza fra enti religiosi maschili e femminili.

Questo risultato comunque non deve portare ad errate conclusioni, perché emerge da una analisi molto parziale, viziata da diversi limiti, in quanto non è possibile costruire una tipologia della struttura patrimoniale di conventi e monasteri che valga universalmente, ogni istituzione religiosa aveva una sua specifica individualità e di conseguenza le dinamiche economiche risentivano in maniera molto significativa di tale specificità124.

Conclusa in questi termini di carattere comparativo l’analisi del 1680 è, possibile

iniziare ad approntare l’esame, anche delle dinamiche economiche relative al 1724.

124 Inoltre dall’analisi della polizza di estimo si nota che non esisteva un modo uniforme di riportare i diversi redditi; ogni istituzione religiosa seguiva un proprio metodo, quindi anche rispetto a questo, un confronto tra monasteri potrebbe risultare non del tutto attendibile.

Appendice

1. Trascrizione completa delle polizza di estimo del 1680125