Capitolo II°: Il patrimonio nel
1. La configurazione della polizza di estimo
Per definire la situazione economica del convento di Santa Maria della Scala, la ricerca si è orientata preliminarmente sulle polizze di estimo, in quanto manifestavano in forma sintetica, ma generalmente completa, la consistenza dei beni dell’ente.
La Repubblica di Venezia infatti esigeva che le diverse istituzioni religiose dichiarassero la consistenza del loro patrimonio, prioritariamente costituito da fondi agricoli, da abitazioni e dalle rendite che derivavano dalla gestione di tali proprietà, oltre che dalle diverse entrate collegate alle attività svolte dai monasteri, di cui assumeva una particolare valenza, il prestito ad interesse.
Seguivano gli aggravi a carico del monastero, che generalmente comprendevano le spese di sussistenza dei religiosi, i costi di gestione di chiese e conventi, i pagamenti ai lavoranti delle terre e ad alcune figure particolarmente importanti, nel determinare lo svolgersi dell’attività quotidiana all’interno delle istituzioni religiose, come per esempio medico, avvocato, cuoco, lavandaia, barbiere, organista.
Sulla base delle polizze di estimo, come si vedrà veniva determinata, la cifra o carato d’estimo, da attribuire ad ogni singolo monastero e conseguentemente l’imposizione fiscale.
Per questo l’estimo rappresentava un terreno di scontro, al quale nemmeno il clero si sottraeva; il conflitto si motivava in quanto, chi conduceva la redazione dell’estimo era il Consiglio Cittadino, composto da rappresentanti delle famiglie più elevate nel censo, che per tutelare meglio i loro interessi cercavano di far ricadere proprio sulle istituzioni religiose, il peso maggiore dell’imposizione fiscale31.
Il richiamo all’imposizione fiscale merita di approntare un breve esame delle principali caratteristiche del sistema di esazione presente nella Serenissima in epoca moderna. Prima di tutto è necessario sottolineare una fondamentale differenza con quanto avviene attualmente nel sistema di esazione contemporaneo. Oggi il sistema fiscale prevede che ogni contribuente venga ascritto in base alla dichiarazione del proprio reddito nei ruoli
31 In precedenza abbiamo già trattato questo tema, che vedeva contrapposte le istituzioni religiose alle autorità cittadine, in ragione del fatto che ritenevano la pressione fiscale a cui erano sottoposte, non consona con le dinamiche economiche del periodo.
di imposta. In relazione a tale reddito, rispettando un criterio scalare, viene applicata una determinata aliquota attraverso la quale il contribuente è chiamato al pagamento dei suoi obblighi fiscali. È un sistema che si fonda sul rapporto fra il singolo e il potere statuale. In epoca moderna non era il singolo che si rapportava alla Stato, bensì il corpo a cui apparteneva; sotto il profilo fiscale i corpi erano rispettivamente la città, il territorio e il clero. Fatta questa doverosa precisazione vediamo come funzionava il sitema impositivo. I pubblici poteri in merito ad una imposta indicavano il quantum che essa doveva fornire o meglio il contingente che doveva essere riscosso in seno ai singoli corpi. Il che significava fissare “in primis” quale quota del contingente sarebbe toccata ad ognuno dei corpi.
Nel caso delle città di uno Stato questo quantum era fondamentalmente determinato dalla popolazione e dall’estensione e feracità del loro territorio. Ogni città si vedeva quindi assegnato un coefficiente o carato, che rappresentava la sua capacità contributiva. Una volta ripartito il carico fiscale in relazione alle diverse città, il passaggio successivo riguardava il fatto di come l’imposta dovesse essere suddivisa all’interno della città, fra i singoli cittadini.
Per arrivare a questa determinazione era necessario che ogni capofamiglia provvedesse a fare, entro il periodo richiesto dalle autorità, la denuncia del patrimonio e dei redditi attraverso la redazione della polizza di estimo.
Il documento veniva successivamente controllato da apposite commissioni di
“aestimatores”, che dopo averne valutato la reale consistenza e apposto, nel caso
fossero necessarie, delle correzioni, determinvano la cifra di estimo32.
E’ doveroso sottolineare che la cifra di estimo non era una aliquota percentuale, bensì determinava in termini fiscali il valore del patrimonio. Patrimonio che derivava dalla valutazione dei redditi prodotti dai beni e non dal valore dei beni stessi, in quanto sembra che il criterio per passare dal reddito alla valutazione patrimoniale fosse quello della capitalizzazione ad un certo tasso, che a Venezia risultava solitamente compreso fra il 7-8%33. In seguito a questo tipo di procedeura gli organismi cittadini, di volta in
32
Per una analisi maggiormente approfondita circa la redazione dell’estimo, si veda G. Borelli, Città e campagna, op. cit., pp. 325-332.
33 Nel proseguo del lavoro vedremo che in alcuni casi questo tasso risultava talvolta anche di poco superiore al 6%.
volta fissavano il quantum dovuto per ogni unità di estimazione, per cui attraverso una semplice moltiplicazione era possibile individuare per ogni singolo “civis” il dovuto34. La stessa procedura adottata dalla città per la redazione dell’estimo nella sostanza era ascrivibile anche al clero, in quanto questo corpo godeva al pari degli altri di uno specifico interesse, che si esplicitava con la possibilità fornita alle singole entità (chiese, monasteri, conventi), di poter redigere in modo autonomo le polizze di estimo.
A tale proposito si ritiene utile descrivere, almeno nei suoi tratti essenziali, l’organizzazione che fissava e definiva i processi per la redazione dell’estimo del clero. Ogni anno nel mese di maggio nel Palazzo Episcopale si adunava il “capitolo generale del Reverendo clero”, sotto la presidenza del Monsignor Vescovo che disponeva di due voti. Tale capitolo si poteva definire come una adunanza di un numero consistente di diverse persone ecclesiastiche, che di fatto rappresentavano i contribuenti del Corpo del Reverendo clero. Principale compito di tale organismo era il rinnovo delle seguenti cariche: i quattro Sindici del clero, di cui uno apparteneva ai Canonici, uno alla Congregazione del clero intrinseco, uno alla Congregazione del clero estrinseco e uno ai Monaci.
Il Sindico dei Canonici veniva espresso per un anno, i due Sindici del clero intrinseco e del clero estrinseco venivano eletti per due anni. Il Sindico espresso dal clero regolare rimaneva in carica un anno e tale funzione veniva ricoperta a rotazione, di anno in anno da un monaco di San Nazzaro, da uno di San Zeno maggiore, da uno di Santa Maria in Organo e da uno di San Leonardo.
Altra carica a cui si procedeva al rinnovo era quella dei Cinque Calculatori, cui spettavano i compiti di verifica dei documenti e della determinazione della cifra d’estimo delle diverse istituzioni religiose. Si procedeva poi all’elezione del “capitolo degli Otto”, quasi una sorta di giunta ristretta rispetto al “capitolo generale del Reverendo clero”, al quale seguiva poi una “Zonta di Otto”. Due organismi più snelli del “capitolo generale del Reverendo clero”, ai quali spettava “ballottare” ogni tre anni, una carica nevralgica e di grande rilevanza, quale era quella dell’Esattore generale del Reverendo clero. L’Esattore doveva riscuotere il denaro per il pagamento delle gravezze e alla fine di ogni anno era chiamato a verificare il saldo di cassa dei Cinque Calculatori tenendo conto del riscosso e del pagato; su queste basi successivamente sottoscriveva il
bilancio presentato dai Calculatori. La seduta annuale del “capitolo generale del Reverendo clero” si apriva con la lettura da parte dei Sindici di una relazione di ciò che si era verificato durante l’anno e circa i conti presentati dall’Esattore relativamente alle somme per pagare le gravezze35.
Le gravezze a cui il clero era soggetto erano cinque, precisamente la Dadia dei Pennelli che serviva a far fronte alle esigenze di difesa dal fiume Adige, la Dadia degli Alloggi che doveva servire a mantenere cento soldati a piedi, la Dadia delle Lanze, la Dadia Tasse e la Dadia Cavalleria o ordine di Banca.
Il concorso del clero al pagamento delle diverse dadie nel corso del tempo subì delle modifiche e a tale proposito di seguito, si riportano le quote a cui fu assoggettato tale corpo, nel periodo di riferimento del presente lavoro, ossia tra il 1680 e il 1724.
Nel 1678 furono fissate le quote di partecipazione o “carature” per le quali il clero concorreva al pagamento delle citate gravezze, che nello specifico risultava pari ai 2/8 del complesso totale36.
Per tutte cinque le gravezze ricordate il regime si modificò leggermente con le
“Transationi” del 1718 e del 1720, dove fu stabilito, che la commisurazione del dovuto
per ciascuna gravezza dovesse andare fatto su 102 lire venete di estimo del Reverendo Clero37.
Emergeva una organizzazione molto composita, che aveva nelle polizze di estimo, l’elemento fondamentale per stabilire l’attività economica e il conseguente peso fiscale di ogni istituzione religiosa.
Proprio dalla redazione di questi documenti era possibile definire la cifra di estimo di ogni convento e monastero, con la conseguenza di riuscire successivamente a stabilire, mediante una semplice proporzione, che cosa in concreto, nel momento della applicazione di una gravezza dovesse il singolo ente religioso. In base ai termini della proporzione il totale della gravezza dovuta dal clero stava al carato d’estimo complessivo del clero, come l’incognita da pagare in concreto stava al carato della singola istituzione. Così concepito, il sistema permetteva, che una volta allibrato in
35
G. Borelli Aspetti e forme, op. cit., pp. 132-134.
36 In sostanza sul totale dell’importo di ognuna delle gravezze ogni corpo era assoggettato ad un proprio specifico peso, che per il clero risultava esssere una quota pari ai 2/8.
estimo il singolo ente religioso risultava semplice l’imposizione di una gravezza, di cui si specificasse l’importo per ogni lira o soldo d’estimo38.
In questa ottica veniva così ad assumere particolare importanza la necessità di redigere in termini particolarmente accurati la redazione della polizza di estimo. A questo delicato compito erano chiamanti i ministri economici di conventi e monasteri ai qauli erano richieste fedeltà e diligenza, presupposti indispensabili per il il perseguimento dei due obiettivi fondamentali di ogni istituzione religiosa, quali la correttezza e la razionalità dell’amministrazione e di conseguenza la possibilità di raggiungere “l’essenza di una buona economia, ossia procurare di risecare tutte le spese superflue e di avvantaggiare le entrare, ma senza avarizia39”.
Queste figure erano rappresentate dai padri cellelari, che oltre alle funzioni fiscali e contabili dovevano assolvere anche il controllo dei magazzini e l’acquisto all’ingrosso degli alimenti non prodotti nell’ambito del convento e dei suoi possedimenti. I cellelari procedevano inoltre a tutti gli incassi e alle spese, informando quotidianamente il responsabile del convento o del monastero, in base al principio che chi svolgeva questa funzione era escluso da ogni iniziativa di “compre, vendite, rinunzie, investiture, rinnovazioni”, non preventivamente autorizzate40. L’accuratezza della tenuta contabile era necessaria, anche perché periodicamente doveva essere presentata per la visione ai padri superiori, oltre ad essere molto spesso sottoposta a diversi controlli (capitoli e Diete, visite nel convento da parte di autorità religiose); talvolta forme di proprietà antiche, diritti di acquisto, usufrutti, enfiteusi, erano messi in discussione dopo decenni e secoli e si potevano difendere i propri interessi solo con una conservazione puntuale e meticolosa dei documenti amministrativi e contabili. La stessa natura dell’imposizione fiscale, legata a privilegi onerosi, richiedeva documenti liberatori, che risalivano anche a centinaia di anni precedenti41.
Sulla base dei diversi assunti appena sottolineati, lo studio della polizza di estimo del convento di Santa Maria della Scala del 1680 veniva così ad assumere una particolare valenza, nel consentire di cogliere sinteticamente la condizione economica
38 G. Borelli Aspetti e forme, op. cit., pag. 136. 39
F. Landi, Il Paradiso, op. cit., pag. 56. 40 F. Landi, Il Paradiso, op. cit., pag. 56.
41 Il discorso relativo alla contabilità e all’importanza della sua tenuta sarà ripreso in modo dettagliato nel proseguo del lavoro.
dell’istituzione religiosa42. Da non trascurare comunque che trattandosi di un documento fiscale i dati registratri potevano talvolta risultare non del tutto veritieri e soggetti talvolta a possibili processi di elusione, che in modo più o meno esplicito ne potevano condizionare la reale autenticità43.
Dopo aver sottolineato questo aspetto, di cui bisogna certamente tenere conto nel corso dello sviluppo delle diverse analisi, possiamo iniziare a delinere i tratti caratteristici della polizza di estimo in esame, che si presenta suddivisa in diverse sezioni44. Inizia con una descrizione delle proprietà terriere del convento, identificando le zone dove sono situate, il numero di campi che le costituiscono, il tipo di coltivazione, il riferimento ai confini, il valore economico dei possedimenti e i contratti stipulati per la loro conduzione. Seguono i pagamenti al convento dei livelli derivanti dall’obbligo di messe e offici espressi in lire venete, soldi, denari45; sempre così definite si presentano anche le corresponsioni per i livelli affrancabili e a seguire per i livelli inesigibili che il convento considerava irrecuperabili46. Alla conclusione di ogni pagina erano riportati i totali, ripresi poi nella pagina seguente, per sommarsi alle successive voci47.
Il documento prosegue con una sintesi delle entrate totali, con gli aggravi annuali del convento, con i salari annuali elargiti e con i debiti che Santa Maria della Scala si ritrovava nel 1680, a cui segue una descrizione dettagliata dei rendimenti delle
42 Gli Antichi Estimi Provvisori relativi al clero veronese nell’inventario dell’Archivio di Stato di Verona si trovano nel registro n. 5. Dalla sua consultazione i dati riferiti alle istituzioni religiose nel 1680 si identificano nel registro
n. 334. In questo registro i diversi monasteri e conventi cittadini sono riportati in ordine alfabetico, come si evince dall’indice; il riferimento per Santa Maria della Scala è la busta 34.
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Del problema dei possibili margini di elusione nella redazione dell’estimo trattaremo, in termini più approfonditi nel corso del lavoro.
44 In appendice al capitolo sarà riportata nella sua completa stesura la polizza di estimo del 1680. 45 A tale proposito si veda la parte relativa alle unità di misura.
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La natura e le caratteristiche dei livelli saranno esaminate in dettaglio nelle pagine seguenti.
47 Nella consultazione della polizza di estimo è stato rilevato un errore a proposito del riporto del totale nella pagina successiva, nella sezione relativa ai livelli affrancabili, il totale finale di pagina era di lire venete 3305 : 16 : 3, mentre è stato riportato, presumibilmente a causa di un errore di trascrizione nella pagina successiva, come lire venete 3035 : 16 : 3, con una differenza quindi di lire venete 268. Questo essendo un errore formale non vizia i dati che si sono presi in esame, ossia il totale dei livelli per messe e offici, quello per i livelli affrancabili e il totale dei livelli inesigibili. Alla conclusione del consuntivo di tutti i livelli, i padri si sono probabilmente accorti dell’errore ed hanno rimediato, infatti nel documento a fine pagina il totale risulta come lire venete 5592 : 18 : 3, mentre nella pagina successiva è stato corretto escritto come lire venete 5863 : 7 : 9, appunto con una differenza di lire venete 268. Questo potrebbe sottendere che l’errore era solamente dipeso da disattenzione. Non è comunque da escludere che la correzione sia stata eseguita dai Calculatori del Reverendo clero in sede di analisi della polizza di estimo.
possessioni fondiarie, specificando per ognuna, il tipo di produzione, la quantità e la resa in termini economici, per concludersi con il calcolo della cifra d’estimo48.
Definiti i termini generali si può passare a descrivere nel dettaglio le diverse sezioni che costituivano la polizza di estimo del convento di Santa Maria della Scala nel 1680.