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CAPITOLO 4. Quadro teorico, obiettivi, metodologia di indagine

4.5 Obiettivi di analisi e quadro teorico

4.5.4 Cibo, pratiche di commensalità, e aspetti sociali

Il tema dell’autonomia dei gruppi familiari, delle tensioni che possono esistere a livello comunitario, delle strutture integrative e delle pratiche in esse svolte, si lega a doppio filo a quello del cibo, della commensalità, della cultura materiale a essi relativa, e della loro relazione con le pratiche che hanno un’importanza comunitaria. Il tema del cibo, e dei suoi aspetti latu sensu sociali, è complesso e multi sfaccettato, e più che un argomento unitario può definirsi come una prospettiva, un approccio, un insieme di domande relative al passato (C. A. Hastorf)380. Aspetti diversi dei gruppi umani, come ad esempio quelli legati al genere, alla religione, alla divisione del lavoro, all’appartenenza etnica, classe o livello economico, influiscono sui modi in cui il cibo è prodotto, !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

376 HALL 1966, pp. 113-129; HALL 1968, 2003.

377 HALL 1966, pp. 122-123.

378 HALL 1966, pp. 1123-125.

379 SANDERS 1990, pp. 47-49; MOORE 1996, pp. 791; MILLS 2007, pp. 201-212; FISHER 2009, pp. 442-443, 451-453; COSTA

2010.

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preparato, conservato e consumato381. L’indagine sul cibo può quindi divenire strumento per esaminare forme e modi di organizzazione sociale e di espressione delle relazioni all’interno di una comunità. La cornice in cui si inquadra questa prospettiva è quella del valore del cibo che può concepirsi come allo stesso tempo biologico e sociale. Il cibo è essenziale per le funzioni vitali dell’essere umano e, al contempo, è strumento ed espressione delle relazioni sociali; esso è carico di valori simbolici poiché cultura materiale incarnata (M. Dietler), cioè una particolare forma di bene materiale destinata a essere ingerita382.

L’indagine sulla dimensione sociale del cibo si identifica con il tema delle pratiche di commensalità, indicate nella letteratura (archeologica e antropologica) anglo-americana sotto la rubrica feasts (banchetti). Sulla scorta di Dietler, il banchetto può definirsi come una forma di attività rituale incentrata sul consumo condiviso di cibo e bevande383. Di questa definizione, lo studioso precisa due aspetti importanti suscettibili di fraintendimenti in una prospettiva più squisitamente archeologica. Il primo è che il termine rituale non indica necessariamente che la pratica del banchetto sia fortemente elaborata. Il secondo è che il termine non implica di necessità una connotazione sacra. Piuttosto, è utilizzato per indicare che il banchetto si differenzia, per forme e finalità, dalla pratica quotidiana di consumo di cibo. Infatti, anche una pratica di carattere quotidiano, radicata nelle necessità biologiche dell’essere umano, come quella del consumo di cibo, può rivestirsi di significati sociali nella misura in cui il consumo esce dalla sfera più strettamente personale e diventa mezzo ed espressione di relazioni umane più ampie. Questa prospettiva, tra l’altro, si armonizza bene con il quadro tratteggiato da Bowser e Patton, cui si faceva riferimento in precedenza, circa la fluidità del limite tra pratiche domestiche e le loro valenze sociali in una prospettiva più ampia. La visione di Dietler è, nella sostanza, condivisa da M. Jones, che sottolinea come nell’interpretazione del consumo condiviso non esiste una contraddizione tra sfera biologica e sfera sociale: il fatto stesso che il consumo coinvolga più individui fa si che la condivisione sia idealmente collocata in (e divenga espressione di) un contesto relazionale di tipo e con finalità sociali384.

All’interno di questa cornice, nelle pratiche di commensalità possono distinguersi, per utilità espositiva, due dimensioni, la seconda delle quali è utile in una prospettiva più squisitamente archeologica: a) quella delle finalità del banchetto, e b) quella delle evidenze materiali ad esso connesse.

Quanto al primo punto, Dietler ha proposto una classificazione dei banchetti, con la distinzione di tre grosse categorie385. Una è quella indicata sotto la rubrica patron-client, e indica eventi sociali altamente formalizzati, basati sul consumo condiviso, in cui i partecipanti occupano una differente posizione sociale. Come indicato dal termine stesso, questo tipo di banchetto si basa su una relazione asimmetrica tra chi dona e chi riceve. Ogni rapporto di reciprocità è escluso, e ciò implica un debito politico ed economico tra ospite e invitato. In questa prospettiva, tali eventi sono utilizzati come strumento per riprodurre e legittimare le differenze sociali esistenti. Un’altra categoria, che presenta tratti in comuni con la precedente, è quella dei diacritical feasts, cioè dei banchetti in cui la naturalizzazione e la legittimazione di asimmetrie sociali esistenti pongono enfasi non solo sulla quantità dei beni condivisi, ma anche e in particolar modo su aspetti come stile e gusto. Banchetti di questo tipo sono finalizzati a distinguere cerchie ristrette di commensali, facendo uso di cibi rari o esotici e di particolari tipi di oggetti funzionali al consumo del cibo. Dietler interpreta con questa chiave di lettura, ad esempio, l’evidenza archeologica delle comunità dell’età del Ferro della Francia centrale, nelle quali set ceramici esotici, come quelli !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

381 CURET-PESTLE 2010, p. 415.

382 DIETLER 2001, p. 72.

383 DIETLER 2001, p. 67. Per una recente sintesi sul tema del banchetto, con un’ampia discussione degli studi sviluppati negli ultimi venti anni su questo tema riguardo ad ambiti culturali e cronologici diversi, v. HAYDEN-VILLENEUVE 2011.

384 JONES 2002, p. 135. V. anche GIBSON-CARR 2004, p. 41.

385 DIETLER 2001, pp. 75-88. Per un’agile sintesi delle finalità multiformi del consumo condiviso, specie in società di piccola scala, v. POTTER 2000, pp. 472-475. V. anche TWISS 2008, pp. 418-419; CHICOINE 2011, pp. 434-435.

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funzionali al simposio di importazione greca, diventano strumento e simbolo di pratiche legate esclusivamente a ristretti segmenti sociali, e sono volte a legittimare la loro posizione sovraordinata386.

Accanto a queste due categorie di banchetti, ne esiste una terza, differente quanto ad obiettivi e quadro sociale in cui si inserisce: quella indicata sotto la rubrica degli empowering feasts. Essa comprende un’ampia tipologia di banchetti, tutti però caratterizzati dal fatto di non basarsi su asimmetrie sociali. A differenza degli altri, infatti, questo tipo si configura come un evento sociale non competitivo, in cui il consumo condiviso è rivolto al rafforzamento delle relazioni nei o tra i gruppi, e a promuovere, quindi, la solidarietà (solidarity

feasts)387. Di questo tipo sono, ad esempio, i banchetti organizzati per diverse occasioni sociali (ad esempio, matrimoni, funerali, raccolti) nelle comunità agricole degli Akha della Tailandia, descritti da M. J. Clarke388. Allo stesso quadro è possibile ascrivere quelli della comunità ecuadoriana analizzata da Bowser e Patton, a cui si è fatto riferimento più sopra. In questa comunità, infatti, contrasti relativi alla sfera privata ma che possono avere serie ripercussioni sull’equilibrio dei gruppi umani nel loro insieme (attriti e risse tra individui o gruppi, infedeltà coniugale, diritto di nuovi gruppi familiari di prendere dimora presso la comunità, sfruttamento di risorse) vengono mediati a livello domestico, in spazi destinati all’integrazione, e all’interno di pratiche che prevedono il consumo condiviso di cibo e di bevande alcoliche fermentate (chicha)389.

Quest’ultimo caso richiama l’importanza dei beveraggi, specie alcolici, nell’ambito dei banchetti intesi nell’ampia accezione di consumo condiviso di cibo. I rilievi precedenti sull’importanza del cibo in contesti di interazione sociale valgono anche per le bevande. Esse hanno il valore aggiunto di essere cibo con proprietà psicoattive, cosa che le rende particolarmente desiderabili nelle pratiche sociali legate al banchetto. Così come il cibo in generale, anche i beveraggi hanno un ruolo e un significato diverso a seconda dei contesti sociali e delle circostanze in cui sono consumati. Ad esempio, come sottolineato da Dietler, in società con figure centrali istituzionalizzate, tra i doveri del capo è prevista la distribuzione di grandi quantità di beveraggi durante avvenimenti pubblici, in pratiche identificabili con i banchetti di tipo patron-client citati più sopra, volte a manifestare e sancire i rapporti sociali asimmetrici esistenti. La stessa pratica può anche essere operata da parte di figure desiderose di emergere socialmente per contestare l’autorità esistente e acquistare prestigio sociale. In altri casi, invece, il consumo condiviso di beveraggi è volto a facilitare le relazioni sociali e a favorire la creazione di reti di interazione tra individui. Il bere, come atto al contempo fisiologico e sociale, si carica di valori relazionali e diviene elemento fondamentale nella creazione e mantenimento di rapporti umani. Il consumo di bevande si presenta, dunque, come strumento sociale multiforme, che può servire per sancire e riprodurre differenze, e quindi per definire limiti tra segmenti della società, o al contrario per costruire un comune senso di identità, facilitando l’interazione e promuovendo la solidarietà390.

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386 DIETLER 1990, spec. pp. 380-388. Sulla distinzione tra patron-client e diacritical feasts, v. anche il commento di Dietler all’articolo di A. H. Joffe, in JOFFE 1996, p. 311.

387 HAYDEN 2001b, pp. 29-30, 37-38 e fig. 2.1. Sulle finalità integrative del banchetto, v. anche ADAMS 2004, spec. pp. 60-61, 75-76; TWISS 2008, p. 436; KING 2008, pp. 1224-1225 anche con riff. prec.; KUIJT 2009, p. 643.

388 CLARKE 2001, spec. pp. 151-163.

389 V. i riff. bibliogr. nella prec. nota 375, cui si aggiunga BOWSER 2000, pp. 223-231.

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4.5.5 Pratiche di commensalità: aspetti materiali