CAPITOLO 4. Quadro teorico, obiettivi, metodologia di indagine
4.6 Descrizione delle fasi di analisi
Il tentativo di dare una risposta alle domande sintetizzate nel precedente § 4.5 (nella visione dal basso motivata dalle considerazioni esposte nel § 4.4) poggia sulla possibilità di distinguere le attività svolte negli insediamenti sulla base di diverse classi di evidenze materiali, e di correlare la loro distribuzione e co-occorrenza ad altri fattori quali, ad esempio, il tipo di spazio in cui esse si svolgono. Questo tipo di approccio, che costituisce il punto di partenza per più generali considerazioni circa l’organizzazione sociale delle comunità, è inquadrabile all’interno del tipo di indagine definita Intrasite Spatial Analysis e si basa su alcuni prerequisiti436. Il primo è quello relativo alla pertinenza dei materiali oggetto di studio agli orizzonti d’uso delle strutture da analizzare. Poiché i siti sono soggetti a processi di formazione di vario tipo, di origine sia antropica che naturale, che possono alterare la composizione originaria dei complessi di reperti utilizzati nelle strutture, diviene necessario selezionare per l’analisi solo quei complessi di materiali che siano relativi ai momenti di utilizzo e che, di conseguenza, possano considerarsi come insiemi di oggetti che possano aver mantenuto relazioni funzionali e spaziali originarie. Il secondo aspetto preliminare è quello della classificazione funzionale dei reperti, cioè la distinzione di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
432 GOSSELAIN 1998, pp. 94-104.
433 HODDER 1982, pp. 122-124.
434 LEE 2007, pp. 662-666; FRANKEL-WEBB 2001, pp. 125-127.
435 V. rif. bibliogr. nella prec. nota 428.
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ampie categorie funzionali la cui distribuzione e associazione possa essere utilizzata come strumento per l’individuazione di specifiche aree di attività. Una volta isolati i materiali che possono essere attribuiti alle fasi d’uso delle strutture, e ricostruiti dunque insiemi di oggetti a diversa destinazione funzionale, il passo successivo è individuare tratti di regolarità nella distribuzione dei reperti e delle varie classi funzionali, con l’obiettivo di comprendere (ad esempio) come le attività si dislochino nei diversi settori degli abitati, con quali strumenti fossero svolte, che tipo di relazione esistesse tra le stesse, in che tipi di strutture o in quali spazi esse avessero luogo. Elementi, questi, che vanno poi letti e interpretati in chiave più generale, alla luce dei temi enucleati nel § 4.5.
I dati oggetto delle successive sezioni di questo lavoro (Capitoli 5-9) forniscono la premessa necessaria per lo studio della distribuzione delle classi funzionali negli insediamenti del Milazzese. Il Capitolo 5 discute diversi argomenti, quali: a) i tipi di strati incontrati e descritti dagli scavatori nelle strutture del Milazzese e il loro diverso ruolo nella ricostruzione ex-post dei complessi di reperti dalle fasi d’uso delle stesse; b) la classificazione funzionale dei reperti sia locali che non; c) la quantificazione dei manufatti; d) le ipotesi sull’interpretazione da dare ai reperti dalle aree esterne alle strutture. I Capitoli 6-9 offrono, sulla base dei dati editi, una descrizione (struttura per struttura) degli insediamenti e dei rinvenimenti, e pongono in rilievo le caratteristiche dei depositi interni delle capanne e degli strati di rinvenimento dei reperti, come ricostruibili in base alle informazioni fornite in letteratura. Aspetti, questi, importanti poiché influiscono su uno dei prerequisiti prima rilevati, cioè la possibilità di ricostruire complessi di materiali che possano considerarsi relativi alle fasi di uso delle capanne. L’analisi delle stratigrafie e dei complessi di materiali rinvenuti si basa sulle considerazioni esposte nel quinto capitolo. Una volta passati in rassegna i contesti di rinvenimento, aver quantificato i materiali rinvenuti, e (in alcuni casi) messo in rilievo aspetti particolarmente problematici della documentazione disponibile, il Capitolo 10 analizza, per ciascun insediamento, la distribuzione dei reperti e delle classi funzionali da essi rappresentati. L’analisi utilizza complessi di materiali dagli strati che possono ritenersi relativi alle fasi d’uso437 (quelli discussi nel quinto capitolo, e analizzati caso per caso nei capitoli da sesto al nono). Oltre alla distribuzione dei reperti (sia tra le strutture che, in alcuni casi, tra le aree esterne alle capanne), nello stesso capitolo si prendono in esame altri aspetti della cultura materiale che è interessante inserire nello studio delle aree di attività e, più in generale, nel quadro più ampio delle forme di organizzazione sociale: dimensione dei manufatti, dimensione delle strutture, distribuzione dei motivi decorativi realizzati sulla massima espansione delle brocche, e (limitatamente al solo caso di Lipari) i resti di fauna (su tutti questi aspetti, v. i dettagli forniti nel § 10.1). Dopo l’analisi di ciascun insediamento, un paragrafo finale ha il compito di proporre delle considerazioni di insieme, che cercano di inserire in un discorso unitario i dettagli analitici derivanti dai vari paragrafi. I dati emersi nel decimo capitolo sono poi discussi e ricomposti in una prospettiva unitaria più ampia nel Capitolo 11, alla luce delle coordinate teoriche enucleate nel § 4.5.
Per quanto riguarda lo studio della distribuzione dei reperti e delle classi funzionali operata nel Capitolo 10, è necessario fornire qualche delucidazione sul metodo utilizzato, rimandando all’apposita Appendice 2 per ulteriori dettagli, soprattutto da un punto di visto per così dire “tecnico”. Nell’ambito dell’Intrasite Spatial
Analysis sono stati sviluppati diversi metodi analitici finalizzati a individuare tratti di regolarità nella distribuzione
dei reperti nelle aree sottoposte a indagine. Una summa di tali tecniche è offerta nel lavoro, relativamente recente,
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437 I casi problematici di insiemi di reperti che (per varie ragioni) non sono sicuramente attribuibili agli orizzonti d’uso delle strutture, sono discussi caso per caso nei Capitoli 6-9, e il modo in cui essi sono presi in esame, in sede di analisi della distribuzione delle attività tra le strutture degli insediamenti, è circostanziato nelle varie sezioni del Capitolo 10.
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di H. P. Blankholm438. Ciò che interessa qui rilevare è che questi metodi sono stati sviluppati principalmente per lo studio di siti in cui i depositi archeologici non sono delimitati da strutture murarie, nei quali il riconoscimento di aree di attività si basa sull’isolamento, all’interno del continuum spaziale, di settori a diversa densità e co-occorrenza di reperti. Il caso degli insediamenti oggetto di questo studio è differente, poiché ci si trova di fronte a strutture che rappresentano unità discrete di analisi. Diviene quindi necessario individuare un metodo che consenta di confrontare tali unità e di comprendere (per le finalità proprie di questo studio) se, quanto, e in che modo esse differiscano o siano simili nella proporzione di tipi di oggetti e classi funzionali documentate439. L’attenzione nei confronti della proporzione (e non solo sulla semplice presenza o assenza) è dovuta al fatto che è lecito attendersi (come non impensabile nei contesti abitativi) un certo grado di sovrapponibilità nella presenza di vari tipi di oggetti anche tra strutture aventi diverse destinazioni d’uso440. La linea di discrimine diventa, quindi, la diversa incidenza che le varie classi funzionali di reperti hanno nel quadro del rapporto proporzionale tra le stesse.
A tal fine, si è scelta la Correspondence Analysis (CA) come metodo esplorativo per verificare se (e comprendere come) le diverse strutture degli insediamenti si differenzino per proporzione di oggetti/classi funzionali nei repertori in esse rinvenuti441. Una spiegazione discorsiva dei risultati della CA è fornita al momento della loro interpretazione nei paragrafi del decimo capitolo, mentre un approfondimento dei dettagli del metodo è fornito nella succitata appendice. La scelta della CA è motivata anche dall’esigenza analitica di prendere in esame dati complessi. Con questo termine si indica il numero di confronti che sarebbe necessario mettere in atto per comparare i contesti di rinvenimento in base alla quantità e proporzione di oggetti restituiti. Poiché il numero di combinazioni cresce vertiginosamente al crescere del numero di contesti e oggetti, questa strada (cioè quella di una serie di confronti uno a uno) diventa difficilmente percorribile. Rilevare, ad esempio, che un tipo di oggetto o una classe funzionale abbia una maggiore quantità in una data struttura (o strutture) piuttosto che in altre avrebbe scarso significato poiché tale dato andrebbe poi confrontato con le evidenze di altri oggetti e di altre classi in altre strutture, in un moltiplicarsi di rimandi. A fronte di ciò, si è preferito ricorrere a un metodo esplorativo come la CA che offre il vantaggio di isolare (qualora siano presenti) gruppi di contesti caratterizzati da simili proporzioni di oggetti, distinguendo insiemi sui quali è poi possibile operare ulteriori verifiche e approfondimenti.
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438 BLANKHOLM 1991, passim e spec. pp. 207-218; v. anche le considerazioni esposte nelle sezioni introduttive di VERHOEVEN 1999, pp. 10-13; MOFFA 2002, pp. 95-100.
439 V., ad es., le analisi operate in HILL 1970, pp. 24-28, 48-56; CIOLEK TORELLO 1985, pp. 48-60; LOWELL 1991, pp. 22-31.
440 V. le evidenze discusse nei riff. bibliogr. citati nella prec. nota 439.
441 Per una discussione dell’uso della CA in ambito archeologico, e per una spiegazione dettagliata del metodo, v. BAXTER
1994, pp. 101-127; SHENNAN 1997, pp. 308-340. Per una breve sintesi, v. più recentemente BAXTER-COOL 2010. Per l’applicazione in specifici casi archeologici, v., ad es., i numerosi casi-studio in KJELD JENSEN-HOILUND NIELSEN 1997 (spec. pp. 29-61). V., tra molti, anche BOLVIKEN et alii 1982; GILLIS 1990, pp. 22-23; COOL-BAXTER 2002; JOHANSEN et
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