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Il colpo di Stato del 1963 e la lotta al vertice tra al-Jadid e al-Asad

3.1 La nascita delle relazioni: il pericolo americano e il regime ba’thista

3.1.2 Il colpo di Stato del 1963 e la lotta al vertice tra al-Jadid e al-Asad

Il colpo di Stato dell‟8 marzo 1963 pose fine per sempre al dominio della vecchia élite conservatrice siriana. Il nuovo regime ba‟thista, orientato su posizioni radicali, alimentò le speranze sovietiche di poter influenzare più da vicino la politica di Damasco. Tuttavia la pesante campagna anti-comunista messa in atto dal partito di Aflaq nel primo anno di governo congelò i rapporti tra i due Paesi. Fu solo intorno ai primi mesi del 1964 che l‟URSS riaprì al dialogo con la Siria: la nuova fase di nazionalizzazioni avviata dall‟ala progressista del partito e l‟amnistia ad alcuni prigionieri politici indussero Mosca a rivalutare il ruolo del Ba‟th.

La trasformazione socialista compiuta dal governo al-Zuayyin nel 1965 convinse ulteriormente l‟URSS a investire sull‟alleanza con la Siria. Del resto, la dottrina della democrazia rivoluzionaria coniata nel 1963 prevedeva proprio il sostegno politico a quei governi anti-occidentali (in cui i comunisti non avevano alcun incarico) interessati a intraprendere misure economiche di stampo socialista. Si trattò evidentemente di una sorta di sacrificio del Partito Comunista Siriano: “Moscow‟s policy toward Ba‟thi Syria […] was premised on the notion that good state-to-state relations […] can be maintained and developed even with governments openly hostile to communism”10

.

Questa situazione determinò un costante avvicinamento tra la Siria e il blocco comunista. Sebbene lo schema della neutralità attiva professato dai leader ba‟thisti suggerisse di non prendere una posizione unica in merito alla rivalità tra le due

9 Cfr. P. RAMET, op.cit., pp. 32-33. 10

78 superpotenze, Damasco sembrò distanziarsi definitivamente dal sistema occidentale. Le nazionalizzazioni dei settori industriale e agrario proseguirono per tutto il 1965; inoltre sia la Germania Est che l‟Unione Sovietica inviarono macchinari ed esperti nel Paese.

La svolta a sinistra della Siria fu confermata dal colpo di Stato messo a segno il 23 febbraio 1966 dall‟ala progressista del Ba‟th. Il nuovo regime di al-Jadid si contraddistinse per il forte orientamento pro-sovietico e per la sua intenzione di intensificare la spinta socialista nel Paese. L‟URSS, dal canto suo, promise di finanziare la costruzione della diga sull‟Eufrate purché fossero rispettate tre condizioni: il rientro in patria del comunista Khalid Bakhdash, la concessione di un Ministero ai comunisti e infine il permesso per il Partito Comunista Siriano di pubblicare un proprio quotidiano; tutte e tre le richieste furono osservate11. A ulteriore prova del solido legame tra i due Paesi, il Ba‟th diede inizio a regolari consultazioni con il Partito Comunista dell‟Unione Sovietica. La visita di una delegazione siriana a Mosca nell‟aprile 1966 (composta, tra gli altri, da al-Zuayyin e al-Asad) rese ancora più stabile il sodalizio: oltre a convincersi in modo definitivo dell‟importanza di sovvenzionare il progetto di diga sull‟Eufrate, Brežnev accettò anche di inviare nuovi consiglieri economici e nuove armi in Siria12

. Nel frattempo la Federazione generale dei sindacati dei lavoratori siriani, composta da circa 200.000 membri, abbandonava la Confederazione internazionale dei sindacati liberi per aderire alla Federazione mondiale dei sindacati (di orientamento comunista).

Naturalmente, la relazione tra Siria e URSS non fu priva di attriti. La visita di al- Jadid e del Ministro degli Esteri Mahus a Mosca nel gennaio 1967 non portò ai risultati auspicati: la richiesta di un‟ingente fornitura di armi non fu accettata in toto dal Politburo. Dietro questa decisione vi era la preoccupazione di legarsi in modo eccessivo a un regime ancora troppo instabile. Altro motivo di tensione fu il conflitto arabo- israeliano: il regime di al-Jadid si opponeva con tutti i mezzi a qualsiasi soluzione politica che implicasse il riconoscimento dello Stato nemico.

Malgrado il disaccordo tra i due alleati, Mosca non mancò di fornire il proprio sostegno a Damasco di fronte all‟aggressività israeliana:

11 Cfr. Ivi, p. 38 e P. SEALE, op.cit., p. 109. 12

79

The authors of the [Israeli-American] conspiracy delude themselves [into thinking] that the presence of the American Sixth Fleet will permit them to strike at Syria. But this [country] has some faithful friends who will not abandon her in the crucial moment13.

Allo scoppio della Guerra dei 6 giorni, l‟URSS preferì non partecipare attivamente al conflitto, limitandosi a interrompere i rapporti diplomatici con Israele; tuttavia, nel mese successivo alla sconfitta, i sovietici si mostrarono favorevoli all‟invio di circa 1000 consiglieri e all‟ammodernamento/ricostruzione dell‟esercito siriano.

Il 1968 sembrò confermare, inizialmente, la vicinanza tra il regime di al-Jadid e l‟URSS. La creazione di una Federazione generale delle donne siriane (vicina alle organizzazioni femminili del blocco sovietico) e la nascita di una Lega della gioventù rivoluzionaria apparvero come ulteriori segnali della deriva socialista della Siria. Ciò nonostante, non fu necessario molto tempo per capire che qualcosa a Damasco stesse mutando. La sconfitta subita contro Israele aveva infatti generato uno scontro interno al Paese: il Ministro della Difesa al-Asad e la sua corrente realista si opponevano al radicalismo e alla politica estera aggressiva dell‟ala di al-Jadid.

La destituzione di al-Zuayyin e di Mahus dagli incarichi di governo e l‟arresto di un gran numero di membri del Ba‟th (tra il 1968 e il febbraio 1969) allarmarono ulteriormente Brežnev. L‟ambasciatore sovietico Nureddin Mukhidinov si precipitò allora in Siria per spiegare al Ministro della Difesa che un suo eventuale colpo di Stato avrebbe portato al ritiro degli aiuti e degli esperti sovietici. Al-Asad decise di ritornare sui suoi passi, ma l‟opinione pubblica di Mosca bersagliò comunque il nuovo uomo forte di Damasco: “The internal reaction [in Syria] joined hands with imperialist circles, striving to interrupt the process of socialist transformation”14

. Il leader alawita replicò alle accuse, spiegando come l‟eccessiva svolta socialista avesse reso il Paese più povero; chiarì inoltre come le decisioni dell‟ala progressista avessero consegnato la Siria nelle mani dell‟Unione Sovietica.

L‟Unione Sovietica cominciò pian piano, tra la metà del 1969 e l‟autunno del 1970, a mutare il proprio giudizio su al-Asad. Alla base di questa decisione vi furono tre motivazioni principali:

 anzitutto il Cremlino comprese che l‟ascesa politica di al-Asad era ormai inarrestabile;

13 P. RAMET, op.cit., p. 44. 14

80  la leadership sovietica cominciò inoltre ad apprezzare il pragmatismo del leader alawita: il radicalismo dell‟ala socialista del Ba‟th aveva infatti isolato Damasco dal resto del mondo arabo;

 infine, il sostegno di al-Jadid al gruppo terroristico Settembre Nero in Giordania, nel settembre 1970, rischiava di far riesplodere la conflittualità tra Siria e Israele; la decisione di al-Asad di non far intervenire l‟aviazione contro le truppe del re Husayn fu interpretata positivamente dall‟URSS.15

Proprio gli eventi successivi alla débacle in Giordania crearono le giuste condizioni per il definitivo colpo di Stato di al-Asad nel novembre 1970. Pur sapendo che il nuovo regime non avrebbe adottato le posizioni socialiste di al-Jadid, questa volta l‟Unione Sovietica preferì restare imparziale e accettare il corso degli eventi (contrariamente a quanto era accaduto invece nel febbraio 1969).

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