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Da Brežnev a Černenko: l‟URSS tra détente, Terzo Mondo e crisi

1.1 L’Unione Sovietica tra storia e politica estera

1.1.4 Da Brežnev a Černenko: l‟URSS tra détente, Terzo Mondo e crisi

All‟indomani della cacciata di Chruščev, il nuovo Presidium tentò (in risposta all‟eterodossia del vecchio leader) di recuperare i dettami dell‟ideologia marxista- leninista e di ritornare, in parte, al vecchio modello stalinista. Per confermare questa inversione di tendenza, la nuova leadership decise sia di ricucire lo strappo con la Cina, sia di avallare la scelta dei nord-vietnamiti di attaccare il Sud del Vietnam. Entrambi gli sforzi si dimostrarono però vani; da un lato la situazione in Vietnam sarebbe presto sfuggita al controllo sovietico63 e dall‟altro, il ripristino dei rapporti con Pechino apparve impossibile: in occasione di un incontro con Kosygin nel febbraio 1965 il leader cinese spiegò che, malgrado gli sforzi sovietici, la disputa sarebbe durata per altri diecimila anni; gli scontri del 1969 sul fiume Ussuri ne avrebbero dato prova.

L‟ascesa del nuovo Segretario Generale del partito Leonid Il‟ič Brežnev indirizzò l‟URSS verso un nuovo paradigma politico. Poco esperto in materia di ideologia marxista, il nuovo leader sovietico manifestò l‟intenzione di favorire un clima di détente con l‟Occidente; durante una conversazione con l‟ambasciatore sovietico negli USA, Anatoly Dobrynin, Brežnev espose in modo convinto la sua teoria: “Che ci sia pace: questo è ciò che conta”64

. Un‟intenzione che sarebbe poi stata confermata nel 1967 dal Ministro degli Esteri Andrej Gromyko:

Nel complesso, la tensione internazionale non giova agli interessi dello stato sovietico e dei suoi alleati. […] La distensione renderebbe più facile consolidare e ampliare la posizione dell‟URSS nel mondo65.

Molto presto Brežnev dovette però preoccuparsi di quanto avveniva all‟interno del proprio impero. L‟idea di “rispettare il diritto di ogni nazionalità a essere padrona in casa propria”66

, favorì la scelta di Alexander Dubcek di proporre un parziale distacco

63 Contrariamente a quanto suggerito dall‟URSS, il Vietnam del Nord decise di scatenare una guerra

totale contro gli americani, i quali risposero presto alle provocazioni bombardando Hanoi nel febbraio del 1965; cfr. V.M. ZUBOK, op.cit., pp. 198-199.

64 A. GRAZIOSI, op.cit., p. 306.

65 Memorandum preparato da Gromyko per l‟Ufficio politico nel 1967; in A. GRAZIOSI, op.cit., p. 340. 66

26 dall‟ortodossia sovietica e di attuare un socialismo dal volto umano in Cecoslovacchia. Le progressive intimidazioni rivolte dall‟URSS al leader della Primavera di Praga non portarono a sostanziali cambiamenti nella decisione di avviare un processo di riforma sociale e politica (che peraltro, al contrario di quanto fatto anni prima da Imre Nagy, non prevedeva l‟abbandono del Patto di Varsavia). Sostenuta dai più intransigenti leader del comunismo europeo, l‟URSS decise allora di intervenire, ponendo fine nell‟agosto 1968 all‟esperimento di Dubcek. Nasceva in questo contesto la dottrina della sovranità limitata, altrimenti nota come dottrina Brežnev: i Paesi socialisti potevano effettuare le proprie scelte di politica interna; tuttavia tali decisioni non dovevano minacciare la comunità socialista, in quanto ciò avrebbe provocato la reazione dell‟URSS, legittimata ad adottare qualsiasi mezzo, persino l‟intervento militare, per bloccare tale pericolo67.

L‟intervento in Cecoslovacchia fu senza dubbio un grave errore politico68; nel breve periodo si trattò però di un successo per Brežnev, il quale consolidò il suo controllo sull‟URSS, guadagnando maggior spazio per manovrare il processo di détente con l‟Occidente. Ad accrescere la convinzione del Segretario Generale fu la scelta del cancelliere della Germania Federale, Willy Brandt, di favorire una politica di apertura nei confronti della Germania Est e più in generale dell‟Europa orientale: nasceva così quella ostpolitik che, in pochi anni, avrebbe portato alla normalizzazione dei rapporti tra le due Germanie e tra URSS e Germania Ovest69. Fu un ulteriore spinta verso la distensione, spinta che fu definitivamente confermata in occasione del XXIV Congresso del partito nel marzo 1971: il gruppo dirigente manifestò la volontà di migliorare le relazioni con gli USA e con l‟Europa. Come spiega Andrea Graziosi, il XXIV Congresso fu “[…] il retroterra degli accordi con gli Stati Uniti che, un anno dopo, aprirono la fase matura della distensione, segnata dalla firma di circa due dozzine di trattati […]”70

.

La necessità di ridurre la conflittualità con gli USA fu ancora più sentita in seguito all‟annuncio (nel luglio 1971) della futura visita di Nixon in Cina. La paura di un isolamento sovietico radicò ancora di più in Brežnev la convinzione di dover favorire un

67 Cfr. E. DI NOLFO, Dagli imperi militari agli imperi tecnologici – La politica internazionale dal XX

secolo a oggi, cit., p. 314 e S. PONS, op.cit., pp. 334-335.

68 Cfr. A. GRAZIOSI, op.cit., pp. 360-361 e V.M. ZUBOK, op.cit., p. 209.

69 Cfr. E. DI NOLFO, Dagli imperi militari agli imperi tecnologici – La politica internazionale dal XX

secolo a oggi, cit., pp. 303-305.

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27 incontro ufficiale tra il Presidente degli USA e il Segretario Generale degli URSS71. Tuttavia, nonostante entrambe le parti sentissero tale esigenza, una serie di eventi complicarono la convocazione del summit: su tutti lo scontro tra India e Pakistan (alleati rispettivamente di URSS e USA) e ancora la Guerra del Vietnam (dopo che, durante un bombardamento americano, alcuni funzionari sovietici persero la vita). Le lotte intestine al Politburo, all‟interno del quale alcuni dirigenti si dimostravano contrari all‟avvicinamento con gli USA, costituirono un ulteriore spina nel fianco per il processo di distensione. L‟ostinazione di Brežnev fu però più grande delle pressioni interne ed esterne tanto che, il 22 maggio 1972 a Mosca, avvenne lo storico incontro: i due leader firmarono il Trattato sulla limitazione delle armi nucleari strategiche (Strategic Arms Limitation Talks o SALT I), sottoscrissero un accordo sull‟uso di missili balistici (Anti- Ballistic Missile o ABM) e siglarono un documento contenente I principi fondamentali delle relazioni tra USA e URSS in cui si riconosceva la condizione di parità tra i due Paesi.

La visita del leader sovietico negli Stati Uniti nel giugno 1973 e la successiva scelta di Brežnev di non intervenire direttamente in favore degli alleati mediorientali in occasione della Guerra dello Yom Kippur (o Guerra d‟ottobre)72 consolidarono il processo di distensione.

Nel frattempo l‟URSS migliorava la propria situazione economica. La triplice decisione dei Paesi OPEC (ottobre 1973) di ridurre la produzione di petrolio, di aumentare il suo prezzo e di vietarne la vendita ai Paesi occidentali agevolò, tra le altre cose, lo sviluppo commerciale e finanziario del Cremlino: improvvisamente Mosca, che in quel periodo si era trasformata in uno dei maggiori produttori di tale risorsa, beneficiò di un‟enorme rendita petrolifera73

. Furono quelli gli anni in cui maturò la convinzione che il sistema socialista fosse a un passo dalla vittoria; una convinzione rafforzata dalla crisi parallela del sistema occidentale e dallo scandalo Watergate.

In questo clima di euforica ebbrezza, due eventi suggellarono il punto massimo nel paradigma della détente: la prima intesa su un‟ulteriore limitazione delle armi nucleari (SALT II), siglata dal nuovo Presidente americano Ford e da Brežnev a Vladivostok nel

71 Incontro già proposto nei mesi precedenti dal Presidente Nixon, nella speranza di discutere la questione

del Vietnam; tuttavia i sovietici rifiutarono di prender parte al summit in quanto ritenevano prioritario trattare prima la questione di Berlino Ovest. Cfr. V.M. ZUBOK, op.cit., p. 216.

72 Ivi, pp. 225-226, 239-240.

73 L‟aumento dei prezzi delle risorse energetiche apportò enormi ricchezze all‟Unione Sovietica (la

vendita del solo petrolio fece incassare a Mosca circa 100 miliardi di dollari nel periodo tra il 1971 e il 1985); cfr. A. GRAZIOSI, op.cit., pp. 408-411.

28 novembre 1974; e la firma nell‟agosto 1975 degli Accordi di Helsinki con cui i leader degli Stati europei, USA, Canada e URSS sancivano il riconoscimento dei confini europei74. Proprio il patto siglato nella capitale finlandese fu vissuto dall‟URSS come una sorta di „“[…] accettazione formale […] dei risultati della sua vittoria […]”75 nella Seconda guerra mondiale; oggetto degli accordi non era soltanto la sicurezza europea, ma anche la cooperazione tra i Paesi e il rispetto dei diritti umani (una questione che sarebbe presto diventata motivo di frizione nei rapporti tra URSS e USA).

La convinzione di potersi misurare con l‟avversario americano da una condizione di parità fu una delle ragioni che indussero, inconsapevolmente, l‟URSS a far deragliare la détente. La particolare interpretazione data da Brežnev al fenomeno della distensione fece il resto: allentare la tensione con gli USA non significava “frenare il «corso della storia» e abbandonare le «[…] relazioni di classe» con le nazioni «in lotta contro l‟imperialismo»”76. Il paradigma rivoluzionario-imperiale rimaneva stabile nelle convinzioni dei dirigenti sovietici, persino in una fase storica in cui il mantra era il consolidamento della relazione con gli USA. Furono dunque il Terzo Mondo e la sua riscoperta a determinare la conclusione della distensione.

La Rivoluzione dei garofani in Portogallo (1974) creò nuove opportunità internazionali per l‟URSS: proprio mentre il sistema occidentale viveva una fase molto complicata77, il crollo dell‟ultimo impero europeo apriva le porte dell‟Africa. Il trionfo del Movimento Popolare di Liberazione dell‟Angola (grazie anche al sostegno sovietico), fu per l‟URSS una dimostrazione del fatto che il socialismo era ormai in ascesa nel Terzo Mondo78. E il successo del Vietnam del Nord nel teatro indocinese ne

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Gli Accordi di Helsinki furono l‟esito dei lavori della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE). Tali lavori ebbero inizio nel luglio 1973 (a Helsinki), proseguirono a Ginevra tra il settembre dello stesso anno e il luglio 1975 e giunsero a conclusione nell‟agosto 1975, quando i rappresentanti dei vari Paesi siglarono un documento denominato Atto finale (ancora una volta nella capitale finlandese). Dall‟1 gennaio 1995 la CSCE si è trasformata di fatto nell‟Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Cfr. E. DI NOLFO, Dagli imperi militari agli imperi tecnologici – La politica internazionale dal XX secolo a oggi, cit., pp. 336-337.

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A. GRAZIOSI, op.cit., p. 418.

76 N. WERTH, op.cit., p. 569.

77 Da un lato la nuova politica economica messa in atto dalla Comunità Economica Europea preoccupò gli

Stati Uniti: l‟Europa non era più totalmente dipendente da Washington. Dall‟altro la Guerra del Vietnam continuava a creare enormi problemi alla Casa Bianca (sia l‟opinione pubblica internazionale, sia i giovani americani protestavano contro una guerra ritenuta inutile). Cfr. E. DI NOLFO, Dagli imperi militari agli imperi tecnologici – La politica internazionale dal XX secolo a oggi, cit., pp. 298-309.

78 Gli eventi in Angola videro la partecipazione delle truppe cubane. Peraltro, ormai da anni Fidel Castro

insisteva con i sovietici per l‟apertura di un nuovo fronte rivoluzionario in Africa. Cfr. M.E. LATHAM, The Cold War in the Third World, 1963-1975, in M.P. LEFFLER, O.A. WESTAD, Cambridge History of the

29 fu una prova ulteriore. Non si trattava più di sostenere i movimenti nazionalisti, come l‟URSS aveva fatto in passato; piuttosto, adesso i nuovi partiti dichiaravano la loro fede marxista79. Malgrado gli statunitensi (che nel novembre 1976 elessero il democratico Jimmy Carter) fossero sempre più convinti del fatto che tale atteggiamento avrebbe portato alla fine della distensione, l‟URSS restò ferma sul proprio obiettivo80. La successiva decisione sovietica, nel 1977, di appoggiare il regime militare marxista del generale Mengistu gettò ulteriore benzina sul fuoco in Etiopia: la distensione era ormai “sepolta nelle sabbie dell‟Ogaden”81; ma Brežnev rimase convinto del fatto che l‟URSS,

benché impegnata nella détente, avesse il diritto di soccorrere le rivoluzioni in difficoltà82.

Nel frattempo, lo scenario internazionale si complicava sempre più per l‟Unione Sovietica. La minaccia degli „euromissili‟83, la questione del rispetto dei diritti umani e il riavvicinamento degli USA alla Cina non fecero dormire sonni tranquilli al Segretario Generale. I successivi eventi del 1979 in Medio Oriente completarono un quadro già pessimo: non solo l‟Egitto e Israele firmarono un Trattato di pace (scelta che testimoniò il definitivo abbandono del blocco socialista da parte del Cairo), ma l‟esplosione della Rivoluzione islamica in Iran rese anche chiaro che da quel momento in poi le rivoluzioni non sarebbero più state, necessariamente, marxiste.

In ogni caso, il difficile rapporto tra Unione Sovietica e Stati Uniti non impedì alle due potenze di trovare un accordo definitivo sul SALT II a Vienna nel giugno 1979: fu l‟ultimo segnale di distensione prima della decisione dell‟URSS di invadere l‟Afghanistan84.

Nel 1978 un colpo di Stato del Partito Democratico del Popolo consegnò l‟Afghanistan nelle mani del duo Taraki-Amin. La violenta lotta che si scatenò

Cold War, vol. II, Cambridge, Cambridge University Press, 2010, pp. 275-280 e O.A. WESTAD, The Global Cold War – Third World Interventions and the Making of Our Times, cit., pp. 207-241.

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Cfr. O.A. WESTAD, The Global Cold War – Third World Interventions and the Making of Our Times, cit., p. 241.

80 Dobrynin (ambasciatore sovietico negli USA) spiega che i dirigenti sovietici rispondevano così alle

accuse americane: “[…] perché gli americani si lamentano di noi, visto che sono così attivi in tutto il pianeta?”; in A. GRAZIOSI, op.cit., p. 419.

81 Frase di Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale del nuovo Presidente USA; in A.

GRAZIOSI, op.cit., p. 454.

82 Cfr. O.A. WESTAD, The Global Cold War – Third World Interventions and the Making of Our Times,

cit., p. 283.

83 Si iniziava a parlare in quegli anni della possibilità di installare i missili Pershing II nel territorio

europeo in risposta ai missili SS-20 sovietici schierati nei Paesi del Patto di Varsavia; cfr. A. GRAZIOSI, op.cit., pp. 453, 457-458.

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30 nell‟immediato tra le due ali del partito, l‟ascesa del fondamentalismo islamico e la reazione del popolo al radicalismo delle politiche governative misero subito a repentaglio la riforma socialista del Paese. Malgrado l‟Unione Sovietica fosse inizialmente restia ad intervenire in soccorso della „Rivoluzione afghana‟, il successo di Amin nella sfida con Taraki mutò il quadro: il rischio che il nuovo leader potesse avviare un dialogo con gli americani, proprio in una fase in cui il Golfo Persico vedeva il massiccio riversarsi di truppe USA in risposta alla Rivoluzione iraniana, convinsero Brežnev (inizialmente contrario a raffreddare ulteriormente il clima di distensione) a intervenire. Il piano di invasione fu approvato dal Politburo e il 25 dicembre 1979 le truppe sovietiche varcarono i confini afghani. Il tempio della détente era ormai crollato in Afghanistan ma né Brežnev, né gli altri dirigenti compresero il significato delle loro azioni85; azioni che portarono presto il nuovo Presidente repubblicano degli Stati Uniti, Ronald Reagan, a non ratificare il SALT II, a boicottare le Olimpiadi di Mosca e soprattutto a sospendere le esportazioni di grano verso l‟Unione Sovietica86.

La malattia di Brežnev, ormai distante da molte delle scelte politiche di quegli anni, fu uno straordinario simbolo del tracollo dell‟URSS, un gigante in continua decadenza sia in politica estera (crisi della détente), sia in economia (crollo del tasso di crescita e dei consumi)87, sia all‟interno del blocco socialista (la crisi polacca e la nascita del sindacato Solidarność). Alla morte di Brežnev, Jurij Andropov prima e Konstantin Černenko poi, cercarono di frenare il declino sovietico rispondendo all‟aggressività delle politiche reaganiane e avviando, contemporaneamente, alcune riforme interne. L‟interregno dei due durò solo tre anni. Il compito del nuovo leader sarebbe stato arduo: la superpotenza sovietica era ormai in affanno e viveva con crescente inquietudine il confronto con gli Stati Uniti.

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